Energia, Bardi lancia la Basilicata: “Regione ‘pilota’ a livello internazionale”

L’energia è uno dei temi più caldi degli ultimi due anni, per l’Italia, per l’Europa e per la comunità internazionale. In questo scenario, il nostro Paese può vantare un ‘gioiello’ del settore: la Basilicata. E proprio dalla provincia di Matera la Regione lancia una grande sfida: fare “da pilota in un contesto internazionale“. Questo è l’obiettivo fissato dal governatore, Vito Bardi, alla prima Conferenza Energia e Ambiente ‘Strategia energetica e traiettorie di sviluppo’, promossa dalla Regione con la collaborazione di Enea e Feem, che si svolge al Centro ricerche Enea Trisaia di Rotondella. “Il nostro è un territorio di riferimento per il Paese, perché qui abbiamo il fossile, l’eolico, l’idroelettrico, il fotovoltaico e grandi potenzialità che deriveranno anche dalle biomasse – spiega il presidente -. La Basilicata si pone come luogo indispensabile per la sperimentazione dei processi innovativi di decarbonizzazione anche con il contributo del fossile“.

Il percorso fatto finora, ha detto Bardi, “è quello di avere una transizione energetica“. Perché “il fossile c’è, tra 100 anni non ci sarà più, nel frattempo bisogna pensare alle alternative e alle azioni da mettere in atto per far diventare la Basilicata un hub energetico“. In questo contesto “pubblico, istituzioni e privato devono collaborare tra di loro per avere un orizzonte temporale che non sia limitato al domani“. Concetto ripreso e ribadito anche dall’assessore Ambiente, energia e territorio della Regione Basilicata, Cosimo Latronico. “La transizione energetica non è una cosa che si fa dalla mattina alla sera, ma un tempo nuovo che si costruisce insieme tra tutti gli attori pubblici e privati“. L’esponente della giunta Bardi, infatti, sottolinea che il gruppo è al lavoro “per costruire alternative fattibili e concrete” e per questo il percorso è stato “messo a terra” perché “la rivoluzione ecologica e tecnologica è in corso“. Secondo Latronico “si aprono scenari nuovi per le imprese, per le istituzioni e per le università” e visto che il futuro della Basilicata “non è il declino, ma lo sviluppo è fondamentale “costruire comunità per fronteggiare le crisi ambientale ed energetica, che devono rappresentare un’occasione per fare sviluppo“. E la regione “ha il diritto di avere una prospettiva di futuro attorno alle sue risorse“.

Un’idea che sembra sposarsi perfettamente con la visione del governo. “A seguito dei fatti che si sono verificati con la guerra in Ucraina si è ribaltato il nostro sistema di approvvigionamento dell’energia“, dice il ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica, Gilberto Pichetto. “Prima il fulcro era nel centro Europa, mentre oggi il Sud assume una centralità veramente rilevante – continua -. E’ questa la base di sviluppo che se il Mezzogiorno saprà cogliere sarà una nuova rivoluzione“. Parlando del Piano Mattei, il responsabile del Mase ricorda che “l’Europa ha bisogno di circa 20 milioni di tonnellate di idrogeno al 2030: 10 di produzione nazionale europea e altri 10 di importazione“, quindi il Sud “può avere altra centralità“. E la Basilicata “che ha dato tanto per il petrolio e il gas, può fare altrettanto anche nella produzione di idrogeno per il futuro“.

Di possibilità ce ne sono molte, anche per le ‘materie prime’ di cui il Sud dispone come sole, mare e vento, per l’idroelettrico, il fotovoltaico. A questo proposito, Pichetto annuncia: “Firmerò a breve il decreto Agrivoltaico che ha in dote 1,1 miliardi, ho ricevuto l’ok proprio ieri mattina“.

Provvedimento che può risultare molto interessante, anche alla luce delle capacità di un territorio come la Basilicata: “Rappresenta un’eccellenza nel campo delle rinnovabili, ha già superato tutti gli obiettivi del 2020, con un +28% rispetto al target prefissato“, rivela infatti il presidente Enea, Gilberto Dialuce. “Ci sono oltre 2.100 megawatt di potenza installata in rinnovabili, solo l’anno scorso sono stati 77 i megawatt. Anche le biomasse sono una fonte importante perché coprono quasi il 95% del settore termico – prosegue -. E’ una regione tra le più virtuose, anche sull’efficienza energetica. Ed è interessante come laboratorio per nuove forme di sviluppo a livello locale. Ha anche un primato: 83 comuni su 131, oltre il 60% , sono esportatori di energia. E anche la regione esporta energia“. Domani seconda giornata di lavori a Rotondella, con le conclusioni affidate a Raffaele Fitto, ministro che ha nelle mani il dossier Pnrr, altro capitolo di forte interesse per il Sud e la Basilicata.

Pnrr, Fitto a sindaci: “Nessuna interruzione, interventi vanno avanti”

Lo dico ai sindaci e a chi ha immaginato scenari catastrofici: gli interventi previsti all’interno del Piano vanno avanti avanti, non c’è nessuna interruzione rispetto a tutto ciò che è previsto, non saranno oggetto di definanziamento”. Il ministro agli Affari Europei, Coesione, Sud e Pnrr, Raffaele Fitto, tuona in Aula alla Camera durante le comunicazioni sul Pnrr. Il riferimento è alle nove misure che l’esecutivo ha deciso di cancellare dal Pnrr, come è riportato a pagina 150 del documento approvato dalla cabina di regia. Sono progetti che valgono in tutto 16 miliardi, da quelli per la lotta al dissesto idrogeologico alla decarbonizzazione dell’ex Ilva di Taranto. E Fitto ribadisce: “Noi non stiamo dicendo quello che spesso ascolto, cioè che noi revochiamo il finanziamento di 9 interventi che, in molti casi, hanno delle obbligazioni giuridicamente vincolanti. Non solo saremo degli irresponsabili a farlo, ma non avremmo capito nulla di quello di cui stiamo parlando. Quindi, è bene che su questo si dicano le cose con chiarezza“.

Intanto, sulla questione relativa al dissesto idrogeologico,1,2 miliardi di interventi, “vogliamo spiegare quali sono i progetti previsti? Se un progetto del 2010, del 2014 o del 2016, che non ha visto ancora l’avanzamento, viene inserito nel Pnrr, con criteri totalmente differenti e che oggi non è ancora partito, siamo tranquilli e convinti che venga realizzato a giugno del 2026 o dobbiamo porci qualche problema per evitare che in quella data venga revocato e noi dovremo restituire le risorse?“. Per Fitto “basta fare una verifica specifica per trovare l’elenco delle questioni relative alle risorse del dissesto idrogeologico “, aggiunge  riferendosi, in particolare, all’Accordo di programma fra il ministero dell’Ambiente e le Regioni, ai Patti per il Sud della Libera Cipe del 10 agosto 2016, alla delibera del 26 agosto del 2016, al Piano aree metropolitane, al Piano operativo per il dissesto di idrogeologico del 2019, al Piano stralcio 2019, al Piano stralcio del 2020. “Parliamo di questi interventi, ma di progetti in essere” cioè “precedentemente finanziati con norme nazionali e che sono stati inseriti all’interno del Pnrr: 65 miliardi di euro, più 15 miliardi di Fondo di sviluppo e coesione inseriti dal governo Conte, per un totale di 80 miliardi di euro, e che sono stati ridotti a 67 complessivamente (52 miliardi di progetti in essere, più 15 miliardi di Fondo coesione e sviluppo dal governo Draghi). Dobbiamo sottolineare che nell’ambito dei 291 miliardi di euro relativi alle risorse del Pnrr, 67 miliardi sono di progetti precedenti, che erano stati già finanziati e che sono stati spostati dentro il Piano, con tutte le difficoltà che comporta“.

E poi, la misura relativa agli interventi per la resilienza, la valorizzazione del territorio e l’efficienza energetica dei Comuni, da 6 miliardi di euro, “deve puntare principalmente ad affrontare i rischi idrogeologici nelle aree urbane e metropolitane, cioè quelle riguardanti inondazioni, erosioni o instabilità degli edifici che causano un grave deterioramento, tra l’altro, del parco immobiliare, delle reti dei servizi sotterranei e della rete stradale“, sottolinea il ministro. “La visura, sempre in ambito della macroarea rischio idrogeologico, prevede un insieme variegato di interventi finalizzati a prevenzione e mitigazione dei danni connessi al rischio idrogeologico, messa in sicurezza dei centri abitati, degli edifici, di strade, ponti e viadotti, efficienza energetica degli edifici e degli impianti di illuminazione pubblica e i soggetti attuatori beneficiari degli investimenti sono i comuni“.

Il governo non sta immaginando di “definanziare i Piano urbano integrati di questo o quel Comune”. E “non c’è nessuno che immagina di definanziare il tema relativo alla rigenerazione urbana – aggiunge -. Anche qui, progetti in essere progetti del 2020, siamo convinti che la fase di avanzamento sia compatibile con le date di scadenza previste dal Pnrr? Io devo dire di no, ma saremo molto soddisfatti se, nel confronto dei prossimi giorni con la Commissione europea, questo venisse messo per iscritto, in modo che tutti saremo tranquilli rispetto a quello che accadrà dopo”.

Pnrr, a fine febbraio spesi solo 25,7 mld. Meloni: Lo utilizzeremo tutto

Il Piano italiano di Ripresa e Resilienza è il più grande d’Europa. La premier Giorgia Meloni tiene a sottolinearlo, nella relazione semestrale sullo stato di attuazione del Pnrr, condivisa durante la cabina di regia.

Sul tavolo ci sono 191,5 miliardi di euro da spendere e 527 obiettivi da raggiungere, molti dei quali, ribadisce, “estremamente ambiziosi e utili” per ammodernare la Nazione e rilanciare il tessuto sociale ed economico, “sia sul versante interno sia su quello internazionale“.

Lo strumento è “prezioso” e il Governo, garantisce la presidente del Consiglio, intende utilizzarlo “pienamente per portare avanti riforme strutturali, migliorare la competitività del Sistema-Italia e accelerare i processi di innovazione“. Quanto alle scadenze, su quella del 31 agosto “siamo assolutamente nei termini previsti dall’Europa“, garantisce il ministro per gli Affari europei, Raffaele Fitto.

I soldi spesi, al momento, sono però solo una piccola percentuale: al 31 dicembre 2022 risultano rilevate spese sostenute per circa 24,48 miliardi di euro, mentre al 28 febbraio 2023 risultano spese sostenute per circa 25,74 miliardi di euro concentrate su alcune specifiche linee di intervento, solo un miliardo in più. Tra i ministeri, quello dei Trasporti e delle Infrastrutture registra il dato più basso, pari al 12%.

Miglioramenti “sono possibili” per Ignazio Visco, governatore uscente della Banca d’Italia, che ‘riprende’ l’esecutivo durante le considerazioni finali in occasione della pubblicazione della Relazione annuale. Nel perseguimento di eventuali modifiche bisogna, sottolinea, “tenere conto del serrato programma concordato con le autorità europee; al riguardo, un confronto continuo con la Commissione è assolutamente necessario, nonché utile e costruttivo. Non c’è tempo da perdere“. Il Piano rappresenta un “raro, e nel complesso valido, tentativo di definire una visione strategica per il Paese“, sostiene il governatore. Anche per questa ragione, esorta, “oltre agli investimenti e agli altri interventi di spesa, è cruciale dare attuazione all’ambizioso programma di riforme, da troppo tempo attese, in esso contenuto“.

Il piano avanza su più fronti“, assicura Fitto. “Ci sono parti che camminano più rapidamente e parti con maggiore difficoltà. Abbiamo rivisto la governance e c’è un tavolo aperto, abbiamo trovato una convergenza molto positiva con la conferenza unificata, ma alcune questioni sono rimaste aperte continueremo a lavorare“, afferma.
L’obiettivo, per Meloni, è chiaro: “Ottimizzare al meglio l’occasione che arriva dal Pnrr, compiendo scelte strategiche, chiare ed efficaci, velocizzando al massimo le procedure e garantendo che le risorse possano arrivare a terra“.

Dalla parte dell’Italia, c’è la flessibilità che la premier ha ottenuto nel consiglio europeo di febbraio, “un grande risultato di Meloni“, rivendica Fitto, che invita a comparare i risultati italiani a quelli europei: “Al momento solo 5 paesi europei hanno presentato modifiche con il RepowerEu. Inoltre, la complessità del lavoro nella modifica del nostro piano è certamente differente rispetto ad altri Paesi“.

Il piano è il primo strumento comune con il quale l’Unione europea ha deciso di intervenire all’indomani della crisi economica e sociale provocata dalla pandemia. Ma, spiega la premier nella relazione, è nato “in un periodo storico diverso da quello attuale“. Nei mesi successivi, la guerra di aggressione della Federazione Russa all’Ucraina e gli shock energetici, economici e sociali che sono seguiti, “hanno fatto emergere nuove priorità di cui è necessario tener conto e la conseguente necessità di aggiornare il Piano“.

Un aggiornamento, di fatto è il capitolo RepowerEu, nato per rispondere alla crisi energetica: “Un lavoro estremamente delicato che il Governo sta portando avanti con la massima attenzione e con grande responsabilità“, spiega Meloni. “E’ un programma decisivo dal punto di vista geopolitico, perché non è nazionale – aggiunge Fitto -, può essere un ponte collegamento geopolitico per il ruolo italiano nel Mediterraneo” e per questo “rappresenta una priorità di azione“.

La riflessione che il governo fa in cabina di regia è non solo sugli obiettivi che non si sono raggiunti a giugno, che sono “determinati da scelte precedenti a questo Governo“, ribadisce Fitto, ma su tutti gli obiettivi delle prossime scadenze fino a giungo 2026. “Perché modificare o meno un obiettivo intermedio per confermare e mettere in salvaguardia l’intervento complessivo è un risultato, ma la modifica di un obiettivo va accompagnato dalle conseguenze sugli altri obiettivi“, scandisce.

Nessuno scontro con la Corte dei Conti, che il governo dovrebbe incontrare domani a Palazzo Chigi, garantisce Fitto: “Lo scontro di regola si fa in due, sfido chiunque a trovare una sola parola del governo che sia andata contro qualcuno. È evidente che c’è rispetto, così come il governo chiede a tutti i i suoi interlocutori lo stesso rispetto”.