
Clima, appello capi indigeni dopo pellegrinaggio intorno al mondo: Salvate la Terra
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I capi di 22 popoli indigeni dei cinque continenti hanno lanciato, dal Cile, un appello all’azione per proteggere il Pianeta, al termine di un pellegrinaggio di 46 giorni intorno al mondo. “La Terra urla, ma nessuno la ascolta. La giungla urla; non è rispettata dagli esseri umani. Proteggiamo la vita, salviamo la vita qui sul pianeta”, tuona il capo del popolo brasiliano Noke Koi, Yama Nomanawa, 37 anni, durante una cerimonia a Graneros. Chiede di porre fine alla “distruzione della Terra”, in particolare nel bacino amazzonico, dove una parte significativa della foresta potrebbe raggiungere un “punto di non ritorno” entro il 2050 a causa della siccità, degli incendi e della deforestazione, secondo uno studio pubblicato nel 2024 sulla rivista Nature.
La cerimonia ha riunito per la prima volta i capi indigeni dei cinque continenti. Ha concluso un pellegrinaggio di 46 giorni iniziato in Italia, con tappe in India, Australia e Zimbabwe, e conclusosi in Cile. Durante il pellegrinaggio, i rappresentanti dei popoli Khalkha della Mongolia, Noke Koi del Brasile e Kallawaya della Bolivia, tra gli altri, hanno cantato, ballato e pregato al ritmo dei tamburi intorno a un altare dove hanno acceso un fuoco.
“Le piume rappresentano i continenti e oggi, per la prima volta, abbiamo i cinque continenti”, spiega Heriberto Villasenor, direttore di Raices de la Tierra, una ONG dedicata alla conservazione delle culture indigene. Al termine della cerimonia, i capi delle popolazioni indigene hanno lanciato un appello congiunto a favore di una maggiore protezione della natura. “Facciamo parte della natura. Non siamo separati da essa. Siamo in un momento cruciale in cui tante cose sono state distrutte, in gran parte dall’uomo”, comunica all’AFP Rutendo Ngara, 49 anni, rappresentante del gruppo sudafricano Oba Umbuntu. Ognuno ha anche fatto da portavoce delle preoccupazioni che agitano la propria regione. “Purtroppo, si sta cercando di estrarre l’uranio in Mongolia. È un elemento importante che dovrebbe rimanere sottoterra”, commenta Tsegi Batmunkh.
Nel gennaio 2025, il gruppo nucleare francese Orano ha firmato un accordo con Ulan Bator per lo sfruttamento di un importante giacimento di uranio nel sud-ovest del paese.