Governo avanti su prezzo medio carburanti: no di Antitrust e filiera
Il governo tira dritto. Nell’emendamento presentato in Commissione Attività produttive al decreto Trasparenza sui carburanti, l’esecutivo ripropone l’obbligo per i benzinai di esporre il prezzo medio, una scelta che scontenta i rappresentanti dei gestori degli impianti, però riduce la sanzione massima nei confronti degli operatori che dovessero violare le disposizioni, una decisione che scontenta il mondo dei consumatori ma anche gli stessi benzinai, convinti di aver ottenuto multe ancora più basse.
Ecco in sintesi le modifiche. Gli esercenti, compresi quelli in autostrada, dovranno esporre “con adeguata evidenza la cartellonistica riportante la media aritmetica dei prezzi di riferimento”. I cittadini potranno conoscere i prezzi, medio e praticato, attraverso una app fruibile “tramite apposite funzioni di selezione, anche su base geografica”. Da notare che “le modalità delle comunicazioni, da effettuarsi al variare, in aumento o in diminuzione, del prezzo praticato” da parte dei benzinai, avranno “frequenza settimanale anche a prescindere dalle variazioni”. “In caso di violazione degli obblighi di comunicazione si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 200 ad euro 2000, tenuto conto anche del livello di fatturato dell’esercente, per il giorno in cui la violazione è consumata”.
Nella prima versione del provvedimento, pubblicata in Gazzetta Ufficiale, le sanzioni andavano da 500 a 6000 euro. E durante gli incontri al ministero delle Imprese e del made in Italy si parlava di multe al massimo di 800 euro. “L’innalzamento della sanzione massima è ridicola, considerato che la legge prevedeva da anni multe da 516 a 3098 euro”, denuncia l’Unione nazionale consumatori. “Le sanzioni per i benzinai scorretti rimangono ancora irrisorie e non in grado di garantire adeguata trasparenza ai consumatori”, rimarca il Codacons. Di parere opposto la Ficigs-Confcommercio, secondo la quale, con l’emendamento, “il regime sanzionatorio è stato aggravato, almeno sul limite più elevato, rispetto alle ipotesi più moderate circolate anche in sede Mimit“. Una delle associazioni che rappresentano i gestori degli impianti di carburanti punta poi il dito contro “l’esposizione del cartello del prezzo medio. Non sono bastati i numerosi emendamenti in Commissione, proposti da esponenti delle stesse forze di maggioranza nonché, ovviamente, da esponenti delle forze di opposizione, in merito alle disposizioni contenute nel decreto Trasparenza, né le osservazioni invero assai critiche di Antitrust sul famoso cartello del prezzo medio“, conclude la Figisc-Confcommercio.
Il governo non ha dunque recepito le osservazioni emerse il 27 gennaio alla commissione Attività produttiva della Camera, dove il presidente dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato, Roberto Rustichelli, aveva messo in luce che “l’obbligo di pubblicazione della media aritmetica del prezzo regionale risulta molto poco rappresentativa dell’effettivo contesto competitivo in cui un impianto di distribuzione di carburanti opera”, per cui “la doppia cartellonistica potrebbe anche indurre in confusione alcuni consumatori“. L’Antitrust non vedeva la “necessità di introdurre un meccanismo di calcolo e di diffusione di valori di riferimento medi, atteso che appaiono incerti i benefici per i consumatori, a fronte invece di un possibile rischio di riduzione degli stimoli competitivi”. Già nel 2007 l’Authority per la Concorrenza sosteneva che il prezzo medio poteva portare a un “appiattimento” delle dinamiche competitive. Non sarebbe infatti il prezzo industriale il problema, ma le accise tornate a pieno regime da Capodanno. “Il prezzo industriale italiano è tra i più bassi d’Europa – sottolineava dieci giorni fa Claudio Spinaci, presidente dell’Unem, Unione energie per la mobilità -, siamo al 19esimo posto per quanto riguarda la benzina e al 23esimo tra i 27 Paesi per il gasolio, questo sta a significare che c’è un alto livello di concorrenza“. Ora il decreto “non è solo superfluo ma potenzialmente pericoloso per la concorrenza – aggiungeva -, perché potrebbe portare a un fisiologico rialzo e contraddire tutte quelle attività che sono state fatte negli ultimi 20 anni per avere un mercato tra i migliori d’Europa“. Sarebbe meglio “la pubblicazione di un qr code”.