Inflazione in calo e la Bce taglia i tassi, Lagarde: No traiettorie prestabilite

L’inflazione fa meno paura, e la Banca centrale europea decide di ridare respiro e fiducia ritoccando di tassi di interesse. Il Consiglio direttivo opera un taglio dello 0,25%, perché i dati in possesso dello staff della Bce sono tali da giustificare un allentamento. “E’ ora opportuno compiere un altro passo nella moderazione del grado di restrizione della politica monetaria”, recita il documento di fine seduta. La decisione è stata “unanime”, assicura Christine Lagarde, la presidente della Bce che però vuole evitare facili conclusioni. “Le decisioni di oggi non sono un impegno preventivo verso un particolare percorso”, mette in chiaro. Vuol dire che si deciderà volta per volta, e che i l taglio di oggi non ne esclude di nuovi, ma neppure li garantisce. “ Per il futuro – aggiunge Lagarde – userò lo spagnolo: que sera sera”.

Con il taglio, atteso da molti addetti ai lavori, il tasso di interesse sulle operazioni di rifinanziamento principale quindi scende al 3,65%, il tasso di interesse sulla linea di rifinanziamento marginale scende a quota 3,90 % e il tasso di interesse sulla linea di deposito scende al 3,50%. Alla base della scelta un’inflazione complessiva pressoché stabile rispetto alle proiezioni di giugno, attesa al 2,5% nel 2024, al 2,2% nel 2025 e all’1,9% nel 2026 . Ma sono soprattutto i dati sull’inflazione di fondo (esclusi dunque i beni dai prezzi più volatili, energia e alimentari) a fornire indicazioni positive tali da giustificare l’aggiustamento al ribasso della politica monetaria. A Francoforte si attendono, per l’inflazione di fondo, “un rapido calo” , dal 2,9% di quest’anno al 2,3% nel 2025 e al 2% nel 2026.

Le cose sembrano mettersi bene, ma a Francoforte si mantiene la linea della prudenza. Perché, sottolinea la numero uno dell’Eurotower, “sulla crescita continuano a soffiare venti contrari “, e permangono dunque “rischi al ribasso”. L’allarme su una crescita ‘zero’ della Germania lanciato dall’istituto Ifo nei giorni scorsi ne è una riprova. Lagarde ripete il mantra per cui tutto dipenderà dai dati, e che si resta pronti a mantenere politiche monetarie restrittive per tutto il tempo che si riterrà necessario e per l’entità che si riterrà necessaria, per il bene della stabilità dei prezzi, che resta l’obiettivo di riferimento, e la tenuta dell’economia dell’eurozona. Quest’ultima passa però per l’azione dei governi, a cui viene chiesto un nuovo e più deciso slancio.
Si prende il tempo che serve, Lagarde, per tributare il lavoro svolto dall’ex presidente del Consiglio nonché suo predecessore alla guida della Bce. “Il rapporto Draghi è straordinario“, enfatizza: “Si concentra sulla riforme, offrendo proposte pratiche per farle, che aiutano anche noi della Bce a raggiungere i nostri obiettivi”. Il documento che getta le basi per i lavori della nuova legislatura europea sottolinea “l’ urgente necessità di riforme”.  Anche sulla spinta del rapporto Draghi, insiste Lagarde, “i governi dovrebbero ora dare il via con decisione in questa direzione nei loro piani a medio termine per le politiche strutturali e di bilancio”. Una sottolineatura non casuale, poiché “le riforme strutturali non sono responsabilità della Bce, bensì dei governi nazionali”. Non solo. Per tradurre in pratica la ricetta di Draghi occorre “leadership a livello europeo”. Anche la Bce adesso sferza la Commissione.

Lagarde

La Bce lascia i tassi invariati. Lagarde: “Tutte le opzioni aperte per settembre”

Una pausa estiva, lasciando i tassi invariati, prima di un’estate densa di impegni che porterà a nuove decisioni a settembre. La Bce ha stabilito, nel consiglio direttivo di luglio, come pronosticato, di non effettuare un nuovo taglio dei tassi, lasciandoli fermi al 4,25%, al 4,50% e al 3,75% dopo il ribasso di giugno, il primo in cinque anni.

Il Consiglio direttivo, presieduto da Chistine Lagarde, “manterrà i tassi di riferimento a un livello sufficientemente restrittivo per tutto il tempo necessario” a raggiungere l’obiettivo di medio termine sull’inflazione del 2%, secondo la dichiarazione sulla decisione di politica monetaria pubblicata al termine della riunione dell’istituzione. In questa fase, i guardiani dell’euro non danno alcuna indicazione sulle loro successive decisioni di politica monetaria, che “si baseranno sui dati” relativi all’inflazione e alla crescita in particolare.

A giugno, la Bce ha tagliato i tassi di interesse di 0,25 punti percentuali nel tentativo di segnalare la fine del ciclo di inasprimento monetario iniziato nel luglio 2022 per combattere l’inflazione, che ha raggiunto un picco del 10,6% nell’ottobre 2022. Ma Lagarde ha avvertito che la velocità e la durata dei futuri tagli dei tassi rimangono “altamente incerte” a causa della volatilità dell’inflazione, facendo riferimento al percorso “accidentato” della curva dei prezzi.

Dalla riunione di giugno, gli indicatori della zona euro hanno segnalato una crescita più debole e un ulteriore calo dell’inflazione, al 2,5% a giugno su un anno, dopo il rimbalzo al 2,6% di maggio. I prezzi dei servizi, in cui la componente salariale è forte, destano preoccupazione a causa del loro vigore (+4,1% su base annua a giugno), rappresentando ora il maggior contributo all’inflazione.

Le pressioni interne sui prezzi rimangono forti, con i prezzi dei servizi che aumentano a un ritmo elevato”, ha dichiarato la Bce nel suo comunicato. “È probabile che l’inflazione complessiva rimanga al di sopra dell’obiettivo per gran parte del prossimo anno”, sottolinea la Bce, la cui ultima previsione di inflazione per il 2025 si attesta al 2,2%.

Nel complesso, tuttavia, questi dati fanno pendere la bilancia “a favore di un taglio dei tassi a settembre, quando la Bce presenterà le nuove stime di crescita e inflazione”, secondo Felix Schmidt di Berenberg. Ma Lagarde rimane cauta. “Non siamo vincolati ad un particolare percorso dei tassi“, spiega, ma “siamo dipendenti dai dati, decidiamo meeting by meeting e non abbiamo un percorso predeterminato sui tassi. Quel che faremo a settembre, al momento, è aperto e sarà determinato dai dati che riceveremo. La proiezione di giugno sarà un punto di riferimento, ma guarderemo ai dati“. Appuntamento, quindi, al 12 settembre, quando il Consiglio direttivo terrà la prossima riunione di politica monetaria dopo la pausa estiva.

Tags:
, ,

Le imprese pronte a investire nella transizione green. La Bce avverte: “Fare presto o costo sociale sarà altissimo”

La transizione green non è più procrastinabile, perché altrimenti “rischia di aumentare il conto che finiremo per dover pagare”. A lanciare l’allarme è Christine Lagarde, presidente della Bce, durante il suo intervento di apertura alla conferenza internazionale congiunta Aie-Bce-Bei sul tema ‘Garantire una transizione energetica ordinata: competitività e stabilità finanziaria dell’Europa in un periodo di trasformazione energetica globale’. In uno scenario di transizione tardiva, spiega, “le banche più vulnerabili si troverebbero ad affrontare perdite del portafoglio prestiti due volte superiori alla mediana. E respingere gli obiettivi non ci farà guadagnare più tempo per gli investimenti richiesti”. Ma non solo. “In altre parole – precisa Lagarde – procrastinare significherà correre il rischio di finire in una casa di accoglienza in cui stiamo gradualmente eliminando le fonti energetiche inquinanti prima di poterle sostituire con altre pulite”. Con la conseguenza di aumentare la volatilità dei prezzi.

La numero uno della Bce punta sul concetto di ‘ordine’ e sulla necessità di “non sbagliare” la transizione green, perché altrimenti “ci saranno costi sociali elevati”. E se è vero che “il percorso verso il successo” è “complesso”, bisogna “portare a termine la transizione comprendendo le sfide che comporta e garantendo che i costi siano condivisi equamente”.

I timori sulle conseguenze del cambiamento climatico nei prossimi cinque anni sono alquanto diffusi tra le imprese dell’area dell’euro. Secondo un’indagine svolta dalla Bce tra il 25 maggio e il 26 giugno 2023 sull’accesso delle imprese al finanziamento (Survey on the Access to Finance of Enterprises, SAFE)- che per la prima volta ha incluso domande specifiche sull’impatto del cambiamento climatico – 6 aziende su 10 temono i rischi di collegati a normative e standard più rigorosi in materia di clima. Inoltre, il 39% è fortemente preoccupato dalle calamità naturali e il 48% dal degrado ambientale.

Le imprese intervistate hanno indicato “diversi ostacoli che rendono difficoltoso l’accesso al finanziamento necessario per gli investimenti volti a mitigare i rischi derivanti da calamità naturali o a rispettare standard più rigorosi in materia di clima”. Oltre la metà delle imprese ha segnalato “tassi di interesse o costi di finanziamento troppo elevati e sovvenzioni pubbliche insufficienti come ostacoli molto importanti all’attuazione di investimenti collegati al rischio climatico”. Dall’indagine emerge che per le Pmi, tutti gli ostacoli al finanziamento degli investimenti rappresentano una preoccupazione più forte rispetto alle imprese di grandi dimensioni. Insomma, dice Lagarde, “le imprese sono pronte a spendere”, ma “bisogna promuovere il mercato della finanza verde in Europa, il che ridurrebbe il premio per il rischio e abbasserebbe i costi di finanziamento”. Chiaramente, questo “richiede uno sforzo politico combinato che coinvolga più istituzioni pubbliche. Come istituzioni pubbliche, dobbiamo quindi chiederci come possiamo contribuire nell’ambito dei nostri mandati. Anche questa è una parte fondamentale per comprendere la sfida. Per la Bce, il contributo più importante che possiamo dare è mantenere la stabilità dei prezzi”.

I prestiti agevolati da fonti pubbliche sono considerati dalle imprese uno strumento importante per ridurre il costo degli investimenti verdi e più di un terzo delle aziende ha affermato che li utilizzerebbe in futuro. Tuttavia, circa la metà delle aziende intervistate ritiene che le garanzie pubbliche siano insufficienti.

Lagarde

Lagarde preferisce stabilità dell’euro a crescita: decimo rialzo tassi, ora al 4,5%

Decimo rialzo dei tassi di fila. La Bce non fa pausa e Christine Lagarde afferma in conferenza stampa che “non è detto che l’aumento dei tassi di interesse di oggi sia il picco”. Dipende dai dati, solito ritornello. Nuove sono invece le stime della banca centrale. Sull’inflazione e sul Pil. Entrambe peggiorative.

Gli esperti della Bce indicano “un tasso di inflazione pari in media al 5,6% nel 2023, al 3,2% nel 2024 e al 2,1% nel 2025, per effetto di una revisione al rialzo per il 2023 e il 2024 e al ribasso per il 2025. La correzione al rialzo riflette principalmente l’evoluzione più sostenuta dei prezzi dell’energia. Le pressioni di fondo sui prezzi restano elevate, sebbene la maggior parte degli indicatori abbia iniziato a ridursi”. Gli stessi esperti di Francoforte hanno però “lievemente rivisto al ribasso le proiezioni dell’inflazione al netto della componente energetica e alimentare, che si collocherebbe in media al 5,1% nel 2023, al 2,9% nel 2024 e al 2,2% nel 2025”.

L’economia invece è vista in forte rallentamento. “Le condizioni di finanziamento si sono inasprite ulteriormente e frenano in misura crescente la domanda, che rappresenta un fattore importante per riportare l’inflazione all’obiettivo. Alla luce del maggiore impatto di tale inasprimento sulla domanda interna e dell’indebolimento del contesto del commercio internazionale – si legge nel comunicato della Banca centrale – gli esperti hanno rivisto significativamente al ribasso le proiezioni per la crescita economica, che si porterebbe nell’area dell’euro allo 0,7% nel 2023, all’1,0% nel 2024 e all’1,5% nel 2025″. A giugno gli esperti stimavano un +0,9% per quest’anno e un +1,5% il prossimo. In pratica in tre mesi gli effetti della stretta sui tassi si mangerà lo 0,7% del Pil da qua a fine 2024. Ciò nonostante il consiglio direttivo della Bce ha alzato di un altro 0,25% i tassi portandoli al 4,5%.

In realtà la decisione sui tassi non è stata unanime. “Alcuni membri del board avrebbero preferito fare una pausa sull’aumento dei tassi, ma posso dirvi c’è stata una maggioranza solida con la decisione di incrementare dello 0,25%” il costo del denaro, ha sottolineato Lagarde davanti ai giornalisti, aggiungendo: “Abbiamo due fattori chiave: il livello dei tassi e il tempo che manterremo i tassi a questi livelli. Non sappiamo fino a quando resteranno a tali livelli, dipende dati dati, ma l’obiettivo è arrivare al 2% d’inflazione nel più breve tempo possibile”. Per cui “non dico che oggi siamo al picco dei tassi, non escludo altri rialzi tuttavia il nostro focus sarà più sulla durata del livello restrittivo della politica monetaria”. E’ vero, “la previsione sul Pil è stata rivista per quest’anno dallo 0,9% allo 0,7% e dall’1,5% all’1% per il prossimo anno. Vediamo comunque una ripresa nel 2024, quella che precedentemente avevano stimato per la seconda parte di quest’anno”, ha sottolineato la numero uno dell’Eurotower.

In teoria il rialzo dei tassi avrebbe dovuto rafforzare l’euro, invece è sceso a 1,065 nei confronti del dollaro. Segno che se la Bce non avesse aumentato il costo del denaro, il divario col biglietto verde sarebbe aumentato maggiormente.

Questo perché i dati Usa, nonostante un balzo oltre le attese dei prezzi alla produzione, dimostrano una forza inaspettata dell’economia. I consumi sono cresciuti ad agosto dello 0,6% battendo le attese di un +0,1-0,2 per cento nonostante un forte rincaro della benzina e tassi al 5,5%. Madame Lagarde dunque ha preferito tutelare la moneta unica e provare a importare meno inflazione energetica – dato che gran parte della materie prime sono scambiate in dollari – piuttosto che mettere al riparo l’economia da una recessione. Nelle previsioni non compare il segno meno davanti alla percentuale del Pil, però gli stessi esperti della Bce vedono nel 2024 un petrolio a oltre 80 dollari, un gas a 54 euro per megawattora (attualmente a 35 euro), una forte contrazione degli investimenti aziendali e nell’edilizia, nonché un peggioramento dell’occupazione e un sostanziale stop all’aumento dei salari. Il rischio stagflazione c’è tutto.

Tags:
, ,

Gas e inflazione in caduta libera, ma Lagarde vuole limitare la domanda e inasprire il credito

Gas e inflazione in caduta libera in Europa. Il metano ad Amsterdam ha perso oltre il 13,5% durante la seduta, arrivando a toccare 23,2 euro per megawattora, un livello che non si vedeva da due anni. Il crollo continua da mesi: -8,6% settimanale, -38% mensile e -72,3% rispetto a un anno fa. Il record di 349 euro per megawattora sembra un incubo passato e sepolto. Le scorte sono piene al 68,6% nell’intera Ue, il doppio rispetto a un anno fa, e in Italia e Germania – i Paesi più gasivori – la percentuale di riempimento degli stoccaggi supera il 74% al 30 maggio.

Gas in picchiata, prezzi al consumo pure. Il tasso di inflazione nell’eurozona è scesa al 6,1% a maggio, in calo rispetto al 7% del mese precedente e al di sotto delle aspettative del mercato del 6,3%. Il tasso ha raggiunto il livello più basso dal febbraio 2022, ultimo mese considerabile pre-guerra in Ucraina. Il calo è stato guidato appunto dalla frenata (-1,7%) dei prezzi dell’energia, dopo un +2,4% ad aprile. Inoltre, c’è stato un rallentamento delle pressioni sui costi per cibo, alcol e tabacco (12,5% contro 13,5%), beni industriali non energetici (5,8% rispetto a 6,2%) e servizi (5% da 5,2%). Persino il tasso di inflazione core, che esclude energia, cibo, alcol e tabacco, è diminuito più del previsto, raggiungendo il 5,3%. Mese su mese, la variazione dell’inflazione è nulla, mentre in Germania, Francia e Spagna si è assistito a un -0,1% congiunturale. L’Italia ha alzato la media col suo +0,3% mensile.

Vedendo questi numeri c’è da chiedersi però se Christine Lagarde li abbia visti, prima di parlare al ‘Deutscher Sparkassentag 2023’ di Hannover. “Oggi l’inflazione è troppo alta ed è destinata a rimanere tale per troppo tempo. Siamo determinati a riportarlo al nostro obiettivo a medio termine del 2% in modo tempestivo. Questo è il motivo per cui abbiamo aumentato i tassi al nostro ritmo più veloce di sempre e abbiamo chiarito che abbiamo ancora terreno da percorrere per portare i tassi di interesse a livelli sufficientemente restrittivi”, sostiene la presidente della Bce. In realtà, “questo rapido aggiustamento politico ci ha messo oggi in una posizione diversa. Pensa a un aeroplano che sale all’altitudine di crociera. All’inizio, l’aereo deve salire ripidamente e accelerare rapidamente. Ma man mano che si avvicina alla sua quota target, può ridurre l’accelerazione e mantenere la sua velocità attuale. L’aereo deve salire abbastanza in alto per raggiungere la sua destinazione, ma non così in alto da superarla“, ha aggiunto. Quindi è possibile aspettarsi una discesa? Non proprio…

Non vi sono prove evidenti che l’inflazione sottostante abbia raggiunto il picco”, ha sottolineato l’ex numero uno del Fmi. “Per essere sicuri di aver impostato la giusta politica monetaria, vogliamo vedere l’inflazione tornare al 2% nelle nostre proiezioni in modo tempestivo”, che secondo le previsioni degli economisti dell’Eurotower dovrebbe accadere nella “seconda metà del 2025”. Per cui avanti con la stretta. “E’ nostra responsabilità limitare la domanda abbastanza da prevenire una spirale” aumento prezzi-aumento stipendi. “Ciò dovrebbe, a sua volta, portare a una crescita dei margini più lenta e a minori richieste salariali, riducendo al contempo la pressione sul mercato del lavoro“. Inoltre, ha scandito Lagarde, “vogliamo che le condizioni di finanziamento si inaspriscano”, nonostante “nell’ultima indagine sui prestiti bancari della Bce, il ritmo dell’inasprimento netto degli standard creditizi” abbia raggiunto “il livello più alto dalla crisi del debito sovrano nel 2011”. Ma questo “è l’effetto desiderato della nostra politica”. In realtà – ha concluso la presidente della Banca centrale europea – “condizioni di finanziamento più rigide potrebbero già limitare la spesa totale delle famiglie, costringendole a sostituirsi tra i settori. E la spesa per beni durevoli sarà probabilmente più influenzata dai costi di finanziamento più elevati, poiché alcuni di questi vengono generalmente acquistati a credito. Al contrario, almeno per questa estate, i nostri sondaggi sui consumatori mostrano che una politica monetaria più restrittiva non influirà sui programmi di vacanza delle persone“.

Parole sconcertanti”, commenta Stefano Patuanelli, senatore del Movimento 5 Stelle ed ex ministro nei governi Conte e Draghi.

Usa, l’inflazione cala e Fed si ferma sui tassi. La Bce no…

L’inflazione cala, poco, negli Usa, lasciando presagire una pausa della Federal Reserve nell’aumento dei tassi a giugno. In Europa invece, col costo del denaro al 3,75% contro il 5,25% statunitense, la stretta è destinata a continuare, emerge leggendo l’intervista di Christine Lagarde al giapponese Nikkei. La forbice tra i due continenti sulla politica monetaria potrebbe prendere due strade distinte, se i dati sui prezzi alla produzione industriale Usa, in uscita domani, confermeranno il raffreddamento delle fiammate inflattive.

Ad aprile l’inflazione a stelle e strisce è salita dello 0,4% mensile e del 4,9% annuale. Le stime erano per un +0,4% mensile, confermate, e per un 5% annuale, quindi sotto le attese. I prezzi al consumo sono leggermente scesi, a livello tendenziale, rispetto al dato di marzo (5%), mentre sono saliti a livello congiunturale (+0,1% nel mese precedente). L’indice shelter, legato a tutto quello che ruota attorno alla casa, è stato quello che ha fornito il contributo maggiore all’aumento mensile di tutti gli articoli, seguito dagli incrementi dell’indice di auto e autocarri usati, e a quello della benzina. L’aumento di quest’ultimo ha compensato il calo degli altri indici dei componenti energetici, così l’indice energetico è salito dello 0,6% ad aprile. L’indice di tutti gli articoli è appunto aumentato del 4,9% annuale, l’incremento più piccolo da maggio 2021. L’indice core, che esclude cibo ed energia, è invece cresciuto mensilmente dello 0,4% ad aprile come a marzo. Anno su anno è salito del 5,5%, stabile nei confronti del dato precedente. A livello tendenziale l’indice energetico è diminuito del 5,1% mentre quello alimentare è aumentato del 7,7%. In ogni caso cibo ed energia sono le voci che hanno fatto diminuire l’indice complessivo.

“Le nostre valutazioni sono che i dati sulle pressioni inflazionistiche mostrano un lieve miglioramento ma soprattutto non registrano sorprese negative che avrebbero potuto portare argomentazioni ai membri più falchi all’interno della commissione operativa della Federal Reserve per effettuare ancora un rialzo del costo del denaro nella prossima riunione di giugno”, sottolinea Filippo Diodovich, Senior Market Strategist di IG Italia, che aggiunge: “Riteniamo, infatti, che la Fed possa decidere di fare una pausa nel processo di rialzo dei tassi di interesse, esaminando così ancora più attentamente gli effetti delle politiche monetarie portate avanti negli ultimi mesi sull’economia reale in particolare su inflazione, occupazione, crescita delle attività economiche e salari dei lavoratori. Solamente dati fuori dalla norma nel prossimo report sul mondo del lavoro sulla crescita dei salari dei lavoratori potrebbe convincere i banchieri centrali ad applicare un nuovo rialzo”.

Tutt’altra musica nell’eurozona. “Siamo determinati a domare l’inflazione e riportarla al nostro obiettivo a medio termine del 2% in modo tempestivo”, ha detto a Nikkei la presidente della Bce, Christine Lagarde. “Abbiamo già intrapreso un’azione politica considerevole per farlo, ma c’è ancora molto terreno da percorrere”. “Ci sono fattori che possono indurre significativi rischi al rialzo per le prospettive di inflazione. E siamo ancora in una situazione in cui l’incertezza sul percorso dell’inflazione è elevata, quindi dobbiamo essere estremamente attenti a quei potenziali rischi, il cui elenco esatto troverete nella nostra ultima dichiarazione di politica monetaria, in particolare in relazione all’aumento dei salari in vari Paesi europei”, ha continuato la numero uno dell’Eurotower. La Bce poteva alzare i tassi prima? “Possibile. Avrebbe fatto una differenza enorme? Probabilmente no”, ha aggiunto Lagarde. “Quello che so è che siamo determinati a domare l’inflazione, per riportarlo al nostro obiettivo a medio termine del 2 per cento in modo tempestivo e abbiamo già effettuato un aggiustamento considerevole. Ma abbiamo ancora più terreno da percorrere”.

Pil della Germania negativo, adesso occhi puntati sulla Bce

La Germania non vuole nuovi piani per la ripresa per contrastare inflazione e aumento dei prezzi dell’energia. “NextGenerationEU è già la nostra risposta all’Inflation reduction act degli Stati Uniti”, scandisce il ministro delle Finanze tedesco, Christian Lindner, nel corso della conferenza stampa con il commissario per l’Economia, Paolo Gentiloni. D’altronde Berlino ha già varato un piano da 200 miliardi per sostenere famiglie e aziende tedesche vittime del caro-energia e dallo stop al flusso di gas russo. Solo a dicembre lo Stato ha pagato la bolletta a tutte le famiglie proprietarie. Inoltre da ottobre è stato aumentato il salario minimo. Ciò nonostante il Pil tedesco, nel quarto trimestre, ha perso lo 0,2%.
Prima contrazione della locomotiva d’Europa dopo il periodo Covid. “Dopo che l’economia tedesca ha resistito bene nei primi tre trimestri nonostante le condizioni difficili – scrive Destatis, l’istituto federale di statistica – la produzione economica è leggermente diminuita nel quarto trimestre del 2022. In particolare, i consumi privati, che avevano sostenuto il Pil nel corso dell’anno fino ad oggi, sono stati inferiori rispetto al trimestre precedente”. Col risultato degli ultimi tre mesi dell’anno, il 2022 si è chiuso per la Germania con un +1,8%, più o meno la metà di quello che domani mattina dovrebbe registrare l’Istat per l’Italia, diffondendo i numeri sullo stato dell’economia tricolore nell’ultimo trimestre dello scorso anno.
Il dato della Germania è stato peggiore delle attese che prevedevano una crescita piatta per il periodo ottobre, novembre e dicembre, aiutato dal crollo delle quotazioni del gas dopo il picco di fine agosto a oltre 400 euro/Mwh. Un dato che tuttavia non dovrebbe far cambiare idea alla Bce, chiamata giovedì a fornire nuove indicazioni sulla sua politica monetaria. Analisti, banche e gestori sono convinti che, scontato il rialzo del costo del denaro di 0,5%, i banchieri centrali rimarranno ‘falchi’, rimanendo aggressivi nella stretta. Anche perché la presidente Christine Lagarde, a dicembre, aveva già avvisato che per fermare la corsa dei prezzi è disposta a ridurre la domanda e quindi a sopportare una “contrazione” non forte dell’economia dell’eurozona.
Quello che però forse non ha considerato la Bce – come ha fatto capire anche il governatore di Bankitalia, Ignazio Visco – è l’effetto comunicativo della sua aggressività. Come si leggeva nell’ultimo report dell’indice S&P Pmi a gennaio “l’inflazione dei costi del terziario è scivolata ai minimi in 13 mesi”. Nonostante ciò “i prezzi medi di vendita di beni e servizi sono aumentati ad un ritmo lievemente maggiore rispetto a dicembre, con tassi di inflazione in lieve salita sia per il manifatturiero che per il terziario. Se per entrambi i settori i tassi di incremento restano fuori dai picchi recenti, la forte pressione al rialzo dei prezzi di vendita rispecchia in parte il tentativo di recuperare i margini, soprattutto a fronte di costi storicamente alti di energia e altre materie prime, ma anche dei crescenti costi salariali”.
Proprio gli aumenti delle buste paga sono i nemici della Bce, poiché alimenterebbero ulteriori rialzi dei prezzi, tuttavia il trend sembra già partito. “La dinamica retributiva si è lievemente accentuata da ottobre, anche per effetto dell’incremento del salario minimo in alcuni paesi, tra cui la Germania, i Paesi Bassi e, per l’indicizzazione automatica ai prezzi, in Francia, nonché per l’operare di meccanismi di indicizzazione su tutti i salari in altri Paesi, in particolare in Belgio. E in diversi Paesi – aveva evidenziato pochi giorni fa Ignazio Visco all”Ambrosetti club, phygital meeting’ -, sembrano esservi, nell’ambito delle negoziazioni relative ai rinnovi contrattuali, richieste di aumenti particolarmente elevati, anche per recuperare le perdite di potere d’acquisto per gli aumenti dei prezzi connessi con lo shock energetico“.
E dopo il dato sul Pil tedesco prendono ancora più forza altre parole dello stesso governatore della Banca d’Italia. “Non condivido talune dichiarazioni nelle quali si sostiene che nell’area dell’euro solo una recessione, più o meno profonda, consentirà di riportare l’inflazione in linea con il nostro obiettivo di prezzi stabili. Ritengo invece del tutto possibile che, come sta avvenendo in altri Paesi e come è peraltro in linea con le nostre previsioni, la crescita dei prezzi, che già mostra segnali di discesa, possa tornare al 2 per cento senza che le nostre misure arrechino all’attività produttiva e all’occupazione danni particolarmente gravi”.