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Sì o no al nucleare in Italia? Spada: “Zero rischi”, Ciafani: “Pericoloso”

Nella folle corsa all’approvvigionamento energetico, torna sul tavolo del dibattito pubblico il tema del nucleare, accantonato dal referendum del 1987. C’è chi è convinto sia l’unica alternativa per evitare il continuo rischio di emergenza energetica e chi, invece, vorrebbe chiudere il discorso ancora prima di intavolarlo.

Quello a cui guarda l’Italia è un nucleare di quarta generazione. Ma bisogna stare attenti, avverte Stefano Ciafani, presidente di Legambiente, intervistato da GEA: “Non esiste”. Si studia da 20 anni, senza “grandi passi avanti”. Secondo le stime più concrete, se le ricerche dovessero dare risultati diversi, i reattori su scala commerciale di quarta generazione si vedranno “a ridosso della metà del secolo. Quando, cioè, sarà troppo tardi e “per certi versi una parte del nostro Paese già sarà sott’acqua, se non facciamo quegli interventi immediati di riduzione di emissioni di gas serra per contenere il cambiamento climatico in atto”.

Il nucleare che oggi è possibile avere, e si sta realizzando in Francia e Finlandia, è di terza generazione avanzata. Eppure, insiste il presidente di Legambiente, “non ha risolto nessuno dei problemi storici”: uno su tutti la produzione di scorie altamente radioattive, che non si sa ancora come smaltire definitivamente. Continua, poi, ad avere “rischi di incidente” e a essere la fonte di energia più costosa: “Il nucleare, mi spiace dirlo da ambientalista, non è stato ucciso dagli ambientalisti, ma dal libero mercato, perché i costi di gestione di attività e chiusura del ciclo sono assolutamente proibitivi e per questo negli ultimi 10 anni gli investimenti sono andati a picco, perché le rinnovabili sono una tecnologia consolidata, che non produce emissioni di gas serra, non produce scorie, ha dei costi sempre più bassi, molto più bassi del nucleare, quindi questa discussione che si sta facendo in Italia è surreale”, avverte.

Chi nella tecnologia nucleare vede, invece, un’opportunità è il presidente di Assolombarda, Alessandro Spada: “Se davvero l’Italia ambisce all’autonomia energetica, non può che essere una parte importante del mix di fonti”, spiega contattato da GEA. La nuova generazione “sta raggiungendo molto rapidamente uno stadio di sviluppo fino a pochi anni fa impensabile – osserva -. Ma, in un futuro più prossimo, è opportuno rivalutare anche il nucleare tradizionale. Impianti sicuri, flessibili, di piccole dimensioni e realizzabili in pochi anni. È improcrastinabile parlarne senza preconcetti; il know how lo abbiamo in casa dato che le aziende del nostro territorio offrono servizi per gli impianti all’estero. Il nucleare, insomma, è un’alternativa reale su cui investire fin da subito”.

A percepirne le potenzialità applicate all’ambito ferroviario è Luigi Cantamessa, direttore generale della Fondazione Fs. Ammette di credere fermamente nella scienza: “Dieci anni fa chi avrebbe mai pensato che l’iPhone potesse fare quello che fa. Credo che il nucleare oggi, a livello ferroviario, sia una opportunità veloce e sicura”, afferma. Trentacinque anni fa, confessa, non sarebbe stato della stessa opinione: “Io nel nucleare vedo il minor impatto e non l’avrei pensata così nel giorno del referendum. Ho cambiato idea perché ho visto di cosa è capace la tecnologia”.

Inoltre, prosegue, “nell’opinione pubblica rimangono Chernobyl e un referendum fatto in un contesto diverso e obsoleto, quando avevamo il telefono a casa. Penso che se ci rimettiamo a camminare in quella direzione, in meno di un decennio il nucleare potrebbe risolvere il grande problema dell’Italia, avere un’indipendenza energetica eliminando l’idrocarburo, non vedo al momento altro”.

Il problema delle scorie non sembra spaventare il presidente della Fondazione Fs: “Anche l’eternit copriva tutte le stazioni ferroviarie italiane, oggi è smaltito come un rifiuto speciale. So di essere un po’ brusco, ma sono per il pensiero forte, quindi o noi rinunciamo allo standard di vita al quale siamo abituati e ci diamo alla la decrescita felice, il che è una libera scelta, o troviamo, come ci insegna l’economia circolare, la fonte energetica con meno esternalità, con meno conseguenze negative e non al prelievo, ma dall’inizio della creazione della fonte energetica fino allo sfruttamento e dopo”.

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FS festeggia i 100 anni della locomotiva elettrica E.431 con un francobollo

Un nuovo francobollo celebra l’eccellenza dell’ingegneria ferroviaria italiana, a cento anni dalla nascita della locomotiva elettrica trifase E.431, “un vanto poco conosciuto“, rivendica Luigi Cantamessa, direttore della Fondazione Fs Italiane.

L’emissione assume un significato molto attuale, se letta alla luce del momento. L’Italia, ricorda l’ingegnere della Fondazione, “è da sempre un Paese con una olografia difficile, povera di giacimenti, petroliferi e carboniferi, molto legata alle importazioni estere“. Proprio per questo motivo, già negli anni ’10 del ‘900 le Ferrovie italiane studiano la transizione dalle carboniere alle vaporiere, alle locomotive elettriche. “Pensiamo che nella Germania dell’Est, ricchissima di carbone, le ultime locomotive a motore si costruiscono fino agli anni ’50. Questo per dire – afferma – che in Europa l’Italia è antesignana di almeno mezzo secolo, sfruttando le cadute dell’acqua inizia l’elettrificazione della rete“. Dal 1922 all’entrata in guerra, 1940, si è passati da mille chilometri di filo elettrico steso sui binari a quasi 9mila, in maniera pioneristica.

La locomotiva elettrica trifase E.431 è stata utilizzata per potenziare il parco elettrico delle Ferrovie dello Stato dopo il completamento dei primi programmi di elettrificazione della rete. Per alcuni anni ha incarnato il meglio dell’industria ferroviaria italiana, sia dal punto di vista tecnologico, con la sua capacità di esprimere per l’epoca prestazioni di eccellenza, anche in termini di velocità, sia sotto l’aspetto stilistico e del design.

Lo speciale annullo filatelico mostra il legame fra Ferrovie dello Stato e Poste Italiane, due aziende radicate nel territorio, con radici solide nel passato ma proiettate al futuro. Ne è convinta Maria Bianca Farina, presidente di Poste, che osserva come i due gruppi abbiano “connesso il Paese negli anni, in modo diverso“. Ogni emissione è un evento ma, sottolinea, “ci sono emissioni ancora più speciali, che dimostrano come il francobollo sia uno strumento di comunicazione incredibile e costituisca la nostra memoria collettiva personale. Ci fa bene capire da dove veniamo, la locomotiva ci parla di progressi scientifici e tecnologici, di un accorciamento importante delle distanze”.

Con l’avvio del Piano industriale 2022-2031 il Gruppo FS si pone anche come protagonista di una nuova stagione di rilancio delle infrastrutture di mobilità del Paese, in un’ottica di integrazione tra diverse e modalità di trasporto, all’insegna della sostenibilità. “È necessario spingere sul trasporto ferroviario, anche per ridurre le emissioni di Co2”, rimarca Gilberto Pichetto Fratin, viceministro allo Sviluppo Economico, durante la presentazione.

Per rendere la rete sempre più green ed efficiente, nei prossimi dieci anni il Gruppo FS ha pianificato 190 miliardi di euro di investimenti. Tra i tanti progetti in cantiere c’è anche l’incremento dei chilometri di rete elettrificata, che passeranno dagli attuali 12.160 (quasi il 72% della rete ferroviaria nazionale) a circa 14.000 chilometri totali (circa l’83%).