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Monito dell’Onu: “Intelligenza artificiale non sia lasciata a ‘capricci’ del mercato”

Lo sviluppo dell’intelligenza artificiale (IA) e i rischi che ne derivano non possono essere lasciati “ai capricci” del mercato. A lanciare il monito è un gruppo di esperti delle Nazioni Unite, che ha chiesto strumenti di cooperazione internazionale senza tuttavia spingersi fino a un’agenzia di governance globale.

Quasi un anno fa, il Segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres ha istituito un comitato di circa quaranta esperti nei settori della tecnologia, del diritto e della protezione dei dati personali, provenienti dal mondo accademico, dai governi e dal settore privato, come Microsoft, Google-Alphabet e OpenAI.

Il rapporto finale, pubblicato pochi giorni prima del summit di New York, rileva senza sorpresa “la mancanza di una governance globale nel campo dell’IA” e la virtuale esclusione dei Paesi in via di sviluppo dalle discussioni su questo tema vitale.

Dei 193 Stati membri dell’Onu, solo sette sono coinvolti in sette importanti iniziative di governance dell’IA (nell’ambito dell’OCSE, del G20 o del Consiglio d’Europa) e 118 sono totalmente assenti, soprattutto tra i Paesi del Sud. Eppure, proprio la natura “transfrontaliera” di queste tecnologie “richiede un approccio globale”, insiste la commissione. “L’IA deve servire l’umanità in modo equo e sicuro”, ha ribadito questa settimana Antonio Guterres. “Se lasciati incontrollati, i pericoli posti dall’intelligenza artificiale potrebbero avere serie implicazioni per la democrazia, la pace e la stabilità”.

In questo contesto, il comitato di esperti chiede agli Stati membri dell’Onu di mettere in atto strumenti per una migliore cooperazione globale, al fine di incoraggiare il progresso per l’umanità ed evitare qualsiasi slittamento. Perché “nessuno” oggi può prevedere l’evoluzione di queste tecnologie, e coloro che prendono le decisioni non sono responsabili dello sviluppo e dell’uso di sistemi che ‘non comprendono’.

In queste circostanze, “lo sviluppo, la diffusione e l’uso di queste tecnologie non possono essere lasciati ai soli capricci dei mercati”, insistono, sottolineando il ruolo “cruciale” dei governi e delle organizzazioni regionali. Il primo strumento suggerito è la creazione di un gruppo internazionale di esperti scientifici sull’IA, sul modello degli esperti climatici delle Nazioni Unite (IPCC), i cui rapporti sono un punto di riferimento nel settore.

Questi scienziati potrebbero illuminare la comunità internazionale sui rischi emergenti, identificare le aree in cui sono necessarie ulteriori ricerche e individuare il modo in cui determinate tecnologie potrebbero contribuire al raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile (eliminazione di fame e povertà, uguaglianza di genere, clima, ecc.)

Questa idea è inclusa nella bozza del Patto digitale globale, ancora in fase di discussione, che dovrebbe essere adottato domenica dai 193 Stati membri delle Nazioni Unite in occasione del ‘Summit per il futuro’. Gli esperti suggeriscono anche di istituire un dialogo politico intergovernativo regolare sul tema e un fondo per aiutare i Paesi in ritardo.

Per fare da “collante” tra i vari strumenti, gli esperti auspicano la creazione di una struttura leggera all’interno del Segretariato delle Nazioni Unite. Tuttavia, non sostengono l’idea di un’agenzia di governance internazionale a pieno titolo, come suggerito da Antonio Guterres, sul modello dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (AIEA). Anche se il loro mandato chiede loro di esplorare questa possibilità, “non raccomandiamo di istituire una tale agenzia in questa fase”.

Pur osservando che stilare un elenco esaustivo dei rischi è una “causa persa” in un settore in rapidissimo sviluppo di cui nessuno può prevedere l’evoluzione, elencano alcuni dei pericoli individuati: disinformazione che minaccia la democrazia, deepfakes più personali (in particolare a sfondo sessuale), violazioni dei diritti umani, armi autonome, uso da parte di gruppi criminali o terroristici, ecc.

Data la velocità, l’autonomia e l’opacità dei sistemi di IA, aspettare che una minaccia emerga potrebbe significare che è già troppo tardi per rispondere”, ammettono, affidandosi a una costante valutazione scientifica e a scambi politici per garantire che “il mondo non venga colto di sorpresa“.

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Besseghini (Arera): “Mercato del gas ancora nervoso, più vicini ai 40 euro/MWH che ai 30”

Tutto apposto magari è un po’ eccessivo, sicuramente non abbiamo più quei livelli di prezzi e questo molto ci tranquillizza. In ogni caso siamo più vicini ai 40 euro al Megawattora che ai 30 euro, il ché è indice di una situazione dei mercati ancora nervosa”. Lo dice il presidente di Arera, Stefano Besseghini, ai microfoni del #GeaTalk, rispondendo a una domanda sulla condizione dei mercati per l’approvvigionamento del gas. “Siamo grossomodo al doppio del valore storico di valorizzazione della commodity gas – aggiunge -, con tutto quello che abbiamo attraversato il momento è diverso, ma abbiamo anche alcuni cambi di assetto fondamentali. Uno su tutti è sicuramente il ruolo che gioca l’Lng, diverso da quello che giocava qualche anno fa. E visto che non è collegato a dei tubi fisici che legano i Paesi, siamo di fatto esposti al mercato globale”.

L’anno del Drago parte bene in Cina che diventa sempre più pericolosa

L’anno del Drago parte bene in Cina per l’industria. I dati di gennaio e febbraio, a cavallo del capodanno lunare, hanno superato le previsioni in diversi settori chiave, indicando una crescita superiore alle attese. Ad esempio, le vendite al dettaglio hanno registrato un +5,5%, oltre le stime, mentre la produzione industriale ha segnato un solido incremento del 7%, evidenziando una robusta attività manifatturiera. Allo stesso modo, gli investimenti in immobilizzazioni hanno superato le aspettative degli analisti, segnalando una fiducia nel mercato e un impegno nel lungo termine da parte delle imprese. Tuttavia, non tutto è stato positivo, poiché il settore immobiliare ha subito una flessione del 9% rispetto all’anno precedente, evidenziando ancora una volta il punto debole di Pechino.

Per quanto riguarda le nuove costruzioni residenziali in base alla superficie, la contrazione si è ampliata addirittura al -30,6% su base annua da inizio anno. E il valore di vendita degli immobili residenziali nuovi è calato del 32,7% su base annua da inizio anno. La pesantezza del mattone frena le potenzialità di crescita. Il portavoce dell’Ufficio nazionale di statistica, Liu Aihua, ha avvertito che la domanda interna rimane insufficiente, indicando che potrebbero essere necessarie ulteriori misure per stimolare la spesa dei consumatori e sostenere la crescita economica. Riparte comunque anche il turismo interno, che sembra aver registrato una crescita rispetto all’anno precedente e ai livelli pre-pandemici del 2019. Tuttavia, il capo economista cinese di Nomura ha osservato che nonostante questa crescita, la spesa turistica media per viaggio è ancora inferiore ai livelli pre-pandemici, indicando che potrebbero essere necessari ulteriori sforzi per stimolare completamente il settore turistico.

E’ l’industria dunque che tiene alta la bandiera cinese. Per settore, le principali aree di forza sono state individuate nella categoria “computer, comunicazioni e altre apparecchiature elettroniche”, che è cresciuta del 14,6% anno su anno. Anche la produzione di attrezzature per i trasporti ha registrato ottimi risultati, con un aumento dell’11%. Numeri che migliorano il commercio estero. Le esportazioni cinesi hanno sorpreso positivamente, registrando un +7,1% nei primi due mesi dell’anno, mentre le importazioni sono aumentate del 3,5%, superando entrambe le previsioni degli esperti. Questo potrebbe indicare una domanda estera robusta per il Made in China, il che potrebbe contribuire a sostenere ulteriormente la crescita del Paese nel corso dell’anno. Secondo i dati doganali, la Cina, il più grande importatore mondiale di Gnl, ha aumentato le sue importazioni di gas liquefatto del 19,3% nel periodo gennaio-febbraio rispetto allo stesso periodo dell’anno

Quando l’Ue ‘esporta’ la lotta al cambiamento climatico

Molti dicono che è inutile, se non dannoso, per l’Unione europea andare avanti con determinazione nella sua battaglia contro il cambiamento climatico. C’è chi dice che è “inutile, perché tanto il resto del Mondo continua a inquinare, e dunque non serve a nulla” e anche chi sostiene che con strette regole contro le emissioni si favoriranno i Paesi che invece queste regole non le hanno, e che continueranno a produrre a costi più bassi, vendendo poi a prezzi più bassi, il tutto a danno delle imprese dell’Ue. Non è vero. Il 13 dicembre il Parlamento europeo e il Consiglio europeo hanno raggiunto un accordo preliminare su un meccanismo per rendere verdi le importazioni industriali nell’Unione europea. Le aziende importatrici, dovranno pagare una “tariffa sul carbonio alla frontiera”, che sarà commisurata in base alle emissioni di carbonio che sono state necessarie a produrre il bene.
Considerando che l’Unione europea è il più grande e ricco mercato del Mondo, non stiamo parlando di un dettaglio nel commercio globale, ma di un “meccanismo di adeguamento del carbonio alla frontiera” (Cbam) dovrebbe allineare il prezzo da pagare per le emissioni di carbonio dei prodotti coperti dal sistema europeo di scambio di quote di emissione (Ets) con quello delle merci importate.
Ecco che il problema della concorrenza distorta viene drasticamente ridimensionato, almeno nei settori interessati: ferro e acciaio, cemento, alluminio, fertilizzanti, elettricità e idrogeno. Contemporaneamente però questo provvedimento darà un grande incentivo ai produttori che esportano verso l’Unione a rivedere il loro sistema industriale in maniera ‘green’, se vorranno continuare a vendere in Europa. È un percorso lento, certo, anche perché questo accordo, una volta formalizzato, entrerà in vigore a ottobre 2023. Ma il percorso c’è.