Simulatore Nutriscore su prodotti made in Italy: bocciati olio, parmigiano e prosciutto

L‘Olio extravergine di oliva, il Parmigiano Reggiano e il prosciutto di Parma sarebbero segnalati come alimenti poco sani o addirittura nocivi se fosse applicata l’etichetta Nutri-Score. E’ quanto emerge dal simulatore ideato dal team editoriale di WITHUB e di GEA – Green Economy Agency, in collaborazione con l’Università di Pisa – Centro Nutrafood, applicato a tre alimenti iconici del made in Italy.

L’olio extravergine di oliva è catalogato come un prodotto C perché è costituito per il 99% da grassi, ma si tratta di acidi grassi insaturi della serie “omega”. In particolare, l’acido oleico è un omega-9, mentre l’acido linoleico e linolenico sono rispettivamente acidi grassi omega-3 e omega-6: acidi grassi essenziali che il nostro organismo non è in grado di sintetizzare e devono quindi essere assunti mediante la dieta. Una percentuale pari al 15,3% dei grassi presenti è rappresentata anche dagli acidi grassi saturi che, tuttavia, rappresentano la frazione più piccola. Il sistema Nutri-Score non differenzia e non evidenzia queste caratteristiche, ma valuta unicamente la concentrazione degli acidi grassi saturi.

Il Parmigiano Reggiano è classificato come D. Nonostante l’elevata concentrazione di sodio, che determina un limite nella dieta di malati di ipertensione arteriosa, sono presenti, in alte percentuali, elementi come il calcio, essenziale per l’accrescimento/mantenimento delle ossa, e il fosforo. Questo formaggio è anche un’ottima fonte di vitamine, in particolare riboflavina (vitamina B2) e retinolo (vitamina A) e biotina (vitamina H).

Il Prosciutto di Parma è classificato come E, cioè meno sano. Il Nutri-Score non tiene conto del fatto che è un prodotto altamente digeribile per effetto della scomposizione delle proteine in molecole più piccole e in singoli aminoacidi durante la stagionatura e questo riduce l’aggravio per i reni. Da non trascurare il notevole contenuto di vitamine del gruppo B, nello specifico B1, B6, B12 e PP che sono fondamentali per il sistema nervoso, per la produzione delle cellule del sangue e per il controllo dei processi ossidativi. Sono presenti anche elementi minerali: il prodotto emiliano mostra un corredo di potassio, fosforo, zinco e selenio che conferisce al nostro organismo una quantità significativa rispetto alle relative dosi giornaliere raccomandate dai nutrizionisti.

Poli (NfI): Basi scientifiche Nutriscore fragili, Nutrinform superiore

Il Nutriscore, contrariamente a quanto spesso si sente ripetere, credo sia un sistema che ha delle basi scientifiche veramente molto fragili“. Lo ha detto il presidente di Nutrition Foundation of Italy, Andrea Poli, ai microfoni di GEA, a margine dei lavori del convegno di Withub Agrifood 2023 ‘L’evoluzione dell’agroalimentare italiano ed europeo tra sostenibilità e benessere’, organizzato da da WITHUB e dalla sua Fondazione Art.49 con la Direzione Editoriale di GEA ed EUNEWS. “C’è questo algoritmo molto complesso che dà un valore ai vari componenti degli alimenti, che non è più in linea con le evidenze scientifiche più recenti – spiega -. E c’è il fatto che, essendo un sistema sostanzialmente di tipo interpretativo, che dà un voto agli alimenti e dice quindi alle persone ‘non preoccuparti particolarmente, fai quello che ti dico io, preferisci gli alimenti verdi a quelli rossi’, va anche molto in disaccordo con il concetto ormai generale che bisogna invece formare le persone. Oltretutto – continua – rende difficile la combinazione degli alimenti, dunque è qualcosa che in effetti dovremmo considerare veramente superato“.

 

La maggioranza delle criticità del Nutriscore “viene fatto perfettamente superata dal Nutrinform Battery, un sistema molto più semplice, che non vuole dare dei voti ma dice semplicemente ‘la composizione degli alimenti è questa’, indicando le quote di sodio, zuccheri e altri componenti, ‘combinali in maniera intelligente’ – spiega Poli -. La cosa importante non è eliminare o privilegiare il singolo alimento, ma avere nel complesso un’alimentazione equilibrata. Da questo punto di vista, quindi, il Nutrinform Battery è assolutamente superiore al Nutriscore“.

Agrifood 2023, Italia conferma no a Nutriscore e cibi sintetici: difendere Agricoltura

L’agricoltura come motore dell’economia, ma anche elemento dell’identità nazionale da difendere. Sono tanti gli spunti che emergono da Agrifood 2023, l’evento su ‘L’evoluzione dell’agroalimentare italiano ed europeo tra sostenibilità e benessere’, organizzato a Roma da Gea ed Eunews. Cinque panel per analizzare da ogni angolatura rischi e potenzialità di un settore che può diventare collettore di molti altri gangli del cuore economico italiano ed europeo. Nel primo blocco è stato analizzata la questione del Nutriscore. “Servirebbe uno sforzo, da parte anche delle industria agroalimentare italiana, nell’utilizzare il Nutrinform”, dice il presidente di Coldiretti, Ettore Prandini. Che invita a cambiare schema di gioco: “Dobbiamo uscire dalla logica dell’emergenza e avere forza nella programmazione e nella strategia”, tant’è vero che “nel primo incontro con l’attuale presidente del Consiglio – racconta – ho chiesto di aumentare la dotazione del personale della nostra Ambasciata a Bruxelles”. Perché “non bisogna criticare ma lavorare al fianco delle nostre istituzioni, portando delle proposte alternative, facendo capire dove si sono commessi errori di valutazione” e “creando sinergie”.

Sulla stessa lunghezza d’onda il presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti, che lancia anche una ironica sfida a Prandini: “Lo sfido, se ti alzi da tavola dopo 1 kg di parmigiano stai bene, dopo 1 kg di patatine fritte no…”, giocando sul fatto che il collega di Coldiretti aveva spiegato che al di là dei colori dei semafori, conta anche la quantità di cibo mangiato. Al di là dell’ironia, il concetto è chiaro: “Il Nutriscore, così come l’Ecoscore, sono veri e propri attacchi a modelli economici”, per questo – sostiene – “dobbiamo fare una battaglia di visione, di strategia, su come posizionare l’agricoltura in un contesto globale sempre più competitivo dove le imprese soffrono”. Paolo De Castro, eurodeputato della commissione Agri, poi avverte: “L’agroalimentare è il primo settore manifatturiero europeo, con 200 miliardi export lo scorso anno, eppure sembra sotto attacco”. Il Nutriscore per ora “è accantonato, la Commissione Ue sta ancora valutando l’impatto per cui in questa legislatura non mi aspetto novità, ma tornerà”, è la sua convinzione.

Il presidente della commissione Industria del Senato, Luca De Carlo, che da anni si occupa del tema, quella sul Nutriscore “non è una battaglia dell’Italia contro il mondo, ma l’Italia deve essere brava a mettere insieme più alleati, perché questo è un tema che coinvolge tutti”. A suo modo di vedere, “se l’affrontiamo come problema europeo, allora le ricadute sull’Italia saranno relative”. Va giù dritto anche Andrea Poli, presidente della Nutrition Foundation of Italy: “L’algoritmo su cui si basa il Nutriscore è superato. Non ha senso affidare un colore per tutti i cibi indistintamente”. Ci va più cauto, invece, il direttore della Rappresentanza della Commissione Ue in Italia, Antonio Parenti, che comunque non nasconde i suoi dubbi: “E’ perfetto? No. Credo ci siano delle dimostrazioni scientifiche, e mi prendo qualche rischio essendo parte della Commissione europea che sta ancora giudicando. Però, l’esigenza esiste”.

Nello scenario europeo si inserisce anche la questione dell’etichettatura del vino. Soprattutto dopo la scelta dell’Irlanda di inserire avvisi sui rischi per la salute al pari delle sigarette, avallata anche da Bruxelles. “Il concetto del vino all’interno della dieta mediterranea fa parte del nostra cultura”, dice il direttore generale del Crea, Stefano Vaccari, che boccia l’operato di Bruxelles. “Secondo dati del 2022 siamo il Paese nettamente con aspettative di vita superiori rispetto all’Irlanda: se il modello nutrizionale è vincente, dobbiamo mantenerlo”. Per Michele Contel, vice presidente dell’Osservatorio permanente Giovani e Alcol, “l’approccio irlandese è sostanzialmente coercitivo”, mentre la dietista e nutrizionista, Monica Artoni, è convinta che “soprattutto il settore medico e sanitario, deve insistere moltissimo, fino alla nausea, sul concetto di basso rischio e sulle modalità di consumo”.

L’agricoltura, inoltre, deve affrontare un altro problema: quello dei cibi sintetici. Sul punto è intervenuto Luigi Scordamaglia: “Trasparenza e consapevolezza della scelta sono condizionati da un fattore, a questo mondo: i soldi. Troppi, come quelli di chi investe e svilupperà 25 miliardi di dollari in 5 anni per lanciare la carne sintetica. E con queste cifre di opinioni ne fai cambiare”. Il consigliere delegato di Filiera Italia cita la app site food finanziata da Bill Gates sulla carne di pollo, chiedendo: “Si apre finalmente una discussione se una singola persona fisica, privata possa essere secondo finanziatore dell’Organizzazione mondiale della sanità che decide le politiche sanitarie a livello globale?”. Poi l’accenno all’Europa: “Questo ‘filantrocapitalista’, mai come di recente, incontra la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, con cui parla di ristrutturare il sistema di protezione sanitario. Bene: 25 miliardi di dollari sono il volume sviluppato, ma è niente rispetto alla capacità di comunicare sul web e alle nuove app di intelligenza artificiale”. La risposta, indiretta, arriva a stretto giro da Parenti: “Ho sentito certe cose che, francamente, mi sembrano leggermente fantasiose. Bill Gates, ad esempio, e ci sono i resoconti, è uno dei più grandi distributori di vaccino al mondo. Che la Commissione Ue parli con lui nel 2021 e 2022, soprattutto per facilitare la produzione di vaccini in Paesi terzi come l’Africa mi sembra non solo naturale, ma anche necessario”.

La questione della crisi alimentare viene analizzata anche in chiave Mediterraneo. Con l’intervento dell’Ambasciatore del Marocco in Italia, Youssef Balla: “Il Marocco sta affrontando una crisi alimentare causata dallo sfruttamento senza precedenti di risorse naturali, da cambiamenti climatici e da congiunture economiche nazionali e internazionali. La parola chiave si è rivelata essere innovazione”. Per il diplomatico servirebbe “una cooperazione tripartita, marocchina, europea e africana, per l’agricoltura sostenibile, che si basi sulla diffusione di nuove tecnologie digitali e sulla formazione professionale di lavoro qualificato per utilizzo ottimale delle tecnologie stesse”.

Alimentare, De Carlo: “Siamo in costante difesa da grandissimo attacco nostre eccellenze”

Siamo in costante difesa di quella che ormai appare a tutti un grandissimo attacco alle nostre eccellenze”. Lo ha detto il senatore Luca De Carlo, Presidente Commissione Commercio e Industria, agricoltura e produzione agroalimentare a margine del convegno ‘L’evoluzione dell’agroalimentare italiano ed europeo tra sostenibilità e benessere’, organizzato da Gea ed Eunews. “Un attacco a tutte quelle eccellenze europee e nazionali che fanno di qualità, tradizione e cultura il loro forte, per sostituirli con cosa? Con cibo sintetico, con qualcosa costruito in laboratorio in posti lontanissimi. Ecco noi contro questo vogliamo batterci perché le produzioni tradizionali sono la nostra cultura e rappresentano la nostra nazione nel mondo”, ha aggiunto.

Paolo De Castro

De Castro: Nutriscore? Proposta Ue non prima del 2025, buona notizia per l’Italia

Etichette nutrizionali, d’origine, indicazione della data ed etichette per le bevande alcoliche. Nel quadro della strategia agroalimentare ‘Farm to Fork’ (Dal campo alla tavola) pubblicata a maggio 2020, la Commissione europea ha promesso di rivedere tutta la legislazione europea relativa alla cosiddetta ‘Informazione alimentare ai consumatori’, con una proposta legislativa che era attesa per la fine del 2022, ma che per ora è rimandata a data da destinarsi. E’ in questo quadro che si impone la battaglia dell’Italia contro il Nutriscore, il sistema francese di etichettatura a colori che divide l’Europa. Il tema sarà affrontato all’interno del panel ‘Nutriscore e packaging: rischi e opportunità per il sistema agroalimentare italiano’ all’interno dell’evento ‘L’evoluzione dell’agroalimentare italiano ed europeo tra sostenibilità e benessere’, organizzato da GEA e Eunews, del gruppo Withub, che si svolgerà il prossimo 9 marzo a Roma. Il fatto che la proposta di etichettatura sia sparita dall’agenda dell’attuale Commissione a guida Ursula von der Leyen è “una buona notizia per l’Italia” e non solo, afferma l’eurodeputato del Pd Paolo De Castro, membro della commissione Agricoltura e sviluppo rurale (Agri) del Parlamento europeo, in un’intervista rilasciata a GEA.

La proposta della Commissione europea sul sistema di etichettatura nutrizionale armonizzato a livello europeo doveva arrivare a fine 2022, ma per ora sembra scomparsa dall’agenda del collegio. E’ in corso una valutazione d’impatto, secondo Lei è una buona notizia per chi si oppone al sistema a colori francese?

“Il pacchetto di revisione sull’informazione ai consumatori al momento è stato tolto dall’agenda della Commissione europea, quindi per il momento non si sa quando verrà presentato e messo sul tavolo di Consiglio e Parlamento (i due co-legislatori dell’Ue, ndr). Non credo a questo punto che si possa più parlare di etichettatura nutrizionale entro questa legislatura, perché ammesso e non concesso che dovessero decidere di avanzare la proposta dopo l’estate, la legislatura attuale sarà praticamente finita, quindi non c’è alcuna possibilità. La buona notizia per la battaglia che è stata fatta dall’Italia, ma non solo, contro questa etichettatura francese (il sistema Nutriscore, ndr) è che il fatto di aver tolto il dossier dall’agenda della Commissione ci rassicura perché significa che ormai per questa legislatura il problema della Nutriscore è andato”.

Almeno per la legislatura attuale…

“Questo non significa, ovviamente, che il problema è finito, perché tornerà con la prossima Commissione europea. Ma se ne riparlerà poi nel 2025”.

Come si sta muovendo l’Italia per fare opposizione al Nutriscore, sta facendo campagna per promuovere il sistema presentato a Bruxelles ormai tre anni fa, il ‘NutrInform Battery’?

“Non sono convinto che il modello italiano sarà quello prescelto dalla Commissione Ue. Sono poche anche le aziende italiane che hanno introdotto il ‘NutrInform Battery’ come strumento di etichettatura nutrizionale. Un risultato positivo potrebbe essere abbandonare l’idea del Nutriscore francese e il Nutrinform italiano per andare verso il keyhole scandinavo, un sistema applicato in molti Paesi del Nord Europa (Svezia, Norvegia e Danimarca, ndr) e non discriminatorio, perché è un sistema solo positivo che appone l’etichetta verde solo dove c’è una valenza salutistica del prodotto, senza mettere una pagella negativa per gli altri. Le alternative sono diverse, vedremo quale sarà la posizione della Commissione”.

Passando alle etichettature cosiddette salutiste (‘health warning’), la decisione della Commissione europea di dare via libera in Irlanda all’etichetta con avvisi sui rischi per la salute per le bevande alcoliche rischia di influenzare il dibattito in Ue sul tema della salute?

“Con una grande maggioranza il Parlamento europeo ha detto ‘no’ alle etichette salutiste a febbraio dell’anno scorso, quando in discussione in plenaria del Parlamento europeo c’era il rapporto della commissione speciale sulla lotta contro il cancro (Beca). All’interno del testo, l’emendamento conosciuto come De Castro-Dorfmann è passato con una maggioranza molto consistente, con più di 500 voti. Quindi, ci stupisce moltissimo che nonostante una volontà così netta, così chiara dell’Aula del Parlamento europeo, la Commissione non abbia fatto opposizione all’Irlanda ma si sia dichiarata a favore di questa normativa nazionale, non facendo opposizione. Il ministro (dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste, Francesco) Lollobrigida sta portando avanti con la Francia e con la Spagna un’iniziativa che verrà posta in Consiglio lunedì (al Consiglio agricoltura e pesca, ndr) per fare un documento comune e ci auguriamo che non ci siano altri paesi europei che seguano l’esempio irlandese”.

In Italia è rimontata nelle scorse settimane la polemica anche sui cosiddetti ‘nuovi alimenti’, ovvero la commercializzazione in Ue di proteine provenienti da insetti. Perché c’è così tanta contrarietà in Italia, visto che non c’è alcuna imposizione da parte Ue?

“Dopo il parere dell’Autorità europea sulla sicurezza alimentare (l’EFSA, con sede a Parma) la Commissione europea può uniformare le regole sull’utilizzo di proteine provenienti da insetti, grilli, larve etc. Prima si utilizzavano comunque, ma con norme nazionali quindi non c’è stato alcun cambiamento epocale o una spinta dalla Commissione a usare queste proteine. Semplicemente, dopo il parere dell’autorità europea è stata fatta la norma sui ‘novel food’ per armonizzare a livello europeo le regole che disciplinano l’uso di questi prodotti”.

Quest’anno è attesa la proposta normativa della Commissione anche su un quadro normativo per le cosiddette nuove tecniche genomiche. Il Parlamento europeo cosa si aspetta?

“La Commissione sta perdendo tempo delle regole di cui abbiamo bisogno per dare la possibilità agli agricoltori di utilizzare nuove varietà ottenute attraverso tecniche di genetica sostenibile, che nulla hanno a che fare con gli Ogm (organismi geneticamente modificati, ndr) ovvero modifiche genetiche lavorate all’interno della stessa pianta. Sono le speranze con maggiore concretezza per mettere a punto varietà di piante resistenti alle malattie, senza utilizzo di prodotti chimici. In Italia siamo all’avanguardia in campo vitivinicolo e abbiamo bisogno di liberalizzare questo percorso autorizzativo perché ancora c’è confusione con gli Ogm: le nuove tecniche genomiche non sono transgeniche, ma riguardano la mutagenesi e dunque lavorano sul patrimonio genetico della stessa pianta”.

Un’ultima domanda su un dossier che la vede in prima linea come relatore in Parlamento: la revisione delle indicazioni geografiche, il regolamento IG. A che punto è il lavoro?

“Stiamo costruendo gli emendamenti di compromesso per un sostegno da parte di tutti e contiamo di portare il dossier al voto entro marzo. Seguirà il voto in plenaria in aprile per avviare i negoziati con il Consiglio entro l’estate”.

E’ ottimista su un accordo politico con gli Stati entro il 2023?

“Assolutamente sì. E’ un dossier importante e c’è interesse da parte di tutti i Paesi, in particolare di quelli mediterranei che detengono la maggior parte delle indicazioni geografiche europee, Spagna, Francia, Italia in testa”.

INFOGRAFICA La posizione degli Stati Ue sul Nutriscore

E’ un’etichetta nutrizionale semplificata e colorata a dividere l’Europa. Si chiama ‘NutriScore’ ed è un sistema di valutazione nutrizionale che va dalla “A”, associata al colore verde scuro, alla “E”, di colore rosso, che è stata inventato in Francia e che potrebbe essere indicata dalla Commissione europea per diventare il modello di etichettatura nutrizionale uguale per tutti i Paesi in Ue. E’ già stato adottato in Belgio, Germania, Lussemburgo e Paesi Bassi, mentre in Spagna è in fase di approvazione. Contrari, una coalizione guidata dall’Italia, che comprende Paesi come Repubblica Ceca, Grecia e Romania. Nell’infografica GEA la posizione dei diversi Stati Ue.

INFOGRAFICA Cos’è il Nutriscore, il sistema di etichettatura di cibi e bevande

Nutriscore è un sistema di etichettatura dei prodotti alimentari sviluppato in Francia pensato per semplificare l’identificazione dei valori nutrizionali di un prodotto alimentare attraverso l’utilizzo di due scale correlate: una cromatica divisa in 5 gradazioni dal verde al rosso, ed una alfabetica comprendente le cinque lettere dalla A alla E. Alcuni Paesi Ue l’hanno già adottato, ma diversi Stati lo contestano. Nell’infografica GEA il sistema di etichettatura che compare sulle confezione dei cibi.

Parmigiano reggiano

Consorzio Parmigiano Reggiano: Impossibile sintetizzare con semaforo complessità alimenti

Nel cantiere della Commissione Europea alcuni provvedimenti sono destinati ad avere importanti ricadute sulle nostre abitudini alimentari. È il caso del Nutriscore, un sistema di etichettatura elaborato in Francia che utilizza l’immagine di un semaforo per assegnare un colore, e dunque il ‘via libera’ oppure lo ‘stop’, a ciascun alimento a seconda del suo livello di zuccheri, grassi e sale, calcolati su una base di riferimento di 100 grammi di prodotto. Secondo le intenzioni dell’ideatore, il consumatore in questo modo avrebbe modo di capire immediatamente quali cibi sono più salutari e quali meno. Di fatto, le indicazioni semaforiche potrebbero penalizzare prodotti che stanno alla base della dieta mediterranea Made in Italy, perché una valutazione che prende in considerazione unicamente l’apporto di grassi, zuccheri e sale su una quantità fissa di nutrimento non tiene conto delle dosi consigliate e in genere consumate. Ne consegue che a prodotti come l’olio extravergine di oliva, verrebbe assegnato un Nutriscore rosso. E persino formaggi come il Grana, da sempre considerati così salutari da essere inseriti nelle diete dei bambini, finirebbero nella categoria ‘dei cattivi’. Quale soluzione adottare, allora? GEA ne ha parlato con Riccardo Deserti, direttore generale del Consorzio Parmigiano Reggiano.

Qual è la posizione del vostro Consorzio sull’adozione dell’etichettatura Nutriscore?

“Il tema del Nutriscore nasce dal bisogno giusto, fortemente sostenuto dall’Italia e dai suoi produttori, di aiutare i consumatori europei a seguire un’alimentazione sana e corretta. Le informazioni, però devono essere trasmesse in modo appropriato. Per esempio, le campagne di informazione europee, condotte in tanti paesi tramite informatori medici o nelle scuole, sono fondamentali. Naturalmente, anche le etichette posizionate sui prodotti sono utili per comunicare dati che il consumatore può sfruttare per compiere le sue scelte alimentari”.

Allora, dove nasce il problema?

“Un’etichetta a semaforo che sintetizza con i colori rosso, giallo e verde semplifica troppo. Noi del Consorzio del Parmigiano Reggiano e molti altri produttori della filiera agroalimentare italiana sosteniamo che non è corretto indicare il contenuto di zuccheri, sale e grassi su 100 grammi di prodotto, perché la dose giornaliera giusta da assumere varia da alimento ad alimento. Ci sono cibi ricchi di grassi, destinati però a essere consumati in porzioni piccole, come l’olio di oliva; altri, invece, sono abitualmente e quotidianamente mangiati in quantità maggiori, come la pasta. Partendo da una base di 100 grammi, allora, si rischia di indicare come poco salutari alimenti che in realtà sono consumati in porzioni minime e viceversa. Così, per assurdo, le patatine fritte potrebbero ricevere il semaforo verde, mentre cibi come il Parmigiano, che hanno una dose giornaliera consigliata attorno ai 30 grammi al giorno, verrebbero indicati come poco salutari. Il vero problema è educare a un bilanciato comportamento alimentare e questo vuol dire anche far conoscere anche le dosi da assumere”.

Il Nutriscore prende in considerazione il sale, i grassi e gli zuccheri presenti nei cibi. Ritiene che siano parametri sufficienti per stabilirne la salubrità?

“Certamente no. Un ulteriore tema legato al Nutriscore è infatti quello della completezza. Parlare solo di zuccheri, sale e grassi, ancora una volta, è semplificatorio. Non si fa cenno, infatti, a vitamine, probiotici o altri nutrimenti. Per quanto riguarda i grassi, non si entra nel merito di quelli saturi o insaturi”.

Pare che, se sarà adottato, il Nutriscore non verrà apposto sui prodotti Dop o Igp, quindi forse il Parmigiano Reggiano non corre il rischio di ricevere questa etichetta.

“Sì, la questione è dibattuta. D’altronde, i prodotti Dop e Igp sono per legge trasparenti nelle loro etichette, che devono riportare tutti gli ingredienti della loro composizione. Anche i loro sistemi di produzione sono noti. Per questi alimenti il Nutriscore non avrebbe dunque molto senso”.

In alternativa al Nutriscore l’Italia ha proposto l’adozione del Nutriinform, etichetta che non valuta i singoli cibi, quanto piuttosto quanto incidono nell’ambito della dieta.

“Il Nutrinform è migliore rispetto al Nutriscore perché consente di superare il problema del mettere a confronto prodotti che tra di loro non sono paragonabili, considerando la dose giornaliera dei nutrienti. Ma in generale, non basta un’etichetta per dare tutte le necessarie indicazioni relative a un prodotto. Ci vogliono programmi di educazione alimentare, come quelli previsti dalla ‘Next Generation’ europea. Soluzioni come quella del Nutriscore avvantaggiano una parte dei produttori, creando uno scontro, per esempio tra chi opera nel mondo delle proteine vegetali e chi invece in quello delle proteine animali”.

Le etichette sono, per definizione, piccole e sintetiche. Secondo lei quindi bisognerebbe rinunciare a inserire informazioni utili su questi cartellini?

“Qualche informazione, naturalmente, va inserita anche sull’etichetta, dal momento che è sensato indicare i rischi collegati all’abuso di determinati alimenti. Il tema di fondo però è quello di non criminalizzare alcuni alimenti senza che ci siano basi oggettive”.

Che cosa proponete, quindi, come consorzio?

Il sistema delle etichette deve essere supportato da una reale politica per l’educazione alimentare. Nelle scuole, sul retro delle confezioni, sui siti web legati al prodotto, nei punti vendita, occorre innescare un circuito positivo che faccia conoscere i danni che una cattiva alimentazione può arrecare alla salute. Sarebbe corretto assegnare il semaforo ad ogni cittadino in base al suo comportamento alimentare. Come Consorzio siamo da tempo impegnati a comunicare i valori positivi del Parmigiano Reggiano, utile per la crescita, per contrastare l’osteoporosi e per mille altri motivi. Abbiamo un programma che ci porta nelle scuole, organizziamo visite per far conoscere questo formaggio, far vedere come nasce, insegnare la sua tradizione”.

Alla fine pensa che il Nutriscore verrà adottato?

“Credo che difficilmente sarà approvato. Il dibattito attorno a questo provvedimento, però, deve essere un’opportunità da cogliere, per discutere e avviare una reale politica informativa”.

commissione ue

Nutriscore, è battaglia in Ue ma la decisione slitta

E’ un’etichetta nutrizionale semplificata e colorata a dividere l’Europa. Si chiama ‘NutriScore’ ed è un sistema di valutazione nutrizionale che va dalla ‘A’, associata al colore verde scuro, alla ‘E’, di colore rosso, che è stata inventato in Francia e che potrebbe essere indicata dalla Commissione europea per diventare il modello di etichettatura nutrizionale uguale per tutti i Paesi in Ue. O almeno questo è quello che spera la Francia, dove il sistema è già stato adottato insieme al Belgio, la Germania, il Lussemburgo e i Paesi Bassi, mentre in Spagna è in fase di approvazione. Nel quadro della sua politica agroalimentare, la strategia ‘Farm to Fork’ (Dal campo alla tavola) pubblicata a maggio 2020, la Commissione europea ha promesso di rivedere tutta la legislazione europea relativa alla cosiddetta ‘Informazione alimentare ai consumatori’, andando a proporre un sistema di etichettatura con i valori nutrizionali armonizzata a livello Ue. Una proposta doveva arrivare entro il 2022, ma per ora è slittata a data da destinarsi e potrebbe anche non arrivare in tempo per la fine della legislatura attuale nel 2024.

Gli Stati membri dell’Ue sono divisi sul sistema di etichettatura nato in Francia, principalmente perché qualunque sistema di etichettatura viene considerato da molti un sistema di condizionamento per i consumatori, che tendono a orientarsi sui cibi che l’etichetta definisce “più sani”. Attorno alla battaglia ci sono essenzialmente due schieramenti. Da un lato, una coalizione di almeno 7 Paesi, ovvero Belgio, Francia, Germania, Lussemburgo, Paesi Bassi, Spagna e Svizzera, che negli anni scorsi ha promosso l’istituzione di un meccanismo di coordinamento al livello comunitario per facilitare l’adozione del Nutriscore.

Dall’altro lato, si pone una coalizione guidata dall’Italia, che comprende Paesi come Repubblica Ceca, Grecia e Romania. Per l’Europa meridionale la posta in gioco è ancora più alta visto che diversi prodotti mediterranei come l’olio d’oliva, il parmigiano o il prosciutto vengono penalizzati con un colore che rispecchia un voto basso, come ‘C’ o ‘D’. Per l’Italia il sistema Nutriscore è inaccettabile ed è in prima linea sul fronte europeo contro l’adozione, per una volta unita tra politica e mondo della filiera nel condannare questo sistema di etichettatura semplificata. Ormai più di tre anni fa ha presentato a Bruxelles una proposta per un sistema di etichettatura alternativo, chiamato ‘Nutrinform Battery’, un sistema che si presenta come una batteria, che indica il valore nutrizionale di un prodotto in relazione all’apporto nutrizionale giornaliero raccomandato per quel determinato alimento. Dal canto loro, i Paesi scandinavi (Danimarca, Norvegia e Svezia) utilizzando il simbolo a colori ‘Keyhole’ (buco della serratura), istituito in Svezia nel 1989, che rappresenta un’etichetta alimentare che identifica i prodotti più sani perché contengono meno zuccheri e sale, più fibre e cereali integrali o meno grassi rispetto ai prodotti simili dello stesso gruppo. Dal momento che il simbolo nordico non discrimina i prodotti ma si concentra solo sulla valenza positiva, secondo molti potrebbe rappresentare una buona via di compromesso tra la proposta francese e quella italiana.

La proposta italiana è partita già svantaggiata nella corsa europea, dal momento che il Nutriscore è già adottato in diversi Paesi e quindi i consumatori si stanno abituando piano piano al suo utilizzo quotidiano al supermercato. Nonostante il vantaggio che è innegabile, la partita è ancora tutta aperta finché la Commissione europea non deciderà di avanzare la proposta vera e propria. Anche a livello produttivo sta emergendo sempre maggiore consapevolezza sui limiti del Nutriscore, il cui principale punto di forza – riconosciuto anche dall’Italia stessa – è il sistema colorimetrico, a colori, che risulta molto semplice e immediato per i consumatori. Con il rischio, secondo molti, di condizionarne le scelte. Sull’etichetta “sono in corso lavori tecnici per raccogliere ulteriori prove scientifiche” per una valutazione d’impatto e non c’è data certa per una presentazione da parte dell’Ue.

Federalimentare contro il Nutriscore: Sistema inutile, sbagliato e ingannevole

Nutriscore sì, Nutriscore no? E’ il dilemma che, nel corso del 2024, dovrebbe sciogliere la Commissione Europea. Intanto, però, l’Italia, appoggiata da Cipro, Grecia, Lettonia, Repubblica Ceca, Romania e Ungheria, si è sempre schierata sul fronte del ‘no’. In prima linea contro il sistema di etichettatura alimentare c’è fin dall’inizio Federalimentare. L’ex presidente Ivano Vacondio lo definiva come “un sistema sbagliato senza se e senza ma”. Secondo la Federazione, che riunisce le Associazioni nazionali di categoria dell’Industria Alimentare, il Nutriscore “non contribuisce a migliorare la dieta” e le sue basi scientifiche “sono molto deboli”, considerando anche che “dalla sua applicazione non si è verificato in nessun Paese alcun miglioramento dei dati relativi a obesità e malattie non trasmissibili”. Ma Federalimentare va oltre, ritenendo il Nutriscore non solo inutile, ma addirittura “ingannevole per i consumatori, poiché essendo basato sul generico parametro di 100g, a prescindere dalla tipologia di alimento, non tiene conto delle porzioni effettivamente consumate. Accade quindi che una pizza surgelata da oltre mille calorie possa ottenere il semaforo verde, mentre prodotti normalmente consumati in piccole dosi – come ad esempio l’olio d’oliva o il parmigiano – vengano puniti con il giallo o il rosso”. Alla base del ragionamento della Federazione c’è il fatto che la Dieta Mediterranea sia la più sana, mentre l’algoritmo che sottintende al Nutriscore è “fondato su basi sbagliate, perché pretende di dare una valutazione complessiva di un alimento sulla base di alcuni nutrienti prescindendo sia dalle porzioni e frequenze di consumo, sia dall’incidenza dell’alimento sulla dieta complessiva”.

Sulle stesse posizioni si schiera Coldiretti che descrive il Nutriscore un sistema “fuorviante, discriminatorio ed incompleto” e che “finisce paradossalmente per escludere dalla dieta alimenti sani e naturali che da secoli sono presenti sulle tavole per favorire prodotti artificiali di cui in alcuni casi non è nota neanche la ricetta”. Questo, secondo Coldiretti, con implicazioni non solo sulla salute dei consumatori, ma anche, e soprattutto, sull’economia italiana, visto che il sistema esclude “paradossalmente dalla dieta ben l’85% in valore del Made in Italy a denominazione di origine”.

L’Italia, come alternativa al Nutriscore, ha proposto il NutrInform Battery elaborato da tre ministeri (Sviluppo economico, Salute, Politiche agricole, alimentari e forestali) insieme all’Iss, al Crea e ai rappresentanti delle associazioni di categoria della filiera agroalimentare. Si tratta di un sistema che attraverso il simbolo della batteria indica al consumatore l’apporto nutrizionale dell’alimento in rapporto al suo fabbisogno giornaliero e al corretto stile alimentare. Sulla ‘batteria’ viene scritta la percentuale di calorie, grassi, zuccheri e sale per ogni singola porzione rispetto alla quantità raccomandata dall’Unione europea.

E il NutrInform Battery è diventato anche una app, che fornisce in un click informazioni immediate sulle calorie e nutrienti presenti negli alimenti, consentendo così ai consumatori di seguire una dieta varia e equilibrata. La app permette di monitorare attraverso il simbolo della batteria il consumo giornaliero di 5 elementi che sono alla base di una corretta alimentazione: calorie, grassi, grassi saturi, zuccheri e sale. Il consumatore, inquadrando con la fotocamera del cellulare il codice a barre dei prodotti confezionati, potrà così conoscere la percentuale di calorie e nutrienti consumati nel corso della giornata, in riferimento alla porzione degli alimenti consigliata dai nutrizionisti secondo i valori stabiliti dall’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (Efsa).