Etichettatura degli alcolici: la posizione del Parlamento Ue

La Commissione “non prende minimamente in considerazione la posizione del Parlamento Europeo”. L’accusa dell’eurodeputato del Pd Paolo De Castro contro l’esecutivo comunitario sul via libera all’etichettatura dell’Irlanda a proposito degli avvisi sui rischi del consumo di alcol per la salute è particolarmente dura e parte dal voto dello scorso anno del Parlamento Ue sulla strategia anti-cancro, di cui proprio De Castro è stato firmatario di quattro emendamenti insieme al connazionale Herbert Dorfmann (Ppe). Era il 16 febbraio del 2022 quando l’Eurocamera approvava “a larghissima maggioranza una risoluzione che esclude categoricamente l’introduzione di sistemi di etichettatura sanitari, come quelli presenti sui pacchetti di sigarette”, è l’affondo dell’eurodeputato del Partito Democratico.

Ma cosa è previsto esattamente nella risoluzione del Parlamento Ue a proposito dell’etichettatura non solo del vino, ma anche di birra e altri alcolici? Prima di tutto va ricordato che gli eurodeputati fanno esplicitamente riferimento allo studio dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) che “riconosce che il livello più sicuro di consumo di alcool non esiste per quanto riguarda la prevenzione oncologica”. Allo stesso tempo non viene negata la necessità di lottare contro il “consumo dannoso di alcool”, con l’aperto sostegno all’obiettivo della Commissione di fissare come asticella minima la riduzione del “10% entro il 2025”. Allo stesso tempo esecutivo Ue e Stati membri sono incoraggiati a “promuovere azioni tese a ridurre e prevenire i danni provocati dall’alcool nel quadro della revisione della strategia europea sull’alcool”.

Analizzando specificamente la questione delle etichette, è messa nero su bianco dal Parlamento Ue la “necessità di offrire ai consumatori informazioni appropriate migliorando l’etichettatura delle bevande alcoliche”, ma non si fa effettivamente nessun riferimento a questioni di tipo sanitario, almeno sul piano degli effetti che il consumo di bevande alcoliche ha sull’organismo. Nel testo compare invece “l’inclusione di informazioni su un consumo moderato e responsabile di alcool” (il classico ‘bevi responsabilmente’ delle pubblicità) e “degli ingredienti e delle informazioni nutrizionali”, come qualsiasi altro cibo commercializzato. Rimane centrale invece l’impegno contro l’abuso e a “tutela dei minori dall’esposizione alla comunicazione commerciale sul consumo” di bevande alcoliche: “La pubblicità non dovrebbe rivolgersi espressamente ai minori e non dovrebbe incoraggiare il consumo di alcool”, precisano gli eurodeputati.

In merito alla possibile divergenza dell’Irlanda sull’etichettatura delle bottiglie – su cui l’Italia sta spingendo con Spagna e Francia per promuovere invece ‘un’etichetta salutista’ che assomigli a un bugiardino per i medicinali, con i pro e i contro dell’assunzione di alcol – un anno fa gli eurodeputati chiedevano al gabinetto von der Leyen e ai 27 governi Ue di “adottare sistemi europei di etichettatura armonizzati e obbligatori sulla parte anteriore delle confezioni, sviluppati sulla base di dati scientifici solidi e indipendenti”, con l’obiettivo di “incoraggiare e aiutare i consumatori a prendere decisioni informate, sane e sostenibili”. A questo proposito può essere utile citare ancora il testo della risoluzione approvata dal Parlamento Ue il 16 febbraio dello scorso anno: “L’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (Iarc) ha classificato l’etanolo e l’acetaldeide da metabolismo dell’etanolo contenuti nelle bevande alcoliche come cancerogeni per l’essere umano” e soprattutto “in Europa circa il 10% di tutti i casi di cancro negli uomini e il 3% nelle donne sono riconducibili al consumo di alcool”.

Paolo De Castro

De Castro: Nutriscore? Proposta Ue non prima del 2025, buona notizia per l’Italia

Etichette nutrizionali, d’origine, indicazione della data ed etichette per le bevande alcoliche. Nel quadro della strategia agroalimentare ‘Farm to Fork’ (Dal campo alla tavola) pubblicata a maggio 2020, la Commissione europea ha promesso di rivedere tutta la legislazione europea relativa alla cosiddetta ‘Informazione alimentare ai consumatori’, con una proposta legislativa che era attesa per la fine del 2022, ma che per ora è rimandata a data da destinarsi. E’ in questo quadro che si impone la battaglia dell’Italia contro il Nutriscore, il sistema francese di etichettatura a colori che divide l’Europa. Il tema sarà affrontato all’interno del panel ‘Nutriscore e packaging: rischi e opportunità per il sistema agroalimentare italiano’ all’interno dell’evento ‘L’evoluzione dell’agroalimentare italiano ed europeo tra sostenibilità e benessere’, organizzato da GEA e Eunews, del gruppo Withub, che si svolgerà il prossimo 9 marzo a Roma. Il fatto che la proposta di etichettatura sia sparita dall’agenda dell’attuale Commissione a guida Ursula von der Leyen è “una buona notizia per l’Italia” e non solo, afferma l’eurodeputato del Pd Paolo De Castro, membro della commissione Agricoltura e sviluppo rurale (Agri) del Parlamento europeo, in un’intervista rilasciata a GEA.

La proposta della Commissione europea sul sistema di etichettatura nutrizionale armonizzato a livello europeo doveva arrivare a fine 2022, ma per ora sembra scomparsa dall’agenda del collegio. E’ in corso una valutazione d’impatto, secondo Lei è una buona notizia per chi si oppone al sistema a colori francese?

“Il pacchetto di revisione sull’informazione ai consumatori al momento è stato tolto dall’agenda della Commissione europea, quindi per il momento non si sa quando verrà presentato e messo sul tavolo di Consiglio e Parlamento (i due co-legislatori dell’Ue, ndr). Non credo a questo punto che si possa più parlare di etichettatura nutrizionale entro questa legislatura, perché ammesso e non concesso che dovessero decidere di avanzare la proposta dopo l’estate, la legislatura attuale sarà praticamente finita, quindi non c’è alcuna possibilità. La buona notizia per la battaglia che è stata fatta dall’Italia, ma non solo, contro questa etichettatura francese (il sistema Nutriscore, ndr) è che il fatto di aver tolto il dossier dall’agenda della Commissione ci rassicura perché significa che ormai per questa legislatura il problema della Nutriscore è andato”.

Almeno per la legislatura attuale…

“Questo non significa, ovviamente, che il problema è finito, perché tornerà con la prossima Commissione europea. Ma se ne riparlerà poi nel 2025”.

Come si sta muovendo l’Italia per fare opposizione al Nutriscore, sta facendo campagna per promuovere il sistema presentato a Bruxelles ormai tre anni fa, il ‘NutrInform Battery’?

“Non sono convinto che il modello italiano sarà quello prescelto dalla Commissione Ue. Sono poche anche le aziende italiane che hanno introdotto il ‘NutrInform Battery’ come strumento di etichettatura nutrizionale. Un risultato positivo potrebbe essere abbandonare l’idea del Nutriscore francese e il Nutrinform italiano per andare verso il keyhole scandinavo, un sistema applicato in molti Paesi del Nord Europa (Svezia, Norvegia e Danimarca, ndr) e non discriminatorio, perché è un sistema solo positivo che appone l’etichetta verde solo dove c’è una valenza salutistica del prodotto, senza mettere una pagella negativa per gli altri. Le alternative sono diverse, vedremo quale sarà la posizione della Commissione”.

Passando alle etichettature cosiddette salutiste (‘health warning’), la decisione della Commissione europea di dare via libera in Irlanda all’etichetta con avvisi sui rischi per la salute per le bevande alcoliche rischia di influenzare il dibattito in Ue sul tema della salute?

“Con una grande maggioranza il Parlamento europeo ha detto ‘no’ alle etichette salutiste a febbraio dell’anno scorso, quando in discussione in plenaria del Parlamento europeo c’era il rapporto della commissione speciale sulla lotta contro il cancro (Beca). All’interno del testo, l’emendamento conosciuto come De Castro-Dorfmann è passato con una maggioranza molto consistente, con più di 500 voti. Quindi, ci stupisce moltissimo che nonostante una volontà così netta, così chiara dell’Aula del Parlamento europeo, la Commissione non abbia fatto opposizione all’Irlanda ma si sia dichiarata a favore di questa normativa nazionale, non facendo opposizione. Il ministro (dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste, Francesco) Lollobrigida sta portando avanti con la Francia e con la Spagna un’iniziativa che verrà posta in Consiglio lunedì (al Consiglio agricoltura e pesca, ndr) per fare un documento comune e ci auguriamo che non ci siano altri paesi europei che seguano l’esempio irlandese”.

In Italia è rimontata nelle scorse settimane la polemica anche sui cosiddetti ‘nuovi alimenti’, ovvero la commercializzazione in Ue di proteine provenienti da insetti. Perché c’è così tanta contrarietà in Italia, visto che non c’è alcuna imposizione da parte Ue?

“Dopo il parere dell’Autorità europea sulla sicurezza alimentare (l’EFSA, con sede a Parma) la Commissione europea può uniformare le regole sull’utilizzo di proteine provenienti da insetti, grilli, larve etc. Prima si utilizzavano comunque, ma con norme nazionali quindi non c’è stato alcun cambiamento epocale o una spinta dalla Commissione a usare queste proteine. Semplicemente, dopo il parere dell’autorità europea è stata fatta la norma sui ‘novel food’ per armonizzare a livello europeo le regole che disciplinano l’uso di questi prodotti”.

Quest’anno è attesa la proposta normativa della Commissione anche su un quadro normativo per le cosiddette nuove tecniche genomiche. Il Parlamento europeo cosa si aspetta?

“La Commissione sta perdendo tempo delle regole di cui abbiamo bisogno per dare la possibilità agli agricoltori di utilizzare nuove varietà ottenute attraverso tecniche di genetica sostenibile, che nulla hanno a che fare con gli Ogm (organismi geneticamente modificati, ndr) ovvero modifiche genetiche lavorate all’interno della stessa pianta. Sono le speranze con maggiore concretezza per mettere a punto varietà di piante resistenti alle malattie, senza utilizzo di prodotti chimici. In Italia siamo all’avanguardia in campo vitivinicolo e abbiamo bisogno di liberalizzare questo percorso autorizzativo perché ancora c’è confusione con gli Ogm: le nuove tecniche genomiche non sono transgeniche, ma riguardano la mutagenesi e dunque lavorano sul patrimonio genetico della stessa pianta”.

Un’ultima domanda su un dossier che la vede in prima linea come relatore in Parlamento: la revisione delle indicazioni geografiche, il regolamento IG. A che punto è il lavoro?

“Stiamo costruendo gli emendamenti di compromesso per un sostegno da parte di tutti e contiamo di portare il dossier al voto entro marzo. Seguirà il voto in plenaria in aprile per avviare i negoziati con il Consiglio entro l’estate”.

E’ ottimista su un accordo politico con gli Stati entro il 2023?

“Assolutamente sì. E’ un dossier importante e c’è interesse da parte di tutti i Paesi, in particolare di quelli mediterranei che detengono la maggior parte delle indicazioni geografiche europee, Spagna, Francia, Italia in testa”.

Agroalimentare

Ue valuta la sospensione dei vincoli produttivi per l’agroalimentare

Politica agricola europea allineata con gli obiettivi ‘verdi’ del Green Deal. Da quando il Patto verde dell’Ue è stato varato dalla Commissione nel 2019, l’allineamento con la politica agricola dell’Unione è stato uno dei nodi principali nei negoziati a Bruxelles per la riforma della Pac post 2020, su cui un accordo si è trovato solo a giugno 2021 e che entrerà formalmente in vigore dal primo gennaio 2023 fino al 2027.

Con l’invasione della Russia ai danni dell’Ucraina, nei giorni scorsi si sono moltiplicate le richieste da parte del mondo politico e di gruppi di pressione per dare priorità agli aspetti della sicurezza alimentare, dati i timori di una interruzione dell’approvvigionamento causate dal conflitto. Mosca e Kiev sono tra i principali fornitori agricoli al mondo, costituiscono circa il 30% del commercio mondiale di grano, il 32% di orzo, il 17% di mais e oltre il 50% di olii commestibili.

Anche se l’impatto della guerra Russia-Ucraina sui mercati agroalimentari mondiali ed europei è ancora in fase di valutazione da parte degli esperti, ci si aspetta che sia considerevole. Al vertice di giovedì e venerdì i capi di Stato e Governo riuniti a Versailles si sono impegnati a migliorare la sicurezza alimentare europea “riducendo la nostra dipendenza dai prodotti agricoli importati e dagli input”, mentre alcuni di loro – vedi l’Ungheria – hanno già adottato misure per limitare le esportazioni di grano. A risentire della crisi in corso, non solo il commercio di materie prime agricole, ma anche i costi di filiera, che preoccupano l’Ue: in particolare i fertilizzanti e il carburante, che servono per la produzione di cibo, stanno diventando più costosi.
A Bruxelles sta prendendo piede un dibattito sempre più ampio sul fatto che gli obiettivi delle principali politiche alimentari della Commissione per una filiera più sostenibile, in particolare le strategie Farm to Fork e Biodiversità, possano ostacolare la produttività agricola e, quindi, la sicurezza alimentare dell’Europa in un momento di crisi dell’approvvigionamento.

A sollevare il punto anche il premier Mario Draghi che in risposta a una interrogazione di Forza Italia durante il question time alla Camera la scorsa settimana si è chiesto se non sia il caso di ripensare anche alcuni principi della Pac, che rappresentano un ostacolo all’aumento della produzione. La politica agricola europea “non consente di aumentare facilmente la superficie coltivabile e dovrà essere riconsiderata. Viviamo un periodo di emergenza e il contesto regolatorio che ci ha finora accompagnato va rivisto”, ha detto Draghi. La Commissione Europea, su mandato della presidenza di turno della Francia, sta esaminando tutte le “misure volte a garantire e rafforzare la capacità produttiva dell’Europa nel 2022”, ci assicura una fonte. Ma non ha intenzione di ridimensionare il ruolo delle strategie per la sostenibilità dell’agroalimentare.

Tra le misure al vaglio, la Commissione sta prendendo in considerazione anche la sospensione temporanea delle cosiddette aree di interesse ecologico, la cosiddetta Efa (ecological focus area), il principio presente nella cornice dell’attuale Pac che vincola gli agricoltori con superficie coltivabile superiore a 15 ettari a garantire che almeno il 5 per cento del loro terreno sia salvaguardato per migliorare il rispetto della biodiversità nelle aziende agricole. Una proposta in tal senso è stata avanzata dalla commissione agricoltura (Agri) del Parlamento europeo (Agri) che domani avrà uno scambio con la Commissione europea su questo.

Si tratta di circa nove milioni di ettari”, spiega a Gea l’eurodeputato Paolo De Castro, che potrebbero essere sfruttati per aumentare la produzione agricola europea. “Serve valutare tutto ciò che in questo momento può aumentare la produzione europea”, aggiunge. Un pacchetto straordinario di misure “per aiutarci ad affrontare la carenza di materie prime, in particolare mais, olio di semi e anche affrontare il problema dei fertilizzanti”, che risentono dei prezzi elevati del gas e anche del fatto che la Russia detiene quasi il monopolio di nitrati e potassio che vengono usati per produrli.
L’Europarlamento è compatto nel far leva su un doppio obiettivo per affrontare una eventuale crisi di approvvigionamento: da una parte “l’aumento della produzione in Europa, dall’altro, come per il gas, una strategia di diversificazione dei fornitori”, ad esempio guardando agli Stati Uniti e all’America Latina. Vanno ripensate “tutte le iniziative che contribuiscono a limitare la produzione in Ue andrebbero sospese in un momento così complicato”. La Commissione europea conferma di star valutando la questione e ora “ha ora chiesto agli Stati membri di condividere informazioni su come utilizzarle”, ci spiega una fonte Ue.

La Pac è una delle principali politiche europee, vale il 31% dell’intero bilancio Ue a lungo termine (quasi 337 miliardi di euro) fino al 2027. Tra le principali novità della riforma Pac c’è proprio il tentativo di un maggiore contributo della politica agricola europea per gli obiettivi di sostenibilità. Gli Stati membri hanno dovuto presentare i piani strategici, con cui hanno dettagliato come intendono perseguire i 9 obiettivi della Pac concordati a livello europeo, tra cui quelli ambientali. È stato inoltre inserito un collegamento diretto tra i finanziamenti della Pac e le pratiche verdi: il 25 per cento dei pagamenti diretti (il primo pilastro) andranno in eco regimi; mentre dal secondo pilastro, lo sviluppo rurale, il 35 per cento dei fondi sarà destinato spesa per ambiente e clima.