agricoltura

Nel 2022 in Europa troppo ozono su 32,5% terreni agricoli, impatto sulla salute

Nel 2022, quasi un terzo dei terreni agricoli europei era esposto a livelli di ozono superiori al valore soglia stabilito per la protezione della vegetazione dalla Direttiva sulla qualità dell’aria ambiente (AAQD) dell’Ue. L’obiettivo a lungo termine è stato raggiunto solo per l’11,2% dei terreni agricoli. A riportarlo è l’Agenzia europea dell’Ambiente che ha sottolineato che “l’inquinamento dell’aria dovuto all’ozono troposferico è una seria preoccupazione in Europa” in quanto “ha effetti negativi sulla salute umana, sulla vegetazione e sugli ecosistemi in tutta Europa”, comportando “una riduzione dei raccolti e della crescita delle foreste e una perdita di biodiversità”.

L’ozono troposferico è un inquinante secondario di origine fotochimica, le sue concentrazioni sono determinate dalle emissioni di precursori e dalla meteorologia e tendono ad essere naturalmente più elevate in alcune regioni, come l’Europa meridionale. L’Agenzia ha ricordato che la Direttiva Ue sulla qualità dell’aria ambiente mira a proteggere la vegetazione dall’ozono e stabilisce due standard: un valore target e un obiettivo a lungo termine che si basano, entrambi, sull’esposizione accumulata all’ozono superiore a una soglia di 40 ppb (parti per miliardo) (Aot40). “Aot40 è la somma della differenza tra concentrazioni orarie superiori a 80 µg/m3 (40 ppb) e 80 µg/m3 in un dato periodo utilizzando solo i valori di un’ora misurati ogni giorno tra le 08:00 e le 20:00 ora dell’Europa centrale”, ha spiegato l’Agenzia. Il periodo va da maggio a luglio per la protezione della vegetazione e delle colture. Il valore target per la protezione della vegetazione è fissato a 18.000μg/m3.ora, calcolato su cinque anni, tuttavia questo indicatore esamina il suo valore ogni singolo anno (quella che noi chiamiamo soglia del valore target). L’obiettivo a lungo termine per la protezione della vegetazione è fissato a 6.000μg/m3/ora.

La frazione di terreno agricolo nei Paesi membri del See esposta a livelli di ozono superiori alla soglia è notevole. Nel corso del tempo si sono regolarmente osservati superamenti nell’Europa centrale, meridionale e orientale. Le considerevoli variazioni di anno in anno rendono difficile l’identificazione della tendenza, in parte a causa delle diverse condizioni meteorologiche”, ha precisato l’Agenzia. La frazione di terreno esposto a livelli di ozono superiori alla soglia del valore obiettivo ha raggiunto un minimo assoluto nel 2020 pari al 5,5%, per aumentare al 18% nel 2021, raggiungendo il 32,5% nel 2022. Ciò equivale a una superficie totale di 719.442 km2 di terreni agricoli essere esposti a livelli superiori alla soglia del valore obiettivo nel 2022. “I valori relativamente più alti nel 2022 potrebbero essere collegati all’influenza meteorologica sulla formazione di ozono. Secondo Copernicus, il 2022 è stato il quinto anno più caldo a livello globale e il secondo anno più caldo mai registrato in Europa. L’estate del 2022 è stata l’estate più calda mai registrata in Europa”, ha precisato ancora l’Agenzia europea dell’Ambiente. Intanto, 12 Paesi membri del See hanno avuto tutti i loro terreni agricoli esposti a valori inferiori alla soglia del valore obiettivo nel 2022: i 5 Paesi nordici, le tre repubbliche baltiche, il Benelux e l’Irlanda.

L’obiettivo a lungo termine è in linea con il livello critico di ozono per la protezione delle colture definito dalla Convenzione della Commissione economica per l’Europa delle Nazioni Unite (Unece) sull’inquinamento atmosferico transfrontaliero a lungo raggio (Clrtap o Convenzione aerea). Nel 2022, questo obiettivo a lungo termine è stato raggiunto solo per l’11,2% della superficie agricola totale dei Paesi del See. Finlandia, Islanda, Irlanda, Lettonia e Lituania sono stati gli unici Paesi del See ad avere tutti i loro terreni agricoli esposti a valori inferiori all’obiettivo a lungo termine”, ha puntualizzato l’Agenzia. Per quanto riguarda la protezione delle foreste, la Convenzione Unece definisce un livello critico di esposizione all’ozono, come Aot40 definito da aprile a settembre, pari a 10.000 μg/m3 ora. “Tra il 2005 e il 2022 sono state osservate ampie variazioni nell’esposizione delle aree forestali all’ozono. Nel 2006, quasi tutte le foreste sono state esposte a livelli superiori al livello critico e nel 2018 ciò è avvenuto per l’87,5% della superficie forestale. Al contrario, nel 2015, 2017 e 2020, oltre il 40% delle foreste era esposto a livelli inferiori al livello critico, con un valore simile del 38% nel 2022. Nel 2022, il livello critico per le foreste non è stato superato in Estonia, Finlandia, Islanda e Lituania”, ha specificato in conclusione l’Agenzia europea.

Inquinamento e caldo estremo: il cocktail respiratorio micidiale del Texas

Photo credit: AFP

Caldo cocente e inquinamento alle stelle sono un cocktail con effetti letali per le vie respiratorie degli abitanti del Texas. Lo sa bene Erandi Trevino, texana 31enne, che vive molto vicino a un deposito di camion e a meno di 10 km da un canale sulle cui sponde si concentrano molte attività industriali e petrolchimiche: la giovane donna sente arrivare fino al naso e alla pelle l’ozono, un gas dannoso per la salute. “Riesco a sentire quando c’è una alta concentrazione di ozono il giorno prima che venga annunciata, perché mi brucia la faccia. Lo sento nelle narici, ho una sensazione di bruciore agli occhi che mi fa tossire…“, racconta. “Non ho dubbi che stia influendo sulla mia salute“, dice Erandi Trevino, mentre nelle vicinanze si sente il rombo incessante dei semirimorchi.

L’ozono di per sé non è sempre dannoso. Non lo è se rimane nella stratosfera, lo strato che forma protegge la Terra dai raggi ultravioletti emessi dal Sole. Ma, spiega l’Agenzia statunitense per la protezione dell’ambiente (EPA), può esistere anche a livello del suolo: si tratta del cosiddetto ozono ‘troposferico’, uno dei componenti dello smog. “Si verifica quando gli inquinanti emessi da automobili, centrali elettriche, caldaie industriali, raffinerie, impianti chimici e altre fonti reagiscono chimicamente con la luce solare“, spiega l’EPA. L’ozono così generato può raggiungere livelli particolarmente dannosi nelle giornate calde e soleggiate, per poi essere trasportato a lunga distanza dal vento.

Houston, una grande città industriale con una popolazione di 2,3 milioni di abitanti in Texas, sta soffrendo da quindici giorni per l’ondata di calore che sta colpendo il sud degli Stati Uniti.Negli ultimi anni, le emergenze legate al caldo sono durate due, tre, forse quattro giorni al massimo. In questo caso, il caldo è stato eccessivo dal 14 giugno, il che significa che la temperatura ha raggiunto o addirittura superato i 42 gradi“, ha spiegato all’AFP Porfirio Villarreal, portavoce dei servizi sanitari di Houston.

Erandi Trevino, la cui madre e le cui nipoti condividono la stessa sensibilità all’ozono, ha finito per unirsi a due associazioni anti-inquinamento. Per militanza, ma anche come forma di terapia, ha creato un vivaio di alberi nel suo giardino. Secondo la donna, l’ozono troposferico non fa mai bene alla salute, anche se le autorità hanno fissato una soglia sanitaria di 70 parti per miliardo (ppm). La Texas Commission on Environmental Quality ha registrato un record di 99 parti per miliardo all’inizio di giugno, ma l’attuale ondata di caldo ha prodotto solo un massimo di 46 parti per miliardo. Erandi Trevino vorrebbe che le stazioni di monitoraggio della qualità dell’aria fossero installate più vicino agli impianti industriali.

Secondo l’American Lung Association (ALA), entro il 2023 più di un americano su tre vivrà in un’area in cui i livelli di ozono o di polveri sottili sono dannosi per la salute. “È estremamente pericoloso per la nostra salute a lungo termine, soprattutto per i bambini e gli anziani che hanno già problemi“, afferma Esmeralda Carr, 32 anni, direttrice di uno studio dentistico e madre di quattro figli, che vive non lontano dalla signora Trevino. “Nei giorni in cui c’è molto inquinamento, più persone vanno in ospedale. A volte hanno l’asma, che può essere esacerbata dall’ozono o da questo inquinamento“, spiega il portavoce Porfirio Villarreal, “per questo monitoriamo l’aria per fornire dati allo Stato, che può quindi emettere allarmi sulla qualità (dell’aria)“. Spesso si raccomanda di evitare le attività all’aperto. Questi problemi alimentano anche le disuguaglianze razziali negli Stati Uniti: le popolazioni più colpite sono gli afroamericani e gli ispanici, che spesso vivono in quartieri più esposti all’inquinamento, sottolinea l’ALA.

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L’inquinamento da ozono mette a rischio la produzione di legname

La produzione di legname nelle foreste italiane è a rischio per l’inquinamento da ozono. Il valore economico forestale è calato del 10% e la superficie destinata alla produzione di legname si è ridotta di oltre l’1%, con un danno potenziale che potrebbe arrivare fino a 2,85 miliardi di euro (circa 870 euro per ettaro). È l’allarme lanciato dallo studio su Nature Scientific Reports e condotto da un team di 10 ricercatori provenienti da Enea, Cnr e Università di Firenze, in collaborazione con l’azienda francese di servizi satellitari Argans.

L’ozono troposferico (O3) è un inquinante gassoso che ha effetti negativi sulla fotosintesi e, di conseguenza, sulla capacità di assorbimento dell’anidride carbonica da parte della vegetazione. A livello globale questo potrebbe determinare un aumento dei costi di riduzione dei gas serra fino a 4,5 trilioni di dollari al 2100”, spiega Alessandra De Marco del Dipartimento Enea Sostenibilità dei sistemi produttivi e territoriali, uno dei tre ricercatori Enea autori dello studio.

infografica legno

Nella pubblicazione sono state prese in esame come caso studio le foreste italiane perché più esposte ai gravi rischi da O3 rispetto a quelle dell’Europa del Nord, in quanto il clima più caldo stimola la formazione di questo gas. “Per la prima volta è stata fatta un’analisi economica che ha preso in considerazione la cosiddetta dose fitotossica di ozono, ossia la quantità di O3 assorbita dalle piante, durante la stagione di crescita, attraverso gli stomi presenti nelle foglie e negli aghi, considerata un indice migliore rispetto alla sola concentrazione di ozono nell’aria. Inoltre, abbiamo calcolato le perdite di biomassa con una risoluzione spaziale pari a 12 km2”, spiega Alessandro Anav del Laboratorio Enea Modellistica climatica e impatti.

L’Italia è un hot spot per l’inquinamento da ozono, causato da elevate temperatura dell’aria e radiazione solare. I risultati sono stati significativamente differenti nelle diverse Regioni italiane: la Sardegna è risultata la regione con la maggiore riduzione dell’area forestale redditizia, con una perdita di oltre 10mila ettari (- 6,2%), seguita da Calabria (-5.811 ettari, – 2,5%), Sicilia (-3.362 ettari, -3,1%), Toscana (-2.432 ettari, -0,4%) e Trentino-Alto Adige (-2.319 ettari, -1,4%). Ma a subire le maggiori perdite economiche sono state Liguria (1.229 euro per ettaro), Campania (€628), Calabria (€568) e Lazio (€527). Nel nostro Paese, la maggior parte della produzione di legname è rappresentata da legna da ardere con una produzione annua pari a circa 5,5 milioni di m3, seguita da paleria (0,8 milioni) e tondame per segherie e cartiere (0,9 milioni). A essere maggiormente colpite dall’inquinamento da ozono sono state soprattutto le produzioni di legna da ardere e paleria che hanno subito, in media, una perdita del 7,5% e del 7,4%, mentre il tondame ha registrato un calo inferiore intorno al 5%. In Europa il settore del legname impiega 4,5 milioni di persone (dati 2018), mentre in Italia risultano attivi oltre 400mila addetti in circa 87mila aziende, con un fatturato totale di circa 35 miliardi di dollari a cui se ne aggiungono altri 21 miliardi circa relativi al settore dei mobili.