Rutte propone Hoekstra per il dopo Timmermans. Martedì colloquio con von der Leyen

E’ l’attuale ministro degli Esteri, Wopke Hoekstra, il candidato indicato dal governo dei Paesi Bassi per sostituire Frans Timmermans nel ruolo di commissario europeo con il portafoglio dell’azione per il clima. 47enne e attuale ministro degli Esteri del governo Rutte, Hoekstra è esponente dei conservatori liberali del partito Appello Cristiano Democratico (CDA), che a Bruxelles è membro del Partito popolare europeo di centrodestra. Il gruppo è lo stesso della presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ma è un segnale di discontinuità con Timmermans che appartiene invece alla famiglia dei Socialisti & Democratici.

Martedì prossimo, ha confermato la portavoce dell’esecutivo, Dana Spinant, si terrà il tradizionale colloquio del candidato con von der Leyen, per poi arrivare ad essere audito in Parlamento europeo. All’audizione all’Eurocamera partecipano una o più commissioni parlamentari competenti per il portafoglio, dopo aver risposto a un questionario scritto e presentato la propria dichiarazione di interessi. La Commissione deve ottenere l’approvazione del Parlamento a maggioranza dei voti espressi prima che i candidati possano essere nominati dal Consiglio europeo.

Quanto al portafoglio del successore di Timmermans, ancora non è chiaro quante competenze avrà e se manterrà la sola priorità dell’azione per il clima. Timmermans era il vicepresidente esecutivo con la delega al Green Deal e commissario per l’azione per il clima. Accettando le dimissioni dell’olandese, von der Leyen ha ‘spacchettato’ le sue competenze, scegliendo di assegnare il ruolo di vicepresidente esecutivo per il Green Deal europeo al vicepresidente per le relazioni interistituzionali, Maroš Šefčovič, al quale andrà solo temporaneamente anche la responsabilità del portafoglio per la politica di azione per il clima fino alla nomina di un nuovo commissario proveniente dai Paesi Bassi (il collegio si compone di un membro per ciascuno Stato membro). Tutto lascia pensare che la delega al Green Deal rimarrà nelle mani di Sefcovic fino alla fine della legislatura, mentre al nuovo commissario andrà solo la competenza per l’azione del clima, che sul piano internazionale avrà un grande peso dovendo rappresentare Bruxelles nei negoziati alla prossima COP28 che si terrà negli Emirati Arabi dal 30 novembre al 12 dicembre.

Non solo per il piano internazionale il portafoglio climatico sarà importante. Timmermans se ne va lasciando aperti sul tavolo diversi dossier del Patto verde, come la direttiva sull’efficientamento energetico degli edifici (la famosa ‘direttiva case green’ su cui i negoziatori di Parlamento europeo e Consiglio si rincontreranno a settembre nel trilogo) e il regolamento sugli imballaggi e i rifiuti da imballaggi, passando per la proposta di revisione della direttiva del Consiglio sulla tassazione dei prodotti energetici e dell’elettricità e dal taglio dei pesticidi. La Commissione ancora non conferma e spiega solo che il portafoglio del prossimo commissario olandese dipenderà dal “suo profilo e dalle sue qualifiche”, che emergeranno dal colloquio di martedì con von der Leyen. Già prima della conferma da parte di Palazzo Berlymont, le indiscrezioni sul nome hanno suscitato le critiche del gruppo S&D al Parlamento europeo che in una nota ha chiarito che ancora non c’è nulla di deciso e che il portafoglio di Timmermans del clima dovrebbe rimanere nella famiglia dei Socialdemocratici. “Sullo sfondo delle recenti manovre ciniche e populiste del PPE conservatore per annacquare il Green Deal e far deragliare documenti legislativi chiave come la legge sul ripristino della natura, è fondamentale per il nostro Gruppo che il portafoglio sul clima rimanga nelle mani dei socialisti”, si legge.

commissione ue

Sì o no alla tassonomia? C’è tensione per l’esito della plenaria

Una smorfia che dice tutto. Quell’omone alto, candidamente barbuto, dall’aria simpatica di un babbo Natale, usa tutto il suo corpo per dire che sì, la sconfitta è vicina, forse quasi certa. Frans Timmermans, vice presidente della Commissione europea con delega al Clima fosse, nel suo intimo, è anche contento che la tassonomia verde messa a punto dal Team von der Leyen venga bocciata dal Parlamento europeo la prossima settimana.

Quando gli abbiamo chiesto se ritiene possibile una bocciatura da parte dei deputati resta qualche istante con gli occhi fissi sull’interlocutore, poi gira un poco la testa sulla destra e la fa seguire da un accenno di torsione del busto e sorride, e sospira, e sorride ancora, ma non parla. La posizione della Commissione è quella e lui sa che i deputati ne hanno un’altra, e si rassegna.

La tassonomia è un affare in sostanza tutto finanziario, definisce quali investimenti sono “verdi” e dunque possono giovarsi di aiuti pubblici. È, come spiega bene la collega Fabiana Luca su Eunews, testata sorella di Gea sulla quale anche abbiamo raccontato la storia, il sistema europeo di classificazione degli investimenti economici sostenibili con cui Bruxelles vuole fissare criteri comuni per assicurarsi che grandi somme di capitale (soprattutto privato) vadano nella direzione del Green Deal e della transizione. Il problema è su due punti: l’inclusione del gas e del nucleare tra le attività economiche sostenibili con cui realizzare il Green Deal europeo.

A Bruxelles i lobbisti del settore sono in fibrillazione, a seconda di chi rappresentano sono felici o sono disperati, soprattutto quelli che da un anno organizzano il loro lavoro, e quello delle aziende che rappresentano, dando per scontato che alla fine la tassonomia sarebbe passata, con dentro nucleare e gas.

Invece le commissioni riunite degli Affari economici (detta ‘Econ’) e dell’Ambiente (‘Envi’) del Parlamento europeo hanno approvato il 14 giugno (con 76 voti favorevoli, 62 contrari e 4 astenuti) un’obiezione sull’atto delegato con cui la Commissione europea vuole considerare gas e nucleare tra gli investimenti sostenibili dal punto di vista climatico. Se l’obiezione sarà approvata anche dalla maggioranza assoluta dei deputati (353) in seduta plenaria, la Commissione UE sarà costretta a rivedere la sua idea di tassonomia.

E questa volta è possibile che finisca così, perché se è vero che spesso la Envi si lancia su posizioni che poi la plenaria ribalta, la Econ (presieduta dall’italiana Irene Tinagli, PD), no, è molto influente e difficilmente l’Aula si discosta dalle sue decisioni.

Il voto sarà nella plenaria del 4-7 luglio. Saranno momenti intensi.

Frans Timmermans

Da price-cap per emergenze a aiuti di Stato: le misure Ue contro caro-prezzi

Aiuti di Stato, ma a certe condizioni, contratti di lungo termine, compensazioni. E poi piattaforma comune di acquisti e, soprattutto, tetto ai prezzi, ipotesi quest’ultima che comunque richiede tempo per modificare regole in vigore e i relativi accordi politici. La Commissione europea viene incontro alle esigenze degli Stati indicando le possibili soluzioni al problema del caro-energia, con le proposte di interventi utili a calmierare listini e mettere in sicurezza famiglie e imprese. Lo fa con una comunicazione, documento non legislativo, ma utile a dare indirizzi e chiarimenti interpretative del quadro normativo a dodici stelle.

L’assunto di partenza è che l’andamento dei prezzi è ormai fuori controllo e gli interventi si rendono non più rinviabili. Gas ed elettricità hanno raggiunto livelli record nel 2021 e hanno registrato i massimi storici dopo l’invasione russa dell’Ucraina nelle prime settimane di marzo 2022. I prezzi del gas, storicamente inferiori a 30 euro per Megawattora, hanno recentemente raggiunto i 100 euro per Megawattora, con picchi anche oltre i 200 euro. Le prospettive non lasciano intravedere miglioramenti. Anzi. “A breve termine, l’eliminazione graduale della dipendenza dalle importazioni russe di gas naturale comporterà adeguamenti delle condizioni di domanda e offerta e volatilità dei prezzi”, con questi ultimi che “continueranno ad essere elevati” per effetto della diversificazione che “eserciterà una pressione al rialzo”.

Tutto questo rischia di ripercuotersi negativamente sulle economie dei Ventisette. La lista di quello che si può fare da subito è ampia. Per rispondere al problema del caro-energia i governi possono ricorrere ad aiuti di Stato, purché “limitati, proporzionati, trasparenti e mirati per evitare distorsioni eccessive”. Ancora, gli Stati membri, “nella misura in cui non l’abbiano già fatto”, potrebbero fornire misure di compensazione limitate nel tempo e sostegno diretto agli utenti finali poveri di energia, compresi i gruppi a rischio. Altra via da seguire, quella di contratti di acquisto di energia “a lungo termine”, considerati come determinanti per garantire prezzi stabili almeno per determinate categorie di consumatori. E poi gli Stati membri possono estendere la regolamentazione dei prezzi al dettaglio per il gas naturale per tutelare in particolare le piccole e medie imprese. “Ciò è ancor più rilevante quando il gas svolge un ruolo particolare nel riscaldamento e nelle materie prime industriali”. Sempre per rispondere al problema del caro-energia, la Commissione ritiene che “possano essere giustificate misure fiscali o regolamentari volte a rimuovere i canoni infra-marginali di alcuni generatori di elettricità di carico di base creati dall’attuale situazione di crisi”. A livello nazionale, ancora, la possibilità di destinare i cosiddetti ‘guadagni inaspettati’ a sostegno dei consumatori è estesa alla copertura della prossima stagione di riscaldamento.

C’è poi l’invito a ricorrere ad acquisti comuni al posto di tanti accordi singoli. Si tratterebbe di utilizzare la piattaforma energetica dell’Ue per aggregare la domanda di gas, garantire prezzi del gas competitivi tramite acquisti congiunti volontari e ridurre la dipendenza dell’Ue dai combustibili fossili russi. “La piattaforma è una buona idea”, il suggerimento velato di Frans Timmermans, vicepresidente esecutivo della Commissione europea responsabile per il Green Deal.

Diversa la questione di un tetto ai prezzi. Questa misura non è immediatamente disponibile. Per un price-capservirà un cambiamento legislativo”, con tutte le incognite delle tempistiche che ne derivano. Inoltre servirà un accordo politico tra i Paesi membri, e l’esecutivo comunitario non esclude che la questione sarà oggetto di confronto tra i capi di Stati e di governo in occasione del prossimo vertice del Consiglio europeo di fine mese. Si può fare, ma non sarà immediato. E dovrà essere fatto bene, perché si teme che questo possa compromettere il funzionamento del mercato unico.

La Commissione europea prevede comunque un dispositivo di emergenza, nel caso in cui Mosca dovesse decidere per uno stop immediato e totale delle sue forniture. In quel caso “potrebbe essere necessario un massimale amministrativo del prezzo del gas a livello dell’Ue”. Se introdotto, questo limite dovrebbe essere “limitato alla durata dell’emergenza dell’Ue e non dovrebbe compromettere la capacità dell’Ue di attrarre fonti alternative di gasdotti e forniture di Gnl e di ridurre la domanda”.
Ci sono anche riforme e investimenti, nella comunicazione della Commissione. Veri e propri compiti per casa, e non solo per i governi. “L’energia più economica è quella che non si consuma” , ricorda Timmermans. Vuol dire da una parte spingere per l’efficienza energetica in edilizia, dall’altra rivedere abitudini. “Abbassare la temperatura del riscaldamento in inverno e non azionare troppo presto l’aria condizionata in estate è un modo di togliere soldi dalle tasche di Putin e questa è una cosa buona”, scandisce Timmermans. La butta in politica, ma vista in chiave economica un diverso utilizzo degli apparecchi di climatizzazione contribuisce a ridurre le bollette. Qui spetterà al singolo decidere come comportarsi. Le autorità invece non hanno scelta. Devono lavorare per “accelerare la nostra transizione verso le rinnovabili”, insiste Timmermans. “C’è grande potenziale per utilizzo di eolico off-shore e pannelli fotovoltaici”. Così facendo “possiamo ridurre di un terzo la nostra dipendenza dalla Russia già quest’anno” solo attraverso interventi in questo senso.

JOSEP BORRELL

Europa riunita per trovare soluzioni-compromesso su embargo petrolio

Al Consiglio affari esteri, i ministri dei governi europei stanno discutendo degli ultimi sviluppi dell’aggressione russa nei confronti dell’Ucraina e della situazione dei Balcani occidentali. Le sanzioni nei confronti della Russia sono un tema caldo, il più caldo di tutti: “Alcuni Paesi membri hanno più problemi di altri a imporre un embargo sul petrolio russo perché sono più dipendenti e al momento non hanno alternative”, ha annunciato l’alto rappresentante dell’Unione europea per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell. Riferendosi alle difficoltà nel trovare un accordo sul sesto pacchetto di sanzioni a causa delle resistenze di Ungheria e Slovacchia, Borrell ha esortato a “fare il possibile per superare posizioni molto forti” sulla questione da parte dei due Stati membri.

È presente a Bruxelles anche la ministra degli esteri canadese, Mélanie Joly, in vista del comitato ministeriale congiunto UE-Canada. Borrell ha ricordato, accogliendo la ministra, che il governo di Ottawa è un alleato che “ci spinge per rimanere un fronte unito sulle sanzioni contro la Russia”. Proprio i provvedimenti nei confronti del Cremlino alimentano la discussione europea perché, come ha evidenziato Borrell, la linea non è unitaria e nemmeno comune. Ad esempio, il ministro degli Esteri lituano Gabrielius Landsbergis ha preso una posizione netta: “La Commissione europea ha offerto soluzioni di compromesso che ci servivano e su cui discuteremo”. Una di queste soluzioni è “l’estensione del termine sull’embargo al petrolio russo a dicembre 2024 per Ungheria e Slovacchia”, ha puntualizzato il ministro lituano.

Anche il vicepresidente esecutivo della Commissione, Frans Timmermans, ha voluto dire la sua in merito alle sanzioni verso la Russia: “Dobbiamo riconoscere che l’Ungheria dipende quasi interamente dalla Russia e dunque dobbiamo trovare anche per loro delle alternative. Spero i ministri possano trovare una soluzione in questi giorni a Bruxelles”.

Frans Timmermans

Ue valuta il rialzo per i target sulle energie rinnovabili al 2030

I target sulle energie rinnovabili proposti dalla Commissione Europea nel pacchetto sul clima ‘Fit for 55’ potrebbero non essere abbastanza per contrastare la crisi energetica trainata dalla guerra di Russia in Ucraina. Ne è ormai convinto l’Esecutivo europeo che a più riprese nelle scorse settimane, da quando l’invasione russa è iniziata lo scorso 24 febbraio, ha lasciato intendere che potrebbe fissare obiettivi più ambiziosi per la sua transizione verso le energie rinnovabili, mentre è alle prese con la necessità di ridurre le sue importazioni di petrolio e gas dalla Russia.

Target insufficienti”, li aveva definiti settimane fa la commissaria per l’Energia, Kadri Simson, in audizione in commissione per l’Industria e l’energia dell’Europarlamento. Questa settimana, in visita in Egitto per rafforzare la partnership in vista della Cop27 di Sharm El-Sheikh che si terrà in autunno, anche il responsabile per il Green Deal, Frans Timmermans, ha fatto intendere che una revisione al rialzo ci sarà. Probabilmente già a maggio, quando la Commissione dovrà presentare i dettagli del suo piano ‘RepowerEu’ per liberarsi dalla dipendenza dai combustibili fossili russi, di almeno due terzi delle importazioni di gas russo già quest’anno e totalmente entro il 2027. L’Ue complessivamente dipende per il 40% dal gas russo.

Neanche un anno fa, a luglio 2021, Bruxelles ha proposto nel quadro del suo pacchetto climatico ‘Fit for 55’ una revisione della direttiva sulle energie rinnovabili risalente al 2018 per portare l’obiettivo per il 2030 dall’attuale 32% di energie rinnovabili nel mix energetico dell’Ue, fino al 40%. Gli Stati membri dovranno aumentare i loro contributi nazionali per raggiungere collettivamente il nuovo obiettivo vincolante, principalmente attraverso i loro piani per l’energia e il clima (Pniec).

Se fino a questo momento ha fatto affidamento sul gas naturale come ‘ponte’ di transizione dal carbone alle rinnovabili per la produzione di energia, oggi le considerazioni devono essere diverse per portare gli Stati membri a ridurre la dipendenza dal gas. “Nelle prossime due settimane lavoreremo per l’iniziativa ‘Repower EU’, e come parte di ciò vogliamo accelerare la transizione energetica. Quindi, potremmo rivedere i nostri obiettivi”, ha spiegato Timmermans dal Cairo, precisando che la revisione significherebbe una “percentuale più alta di energia rinnovabile per il 2030”. Quanto alta non lo ha precisato, né ha chiarito se la Commissione intende presentare una proposta alternativa a quella fatta un anno fa.

C’è un’altra strada che l’Ue potrebbe percorrere rispetto a presentare una nuova proposta (allungando quindi i tempi). Dopo la proposta della Commissione, la revisione della direttiva passa in mano ai due co-legislatori europei – il Consiglio e l’Europarlamento – che possono proporre emendamenti alla proposta originaria. Il Parlamento Ue, come sempre l’istituzione più ambiziosa delle tre, è deciso a chiedere un aumento della quota di energie rinnovabili nel mix energetico fino al 45% di energie rinnovabili entro il 2030. L’opzione della Commissione è quella di lasciare ‘carta bianca’ ai negoziati tra Consiglio e Parlamento in modo che il compromesso finale sia in linea con la richiesta più ambiziosa dell’Eurocamera.

Poco si sa dei dettagli del piano ‘Repower EU’ che dovrebbero essere presentati il 18 maggio, se non che la strategia Ue per l’indipendenza dal gas russo si baserà, principalmente, sulla diversificazione dei fornitori di gas, l’abbattimento dei consumi di energia e la spinta sulle rinnovabili, che quindi potrebbe portare con sé un obiettivo rivisto.