Nel 2023 giro d’affari da 3,3 mld per industria riciclo. Pichetto: Italia modello in Ue

Nel 2023 il Consorzio nazionale imballaggi ha generato in Italia un giro d’affari da oltre 3 miliardi e 300 milioni di euro. “Il Conai è un modello europeo, lo si vede nei risultati, abbiamo già superato gli obiettivi del 2030“, osserva il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto.
Il sistema funziona, spiega il ministro, che però esorta a proseguire nell’impegno in tutte le realtà d’Italia: “La cultura della raccolta differenziata è un passaggio che si acquisisce un po’ per volta, non è così automatico. È un settore che ci permette di primeggiare a livello europeo”, afferma dal palco della presentazione del Rapporto di sostenibilità del consorzio.

Il giro d’affari del Conai è una somma di tre valori: un volume d’affari diretto di 1 miliardo e 289 milioni di euro, provenienti dal Contributo Ambientale Conai (CAC) e dai ricavi da vendita dei materiali; un impatto indiretto pari a 1 miliardo e 701 milioni di euro, legato all’attivazione delle filiere di fornitura; e un impatto indotto di 346 milioni di euro, derivante dai consumi delle famiglie dei lavoratori e delle aziende fornitrici. Un giro d’affari paragonabile al valore dell’intero settore del trasporto aereo di passeggeri in Italia. I soli ricavi da CAC sono stati pari a 718 milioni di euro: il che significa che ogni euro di contributo ambientale ha un moltiplicatore pari a 4,6 in termini di valore generato per l’economia italiana. È il dato principale che emerge dal nuovo Rapporto di sostenibilità di Conai che, come ogni anno, quantifica i benefici economici e ambientali del riciclo degli imballaggi in Italia.

Ogni euro di contributo ne genera altri quattro e mezzo per l’economia: è ormai evidente come l’uso di materia di secondo utilizzo in sostituzione di materia prima vergine abbia ripercussioni importanti sul nostro sistema economico“, precisa il presidente Conai, Ignazio Capuano. “Il nostro impegno per la sostenibilità – aggiunge – è un mandato istituzionale, ma anche la visione su un futuro in cui le risorse del pianeta vengono usate in modo più efficiente, tutelando l’ambiente. Per la prima volta, quindi, abbiamo adottato una nuova metodologia di calcolo per rendicontare il valore generato dalla corretta gestione degli imballaggi: i benefici sono di natura sia economica sia ambientale. Lo certifica un nuovo studio condotto da The European House – Ambrosetti, di cui abbiamo presentato un’anteprima a Ecomondo e che oggi includiamo integralmente nel rapporto“.

Il contributo effettivo del sistema Conai al Pil nazionale, ossia il valore aggiunto generato, è invece stato pari a 1 miliardo e 924 milioni di euro.

Infine, l’impatto occupazionale: nel 2023 il sistema ha sostenuto un totale di 23.199 posti di lavoro, tra occupazione diretta (lavoratori impiegati in modo continuativo nelle strutture e nei processi gestiti direttamente dal Consorzio), indiretta (grazie all’attivazione delle filiere collegate) e indotta (che riguarda essenzialmente i settori della gestione dei rifiuti, della manifattura industriale e dei trasporti).

11 milioni e 724.000 tonnellate è la quantità di materia vergine che, a livello nazionale, si è evitato di estrarre e utilizzare grazie al riciclo di imballaggi nel 2023. Sono pari al peso di 800 torri di Pisa. Il riciclo si conferma anche un attore importante contro l’emissione in atmosfera di CO2, per contrastare il cambiamento climatico. E il Rapporto di sostenibilità Conai mostra come nel 2023, grazie al riciclo, sia stata evitata l’emissione di più di 10 milioni di tonnellate di CO2eq. Che è pari alle emissioni generate da più di 8.000 voli intorno al mondo. Un dato che rappresenta il saldo tra la mancata produzione di gas serra grazie all’evitata produzione di materiale primario e l’emissione di gas serra per le sole operazioni di preparazione al riciclo di imballaggi già utilizzati, ossia il trasporto e il trattamento per trasformare il rifiuto d’imballaggio in nuova materia prima.

Il contributo delle imprese italiane alla corretta gestione del fine vita degli imballaggi si sostanzia anche in un risparmio di energia primaria, cioè l’energia generata da fonte fossili che sarebbe necessaria per la produzione di tutto il materiale primario risparmiato. Un dato che, proprio da quest’anno, è stato affinato introducendo nel computo i consumi di energia primaria relativi alle operazioni di preparazione al riciclo e al trasporto dei rifiuti di imballaggio. Nel 2023 si stima siano stati risparmiati 50 terawattora, che equivalgono al consumo domestico annuo di metà delle famiglie italiane.

Da anni il Rapporto è importante veicolo di un approccio documentato al tema della tutela ambientale, basato su numeri e risultati oltre che su concrete prospettive di miglioramento“, rivendica la direttrice generale, Simona Fontana. “Condividerlo rappresenta un momento di trasparenza che prova quanto il lavoro del Consorzio possa e soprattutto voglia essere misurato e misurabile, in un’ottica di condivisione sinergica fra tutti gli attori e gli stakeholder della filiera. Ma è un documento che va oltre la misurazione dei risultati e che testimonia un impegno più profondo – sostiene – : diffondere una cultura ambientale che permei il tessuto sociale resta parte essenziale dei compiti che ci sono assegnati”.

Per la viceministra all’Ambiente Vannia Gava il rapporto conferma la leadership del Conai e dei consorziati nella sostenibilità, “un’eccellenza tutta italiana che unisce tutela ambientale, crescita economica e occupazione“. Nel settore imballaggi, il Mase c’è, assicura, “con investimenti, incentivi fiscali e norme che semplificano e promuovono l’economia circolare. Il rifiuto è risorsa. La sfida è promuovere questo tipo di cultura ambientale, affidandoci alla scienza e alla tecnologia”.

Piano Mattei, seconda cabina di regia: dossier presto in Parlamento, poi Dpcm

Il documento di sintesi è in fase di scrittura, ma una “versione consolidata” del Piano Mattei è stata analizzata nella seconda cabina di regia a Palazzo Chigi dopo le osservazioni della prima riunione.

Il dossier sarà poi trasmesso al Parlamento per la formulazione del parere delle commissioni competenti e, alla fine, ci sarà un decreto della presidente del Consiglio.
A presiedere la seconda riunione, il vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani, che coordina attorno al tavolo i ministeri coinvolti, la conferenza delle Regioni, i rappresentanti delle diverse agenzie e società dello Stato e delle imprese a partecipazione pubblica, dell’università, della ricerca, del terzo settore e di aziende private che si occupano di cooperazione e sviluppo.

Il Piano, sul campo, è partito con due missioni della premier in Egitto (17 marzo) e in Tunisia (17 aprile), che hanno permesso la firma di intese in alcuni dei settori di intervento: agricoltura, acqua, formazione.

Fuori da Palazzo Chigi, viene esposta l’Alfa Romeo Giulietta anni ’50, appartenuta a Enrico Mattei, su iniziativa dell’Ente Stati Generali del Patrimonio Italiano, con Aci e Intergruppo Parlamentare del Patrimonio Italiano, in occasione dell’approssimarsi della ricorrenza della nascita del fondatore dell’Eni (29 aprile 1906). E’ presente la famiglia, che attende di conoscere il Piano. “Ci fa grande piacere che la famiglia sia qui, sostenga un Piano strategico italiano, mi auguro possa essere parte di un grande Piano europeo e occidentale. Che la famiglia ci incoraggi è un fatto più che positivo“, osserva Tajani, dopo essersi intrattenuto brevemente con la nipote dell’industriale.

All’interno del Piano il ministero dell’Ambienteintende contribuire significativamente allo sviluppo sostenibile e alla transizione energetica dell’Africa“, assicura durante il vertice la viceministra Vannia Gava, che sottolinea il ruolo decisivo del Fondo Italiano per il Clima, con una dotazione incrementata a 4,4 miliardi di euro e che, nella fase di individuazione degli interventi, “dovrà coinvolgere tutti i possibili stakeholders“, informa. Il tema sarà centrale anche nella ministeriale G7 Clima Ambiente Energia dei prossimi giorni a Torino, che si concluderà con l’impegno a supportare i Paesi in via di sviluppo, rafforzando i partenariati sul fronte energetico e dell’economia circolare e confermando, spiega Gava, “un approccio concreto e non predatorio che assicuri opportunità di crescita, sviluppo e stabilità sociale e politica del continente africano”.

L’importanza di un nuovo modello di partenariato è rimarcata anche da Tullio Ferrante, sottosegretario al ministero dei Trasporti: “È una svolta storica nelle relazioni con il Continente africano che consentirà di attuare progetti di investimento e sviluppo senza precedenti“, scandisce. In questa cornice, le infrastrutture rappresentano un asse che considera “trasversale” a tutti gli ambiti di intervento e rivestono un ruolo “strategico”, rivendica, per la realizzazione del Piano.
L’obiettivo di Roma è quello di contribuire alla modernizzazione delle infrastrutture in Africa mettendo a disposizione il know-how delle proprie imprese, presenti nel Continente da diversi anni e impegnate con cantieri attivi per oltre 12 miliardi di euro. L’Africa è infatti la seconda area geografica per attività all’estero delle società di ingegneria, architettura e consulenza italiane.

Centrale è anche l’alta formazione. “Dall’azione messa in campo dal MUR arriverà un potente innesto di idee“, garantisce la ministra dell’Università e della Ricerca, Anna Maria Bernini. L’intenzione è dare stabilità ai progetti affinché producano “effetti positivi di lungo termine“. Si cercherà quindi di incardinare infrastrutture di ricerca.
Al momento, il Mur è concentrato in una “profonda azione di mappatura, mai realizzata in precedenza, del grande patrimonio esistente di legami tra Italia e Africa in termini di formazione superiore e ricerca“, fa sapere Bernini. La mappatura ha rivelato un quadro diversificato, di collaborazioni già in atto in Africa. C’è una forte presenza delle università italiane, con quasi mille (991) accordi sottoscritti con atenei africani negli ultimi 30 anni, e oltre 200 progetti di cooperazione attivati di recente (ultimi 5 anni) in oltre 30 Paesi africani.
Nella missione del 17 aprile in Tunisia, è stato firmato un Memorandum of Understanding su università, ricerca scientifica, sviluppo tecnologico e innovazione con l’omologo tunisino, Moncef Boukthir. Il 30 aprile si terrà un incontro a Roma con l’omologo del Marocco, con la firma di un MoU simile, così come quello in programma nella visita in Algeria, in negoziato. Contatti sono avviati anche con la Libia e con altri Paesi-pilota nell’Africa subsahariana. E’ di marzo il memorandum sottoscritto dal Mur con la Fondazione MedOR per l’organizzazione di un roadshow per promuovere la nuova Infrastruttura Tecnologica di Innovazione Future Farming, progetto pubblico-privato di punta nel settore dell’agricoltura del futuro, nato grazie a un cofinanziamento del Ministero dell’Università a valere sui fondi Pnrr con la Ca’ Foscari. C’è attesa per il G7 Scienza e tecnologia che si terrà a luglio a Bologna, con una sessione sull’Africa che vedrà la partecipazione di Unione Africana e Unesco.

Tra le associazioni presenti al tavolo, quelle che rappresentano il macroambito dell‘agricoltura. “E’ un passo avanti ulteriore per quanto riguarda l’entrata nei progetti concreti che potranno essere presentati per i vari settori produttivi“, sostiene il presidente di Coldiretti, Ettore Prandini, uscendo da Palazzo Chigi. Per l’agricoltura, osserva, “diventa un’ulteriore opportunità per mostrare un’eccellenza che può essere esportata come modello nel far crescere popoli che grazie all’agricoltura possono avere un rilancio e un futuro diverso rispetto a quello che stanno vivendo“. Ovviamente, avverte, con un “aspetto culturale e un impronta politica completamente diversa a quello che ha fatto la Cina o che sta facendo la Russia, che invece ha più una volontà di colonizzare questi territori e portar via l’unica ricchezza che può dare crescita e sviluppo a quel territorio“.
Puntare su un continente in netta e continua crescita dal punto di vista demografico, con una popolazione che nel 2050 sfiorerà i 2 miliardi di abitanti, e con un aumento del Pil che nel 2024 viaggia su una media del 5,5%, è “fondamentale per diversificare e ampliare i mercati del nostro interscambio commerciale, andando al contempo a promuovere la cooperazione allo sviluppo e l’eccellenza e l’unicità del nostro know how”, evidenzia il presidente della Copagri Tommaso Battista, che però mostra alcune preoccupazioni sugli obiettivi legati, in particolare, al principio di reciprocità, il cui mancato o parziale rispetto “potrebbe rappresentare un serio pericolo per i produttori agricoli e i consumatori”, fa notare.
E’ stato dato un impulso operativo – fa eco il presidente di Cia-Agricoltori italiani, Cristiano Fini – si lavorerà molto su formazione, sull’agritech e per cercare di portare il know-how italiano sul territorio africano per far crescere in loco la popolazione“.

Ok dalla Camera alla mozione sul nucleare: l’Italia si impegna a valutarlo nel mix energetico

Via libera dall’Aula della Camera alla mozione di maggioranza sull’energia nucleare. Il testo approvato da Montecitorio impegna il Governo a “confermare l’obiettivo di zero emissioni al 2050, a partecipare attivamente, in sede europea e internazionale, a ogni opportuna iniziativa, sia di carattere scientifico che promossa da organismi di natura politica, volta ad incentivare lo sviluppo delle nuove tecnologie nucleari destinate alla produzione di energia per scopi civili”. Inoltre, “al fine di accelerare il processo di decarbonizzazione dell’Italia”, si impegna il Governo “a valutare l’opportunità di inserire nel mix energetico nazionale anche il nucleare quale fonte alternativa e pulita per la produzione di energia”. La mozione impegna poi il Governo a “adottare iniziative volte ad includere la produzione di energia atomica di nuova generazione all’interno della politica energetica europea, riaffermando in sede europea una posizione unitaria volta a mantenere nella tassonomia degli investimenti verdi la messa in esercizio di centrali nucleari realizzate con le migliori tecnologie disponibili” e “a valutare in quali territori al di fuori dell’Italia la produzione di energia Nucleare possa soddisfare il fabbisogno nazionale di energia decarbonizzata e a valutare l’opportunità di promuovere e favorire lo sviluppo di accordi e partnership internazionali tra le società nazionali e/o partecipate pubbliche e le società che gestiscono la produzione Nucleare al fine di poter soddisfare il suddetto fabbisogno nazionale“.

Il ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, nelle parole del ministro Pichetto e della sua vice Gava, ringrazia il Parlamento per “aver dato un preciso indirizzo al Governo” e spiega che ora “valuteremo, con la massima attenzione, come inserirlo nel mix energetico nazionale dei prossimi decenni con l’obiettivo di raggiungere, anche con il contributo dell’energia Nucleare, gli obiettivi di decarbonizzazione stabiliti dall’Unione Europea, sino a quello finale della neutralità climatica del 2050”. Festeggia anche il ministro delle Infrastrutture Salvini, visto che “in un momento che richiede buonsenso nella transizione ambientale verso fonti alternative di produzione energetica, l’Italia non può più permettersi di essere fermata dai no pregiudiziali. Fondamentale pensare a percorsi rapidi per dire di sì al nucleare di ultima generazione, pulito e sostenibile“. 

Di parere del tutto contrario l’Alleanza Verdi e Sinistra. Con Angelo Bonelli che parla di una “grande operazione di disinformazione, che vuole fermare gli investimenti per fermare la transizione ecologica, investimenti che possono generare lavoro e rilancio dell’economia”, precisando che il nucleare “è l’energia più costosa, considerando i costi necessari a realizzare gli impianti che sono tutti a carico della finanza pubblica. In Europa il prezzo è intorno ai 120 euro a MWh, e si manterrà a questi livelli anche nel 2050 mentre il solare si collocherà nei prossimi anni, secondo l’agenzia internazionale dell’energia, ad un costo intorno ai 15 euro Mwh e l’eolico offshore sui 25 Mwh”. Insieme a Fratoianni, poi, punta il dito contro Italia Viva e Azione, che hanno “votato insieme alla destra per il ritorno del Nucleare in Italia”. “Il piano Nucleare da 40 GW di Calenda costa 400 mld di € finanziato con i soldi pubblici , dove si prenderanno le risorse economiche? Come sempre dalle bollette di famiglie e imprese. Il terzo Polo oggi, votando con la destra, conferma le parole della Premier Meloni, che aveva già individuato in Calenda un suo possibile alleato, insieme per difendere le lobby energetiche, come accaduto con la vicenda degli extraprofitti”, concludono.