Idroelettrico, aziende pronte a investire 15 mld. Ma nodo concessioni va sciolto

La sfida dell’energia passa soprattutto dallo sviluppo delle rinnovabili. In questo scenario l’idroelettrico assume un ruolo centrale, anzi, diventa “eccellenza nazionale”, come la Elettricità Futura, che elenca dati molto significativi: nel 2023 gli oltre 4.800 impianti presenti hanno prodotto più di 40 TWh di energia, che equivalgono al fabbisogno di 15 milioni di famiglie italiane, coprendo il 35% dell’energia elettrica prodotta da rinnovabili e impiegando direttamente e indirettamente circa 12mila lavoratori altamente specializzati, in forma diretta e nell’indotto.

L’Idroelettrico è un tuffo nella lungimiranza”, dice il presidente di Ef, Gianni Vittorio Armani. “Una risorsa su cui contiamo da oltre 150 anni, fondamentale per la sicurezza del sistema. Oggi copre il 35% dell’energia rinnovabile prodotta in Italia e sono 12mila le persone impiegate nel settore”, spiega. Sottolineando che si tratta di “un asset prezioso su cui le aziende del settore sono pronte a mettere in campo investimenti fino a 15 miliardi, anche per la digitalizzazione. Sono impianti che si integrano perfettamente con il territorio e la loro crescita accelera la graduale sostituzione del gas nel mix energetico”. Dunque, mette in luce ancora Armani, “il futuro dell’Idroelettrico vede più flessibilità e capacità di accumulo, e anche un ruolo sempre maggiore per contrastare il cambiamento climatico”. Dal convegno di Elettricità Futura emerge chiaramente come questa fonte sia fondamentale per la sicurezza della rete, grazie al ruolo di equilibratore del sistema elettrico, bilanciando al contempo la produzione di fonti meno programmabili. Inoltre, i bacini idroelettrici contribuiscono a una gestione ottimale dell’acqua anche in caso di siccità o piene.

Nel processo di decarbonizzazione bisogna fare leva sulla crescita delle rinnovabili – dice il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto -. Per fare questo bisogna riutilizzare nel modo più efficace gli invasi che abbiamo e ammodernare le strutture storiche”. Un tema toccato anche dal presidente della Camera, Lorenzo Fontana, nel suo intervento: “Occorre tenere conto dei potenziali elementi di criticità, come la corretta gestione dei corpi idrici, la conservazione della biodiversità e la riqualificazione degli impianti più vecchi. Sotto quest’ultimo profilo – avverte la terza carica dello Stato – pesa il fatto che più del 50% della capacità installata in Italia supera i 50 anni di vita e che quasi 11,5 gigawatt di potenza installata risalgono a prima del 1960”.

Sull’idroelettrico il governo è al lavoro per sciogliere il nodo delle concessioni, anche perché il complesso delle operazioni collegate, stima ancora Ef, può avere ricadute fino a 20 miliardi di euro. Ma “il patrimonio nazionale oggi è a rischio perché esposto a una concorrenza non ad armi pari”, sottolinea l’associazione. Se a livello europeo la chiusura della procedura di infrazione lasciato agli Stati membri la libertà di regolare il settore, nel nostro Paese le concessioni sono quasi tutte scadute o in scadenza, da rimettere a gara, mentre altrove le concessioni sono illimitate o di durata molto superiore. C’è però il vincolo del Pnrr, legato ai criteri accettati dall’Italia con il decreto Concorrenza del 2022 che servì a ottenere i soldi della terza rata. “Sostanzialmente ora si tratta di lavorare per superare questo e arrivare a modelli di rinnovo, che qualcuno chiama proroga mentre io dico ‘rinnovo contrattato’ col soggetto che ha la titolarità, in questo caso le Regioni”, chiarisce Pichetto. Indicando la strada che persegue il governo: “Mantenere in mani nazionali gli impianti”.

Energia, manifesto per salvare l’idroelettrico: No a gare. Pichetto: Troveremo soluzione

Il nostro Paese rischia di perdere un settore energetico strategico“: è l’appello che questa mattina associazioni di categoria, sindacati e Onlus lanciano sul comparto idroelettrico dai quotidiani italiani, con una lettera aperta contro le modifiche alla norma sulle gare delle concessioni. Un manifesto, intitolato ‘Uniti per l’idroelettrico italiano’, firmato da 27 sigle che accende i riflettori su un settore energetico strategico per il Paese.

Se nessuno Stato membro ritiene di dover mettere a gara le proprie concessioni, per analogia, a tutela di imprese e famiglie italiane, anche in Italia non può e non deve essere possibile procedere“, spiega Assoidroelettrica. Secondo l’associazione potrebbe essere “assai pericoloso indire bandi che permettano la partecipazione solo a taluni soggetti, perché queste disposizioni potrebbero essere impugnate, giungendo così a situazioni di totale incertezza“. Le associazioni chiedono investimenti per ottimizzare le centrali sul territorio nazionale, titoli concessori efficaci e impegni dei concessionari a “porre in essere adeguati interventi“.

La proposta è quella di fermare le aste con un decreto ministeriale, almeno fino a quando non arriverà il pronunciamento richiesto in merito dalla Corte Costituzionale alla Corte di Giustizia europea.

Condivide le preoccupazioni Gilberto Pichetto: “L’idroelettrico rappresenta un vettore irrinunciabile per il sistema Paese nel suo percorso di transizione“, ricorda il ministro. Da due anni, garantisce, il governo è cerca “soluzioni percorribili, che non pregiudichino gli obiettivi del Pnrr, valorizzando allo stesso tempo la volontà di liberare gli investimenti sul territorio“. Il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica si impegna a perseguire “ogni strada” possibile, nel confronto con la nuova Commissione europea, per un sistema “più bilanciato” di quello che oggi disciplina le procedure di assegnazione delle concessioni.

È fondamentale mettere in atto ogni intervento possibile per scongiurare il rischio che l’Italia, a causa delle modalità di assegnazione delle concessioni, perda una risorsa così essenziale anche per il processo di decarbonizzazione“, afferma Riccardo Zucconi, responsabile energia di FdI che ha assunto un impegno per il comparto con l’ordine del giorno al decreto Concorrenza. Ricorda che “bisogna agire in Europa“, confidando nel lavoro che su questo fronte potranno portare avanti il vicepresidente della Commissione Raffaele Fitto e il ministro per gli Affari europei Tommaso Foti, affinché la modifica delle procedure per il rinnovo delle concessioni rispetto a quanto attualmente previsto, non venga considerata un reversal rispetto ai requisiti richiesti per accedere ai fondi del Pnrr. “Senza l’introduzione di una normativa comunitaria improntata al principio di reciprocità fra tutti gli Stati, l’attuale procedura sulle concessioni idroelettriche italiana non rispetta di fatto alcun principio di concorrenza imposto in seno alla Ue“, osserva Zucconi.

Per raggiungere gli impegni sulla decarbonizzazione, “abbiamo bisogno dell’apporto di tutte le fonti energetiche, compreso l’idroelettrico“, aggiunge Luca Squeri, responsabile Energia di FI. “Dobbiamo impedire che le concessioni finiscano nelle mani di paesi che non garantiscono uguali possibilità ai nostri investitori“, insiste.

Si dice “stupita” dalle dichiarazioni della maggioranza la senatrice di Italia Viva, Silvia Fregolent: “Nulla hanno detto o fatto in questi mesi in cui il governo ha disatteso ogni impegno“, denuncia, rivendicando una lotta di Iv contro la messa a gara dell’idroelettrico dai tempi del governo Draghi. “Continuiamo oggi – scandisce – che non è stato fatto nemmeno il dpcm sulla golden power. Se non si interviene rapidamente si rischia di svendere il nostro patrimonio energetico ed idrico, altro che sovranità italiana!”.

L’energia geotermica può aiutare la transizione, l’Italia ha grandi risorse

Abbiamo più volte sostenuto che l’approccio giusto alla transizione energetica e cioè del passaggio dall’energia prodotta con fonti fossili, che comporta grandi emissioni di CO2, all’energia prodotta da fonti rinnovabili senza emissioni di CO2 è quello che si definisce di ‘neutralità tecnologica’.

Applicare il principio della neutralità tecnologica significa sfruttare tutte le tecnologie che producono energia senza emissioni di CO2 e non limitarsi solo ad alcune filiere tecnologiche quali tipicamente fotovoltaico, eolico e idroelettrico, che vanno benissimo ma per varie ragioni, prima fra tutte la loro non programmabilità e intermittenza, non sono sufficienti.

Le industrie, gli ospedali, altri servizi essenziali hanno bisogno di energia elettrica h 24 e cioè anche quando il sole non c’è, il vento non tira e c’è poca acqua nei fiumi.

Tra le fonti energetiche che possono fornire energia continua e senza emissioni di CO2 c’è certamente il geotermico.

Un caro amico geologo, il dottor Sandro De Stefanis che legge regolarmente i miei articoli sulla transizione energetica e che insieme alla Confederazione Italiana libere professioni sta organizzando per settembre un bel convegno a Genova sulla sicurezza energetica, mi ha sollecitato ad occuparmi anche dell’energia geotermica come importantissimo strumento per la decarbonizzazione, per la produzione di elettricità continua, per l’utilizzo di grandi risorse naturali ancora da sfruttare , nel rispetto dell’ambiente circostante.

Come si vedrà l’Italia ha un potenziale importantissimo per la produzione di questa energia, un potenziale che per ragioni difficilmente spiegabili non viene adeguatamente sfruttato.

L’energia geotermica è la forma di energia ottenibile dal calore proveniente da fonti geologiche presenti nel sottosuolo.

Si tratta di una forma di energia alternativa e rinnovabile che si basa sullo sfruttamento del calore naturale del pianeta Terra dovuto all’energia termica rilasciata da processi di decadimento nucleare naturale di elementi radioattivi quali uranio, torio e potassio contenuti nelle rocce presenti nel sottosuolo terrestre (nucleo, mantello, crosta terrestre). Ma come è possibile recuperare il calore della terra?

La temperatura del suolo aumenta mano a mano che si scende in profondità, registrando un incremento di 3 gradi ogni 100 metri. Le acque sotterranee a contatto con rocce ad alta temperatura si trasformano in vapore.

Il grande interesse dell’energia geotermica è che si tratta di una fonte stabile da cui si può ricavare energia costante (il famoso base load decarbonizzato) e che determina un’occupazione di suolo più contenuta rispetto alle altre fonti di energia rinnovabile. Inoltre l’assenza di processi di combustione contribuisce alla riduzione delle emissioni di inquinanti e di CO2 in atmosfera; infatti l’energia termica fuoriesce dalla superficie terrestre attraverso vettori fluidi quali acqua e vapore.

Senza entrare troppo nei dettagli tecnici esistono diverse tipologie di centrali geotermiche che sfruttano il vapore e l’acqua calda per azionare turbine e produrre energia elettrica.

Molti e significativi sono i vantaggi dell’energia che sfrutta il calore della terra.

  • Si tratta di un’energia verde e continua, indipendente dalle temperature esterne, dalle condizioni metereologiche e dall’alternanza notte-giorno;
  • Tra le energie rinnovabili è quella che riesce a produrre maggiore quantità di elettricità;
  • Gli impianti geotermici sono silenziosi, non creano problemi acustici e non emettono anidride carbonica né polveri sottili;
  • L’assenza di processi di combustione riduce al minimo la necessità di interventi di manutenzione sugli impianti.

Dal punto di vista geotermico l’Italia ha grandissime risorse ed è un paese privilegiato con un potenziale enorme che sarebbe capace di soddisfare, secondo gli studiosi, il 40% del fabbisogno interno di energia elettrica. Nel nostro Paese le zone ad alta geotermia si trovano in Toscana: si tratta del triangolo Lardarello-Travale -Radicondoli e del Monte Amiata.

Proprio gli italiani sono stati all’inizio del ’900 i primi a sfruttare a Lardarello questa fonte energetica. Oggi gli impianti toscani, tutti gestiti dall’Enel producono 6 miliardi di Kwh l’anno coprendo circa il 30% del fabbisogno elettrico regionale. La centrale elettrica più grande è quella di Valle del Secolo a Lardarello che ha una capacità di 120 MW e oggi è in manutenzione.

Sono in attesa di autorizzazione impianti per oltre 700 GWh/anno che da soli, secondo stime dell’ex ministro dell’Energia e dell’Ambiente Cingolani, potrebbero dare il 10% dell’energia rinnovabile da immettere in rete nel 2030.

Infine, oltre le grandi centrali elettriche di cui si è detto sopra, possono risultare interessanti anche più piccole applicazioni domestiche del geotermico per riscaldare e climatizzare le abitazioni con consumi molto bassi e costi di manutenzioni irrisori.

Il principio anche in questo caso è molto semplice: si manda acqua in profondità, oltre i 100 metri, per scaldarla di 3-4 gradi centigradi; questo gradiente termico è sufficiente a trasformare un fluido contenuto in un serbatoio della centrale termica in un gas che espandendosi crea energia e calore alimentando caloriferi e scambiatori di calore. Ideale per le case in montagna dove non è difficile scendere di 100 metri con i tubi dell’acqua. Si tratta di un investimento piuttosto costoso che però viene ripagato nel tempo dalla totale assenza di consumi di combustibile. L’unica energia che viene consumata nel processo è quella della piccola pompa elettrica che manda l’acqua in profondità. Ma anche qui basta mettere qualche pannello solare sul tetto per coprire con fonti verdi anche questo fabbisogno energetico.

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Assoidroelettrica: “Chiuderemo l’anno con -60% di produzione”

La situazione è drammatica: quasi tutte le centrali idroelettriche in Italia, a causa della siccità, sono ferme e quelle che funzionano girano a carico ridottissimo“. A lanciare l’allarme è Paolo Taglioli, direttore generale di Assoidroelettrica, l’associazione che raccoglie i produttori idroelettrici e i professionisti del settore che tutela dal piccolissimo al grande impianto.

Si prospetta un anno drammatico – spiega a GEA – anche a causa della combinazione con la norma decisa dal decreto Sostegni Ter che taglia gli extraprofitti ai produttori di energia da fonti rinnovabili, mentre non tocca quelli che la producono da fonti convenzionali, come ad esempio il gas. Per questi due aspetti, siccità mai vista e scelte del governo Draghi, ci aspettiamo un calo del fatturato intorno all’88-90%“. Per questo motivo prossimamente l’associazione darà mandato al proprio legale di procedere con “una class action per impugnare la delibera attuativa della conversione in legge del Sostegni Ter“.

Con i fiumi del nord a secco (a settentrione infatti si concentrano i maggiori impianti idroelettrici) Taglioli stima un calo del 60% di produzione elettrica per gli impianti sui corpi idrici principali e del 70-75% per quelli sui corpi idrici secondari. “Tutto dipende da come andrà l’autunno – prosegue Taglioli – ma è chiaro che al momento le prospettive sono fosche“. Aspettare che piova non basta, occorre trovare soluzioni per contrastare il problema della siccità con interventi non emergenziali, ma strutturali. Come fare dunque? “Occorre contrastare i cambiamenti climatici – dice Taglioli – e noi, che produciamo energia da fonti rinnovabili e quindi non inquinanti, da attori principali ora ci ritroviamo vittime. È una situazione assurda“.

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Dando uno sguardo alla situazione del settore idroelettrico in Italia, Utilitalia informa che nel Paese sono attivi circa 4.300 impianti capaci di produrre 46 TWh di energia elettrica all’anno. Sul totale della produzione da fonti rinnovabili, l’idroelettrico fa la parte del leone con circa il 41% e dà lavoro a circa 15.300 addetti. Uno dei punti deboli del settore però è l’età media degli impianti che si aggira intorno ai 70 anni. A rendere ancora più difficile la situazione quest’anno ci si è messa appunto una straordinaria siccità che ha bloccato moltissime centrali. Nel bacino del Po il 90% delle mini centrali idroelettriche lungo i canali di irrigazione è fermo. Lo stop è stato necessario anche per la centrale idroelettrica di Isola Serafini, in provincia di Piacenza, gestita da Enel Green Power: non si riusciva più ad alimentare le turbine che generano elettricità. Secondo Terna nei primi 15 giorni di giugno l’elettricità prodotta dall’idroelettrico in Italia è risultata inferiore di circa il 35% rispetto al 2021. E da febbraio il calo è addirittura del 51,3%. Sempre a causa delle condizioni meteorologiche avverse, a livello di Unione europea, secondo i dati Eurostat, la produzione da idroelettrico tra il 2020 e il 2021 è calata dell’1,2%.

Eppure il settore, con gli opportuni interventi di rinnovamento e di manutenzione, potrebbe conoscere un aumento di potenza di quasi 6.000 MW entro il 2030, si legge nel ‘Contributo economico e ambientale dell’idroelettrico italiano’ realizzato da Althesys per Utilitalia. Battendo questa strada, si potrebbero guadagnare 4,4 Twh di produzione elettrica rinnovabile in un decennio, senza nessun ulteriore impatto ambientale, ed eliminando parallelamente la necessità di emettere più di 2 milioni di tonnellate di anidride carbonica equivalenti.