UE

Prestiti inutilizzati del Recovery non saranno destinati solo a RepowerEu

I circa 225 miliardi di euro di prestiti non utilizzati dal Recovery fund varato durante la pandemia, che potrebbero essere redistribuiti tra i 27 Stati membri per attuare gli obiettivi del piano ‘RePowerEu’, potranno essere usati per tutti i capitoli di spesa del Piano nazionale di ripresa e resilienza e non solo per quello aggiuntivo dedicato ad attuare l’obiettivo di indipendenza dagli idrocarburi importati dalla Russia. È quanto spiegano a Bruxelles fonti dell’Ue, precisando che solo la parte dei 72 miliardi di euro di sovvenzioni che gli Stati possono mobilitare a questo scopo deviando i fondi di coesione, i fondi della Politica agricola comune (Pac) e le entrate del sistema di scambio di quote di emissioni di Co2 (circa 20 miliardi) saranno in maniera obbligatoria vincolati all’attuazione del RePowerEu, quindi a obiettivi propriamente energetici.

Nell’idea dell’Esecutivo comunitario il piano per l’indipendenza dall’energia russa presentato mercoledì 18 maggio dovrà essere finanziato con circa 300 miliardi di euro, di cui circa 72 miliardi in sovvenzioni e 225 in prestiti. In entrambi i casi non si tratterà di risorse ‘fresche’, nel caso delle sovvenzioni si andranno a deviare fondi già esistenti, mentre nel caso dei prestiti si andranno a utilizzare quelli ancora non usufruiti dagli Stati membri. I governi, precisano le stesse fonti, avranno tempo fino ad agosto 2023 per richiedere i prestiti non utilizzati del Recovery fund.

Nel presentare il piano, la Commissione europea ha proposto un emendamento per modificare l’attuale regolamento della Recovery and resilience facility (Rrf) e una volta che entrerà in vigore la modifica, i governi avranno 30 giorni di tempo per “mostrare un interesse a usufruire dei prestiti” che gli spettano di diritto ma che non hanno ancora richiesto. Se non lo faranno, quei prestiti potranno essere redistribuiti agli altri Stati Ue che hanno già richiesto tutta la loro quota di prestiti, come l’Italia e anche Portogallo, Polonia, Grecia, Cipro, Romania e Slovenia. L’emendamento allo strumento di ripresa proposto dall’Esecutivo comunitario deve ottenere il via libera dei due co-legislatori, Parlamento e Consiglio dell’Ue, ma per ora a Bruxelles non sono chiare le tempistiche.

La modifica ai Piani nazionali di ripresa e resilienza per incorporare gli obiettivi del RePowerEu dovranno andare incontro a una nuova valutazione da parte di Bruxelles. Il capitolo aggiuntivo al Pnrr avrà “un regime di valutazione speciale” e l’Esecutivo ha previsto una deroga a uno dei principi fondanti del piano stesso, quello del non arrecare danno significativo all’ambiente (Dnsh, acronimo di ‘Do No Significant Harm’) per le misure che “migliorano le infrastrutture energetiche per soddisfare le esigenze immediate di sicurezza dell’approvvigionamento di petrolio e gas naturale”, spiegano ancora le fonti. Nei fatti, questo significa una deroga al principio per costruire nuove infrastrutture per il passaggio e il trasporto del gas e del petrolio, che possano sostenere gli Stati membri nella diversificazione dei fornitori di risorse energetiche e garantire la sicurezza dell’approvvigionamento, mentre limitano le importazioni energetiche dalla Russia.

Agroalimentare

Ue valuta la sospensione dei vincoli produttivi per l’agroalimentare

Politica agricola europea allineata con gli obiettivi ‘verdi’ del Green Deal. Da quando il Patto verde dell’Ue è stato varato dalla Commissione nel 2019, l’allineamento con la politica agricola dell’Unione è stato uno dei nodi principali nei negoziati a Bruxelles per la riforma della Pac post 2020, su cui un accordo si è trovato solo a giugno 2021 e che entrerà formalmente in vigore dal primo gennaio 2023 fino al 2027.

Con l’invasione della Russia ai danni dell’Ucraina, nei giorni scorsi si sono moltiplicate le richieste da parte del mondo politico e di gruppi di pressione per dare priorità agli aspetti della sicurezza alimentare, dati i timori di una interruzione dell’approvvigionamento causate dal conflitto. Mosca e Kiev sono tra i principali fornitori agricoli al mondo, costituiscono circa il 30% del commercio mondiale di grano, il 32% di orzo, il 17% di mais e oltre il 50% di olii commestibili.

Anche se l’impatto della guerra Russia-Ucraina sui mercati agroalimentari mondiali ed europei è ancora in fase di valutazione da parte degli esperti, ci si aspetta che sia considerevole. Al vertice di giovedì e venerdì i capi di Stato e Governo riuniti a Versailles si sono impegnati a migliorare la sicurezza alimentare europea “riducendo la nostra dipendenza dai prodotti agricoli importati e dagli input”, mentre alcuni di loro – vedi l’Ungheria – hanno già adottato misure per limitare le esportazioni di grano. A risentire della crisi in corso, non solo il commercio di materie prime agricole, ma anche i costi di filiera, che preoccupano l’Ue: in particolare i fertilizzanti e il carburante, che servono per la produzione di cibo, stanno diventando più costosi.
A Bruxelles sta prendendo piede un dibattito sempre più ampio sul fatto che gli obiettivi delle principali politiche alimentari della Commissione per una filiera più sostenibile, in particolare le strategie Farm to Fork e Biodiversità, possano ostacolare la produttività agricola e, quindi, la sicurezza alimentare dell’Europa in un momento di crisi dell’approvvigionamento.

A sollevare il punto anche il premier Mario Draghi che in risposta a una interrogazione di Forza Italia durante il question time alla Camera la scorsa settimana si è chiesto se non sia il caso di ripensare anche alcuni principi della Pac, che rappresentano un ostacolo all’aumento della produzione. La politica agricola europea “non consente di aumentare facilmente la superficie coltivabile e dovrà essere riconsiderata. Viviamo un periodo di emergenza e il contesto regolatorio che ci ha finora accompagnato va rivisto”, ha detto Draghi. La Commissione Europea, su mandato della presidenza di turno della Francia, sta esaminando tutte le “misure volte a garantire e rafforzare la capacità produttiva dell’Europa nel 2022”, ci assicura una fonte. Ma non ha intenzione di ridimensionare il ruolo delle strategie per la sostenibilità dell’agroalimentare.

Tra le misure al vaglio, la Commissione sta prendendo in considerazione anche la sospensione temporanea delle cosiddette aree di interesse ecologico, la cosiddetta Efa (ecological focus area), il principio presente nella cornice dell’attuale Pac che vincola gli agricoltori con superficie coltivabile superiore a 15 ettari a garantire che almeno il 5 per cento del loro terreno sia salvaguardato per migliorare il rispetto della biodiversità nelle aziende agricole. Una proposta in tal senso è stata avanzata dalla commissione agricoltura (Agri) del Parlamento europeo (Agri) che domani avrà uno scambio con la Commissione europea su questo.

Si tratta di circa nove milioni di ettari”, spiega a Gea l’eurodeputato Paolo De Castro, che potrebbero essere sfruttati per aumentare la produzione agricola europea. “Serve valutare tutto ciò che in questo momento può aumentare la produzione europea”, aggiunge. Un pacchetto straordinario di misure “per aiutarci ad affrontare la carenza di materie prime, in particolare mais, olio di semi e anche affrontare il problema dei fertilizzanti”, che risentono dei prezzi elevati del gas e anche del fatto che la Russia detiene quasi il monopolio di nitrati e potassio che vengono usati per produrli.
L’Europarlamento è compatto nel far leva su un doppio obiettivo per affrontare una eventuale crisi di approvvigionamento: da una parte “l’aumento della produzione in Europa, dall’altro, come per il gas, una strategia di diversificazione dei fornitori”, ad esempio guardando agli Stati Uniti e all’America Latina. Vanno ripensate “tutte le iniziative che contribuiscono a limitare la produzione in Ue andrebbero sospese in un momento così complicato”. La Commissione europea conferma di star valutando la questione e ora “ha ora chiesto agli Stati membri di condividere informazioni su come utilizzarle”, ci spiega una fonte Ue.

La Pac è una delle principali politiche europee, vale il 31% dell’intero bilancio Ue a lungo termine (quasi 337 miliardi di euro) fino al 2027. Tra le principali novità della riforma Pac c’è proprio il tentativo di un maggiore contributo della politica agricola europea per gli obiettivi di sostenibilità. Gli Stati membri hanno dovuto presentare i piani strategici, con cui hanno dettagliato come intendono perseguire i 9 obiettivi della Pac concordati a livello europeo, tra cui quelli ambientali. È stato inoltre inserito un collegamento diretto tra i finanziamenti della Pac e le pratiche verdi: il 25 per cento dei pagamenti diretti (il primo pilastro) andranno in eco regimi; mentre dal secondo pilastro, lo sviluppo rurale, il 35 per cento dei fondi sarà destinato spesa per ambiente e clima.