Generali premia 10 pmi ‘Eroi della sostenibilità’: c’è anche l’italiana Fedabo

Generali resta impegnata nella sostenibilità. Lo hanno scandito in modo netto il Ceo, Philippe Donnet, e il presidente, Andrea Sironi, nei loro interventi di apertura e chiusura della conferenza e della cerimonia di consegna del premio Sme EnterPrize di Generali, ieri, a Bruxelles. Un riconoscimento che va ai 10  ‘Sustainability Heroes’, ovvero Pmi, selezionate tra oltre 8.900 in tutta Europa, che più si distinguono per il loro business model sostenibile. Imprese che Generali porta e premia a Bruxelles, davanti a politici Ue, per ribadire l’importanza di un tessuto fondamentale per l’economia europea, dato che, come hanno ricordato il vice presidente esecutivo della Commissione europea, Raffaele Fitto, e il commissario all’Economia, Valdis Dombrovskis, le Pmi “sono il cuore pulsante dell’economia europea” perché “sono responsabili di una grande parte dell’occupazione” e “sono anche protagoniste dell’innovazione e della crescita sostenibile” e “rappresentano circa il 99% di tutte le aziende” nell’Ue.

Tra le premiate a Bruxelles, c’è l’italiana Fedabo, una società di consulenza che si occupa di migliorare le prestazioni energetiche, economiche e ambientali di aziende private e pubbliche. Le altre sono O.K. Energie Haus (Austria), che eccelle nella progettazione, produzione e assemblaggio di edifici in legno, come case, scuole e centri medici, con metodi efficienti dal punto di vista energetico; Hrvatski Kišobran (Croazia), un’azienda produttrice di ombrelli con un forte impegno per l’inclusione e la responsabilità sociale che integra attivamente le persone con disabilità nella propria forza lavoro; CréaWatt (Francia), un produttore di pannelli solari che possono essere adattati a vari tetti senza bisogno di rinforzi strutturali. Oltre a organizzare iniziative di formazione e sensibilizzazione sulle energie rinnovabili, sostiene anche il reinserimento professionale e l’occupazione dei detenuti; vomFASS (Germania), un negozio online e fisico basato sul concetto di “refill” che permette ai clienti di acquistare aceti, oli, liquori e vini scegliendo la quantità e il contenitore per i loro acquisti, impegnandosi al contempo in processi di produzione a zero emissioni di CO2 e a preservare la biodiversità; EcoXperience (Portogallo), che ha sviluppato soluzioni innovative per la pulizia trasformando l’olio da cucina usato in detergenti ecologici; Ameba Production (Repubblica Ceca), che organizza un festival annuale con iniziative di sensibilizzazione per educare i visitatori all’importanza della sostenibilità ambientale e sociale; Pribinovina-Korenika (Slovenia), un’azienda agricola che unisce produzione biologica, sviluppo rurale e inclusione sociale, offrendo opportunità di lavoro a persone con disabilità e ad altri gruppi sociali vulnerabili attraverso forme di lavoro protetto; Adopta un Abuelo (Spagna), un’impresa sociale che offre servizi B2B per il settore dell’assistenza e delle residenze per anziani, tra cui attività per insegnare a usare la tecnologia e promuovere la socializzazione, aiutando a prevenire l’esclusione degli anziani; Compocity (Ungheria), un pioniere dell’economia circolare urbana che ha sviluppato CompoBot, un robot per il compostaggio al chiuso a livello comunitario, per trasformare i rifiuti in materiale che rigenera il suolo.

Lo slancio complessivo intorno alla sostenibilità non è il più favorevole e il ritiro degli Stati Uniti dalle principali iniziative internazionali sul clima, incluso l’accordo di Parigi, ha chiaramente un peso significativo”, ha affermato in apertura Donnet. “Tuttavia, le nostre convinzioni non cambiano e rimaniamo certi che le considerazioni ambientali, sociali e di governance integrate nelle attività possano essere davvero utili per le Pmi non solo per identificare e mitigare un ampio numero di rischi, ma anche per avere accesso a migliori condizioni assicurative e creditizie per migliorare la loro reputazione e il loro rapporto con tutti gli stakeholder”, ha spiegato.

Un concetto ribadito Marco Sesana, Group General Manager di Generali – “come Generali rimaniamo fortemente impegnati a sostenere una transizione giusta e sostenibile e a fare la nostra parte per renderla realtà con un sostegno mirato attraverso supporto finanziario, investimenti, consulenza e soluzioni assicurative personalizzate” – e dal presidente Sironi: “Generali resta impegnata nella sostenibilità. Questo è molto importante. Semplicemente crediamo che l’evidenza scientifica sia molto chiara e quindi dobbiamo continuare la nostra battaglia per la sostenibilità. Pensiamo sia chiaro che se non lo facciamo, il futuro per le persone e le Pmi in Europa sarà molto differente da quanto abbiamo vissuto”.

Ong promuovono Generali: fra assicuratori al primo posto in politiche climatiche

L’assicuratore italiano Generali è al primo posto nella classifica annuale della coalizione di Ong Insure our Future, che valuta le politiche climatiche dei 30 principali riassicuratori del mondo, davanti alla tedesca Allianz e alle francesi Axa e Scor. Ogni anno, negli ultimi otto anni, Insure our Future ha assegnato ad assicuratori e riassicuratori punti positivi e negativi per le loro politiche sui combustibili fossili. Ad esempio, gli assicuratori che decidono di non assicurare più nuovi giacimenti di petrolio e di gas si classificano più in alto. Anche se gli europei si comportano complessivamente meglio dei loro concorrenti in Nord America e Giappone, i risultati sono comunque severi per il settore nel suo complesso.

Nonostante una bolletta climatica in continuo aumento e il crescente rischio di un mondo non assicurabile, i principali (ri)assicuratori continuano ad aggravare il dissesto climatico sostenendo l’espansione dei combustibili fossili”, ha dichiarato giovedì Reclaim Finance, una Ong che fa parte della coalizione, che conta più di 20 membri tra cui Greenpeace ed Ekō, in un comunicato.

Generali ha adottato restrizioni nel settore petrolifero e nella catena del valore del gas, anche per i nuovi terminali gnl”, il che le ha permesso di conquistare il primo posto nella classifica davanti ad Allianz nel 2024. Segue Zurich, “il primo assicuratore impegnato a non coprire più nuovi progetti di carbone metallurgico”.

Da parte loro, gli assicuratori francesi Axa (6° posto) e Scor (11°)rimangono fermi” nella lotta contro il riscaldamento globale e “continuano a perdere posizioni” nella classifica, come sottolinea Reclaim. “Mentre Axa e Scor avevano dato l’esempio con il carbone, questo è ben lungi dall’essere il caso del petrolio e del gas, e ancor meno del gnl. Oggi scelgono di approfittare della crisi climatica per aumentare i prezzi o addirittura abbandonare alcuni assicurati, continuando ad alimentare il problema assicurando l’espansione del petrolio e del gas”, afferma Ariel Le Bourdonnec, attivista assicurativo dell’Ong Reclaim Finance, membro del consorzio, in un comunicato stampa separato. Insure our Future sottolinea che un terzo delle perdite assicurate a livello mondiale legate ai fenomeni meteorologici sono attribuibili agli sconvolgimenti climatici, per un ammontare di 600 miliardi di dollari in quasi vent’anni, secondo i suoi calcoli.

Investimenti green, fondi sostenibili e proiezioni future: parla Borsellino di Generali

Per raggiungere i target climatici e ambientali, da qua al 2050 servono decine di trilioni di dollari. Governi e istituzioni internazionali emettono bond e creano regolamenti per raggiungere questi obiettivi, tuttavia sarà determinante il ruolo che giocheranno la finanza e i risparmiatori.
 

Dottor Borsellino, la transizione energetica ed ecologica porta con sé rilevanti costi. Quale ruolo ha scelto Generali A&WM per accompagnare imprese e investitori verso l’obiettivo della decarbonizzazione?
Il tema della mitigazione del cambiamento climatico assume proporzioni molto importanti, globali, sia per le istituzioni finanziarie sia per i risparmiatori. A livello di investimenti, vi sono rilevanti costi e opportunità connessi a questa importante tematica. In questo senso, gli asset manager hanno innanzitutto un obbligo verso i propri clienti su tematiche finanziarie e legate alla sostenibilità. Da anni, già da prima del 2007, stiamo investendo risorse in analisi su tematiche di sostenibilità e su come inserire tali considerazioni all’interno del processo di investimento. Questo lo facciamo per i nostri clienti, sia quelli con un approccio più maturo, sia quelli meno interessati alla decarbonizzazione. Questo approccio risulta coerente con il fatto che Generali si è data target specifici legati alla mitigazione del cambiamento climatico, basati sulle indicazioni Onu. Tra questi, l’obiettivo di azzerare progressivamente gli investimenti nel settore carbonifero entro il 2030 per i Paesi Ocse ed entro il 2040 nel resto del mondo. Ma i target sono anche di breve periodo: per questo il gruppo punta a una riduzione del 25% dell’impronta carbonica dei portafogli diretti in azioni e obbligazioni societarie entro tre anni, e a un allineamento di almeno il 30% del valore del portafoglio immobiliare alla traiettoria di riscaldamento globale pari a 1,5°C.

Operativamente quali sono le vostre strutture in campo?
Al fine di soddisfare tali necessità, all’interno della nostra business unit, per esempio, Generali Insurance Asset Management (Giam), ha stabilito processi e tool per gestire gli asset dei clienti in linea con i rispettivi obiettivi di decarbonizzazione. Su tale tema, Giam ha inoltre preso un commitment a disinvestire dal carbone entro il 2040 in tutto il mondo. Un altro esempio è Generali Real Estate, il nostro pilastro nel segmento immobiliare, che ha sviluppato una strategia per l’implementazione di azioni mirate calcolando, ad esempio, le emissioni di gas serra sul proprio portafoglio. Certo, ci sono costi associati molto importanti, ma fanno parte della scelta strategica e quindi degli investimenti.

Ha un ruolo il risparmio gestito nella transizione?
Assolutamente, un primo elemento viene dai dati…

Si riferisce al fatto che i fondi cosiddetti sostenibili hanno risentito meno di un deflusso negli ultimi mesi? Come si spiega?
In una situazione critica per tutte le asset class, nel terzo trimestre c’è stata una contrazione minore per i fondi green rispetto a quelli tradizionali. Nel corso dell’anno, inoltre, i fondi ESG sono stati impattati molto meno e sono cresciuti in termini di importanza, tanto che a fine settembre, a livello globale, hanno raggiunto 2,2 trilioni di dollari.

Questo cosa significa?
Che c’è un trend molto significativo dal punto di vista della richiesta, sia retail sia istituzionali, anche per una spinta regolamentare importante. A mio avviso, questi movimenti vanno sempre inquadrati in un’ottica di medio-lungo termine, al di là della volatilità specifica del mercato. Anche gli investimenti ESG conosceranno accelerazioni e decelerazioni, ma il trend rimane sano e robusto. Oltre a far transitare l’economia da un modello brown a uno green, bisogna inoltre tener conto del fatto che questa transizione avvenga in maniera ragionevole e non crei altre disparità sociali, considerando bene gli impatti sociali che la transizione possa comportare sull’economia reale. È necessario a tal fine rafforzare l’attività di active ownership; una della maggiori sfide del futuro è quella del dialogo, soprattutto per evitare disinvestimenti.

Servirebbero incentivi fiscali per agevolare investimenti su rinnovabili ed economia circolare?
Sono importanti gli incentivi fiscali nell’ambito dei prodotti finanziari, nel senso che le storie di successo dei nuovi veicoli finanziari creati sono sempre state collegate a un elemento di incentivo fiscale. In questo caso lo sgravio dovrebbe andare anche all’aziende che investono nella transizione, non solo al retail. Nonostante l’importanza del tema verso una produzione a bassa emissione, l’imprenditore non sempre tocca con mano il valore di puntare su queste operazioni. In generale è utile favorire una fiscalità agevolata e sostenibile, incentivando i prodotti.

Forse ci dovrebbe essere una maggiore trasparenza dei prodotti, nel senso una maggiore specificazione dell’ambito concreto di investimento?
Serve un’offerta di prodotti con obiettivi di sostenibilità più trasparente e concreta. C’è interesse e una domanda ancora non chiaramente catturata verso gli investimenti in rinnovabili, che stanno crescendo rapidamente, sia da parte dei Paesi che degli investitori. Sono diversi i fattori in gioco e il tempo è un elemento chiave. L’Unione Europea sta ora lavorando in maniera utile per permettere anche al retail, lì dove appropriato e sempre attraverso un’adeguata consulenza finanziaria, di investire su progetti concreti e incentivati, attraverso gli Eltif, European long term investment funds, che insistono sul debito infrastrutturale oltre che su rinnovabili, sostenibilità e transizione.

La Bce ha fatto sapere che sosterrà maggiormente gli investimenti green. La strada sembra tracciata…la crisi energetica e la guerra hanno accelerato la svolta green?
È vero che la guerra ha evidenziato inconsistenze su come alcuni temi Esg fossero stati tradotti all’inizio di questo percorso. La guerra ci ha messo di fronte a necessità di approvvigionamento energetico di Paesi che, in maniera molto miope, si erano affidati per il 40% a un unico fornitore… Quindi come fai ora? Possiamo permetterci di non usare né investire più in combustibili fossili? Al di là della volatilità dei prezzi, la guerra ha evidenziato i limiti delle impostazioni ad escludendum dello schema della transizione pre-guerra in Ucraina. Rimane il fatto che il conflitto avrà, nel lungo termine, impatti positivi rispetto alla transizione, sempre più convinta. Sarà tuttavia necessario un investimento pubblico e l’assistenza di tutte le componenti economiche e finanziarie, risparmio gestito compreso, che possono incentivare il cambiamento. Anche la Bce, da ultimo, si è data obiettivi per operare in maniera sostenibile. Duecento anni di economia basata su fonti fossili non possono tuttavia essere sospesi in modo brusco: la transizione va accompagnata ed agevolata.