Dazi, Meloni si prepara all’incontro con Trump: “So cosa cosa vado a difendere”

Dopo una sfilza di appuntamenti annullati per preparare al meglio il doppio bilaterale con i vertici degli Stati Uniti, Giorgia Meloni si concede una battuta durante la cerimonia di consegna dei Premi Leonardo a Roma. “Come potete immaginare, non sento alcuna pressione per i prossimi due giorni…”, dice sorridendo.

La premier vedrà il presidente Donald Trump a Washington il 17 aprile e il vice Jd Vance il giorno successivo, il 18 aprile, a Roma. L’ansia è plastica, ma la presidente del Consiglio è determinata. Il momento, ammette, è “difficile”, ma si dice “consapevole” di “quello che rappresento e di quello che sto difendendo”. “Abbiamo superato ostacoli ben peggiori”, ricorda, quasi a farsi forza. E promette: “Vedremo come andrà, ma faremo del nostro meglio”.

La incoraggiano le imprese: “Lei non è sola, gli imprenditori italiani e dell’Europa produttiva sono tutti con lei. Siamo fiduciosi nella missione che farà in questi giorni”, le assicura dal palco il presidente di Confindustria, Emanuele Orsini. L’industriale domanda “risposte concrete”, in un momento di incertezza come questo: “Speriamo e ci aspettiamo che il Presidente degli Stati Uniti nell’incontro con Meloni riesca a trovare una sintesi positiva per l’Europa”, fa sapere ai cronisti. Bene che la premier “vada a nome di tutta l’Europa”.

Anche il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, rassicura le imprese, supportate dall’esecutivo con un “impegno politico”. “Il governo sta facendo di tutto per sostenerle a occupare spazi di mercato sempre più importanti, dialogando e cercando il confronto. Nessuna impresa deve sentirsi sola, le nostre ambasciate dovranno sempre più essere trampolino di lancio delle imprese nel mondo”, afferma Tajani. Solo il mese scorso, con le prime minacce del tycoon newyorkese, il governo ha presentato un Piano strategico per l’export, per allargare la cooperazione in nuovi mercati e rafforzare quelli in cui l’Italia è già presente. Il vicepremier torna da una missione in India e Giappone che aveva esattamente questo scopo.

L’inquilino della Farnesina invita a non farsi spaventare dalle difficoltà: “Il danno maggiore l’ha fatto il panico”, osserva, rivendicando: “Avevamo ragione a dire che dovevamo stare calmi, la calma è la virtù dei forti”. Guarda al viaggio della premier come a una “missione di pace commerciale”.

Meloni sarà a Washington “nello spirito europeo”, conferma il ministro delle Imprese, Adolfo Urso, per “facilitare il negoziato in corso, consentendo a tutti di guardare ad una prospettiva positiva”.

A fine giornata, Meloni convoca a Palazzo Chigi un vertice di governo in vista della partenza. Alla riunione partecipano i vicepremier Matteo Salvini e Antonio Tajani, il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, il ministro della Difesa Guido Crosetto e il ministro degli Affari europei Tommaso Foti.

Anche se per il momento la Casa Bianca sembra respingere la proposta dell’Unione europea per i dazi zero sull’industria, la bussola del governo resta quella di riunificare l’Occidente, ridurre le tensioni e aprire la strada a una grande area di libero scambio tra Nord America, Stati Uniti, Canada, Messico e l’Unione europea. La missione è tutt’altro che semplice. Sulla fune, in punta di piedi, Meloni dovrà anche tentare di non spezzare gli equilibri già fragili di Bruxelles.

Tajani in India per rafforzare Via del Cotone: Presto a Trieste incontro con Paesi Imec

Nell’attesa di capire le reali intenzioni di Donald Trump con i dazi sui prodotti europei, Antonio Tajani guarda a Est e parte in missione per l’India e il Giappone.

L’obiettivo è incontrate gli imprenditori locali e quelli italiani che hanno deciso di produrre nei due Paesi sui quali l’Italia punta molto per tutelare le esportazioni e compensare eventuali perdite dagli Stati Uniti. Perché nel 2024 Washington è stato il secondo mercato di destinazione dei beni prodotti in Italia, che hanno assorbito il 10,4% dell’export, per 64,8 miliardi. “India e Giappone sono Paesi chiave per la politica estera italiana, soprattutto alla luce degli ottimi rapporti politici, economici ed imprenditoriali”, spiega Tajani, che inserisce entrambi i Paesi fra i mercati extra-Ue da sviluppare del ‘Piano d’azione per l’export italiano’.

A Nuova Delhi, il vicepremier viene ricevuto dalla presidente della Repubblica, Droupadi Murmu e incontra l’omologo Subrahmanyam Jaishankar con il ministro del Commercio e dell’Industria, Shri Piyush Goyal, per co-presiedere un Forum Imprenditoriale, Scientifico e Tecnologico per favorire le relazioni tra le aziende italiane, le agenzie governative e le associazioni industriali indiane al fine di approfondire politiche, obiettivi e progetti nell’ambito scientifico-tecnologico. Transizione energetica, connettività, manifattura avanzata, difesa, sicurezza, turismo, migrazione e mobilità sono alcuni degli ambiti che il ministro punta a promuovere nel periodo 2025-2029.

L’interscambio commerciale tra Italia e India ha totalizzato oltre 14 miliardi di euro nel 2024, con una crescita delle esportazioni italiane che negli ultimi sette anni è stata di oltre il 30%. “Lo spirito della mia missione a Nuova Delhi è imprimere un ulteriore slancio a questi rapporti”, afferma, ricordando che il legame tra i due Paesi risale a tempi antichi: “Oggi, l’Italia e l’India sono più vicine che mai”. Il ministro chiarisce che per rafforzare la Via del Cotone, il corridoio economico europeo indo-italiano, è stato nominato un inviato speciale per l’Imec, l’ambasciatore Francesco Talò. “Guiderà l’Italia in questo importante progetto”, afferma Tajani, che annuncia un incontro a Trieste con tutti i ministri degli Esteri del corridoio, “importante per rafforzare gli scambi commerciali”.

Nello stesso giorno, SolarPower Europe e la National Solar Energy Federation of India firmano un nuovo Memorandum d’intesa per sbloccare la cooperazione nella produzione di energia solare e “costruire catene del valore più diversificate e resilienti”. L’iniziativa servirà a individuare “opportunità commerciali e di finanziamento per progetti manifatturieri e la promozione dello scambio di conoscenze e del rafforzamento delle capacità tra le due regioni”. Per quanto riguarda i quadri normativi, le associazioni si sosterranno a vicenda nell’affrontare le questioni relative all’accesso al mercato delle apparecchiature solari e “faciliteranno gli scambi con i responsabili politici competenti sulle opportunità di supporto ai progetti di cooperazione Ue-India nel settore della produzione di energia solare”. Il protocollo d’intesa riflette gli impegni del partenariato India-Ue per l’energia pulita e il clima, e la recente promessa del presidente Modi e della presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen di approfondire la collaborazione in materia di energia pulita e catene di approvvigionamento.

L’India, osserva Tajani intervenendo al Forum, è un’economia con “un potenziale enorme”: “Per questo siamo qui, vogliamo investire di più, vogliamo esportare di più e vogliamo più investimenti indiani nel nostro Paese, e anche più aziende indiane che lavorano con l’India“.

Nei prossimi giorni, il 13 e 14 aprile, la missione del ministro si sposterà ancora più a Est, a Osaka, per l’inaugurazione del Padiglione italiano all’Expo e per partecipare a iniziative collegate al Piano Export per l’Asia e alle Olimpiadi di Milano Cortina 2026.

Dazi, Meloni convoca vertice a Chigi. Poi spiega: “Non è catastrofe che tutti raccontano”

Nei palazzi di Roma, il ‘Liberation day’ after è frenetico. Dopo l’annuncio dei dazi di Donald Trump ai Paesi europei, Giorgia Meloni deve correre ai ripari. La premier annulla tutti gli impegni in agenda e convoca d’urgenza i ministri competenti a studiare una strategia per proteggere il Made in Italy da effetti potenzialmente devastanti. “Penso che la scelta degli Stati Uniti sia sbagliata, non favorisce né l’economia europea né quella americana, ma non dobbiamo alimentare l’allarmismo che sto sentendo in queste ore“, spiega in serata, in un’intervista al Tg1. “Non smetteremo di esportare negli Stati Uniti“, garantisce, pur ammettendo che “ovviamente abbiamo un altro problema da risolvere, ma non è la catastrofe che alcuni stanno raccontando“. Il ruolo dell’Italia è “portare gli interessi italiani, particolarmente in Europa“, ribadisce. Perché mentre si tratta con gli americani, osserva, “ci sono molte cose che possiamo fare per rimuovere i dazi che l’Unione europea si è autoimposta“. E sostiene che “forse una revisione del Patto di stabilità a questo punto sarebbe necessaria“.

A Palazzo Chigi arrivano il vice Matteo Salvini, con i ministri Giancarlo Giorgetti (Economia), Adolfo Urso (Imprese), Tommaso Foti (Rapporti europei), Francesco Lollobrigida (Agricoltura). In videocollegamento da Bruxelles c’è l’altro vicepremier, Antonio Tajani, reduce da un nuovo confronto con il commissario al Commercio Maros Sefcovic.

Nell’incontro europeo, fa sapere la Farnesina, “i due hanno convenuto sulla necessità di mantenere un approccio fermo ma basato sul dialogo, volto ad evitare un’ulteriore escalation sul fronte commerciale”. Il piano prevede la diversificazione dei mercati dell’export. Solo per l’Italia, gli Stati Uniti valgono il 10%. Si guarda dunque a nuovi accordi commerciali con Paesi terzi, come i Paesi del Mercosur, l’India (dove Tajani andrà tra qualche giorno) e altre economie emergenti chiave nell’Indo-Pacifico, in Africa e nel Golfo. Ieri, il ministro degli Esteri ha annunciato anche la nomina del nuovo inviato speciale dell’Italia nell’Imec (il corridoio India-Medio Oriente-Europa) Francesco Maria Talò. Al Commissario, il ministro consegna la strategia per l’export italiano lanciata a Villa Madama qualche giorno fa per rafforzare la presenza delle imprese italiane in tutti i mercati in crescita. “Il mio disegno sarebbe quello di avere un mercato unico transatlantico, zero tariffe di qua e zero tariffe di là, quello sarebbe il modo migliore per sviluppare il commercio e rinforzare la posizione dell’Occidente“, confessa il titolare della Farnesina, che affida a Sefcovic la lista dei prodotti italiani su cui bisognerebbe intervenire per essere tutelati (“compreso il whisky e tutta la produzione vinicola”), nella trattativa che ci sarà all’interno dell’Ue in vista della decisione del Consiglio di lunedì in Lussemburgo. “Ci sono cibi – riferisce -, settori che riguardano il settore della gioielleria, le pietre preziose”. Insomma, “una lunga lista di una trentina di punti“.

Mentre il ministro degli Esteri è in riunione col commissario europeo, da Roma il leader del Carroccio però fa trasmettere una nota in cui continua a difendere la strategia di Trump e ad attaccare l’Europa: “Nelle ultime ore Matteo Salvini si è confrontato con il gruppo economico della Lega, ribadendo che se gli Stati Uniti hanno deciso di tutelare le proprie imprese, è necessario che l’Italia continui a difendere con determinazione il proprio interesse nazionale anche alla luce dei troppi limiti dell’Europa“, scrive il partito. Che nel tardo pomeriggio firma un’altra nota, più diretta ancora verso l’Ue: “Prima di pensare a guerre commerciali o contro-dazi che sarebbero un suicidio, l’Unione europea tagli burocrazia, vincoli e regole europee che soffocano le imprese italiane, azzerando il Green deal e il tutto elettrico“.

A riportare le intenzioni del governo dopo il vertice, però, è Urso rispondendo a un’interrogazione durante il question time al Senato. “Noi guidiamo il fronte delle riforme in Europa“, rivendica, elencando una serie di richieste del governo a Bruxelles. L’immediata sospensione delle regole del Green Deal che “hanno portato al collasso il settore delle auto“; un immediato “shock di deregulation” che liberi da lacci e lacciuoli le imprese; l’introduzione del principio del “Buy European“, speculare al Buy American; la preferenza in ogni appalto pubblico del Made in Europe; la finalizzazione di accordi di libero scambio con altre aree del mondo per mercati alternativi; una politica industriale come delineata nei documenti sulla revisione del Cbam. Questo è un pacchetto d’azione che proteggerebbe il tessuto imprenditoriale europeo senza entrare in scontro aperto con gli Stati Uniti. Perché, spiega l’inquilino di Palazzo Piacentini, “rispondere ai dazi su beni con altri dazi su beni aggrava l’impatto sull’economia europea“. Secondo la Bce i dazi americani avrebbero un impatto dello 0,3% sulla nostra crescita e le eventuali contromisure aggraverebbero l’impatto allo 0,5. Ma, avverte Urso: “Secondo altri istituti, l’effetto moltiplicatore negativo sarebbe ancora peggiore”. La prima regola, quindi, è “non farci altro male da soli innescando un’escalation di ritorsioni che scatenerebbe una devastante guerra commerciale“, spiega il ministro a Palazzo Madama. Occorre reagire “in modo intelligente, mantenendo la calma per valutare le conseguenze dirette e indirette e quindi la migliore risposta, tenendo anche conto che le misure americane differiscono in modo sostanziali: sarebbero pari al 20% per i beni europei ma ben maggiori per altri Paesi, in alcuni casi oltre il 50%”, scandisce. Nei prossimi giorni, il ministro incontrerà le associazioni di impresa per valutare con loro le possibili contromisure da prendere.

Domanda cautela anche Foti: “Dobbiamo capire se dietro questa iniziativa vi è una volontà di andare fino in fondo o di cercare, nazione per nazione, di riequilibrare una bilancia commerciale che nel caso degli Stati Uniti è pesantemente deficitaria rispetto a quanto viene esportato“, afferma. La prima risposta, ribadisce, la deve dare l’Unione europea e “certo non bisogna dare delle risposte di pancia”. In generale, per Foti, “più che scendere in una polemica serve fermezza e idee chiare su come si vuole agire, cioè la reazione deve esserci ma non deve essere una reazione di pancia, deve essere una reazione che suggerisce anche al nostro interlocutore americano che è meglio sedersi a un tavolo”.

Dazi, Meloni: “Dialogo, ma non escludere risposta adeguata”. Mattarella: “Ue sia compatta”

Col passare delle ore la tensione è sempre più palpabile. I dazi spaventano i mercati e rendono anche la risposta politica molto complicata. Il governo italiano ha scelto la via della prudenza, ripetendo con quasi tutti i suoi ministri l’invito a mantenere aperto il dialogo, ma ora la premier comprende che è arrivato il momento di prendere posizione. “Resto convinta che si debba lavorare per scongiurare una guerra commerciale” dice Giorgia Meloni, sottolineando che questo “non esclude di immaginare risposte adeguate a proteggere le nostre produzioni”.

La presidente del Consiglio lancia anche un messaggio (indiretto) agli storici alleati Usa: “Bisogna ricordare che sono il secondo mercato di destinazione, con un export salito del 17%: l’introduzione di nuovi dazi avrebbe risvolti pesanti e penso che sarebbe un’ingiustizia per gli americani”. Il tema è al centro delle agende delle varie cancellerie europee.

Lo dimostra il fatto che sia stato discusso anche nell’incontro al Quirinale tra il capo dello Stato, Sergio Mattarella, e il presidente della Repubblica di Estonia, Alar Karis, in visita ufficiale in Italia. Mattarella definisce l’inasprimento delle tariffe sulle importazioni un “errore profondo”, ma allo stesso tempo auspica “una risposta compatta, serena, determinata” da parte dell’Europa. Che lo scenario stia cambiando rapidamente lo si capisce anche dai toni usati dal ministro degli Esteri, Antonio Tajani. “Il quadro è particolarmente complesso, la sfida dei dazi mette alla prova i rapporti commerciali”, dice in aula alla Camera durante il question time. Il vicepremier domani sarà a Bruxelles, dove in programma c’è anche un incontro con il commissario Commissario Ue al commercio, Maros Sefcovic: “Dobbiamo avere un approccio pragmatico e dialogante mantenendo la schiena dritta. Se sarà necessario – spiega – dovremo avere una decisione che comporti reazioni a livello europeo” e con tempi decisamente diversi rispetto a quelli cui l’Ue ci ha abituato in questi anni: “Non si deve andare alle calende greche”, avverte Tajani. Che, assicura, discuterà di dazi con il vicepresidente Usa, JD Vance, durante la visita che farà in Italia dal 18 al 20 aprile prossimi.

Un suggerimento sulla contromossa più utile per rispondere alle scelte dell’Amministrazione Trump arriva dal ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso: “Alla Commissione Ue chiediamo di cogliere le nuove opportunità sui mercati globali, piuttosto che pensare solo a reagire ai dazi con altri dazi: cosa che aggraverebbe il peso per l’Europa”. L’idea è puntare su “accordi bilaterali di libero scambio” sulla scorta di quelli sottoscritti in passato con Cile, Canada, Corea del Sud e Mercosur, verso aree “di maggiore crescita che abbiamo definito e indicato: Messico, Indo-Pacifico, India, Malesia, Indonesia, Vietnam e Giappone”. Resta sulla strada della prudenza, invece, Tommaso Foti: “Meno alziamo i toni sotto il profilo delle parole e meglio è, la reazione non deve essere di pancia ma di ragione”, ammonisce il ministro per gli Affari europei, il Pnrr e le Politiche di coesione.

Nel governo c’è anche chi, come Francesco Lollobrigida, scommette che l’Italia non ne uscirà ridimensionata sui mercati. Di sicuro non quello agroalimentare: “L’apprensione di questi giorni non ci deve far dimenticare i record raggiunti in questi anni. L’Italia è una superpotenza in questo settore e saprà vincere qualunque sfida”, rasserena il ministro dell’Agricoltura. Anche se Coldiretti chiede di “fare prevalere il buonsenso ed evitare a tutti i costi un’escalation della guerra commerciale che avrebbe effetti disastrosi sulle economie europee e statunitense – avverte il presidente, Ettore Prandini – , dove i primi ad essere penalizzati sarebbero i cittadini e gli agricoltori di entrambe le sponde dell’Atlantico”. Mentre Confagricoltura chiede all’Europa una risposta “unita e allineata con la medesima strategia” per proteggere un export da circa 70 miliardi di euro. E la Cia-Agricoltori italiani teme che dazi al 25% “ridurrebbe fortemente la competitività delle eccellenze del Made in Italy”. Un danno che Uninimpresa stima complessivamente in 2 miliardi circa. In questo quadro si inserisce pure lo scontro politico. Perché le opposizioni accusano il governo di troppo immobilismo. Il Pd si schiera sulle posizioni di Mattarella: “I dazi americani sono un errore profondo – sostiene la vicepresidente dem, Chiara Gribaudo -. Trovo inquietanti gli effetti che ricadranno sulla nostra economia, ma è altrettanto inquietante il sovranismo di chi appoggia l’amministrazione Trump, lasciando l’Italia e l’Europa in questa situazione”. Per la Cinquestelle Chiara Appendino “Meloni minimizza”, quindi “è complice del disastro che sta facendo non tutelando le nostre imprese”. Dura anche Avs, che lancia la campagna ‘Trump tax’. Per Iv, invece, le differenti posizioni nella maggioranza di governo lasciano l’Italia “appesa”, mentre Azione non boccia la scelta della premier di dialogare con Washington, purché in accordo con l’Ue.

Meloni si schiera: su critiche a Ue ha ragione Vance. E Salvini vara missione in Usa

In uno dei momenti più tesi tra le due sponde dell’Atlantico, Giorgia Meloni rilascia la sua prima intervista a una testata straniera, il Financial Times, e si schiera. Non apertamente, ma confessa di condividere l’attacco del vicepresidente degli Stati Uniti JD Vance all’Unione, per aver abbandonato il suo impegno a favore della libertà di parola e della democrazia: “Lo dico da anni, l’Europa si è un po’ persa“, commenta.

Torna a difendere, tra gli ultimi in Ue, Donald Trump. Le critiche del tycoon al vecchio continente non sono rivolte al popolo, spiega, ma alla sua “classe dirigente e all’idea che invece di leggere la realtà e trovare il modo di dare risposte alle persone, si possa imporre la propria ideologia alle persone“. L’Italia, per la presidente del Consiglio, non deve essere obbligata a “scegliere” tra Stati Uniti ed Europa, sarebbe “infantile” e “superficiale“. Non solo Trump non è un avversario, chiosa, ma è il “primo alleato” dell’Italia.

Mentre la Commissione europea si prepara a reagire ai dazi imposti dal presidente americano, Meloni invita l’unione alla calma. “A volte ho l’impressione che rispondiamo semplicemente d’istinto. Su questi argomenti devi dire, ‘State calmi, ragazzi. Pensiamoci’“, spiega, ricordando che “ci sono grandi differenze sui singoli beni” e chiedendo di “lavorare per trovare una buona soluzione comune“.

Tra Trump che lavora per la pace e l’asse Macron-Von der Leyen che parlano di guerra e armi, non abbiamo dubbi da che parte stare“, le fa eco Matteo Salvini, che torna però a ‘scavalcare’ presidente del Consiglio e ministro degli Esteri, annunciando una missione con le imprese italiane per rafforzare la partnership con gli Stati Uniti, “come da dialogo con J.D. Vance“, che gli è già costato un round di scontri con Antonio Tajani.

Il chiarimento tra i tre, Meloni-Tajani e Salvini, si è rotto dopo 48 ore”, osserva il leader di Avs, Angelo Bonelli: “Salvini scommette sull’esenzione dai dazi per l’Italia da parte di Trump e su questo vuole arrivare prima della Meloni per commissariare Tajani“, afferma, denunciando di aver “venduto la dignità del popolo italiano e quindi europeo a chi ci ha definiti parassiti. È un governo in cui ognuno va per conto proprio“.

Per il Partito democratico, la presidente del Consiglio ha la “sindrome di Stoccolma“: “Sembra prigioniera, incapace di distinguere tra chi attacca e chi si difende”, scrive il capogruppo democratico nella commissione Bilancio della Camera, Ubaldo Pagano. “Ha scelto di indossare il cappellino Maga, ammainando di fatto da palazzo Chigi la bandiera italiana e quella europea“, denuncia la segretaria Elly Schlein. E’ agli italiani, sostiene Schlein, che Giorgia Meloni “dovrà spiegare perché ha scelto Trump come ‘primo alleato’, quando il prossimo 2 aprile entreranno in vigore i dazi Usa del 25% sulle nostre merci, sulle nostre eccellenze, che pagheranno le imprese, i lavoratori e le famiglie italiane. Giorgia Meloni vada dire a loro ‘state calmi, ragazzi, ragioniamoci‘”.

Meloni “doveva e poteva diventare la Merkel europea, trasformandosi in leader conservatrice moderna, ma rompe con l’Europa sul tema fondamentale della difesa europea e si ritrova ad essere una modesta Orban al femminile“, scrive sui social il vicepresidente di Italia Viva Enrico Borghi. A questo punto, insiste, “va detto con chiarezza che l’Italia non può sottrarsi da una iniziativa europea nel campo della sicurezza, della pace e della stabilità internazionale“.

Ucraina, Meloni: “Lavorare con Usa per fermare conflitto, garanzie solide per Kiev”

Photo credit: Palazzo Chigi

 

L’Italia lavora per la sua sicurezza, ma sulla garanzia di un cessate del fuoco in Ucraina continua a sostenere il coinvolgimento dell’Onu. L’ipotesi si fa spazio anche al summit dei volenterosi ospitato da Emmanuel Macron a Parigi, “in linea con la posizione del Governo italiano”, rivendica Palazzo Chigi. E’ la presidente del Consiglio italiana che insiste sull’importanza di estendere una tregua parziale alle infrastrutture civili, come le scuole e gli ospedali, con l’obiettivo di raggiungere un cessate il fuoco totale.

Giorgia Meloni preme sull’importanza degli Stati Uniti. Sul raggiungimento di una pace con garanzie che ricalchino l’articolo 5 della Nato e sulla necessità di collaborare con Washington per fermare il conflitto. La premier chiede persino il coinvolgimento di una delegazione americana al prossimo incontro di coordinamento. Sull’ipotesi di estensione dell’articolo 5, fa sapere Chigi, Macron ha “sollevato con interesse l’opportunità di un approfondimento tecnico”, che Meloni accoglie.

Il coinvolgimento dell’Onusarebbe frutto di una decisione del Consiglio di sicurezza, dove ci sono anche la Russia e la Cina, quindi se si deve arrivare a una interposizione di qualsiasi tipo è giusto che siano coinvolti tutti“, spiega il ministro degli Esteri ai cronisti, dopo l’informativa alla Camera sulle missioni internazionali che l’ha visto impegnato con il ministro della Difesa. Di certo, continua a non essere prevista alcuna partecipazione italiana a un’eventuale forza militare sul campo. Qualunque discesa in campo sarà con i caschi blu: “Sosteniamo da tempo un ruolo profilato delle Nazioni Unite, nella cornice autorizzativa del Consiglio di Sicurezza”, ribadisce Tajani, ricordando che “garanzie di sicurezza efficaci necessitano del più ampio consenso internazionale e non possono prescindere dagli Stati Uniti”.

La guerra è “tutt’altro che finita”, avverte Guido Crosetto davanti alle commissioni riunite Esteri e Difesa di Camera e Senato. La Russia ha continuato a colpire anche durante i negoziati, con attacchi sempre più intensi negli ultimi mesi, soprattutto alle infrastrutture energetiche. “Il tempo e i morti non sono mai stato un fattore scoraggiante per Mosca“, osserva il titolare della Difesa. E mette in chiaro: “Nessuno può pensare di costruire la sicurezza di un Paese prevedendo scenari bucolici, c’è chi si prepara a combattere“. Perché la pace, ricorda, è un equilibrio tra forze: “L’obiettivo è portarlo verso il basso, verso il disarmo totale tra due parti. Ma quando una parte è armatissima e l’altra no allora diventa un equilibrio difficile da mantenere”.

La difesa, quindi, va implementata per il governo. Tajani insiste su un concetto: “Spendere in difesa non significa essere guerrafondai, ma garantire la sicurezza dell’Unione europea”. L’interesse italiano, chiarisce Crosetto, non è perseguire il riarmo, ma costruire la difesa: “Dare a questo Paese uno strumento di tutela efficiente”. E oggi la mancanza di investimenti seguiti alla caduta del Muro di Berlino, quando si pensava che il comparto avesse perso d’importanza, richiede di recuperare terreno. A tre anni dall’aggressione russa, l’Ucraina resta la principale minaccia per la sicurezza del Vecchio Continente e “fermare il conflitto per noi è una priorità”, assicura il vicepremier.

L’accordo raggiunto sul la tregua sul Mar Nero è un fatto “certamente positivo“, ammette il vicepremier, anche in funzione dell’esportazione di grano, fondamentale per la sicurezza alimentare in particolare dell’Africa. Ora però la palla passa a Mosca, che sembra non voler interrompere gli attacchi, che aumentano in intensità e portata, soprattutto sulle infrastrutture energetiche. “Tocca a Mosca dimostrare che vuole la tregua – scandisce Tajani -. E’ la Russia che deve dire se vuole la pace o no”. Sul futuro dell’Ucraina, l’Italia è in prima linea per la ricostruzione, garantisce, come dimostra la conferenza sulla ricostruzione in programma in Italia il 10-11 luglio prossimi. Sul progetto, anticipa il titolare della Farnesina, saranno coinvolti in modo importante anche i privati. Prima della ricostruzione, bisognerà raggiungere il faticosissimo traguardo della soluzione del conflitto. Sulla quale i ministri non usano mezzi termini: “Ogni soluzione dovrà basarsi su garanzie di sicurezza convincenti per Kiev”.

Tajani lancia Piano di contrasto ai dazi: nuovi mercati senza abbandonare dialogo con Usa

Una strategia per l’export italiano che compensi gli eventuali contraccolpi generati dai dazi annunciati a partire dal 2 aprile da Donald Trump, ma senza abbandonare il dialogo con gli Stati Uniti.  Il governo italiano punta ai mercati extra-UE ad alto potenziale, con un Piano d’azione presentato oggi a Villa Madama dal ministro degli Esteri Antonio Tajani.

L’obiettivo è arrivare a 700 miliardi di export entro fine legislatura, partendo dai 623,5 miliardi attuali, puntando su mercati emergenti come Arabia Saudita, Turchia, Emirati Arabi Uniti, Mercosur (specialmente Messico e Brasile), Balcani occidentali, Africa e Paesi Asean (su tutti Thailandia, Indonesia e Vietnam).

Il Piano, che prevede missioni economiche e business forum costruiti su dossier-paese che individuano settori e opportunità concrete, è frutto del lavoro congiunto del Maeci con le agenzie del Sistema Italia (ICE, SACE, Simest, Cassa Depositi e Prestiti). I mercati emergenti, in fondo, già oggi coprono il 49% del nostro export globale, ma si può fare ancora di più nonostante l’Italia sia considerata già oggi una potenza mondiale dell’export e vanti numeri record: sesto esportatore mondiale e Paese con la maggiore varietà merceologica, seconda economia al mondo e prima in Europa per diversificazione di beni esportati, un settore che da solo vale il 40% del nostro Pil.

Questo però non vuol dire che si debba abbandonare il dialogo con gli Stati Uniti, su cui Tajani è chiaro: “Il Piano prevede la presenza dell’Italia nei mercati in crescita, è una grande opportunità a tutela delle imprese italiane e delle loro esportazioni che rappresentano il 40% del nostro Pil”. Tuttavia “sarebbe un errore non parlare con gli Stati Uniti”, su cui rimane il grosso punto interrogativo dei dazi, minacciati ma non ancora ufficializzati. Gli Usa in fondo valgono il 10% del nostro commercio estero, il ministro vuole quindi evitare una escalation commerciale: “La guerra dei dazi non conviene a nessuno, né a noi né agli Stati Uniti”. E ancora: “L’Europa deve fare tutto ciò che è in suo potere per facilitare il colloquio con gli Usa, dividersi sarebbe esiziale per l’Occidente”. Per questo si congratula col commissario UE al Commercio, Marcos Sefcovic, per la linea della prudenza assunta negli ultimi giorni nei confronti di Washington: “Ieri ho avuto un lungo colloquio con lui, saggiamente ha deciso di rinviare di due settimane eventuali contromisure. Questo ci consente di proseguire un dialogo con gli Usa. A livello diplomatico faremo tutto ciò che è possibile”. Di contro, la Farnesina vede Oltreoceano anche la possibilità di rafforzare il nostro export: “Investire di più e importare di più dagli Usa – sostiene Tajani – può rappresentare uno scudo efficace per continuare a esportare verso un mercato che oggi vede l’Italia in posizione vantaggiosa nella bilancia commerciale”. Al tempo stesso Tajani ha annunciato anche una riforma del proprio dicastero che presenterà prossimamente nel Consiglio dei ministri: “Una struttura a due teste, una politica e una economica, dedicate alla crescita”. E dunque alle esportazioni.

Forza Italia contro lo spopolamento di montagne e piccoli borghi, -5% residenti in 10 anni

Tutelare montagne, aree interne, piccoli comuni e zone rurali alle prese con le sfide del cambiamento climatico e dello spopolamento. I numeri parlano chiaro: solo negli ultimi dieci anni si è registrato un calo del 5% dei residenti nei comuni montani italiani. E non è un problema da poco visto che il nostro Paese è caratterizzato per due terzi proprio da colline e monti. Un calo che intacca l’economia, visto che la montagna è fonte di una ricchezza non valorizzata pienamente. Per salvaguardare questo patrimonio, non solo ambientale, “bisogna gestire il territorio e fare manutenzione”. Ne è certo il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, intervenuto ad un convegno alla Camera organizzato da Forza Italia per parlare proprio di politiche per la montagna.

Il ministro si riferisce a piccole azioni per arginare le sfide imposte dal cambiamento climatico. “Bisogna intervenire sull’assetto idrogeologico – sottolinea – raccogliere l’acqua quando è troppa e rilasciarla quando c’è siccità. Si devono quindi fare gli invasi”. Manutenzione è la parola d’ordine del ministro: “Pala e badile per evitare che il rigagnolo diventi frana”. Uguale attenzione va data ad “un nuovo elemento di percezione, l’aumento di un turismo diverso”. Secondo Pichetto bisogna far crescere “anche la capacità di accoglienza in posti che fino a poco tempo fa non erano assolutamente pronti a questo”. 

In Italia abbiamo 4.176 comuni definiti ‘montani’, più della metà. E due Regioni, Valle d’Aosta e Trentino, sono completamente composte da montagne. Solo in Piemonte, su 1250 comuni, oltre 900 sono piccoli e spesso montani. Garantire a queste popolazioni servizi essenziali a parità di condizione con gli altri enti territoriali è la priorità secondo il ministro della Pubblica Amministrazione, Paolo Zangrillo: “Dobbiamo creare le condizioni affinché chi vive in questi luoghi lo faccia in realtà attrattive, in grado di esprimere le loro caratteristiche”. E ricorda come la montagna sia presente in un articolo della Costituzione: “E’ un grande patrimonio, anche economico. I nostri Padri Costituenti lo avevano già capito”. A questo proposito, il ministro degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale, Antonio Tajani, chiede “strutture adeguate che promuovano lo sviluppo coniugando sostenibilità e innovazione”. Secondo il titolare della Farnesina, lo sviluppo di questi territori è legato al turismo sostenibile, all’innovazione digitale e alla piena valorizzazione delle risorse locali. 

Il ddl per la Montagna, già passato al Senato, attende nel frattempo il passaggio alla Camera. Sul testo c’è l’impegno di Forza Italia. “È doveroso fare in modo che chi sceglie di vivere in montagna, chi sceglie di lavorare e di investire in montagna, abbia le stesse risposte che può dare la città”, ribadisce il senatore e vice capogruppo vicario di Forza Italia a Palazzo Madama, Adriano Paroli. La montagna “crea ricchezza, non bisogna dimenticare il sostegno a questo tesoro inestimabile”, aggiunge Paolo Barelli, presidente dei deputati FI. Mentre il presidente dei senatori azzurri, Maurizio Gasparri, sottolinea il ruolo svolto negli ultimi anni da Poste Italiane, con alcune strutture recuperate nei piccoli comuni che altrimenti avrebbero rischiato la chiusura per obsolescenza.

Federchimica: Con più ricerca ricadute da 6 mld. Urso: “Chimica colonna portante economia”

La ricerca genera competitività e apre la via all’estero. L’effetto spillover è importante: 400 milioni di euro in investimenti nella chimica ad alta specialità generano 6 miliardi di euro sull’intera economia italiana. I dati arrivano dall’incontro ‘Innovazione chimica’, che si è tenuto questa mattina a Villa Madama a Roma, organizzato dal ministero degli Esteri e e da Federchimica.

“Il comparto ha un impatto a cascata su un numero infinito di settori della nostra economica e il rapporto che presentiamo oggi fotografa il ruolo della chimica come acceleratore di innovazione, export, crescita”, spiega, Antonio Tajani. Il ministro degli Esteri ricorda di aver rafforzato la “squadra della crescita”, ovvero Ice, Sace, Simest, Cassa Depositi e Prestiti, che sono al fianco delle imprese per aiutarle a crescere nei circuiti internazionali. “Dall’inizio del mio mandato ho messo in campo una precisa strategia di Diplomazia della crescita, a favore dell’export e per l’internazionalizzazione dei nostri territori”, rivendica il vicepremier, che in questi giorni ha lanciato una strategia di ulteriore rafforzamento e diversificazione dei mercati di sbocco, con un occhio d’attenzione agli emergenti.

L’industria chimica in Italia è “una delle colonne portanti dell’economia”, osserva Adolfo Urso, che snocciola i numeri: “Con un fatturato di 77 miliardi di euro e un ruolo centrale in Europa, siamo terzi per produzione dopo Germania e Francia”. Ma il settore, assicura, diventerà sempre più “competitivo, innovativo e sostenibile”. La trasversalità della chimica “la rende un motore di innovazione in molti settori, dall’ambiente alla salute, dall’industria ai nuovi materiali“, scandisce Anna Maria Bernini. Sono 125 i corsi di laurea in Italia, che si evolvono per “rispondere alle sfide del mercato del lavoro e della società, con percorsi altamente specializzati e orientati alla sostenibilità e alle nuove tecnologie”, chiosa la ministra dell’Università e della Ricerca.

La chimica è un settore strategico dell’economia europea, ha un carattere pervasivo e abilitatore: il 95% di tutti i manufatti, già di uso comune o che lo diventeranno in futuro, sono disponibili a costi largamente accessibili grazie alla chimica. L’industria chimica, caratterizzata da specialità ad alto valore, offre le soluzioni tecnologiche che rendono possibile lo sviluppo e la produzione di molti prodotti finiti. In termini di competitività sui mercati globali, la geopolitica è entrata prepotentemente nelle nostre imprese con ricadute rilevanti per quanto riguarda la gestione sostenibile delle materie prime e i costi energetici, aspetti cruciali per contrastare la concorrenza globale, in particolare da Paesi che non sempre rispettano i nostri stessi standard ambientali, sociali e di sicurezza. Le imprese chimiche in Italia sono “fortemente orientate all’export e sono protagoniste in collaborazioni internazionali grazie alla forte spinta innovativa data dal loro Dna: esportano tecnologie e competenze, consolidando la presenza internazionale del settore e contribuendo al rafforzamento del Made in Italy a livello globale”, spiega Francesco Buzzella, Presidente Federchimica. Secondo l’Eurostat, l’export chimico italiano, dal 2010 al 2023, è cresciuto dell’85% con un valore totale che ha raggiunto i 40,6 miliardi di euro, il 6,4% sul totale delle esportazioni nazionali. Il confronto internazionale indica che gli Stati Uniti sono il primo mercato di destinazione per la chimica europea e la Cina è il primo fornitore per l’Europa. In questo scenario, la Cina produce prevalentemente commodities a basso costo, mentre gli USA sono anche alla ricerca di specialità innovative. In Italia la chimica è tra i settori con la più diffusa presenza di imprese innovative (80%) e, diversamente da altri comparti, l’innovazione si basa sulla ricerca. In effetti l’industria chimica è il primo settore – dopo la farmaceutica – in termini di quota di imprese che svolgono attività di R&S (75%). La ricerca non coinvolge solo le realtà più grandi, ma anche le PMI. In ambito europeo l’Italia è il secondo Paese, dopo la Germania, per numero di imprese chimiche attive nella ricerca, oltre 1.200. Secondo l’anticipazione di una indagine sul valore della ricerca chimica come moltiplicatore di internazionalizzazione e competitività, gli investimenti dell’industria chimica italiana toccano il 3,8% sui ricavi, percentuale che pone il settore ben al di là del 3% fissato dall’UE come obiettivo; nelle imprese ad alto valore aggiunto e specializzazione, l’investimento in R&S supera la soglia del 5%. Al tempo stesso l’81,5% delle imprese ha investito per cogliere opportunità all’estero, il 35,4% ha investito all’estero (da sola o in joint) e il 74,1% è impegnato in progetti internazionali. Oltre la metà delle imprese giudica importante la ricerca per farsi strada nei mercati internazionali.

Dati che ribadiscono il valore strategico dell’innovazione chimica a favore di una espansione sui mercati esteri. La ricerca genera, infatti, competitività e apre la via verso l’estero con importanti ritorni positivi per tutto il Sistema Paese: tre quarti delle imprese hanno programmi di collaborazione internazionali confermando la propensione delle imprese alla ricerca e il contributo che la chimica in Italia offre alla presenza internazionale dell’industria italiana in generale. L’export chimico italiano è cresciuto negli ultimi trent’anni e oggi vale il 4,4% del totale mondiale, con prestazioni positive anche nel confronto con Francia e Germania grazie al traino delle numerose nicchie di specializzazione nell’ambito della chimica a valle in un contesto di regole complesse e di costi elevati a cominciare dall’energia. “La competitività dell’industria europea è a rischio su terreni che tradizionalmente erano suoi punti di forza, come evidenziato dal Rapporto Draghi alla Commissione europea”, ricorda la vicepresidente alla ricerca di Federchimica, Ilaria Di Lorenzo, che denuncia un ritardo delle scelte comuni in materia di competitività e una cultura iper-regolatoria come “ostacoli da rimuovere al più presto per salvaguardare una preziosa e insostituibile infrastruttura tecnologica per il nostro Paese”.

Difesa, scontro Salvini-Tajani su ReArm. Gentiloni: “Piano nella giusta direzione”

Il piano da 800 miliardi per la Difesa europea presentato da Ursula Von Der Leyen continua a far discutere al suo interno la maggioranza, con Matteo Salvini e Antonio Tajani che sposano ancora posizioni divergenti malgrado il tentativo di abbassare i toni nelle scorse ore compiuto dalla premier Giorgia Meloni.

Alla vigilia del vertice straordinario del Consiglio Ue, giovedì a Bruxelles, si dice contro l’esercito europeo comune il leader della Lega, a favore il numero uno di Forza Italia. Netto Salvini, che ha riunito i suoi ai Gruppi parlamentari della Camera per illustrare le proposte della Lega sugli scenari globali alla luce del complesso quadro geopolitico. Nel mirino del Carroccio il Piano di riarmo europeo, criticato a partire dal nome: ReArm Europe. “Domani von der Leyen lo presenterà – ricorda il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti – credo che nessuno si aspettasse 800 miliardi di investimenti militari. Fino all’altro giorno non si poteva investire un euro in più per la sanità e per le pensioni, ora invece si può fare senza indebitarsi? Una scelta sbagliata a partire dal nome… “.

Sulla definizione data al Piano, in effetti, anche il ministro degli Esteri Antonio Tajani storce la bocca: “Lo chiamerei Piano per la sicurezza europea”. Sul resto però c’è il favore di Forza Italia, a partire dall’idea di una Difesa comune europea: “Era il sogno di De Gasperi e Berlusconi – ricorda Tajani – il quadro di von der Leyen va bene, poi vedremo l’applicazione pratica”. Secondo il titolare della Farnesina, la Difesa comune europea “non è una scelta alternativa alla Nato” e l’obiettivo rimane “rafforzare l’alleanza transatlantica con un pilastro europeo e uno americano” come “garanzia di pace, stabilità e sicurezza per tutti i Paesi europei e altri, compresa l’Ucraina, candidati a far parte della nostra Unione”.

Di tutt’altra opinione Salvini, per cui avere la Difesa comune europea oggi sarebbe sinonimo di conflitto: “Se ce l’avessimo già, Francia e Germania ci avrebbero già portato in guerra. Non do le chiavi di casa mia a qualcuno che ha nella guerra il suo istinto di sopravvivenza”. Negativo pure il giudizio sull’investimento complessivo del Piano. Salvini gli 800 miliardi li spenderebbe altrove, a maggior ragione se si arrivasse ad un accordo di pace tra Russia e Ucraina, e tra Israele e Medio Oriente. In quel caso, sostiene il segretario della Lega, i soldi “si potrebbero utilizzare in altra maniera”. A Via Bellerio anche il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, non è convinto di ReArm Europe: “Un conto sono gli aiuti emergenziali di questi mesi all’Ucraina, che non sono in discussione; un altro è il programma di Difesa europea, che ha bisogno di programmazione e non si può fare all’improvvisata”.

L’ex commissario europeo, Paolo Gentiloni, invece promuove il piano Von der Leyen: “Il piano di riarmo dell’Europa è un primo passo che va nella giusta direzione. La presidente della Commissione Ue lo ha annunciato qualche ora dopo il taglio degli aiuti militari americani all’Ucraina, mentre le Borse andavano giù per la guerra dei dazi. E’ chiaro che può essere migliorato, però nelle ore difficili che stiamo attraversando penso che sia un segnale che va nella direzione giusta. Poi vedremo”. Secondo Gentiloni, l’Occidente “non è mai stato così malato, non vedere la crisi sarebbe da sonnambuli”. Per questo l’Ue “è giusto che ora punti a difendersi, non si possono delegare gli americani come successo per 80 anni”.