Nel 2023 giro d’affari da 3,3 mld per industria riciclo. Pichetto: Italia modello in Ue

Nel 2023 il Consorzio nazionale imballaggi ha generato in Italia un giro d’affari da oltre 3 miliardi e 300 milioni di euro. “Il Conai è un modello europeo, lo si vede nei risultati, abbiamo già superato gli obiettivi del 2030“, osserva il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto.
Il sistema funziona, spiega il ministro, che però esorta a proseguire nell’impegno in tutte le realtà d’Italia: “La cultura della raccolta differenziata è un passaggio che si acquisisce un po’ per volta, non è così automatico. È un settore che ci permette di primeggiare a livello europeo”, afferma dal palco della presentazione del Rapporto di sostenibilità del consorzio.

Il giro d’affari del Conai è una somma di tre valori: un volume d’affari diretto di 1 miliardo e 289 milioni di euro, provenienti dal Contributo Ambientale Conai (CAC) e dai ricavi da vendita dei materiali; un impatto indiretto pari a 1 miliardo e 701 milioni di euro, legato all’attivazione delle filiere di fornitura; e un impatto indotto di 346 milioni di euro, derivante dai consumi delle famiglie dei lavoratori e delle aziende fornitrici. Un giro d’affari paragonabile al valore dell’intero settore del trasporto aereo di passeggeri in Italia. I soli ricavi da CAC sono stati pari a 718 milioni di euro: il che significa che ogni euro di contributo ambientale ha un moltiplicatore pari a 4,6 in termini di valore generato per l’economia italiana. È il dato principale che emerge dal nuovo Rapporto di sostenibilità di Conai che, come ogni anno, quantifica i benefici economici e ambientali del riciclo degli imballaggi in Italia.

Ogni euro di contributo ne genera altri quattro e mezzo per l’economia: è ormai evidente come l’uso di materia di secondo utilizzo in sostituzione di materia prima vergine abbia ripercussioni importanti sul nostro sistema economico“, precisa il presidente Conai, Ignazio Capuano. “Il nostro impegno per la sostenibilità – aggiunge – è un mandato istituzionale, ma anche la visione su un futuro in cui le risorse del pianeta vengono usate in modo più efficiente, tutelando l’ambiente. Per la prima volta, quindi, abbiamo adottato una nuova metodologia di calcolo per rendicontare il valore generato dalla corretta gestione degli imballaggi: i benefici sono di natura sia economica sia ambientale. Lo certifica un nuovo studio condotto da The European House – Ambrosetti, di cui abbiamo presentato un’anteprima a Ecomondo e che oggi includiamo integralmente nel rapporto“.

Il contributo effettivo del sistema Conai al Pil nazionale, ossia il valore aggiunto generato, è invece stato pari a 1 miliardo e 924 milioni di euro.

Infine, l’impatto occupazionale: nel 2023 il sistema ha sostenuto un totale di 23.199 posti di lavoro, tra occupazione diretta (lavoratori impiegati in modo continuativo nelle strutture e nei processi gestiti direttamente dal Consorzio), indiretta (grazie all’attivazione delle filiere collegate) e indotta (che riguarda essenzialmente i settori della gestione dei rifiuti, della manifattura industriale e dei trasporti).

11 milioni e 724.000 tonnellate è la quantità di materia vergine che, a livello nazionale, si è evitato di estrarre e utilizzare grazie al riciclo di imballaggi nel 2023. Sono pari al peso di 800 torri di Pisa. Il riciclo si conferma anche un attore importante contro l’emissione in atmosfera di CO2, per contrastare il cambiamento climatico. E il Rapporto di sostenibilità Conai mostra come nel 2023, grazie al riciclo, sia stata evitata l’emissione di più di 10 milioni di tonnellate di CO2eq. Che è pari alle emissioni generate da più di 8.000 voli intorno al mondo. Un dato che rappresenta il saldo tra la mancata produzione di gas serra grazie all’evitata produzione di materiale primario e l’emissione di gas serra per le sole operazioni di preparazione al riciclo di imballaggi già utilizzati, ossia il trasporto e il trattamento per trasformare il rifiuto d’imballaggio in nuova materia prima.

Il contributo delle imprese italiane alla corretta gestione del fine vita degli imballaggi si sostanzia anche in un risparmio di energia primaria, cioè l’energia generata da fonte fossili che sarebbe necessaria per la produzione di tutto il materiale primario risparmiato. Un dato che, proprio da quest’anno, è stato affinato introducendo nel computo i consumi di energia primaria relativi alle operazioni di preparazione al riciclo e al trasporto dei rifiuti di imballaggio. Nel 2023 si stima siano stati risparmiati 50 terawattora, che equivalgono al consumo domestico annuo di metà delle famiglie italiane.

Da anni il Rapporto è importante veicolo di un approccio documentato al tema della tutela ambientale, basato su numeri e risultati oltre che su concrete prospettive di miglioramento“, rivendica la direttrice generale, Simona Fontana. “Condividerlo rappresenta un momento di trasparenza che prova quanto il lavoro del Consorzio possa e soprattutto voglia essere misurato e misurabile, in un’ottica di condivisione sinergica fra tutti gli attori e gli stakeholder della filiera. Ma è un documento che va oltre la misurazione dei risultati e che testimonia un impegno più profondo – sostiene – : diffondere una cultura ambientale che permei il tessuto sociale resta parte essenziale dei compiti che ci sono assegnati”.

Per la viceministra all’Ambiente Vannia Gava il rapporto conferma la leadership del Conai e dei consorziati nella sostenibilità, “un’eccellenza tutta italiana che unisce tutela ambientale, crescita economica e occupazione“. Nel settore imballaggi, il Mase c’è, assicura, “con investimenti, incentivi fiscali e norme che semplificano e promuovono l’economia circolare. Il rifiuto è risorsa. La sfida è promuovere questo tipo di cultura ambientale, affidandoci alla scienza e alla tecnologia”.

Assovetro, Marcovecchio: Per transizione non solo una ricetta, perfetto riciclo è vantaggio

“Gli obiettivi sono noti, siamo a cinque anni da un target ambizioso della Commissione europea e le strategie, le strade per arrivarci sono il vero problema e il motivo della discussione”. Lo dice il vicepresidente Energia di Assovetro, Graziano Marcovecchio, a margine del convegno ‘La transizione ecologica del vetro. Innovazioni e tecnologie per decarbonizzare l’intera filiera produttiva’. “Nel convegno di oggi capiremo che il vetro è un settore che si pone alla ricerca di una sola medicina, e sarà così – spiega -. Le strade sono diverse e tante e dobbiamo percorrerne tante e diverse, ognuno per un pezzetto per arrivare agli obiettivi della transizione energetica. È ovvio che il vetro è uno dei più hard-to-abate dei sette, otto settori più importanti italiani e ha un vantaggio, che il vetro ha una caratteristica di sostenibilità importante: per fare il vetro ci vuole il vetro, quindi il perfetto riciclo che abbiamo ci consente di essere ancora più sostenibili per il rispetto dell’ambiente”.

Rifiuti, Italia tra i Paesi Ue più virtuosi nel riciclo

Nel 2022 in Ue sono state trattate circa 1.992 milioni di tonnellate di rifiuti, di cui il 61,4% recuperato e il 38,6% smaltito. Lo riferisce uno studio diffuso oggi dall’Eurostat. L’ufficio di statistica dice che l’Italia ha registrato la quota più alta di riciclaggio all’85,6%, seguita da Belgio e Slovacchia, entrambi al 68,3%. Al contrario, le discariche e altri metodi di smaltimento hanno dominato in Romania (93,8%), Bulgaria (93,0%) e Finlandia (81,0%). Nell’infografica INTERATTIVA di GEA la situazione Paese per Paese.

Materie critiche, arriva hub per il riciclo. Urso: “Dl convertito prima della pausa estiva”

Da qui al 2040 il riciclo delle materie prime critiche darà un fortissimo slancio per il fabbisogno del Paese. Ma serviranno gli impianti giusti. Per questo, Iren lancia ‘RigeneRare‘, il nuovo Hub per il recupero di metalli preziosi. Lo presenta alla Camera dei Deputati per dare impulso a un settore che sarà strategico per i prossimi decenni.

L’autonomia strategica è “fondamentale” per l’Europa, sottolinea il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso. E’ qualcosa che ha a che fare anche con la libertà e l’indipendenza del Vecchio continente: “La dipendenza dall’estero sulle materie prime critiche è dura, ce lo ha dimostrato il caso della Russia“, ricorda, garantendo che non si finirà “dalla padella alla brace“.

Ovvero, dalla dipendenza al carbon fossile, alle fonti energetiche fossili, gas, petrolio e ad una dipendenza “ancora maggiore e più grave” nei confronti della Cina o comunque di altri attori internazionali. Per questo, insiste il ministro, è “importante che l’Europa si muova in maniera coesa e unita nel raggiungere via via una maggiore autonomia sulle materie prime critiche, sulla lavorazione e certamente anche sul riciclo“.

Il fabbisogno di materie prime critiche strategiche in Italia crescerà. Prevedibilmente, entro il 2040, tra le 5 e le 11 volte in funzione del grado di specializzazione produttiva. Una fornitura sicura e stabile è essenziale per il raggiungimento degli obiettivi al 2030 della transizione energetica.

Il Parlamento ha all’esame un decreto legge in materia che “sarà convertito entro i primi giorni di agosto, prima della pausa estiva“, fa sapere Urso. Nel provvedimento, viene indirizzato parte del fondo strategico sul Made in Italy alla filiera e all’approvvigionamento delle materie prime critiche da realizzarsi anche in paesi terzi, “tra questi in molti casi sono proprio paesi africani e quindi in sintonia anche col Piano Mattei“, scandisce il ministro.

Il tema inizia a essere costante nel dibattito pubblico, “anche grazie all’interesse che il Governo ha riservato al tema in questi mesi”, rileva Luca Dal Fabbro, presidente esecutivo del Gruppo Iren. A maggio 2023 il gruppo ha promosso un primo studio sulle potenzialità di questo tema nell’ambito dell’economia circolare mentre, nelle scorse settimane, ha seguito l’iter del Decreto. “Come operatore leader nell’economia circolare intendiamo proporci come apripista di una filiera che va costruita e implementata: è per questo che, insieme ad altre associazioni, ci siamo fatti promotori di questo hub“, spiega Dal Fabbro.

RigeneRare nasce quindi per aggregare competenze e visioni delle imprese e istituzioni per supportare la duplice transizione verde e digitale, oltre alla competitività delle aziende e agli interessi nazionali in settori quali quelli dell’energia, della difesa e dell’aerospazio. Per Dal Fabbro una delle leve su cui agire per diversificare è proprio il riciclo, che “permette di superare le difficoltà legate alla ripresa dell’attività estrattiva, e nello stesso tempo necessita investimenti minori e porta benefici ambientali ed economici”.

Ad oggi, la filiera impiantistica nazionale è ancora poco sviluppata, con un contributo del riciclo al soddisfacimento della domanda molto basso. La piattaforma vuole raccogliere e organizzare dati sulla filiera, promuovendo l’integrazione tra gli attori coinvolti. L’obiettivo è sviluppare una solida filiera nazionale per il riciclo, promuovendo la collaborazione tra mondo accademico e industriale, per garantire una sostenibilità a lungo termine attraverso partnership tra operatori dell’industria del recupero e industrie utilizzatrici di materie prime seconde.

Nello specifico, attivando un tavolo permanente sul riciclo delle materie prime critiche e dei metalli preziosi, RigeneRare si concentrerà sul monitoraggio della filiera in Italia, sull’identificazione delle criticità e sull’implementazione di azioni ed iniziative di sviluppo dei processi industriali, nonché sulla promozione delle migliori pratiche e dei nuovi modelli imprenditoriali.

Inoltre, saranno condotti studi, anche in collaborazione con think tank, università e centri di ricerca, per analizzare il potenziale dell’economia circolare e il fabbisogno impiantistico correlato, e si promuoverà il dialogo con le istituzioni per portare all’attenzione temi di interesse e monitorare le fasi di proposta, definizione e approvazione di nuove normative e policy di interesse per il settore: i risultati degli studi saranno resi pubblici attraverso un Rapporto Strategico Annuale e saranno presentati in occasione di eventi istituzionali.

Infine, verranno organizzate attività di networking per favorire partnership industriali e progetti strategici. Le attività sviluppate dall’hub seguiranno l’indirizzo strategico di un Comitato Direttivo, composto dai rappresentanti dei soggetti promotori, supportato da un Advisory Board formato da personalità accademiche ed istituzionali. Le attività operative verranno sviluppate attraverso l’istituzione di appositi gruppi di lavoro costituiti dai referenti tecnici indicati dagli aderenti.

Italia Paese più circolare d’Europa: 1/5 di quello che produciamo viene dal riciclo

L’Italia si conferma il Paese più circolare d’Europa, seguita da Germania, Francia e Spagna, soprattutto per il riciclo dei RAEE (87,1%) e degli imballaggi (71,7%).
Cresce anche il riciclo dei rifiuti urbani (49,2% contro il 48,6% della media Ue), un settore che vede la Germania al primo posto (69,1%). La foto la scatta il sesto Rapporto nazionale sull’economia circolare, realizzato da Circular Economy Network (Cen) ed Enea.

E il risparmio non è solo quello delle famiglie. Quasi un quinto di quello che produciamo viene dal riciclo: nel tasso di utilizzo circolare di materia siamo secondi solo alla Francia. E primi tra le 5 principali economie dell’Unione europea nella capacità di utilizzare al meglio la materia: nel nostro Paese la produttività delle risorse vale mediamente 3,7 euro per chilo, contro la media UE di 2,5 euro per chilo. Il nostro sistema economico e produttivo ama insomma la circolarità, e a farlo sono anche le piccole e medie imprese: il 65% dichiara di mettere in atto pratiche di economia circolare, oltre il doppio rispetto al 2021.

Sono dati di grande attualità perché, a un mese esatto dalle elezioni europee, l’economia circolare è una delle poste in gioco: il futuro del Green Deal passa attraverso la circolarità. E l’Italia da sempre ha un ruolo di primissimo ordine in Europa su questo fronte.

Per la prima volta, in questa edizione del Rapporto, le performance di circolarità delle cinque maggiori economie dell’Unione Europea (Italia, Francia, Germania, Spagna e Polonia) sono state comparate usando gli indicatori della Commissione europea: produzione e consumo, gestione dei rifiuti, materie prime seconde, competitività e innovazione, sostenibilità ecologica e resilienza.
Anche con questi “nuovi” indicatori, risulta confermato il primato dell’Italia (45 punti) in termini di economia circolare, seguita da Germania (38), Francia (30) Polonia e Spagna (26). Il risultato positivo dell’Italia deriva soprattutto dalla gestione dei rifiuti.

Siamo primi in classifica per il tasso di riciclo dei rifiuti. Nello specifico, nel 2021 abbiamo avuto un tasso di riciclo dei rifiuti di imballaggio del 71,7%, 8% in più della media UE27 (64%). Inoltre, il riciclo dei rifiuti urbani in Italia è cresciuto del 3,4% tra il 2017 e il 2022, raggiungendo il 49,2%. La media UE è del 48,6%, la Germania “vince” con il 69,1%.
Torniamo in testa con il riciclaggio dei RAEE: nel 2021 è stato pari all’87,1% (meno due punti percentuali rispetto al 2017), con una media UE dell’81,3%. Tutto ciò a fronte di una produzione media pro capite dei rifiuti urbani di 513 kg nel 2022 nella UE; mentre in Italia siamo passati dai 504 kg/ab del 2018 ai 494 kg/ ab del 2022.

Nel 2022, la produttività delle risorse in Italia ha generato, per ogni chilo di risorse consumate, 3,7 euro di PIL, +2,7% rispetto al 2018. La media UE, nel 2022, è stata 2,5 euro/kg. Anche il dato degli altri quattro principali Paesi europei è inferiore a quello dell’Italia.

Quanto al tasso di utilizzo circolare di materia, cioè il rapporto tra l’uso di materie prime seconde generate col riciclo e il consumo complessivo di materiali, l’Italia conferma la sua posizione nel 2022, con un valore pari al 18,7%.

Gli investimenti in alcune attività di economia circolare nell’UE27 sono stati pari a 121,6 Mld di euro, lo 0,8% del PIL, nel 2021. L’Italia con 12,4 Mld di euro (0,7% del PIL) risulta al terzo posto, dietro a Germania e Francia. Rispetto al 2017, in questo ambito, segniamo però un aumento del 14,5%.

E poi l’economia circolare crea lavoro. Nel 2021 nella UE27 gli occupati in alcune attività dell’economia circolare erano 4,3 milioni, il 2,1% del totale; in Italia 613.000, cioè il 2,4%, +4%
rispetto al 2017; siamo secondi dopo la Germania, che conta in questi settori 785.000 lavoratori (1,7% sul totale).

Il valore aggiunto dell’intera UE relativo ad alcune attività dell’economia circolare nel 2021 è stato di 299,5 Mld di euro, il 2,1% del totale dell’economia; in Italia è pari a 43,6 Mld di euro, 2,5% del totale (era il 2,1% nel 2017). Anche Spagna e Germania lo hanno incrementato, mentre Francia e Polonia l’hanno ridotto.

Dunque, va tutto bene? Non proprio. Ad esempio, il consumo dei materiali in Italia nel 2022 è stato di 12,8 tonnellate/abitante, minore della media europea (14,9 t/ab) ma in crescita (+8,5%) rispetto alle 11,8 t/ab del 2018. Ancora, sempre nel 2022, la dipendenza dell’Italia dalle importazioni di materiali (46,8%) è più del doppio della media europea (22,4%), anche se in calo (-3,8%) rispetto al 2018. Infine, per ciò che riguarda i brevetti relativi alla gestione dei rifiuti e al riciclaggio, nel 2020 per ogni milione di abitanti ne sono stati depositati 0,46, cioè complessivamente 206 nell’Unione Europea. In Italia solo 21 brevetti (0,36 per milione di abitanti): -25% rispetto al 2016. Nel loro insieme gli indicatori di trend della circolarità, basati sulla dinamica degli ultimi cinque anni, segnalano una certa difficoltà dell’Italia a mantenere la sua posizione di leadership.

Puntare sulla circolarità deve essere la via maestra per accelerare la transizione ecologica e climatica e aumentare la competitività delle nostre imprese”, osserva Edo Ronchi, presidente del Circular Economy Network. “Ancora di più per un Paese povero di materie prime e soprattutto, nel contesto attuale, caratterizzato da una bassa crescita e dai vincoli stringenti del rientro del debito pubblico. L’Italia può e deve fare di più per promuovere e migliorare la circolarità della nostra economia, con misure a monte dell’uso dei prodotti per contrastare sprechi, consumismo e aumentare efficienza e risparmio di risorse nelle produzioni; nell’uso dei prodotti, promuovendo l’uso prolungato, il riutilizzo, la riparazione, l’uso condiviso; e a fine uso, potenziando e migliorando la qualità del riciclo e l’utilizzo delle materie prime seconde”.

“Per avere risultati vincenti e duraturi è necessario rivoluzionare il modo in cui i prodotti vengono progettati e realizzati, integrando criteri di circolarità nei processi produttivi”, gli fa eco la direttrice del Dipartimento Sostenibilità dell’Enea, Claudia Brunori, che ha presentato un approfondimento sull’ecodesign.

Kappa FuturFestival sostenibile: ridotti sprechi ed emissioni

L’undicesima edizione di Kappa FuturFestival, uno dei festival di musica elettronica più grandi al mondo, si prepara ad accogliere decine di migliaia di persone il 5, 6 e 7 luglio 2024 al Parco Dora di Torino. Tre giorni, 5 palchi per quello che si preannuncia essere, ancora una volta, l’evento più internazionale dell’estate italiana, attirando visitatori da oltre 130 Paesi. Oltre all’aspetto musicale e artistico, Kappa FuturFestival pone – come già fatto nelle passate edizioni – massima attenzione alla sostenibilità, impegnandosi a ridurre il suo impatto ambientale e ispirando un cambiamento positivo per il nostro Pianeta, attraverso un approccio multidipliscinare volto ad affrontare molteplici sfide ecologiche, alzando l’asticella rispetto a quanto fatto negli scorsi anni: da percorsi di economia circolare, alla riduzione delle emissioni di gas serra, con programmi educativi e piani di mobilità sostenibile. “La sostenibilità – dice Maurizio VitaleCo-fondatore e Amministratore di Movement Entertainment – è sempre stata un requisito essenziale delle nostre attività e quello ambientale è solo uno degli ambiti di applicazione. Non dobbiamo infatti trascurare la sostenibilità economica e sociale”.

RICICLO DI PLASTICA E ALLUMINIO. Al fine di riciclare la plastica e l’alluminio in maniera più efficace, Kappa FuturFestival ha stretto due importanti collaborazioni con i consorzi Coripet e Cial. Con l’aiuto di Coripet già lo scorso anno è stata realizzata la raccolta differenziata selettiva, separando 240 kg di bottigliette in Pet – pari a circa 12 mila bottiglie – dal resto dei rifiuti in plastica. Queste sono state poi trasformate in rPet in un impianto del territorio. Grazie a Cial, KFF entra a far parte del progetto Every Can Counts, attivo in 19 paesi europei, che ha l’obiettivo di raggiungere il traguardo del 100% di riciclo delle lattine in alluminio per bevande immesse sul mercato. Kappa FuturFestival è anche il primo festival musicale ad adottare la raccolta differenziata dei mozziconi di sigaretta, che verranno trattati e trasformati in nuova materia prima dalla start-up RE-CIG. A queste iniziative si aggiunge la riduzione degli sprechi di tessuto grazie al riutilizzo delle bandiere degli scorsi anni che, unite al neoprene da scarto industriale, sono state trasformate in borse e astucci da Cingomma, laboratorio artigianale di upcycling. In questo modo nel 2023 sono stati recuperati ben 145 mq di tessuto. I vecchi banner in Pvc verranno invece utilizzati per realizzare lanyard per il personale impiegato al Festival.

RIDUZIONE DEL CONSUMO DI CARBURANTE. Kappa FuturFestival utilizza inoltre le più innovative ed efficienti attrezzature per ridurre il consumo di carburante e le emissioni di inquinanti. Tra queste, rientrano generatori di Stage V, torri luminose ibride e contenitori alimentati da pannelli solari. Oltre il 90% degli allestimenti è poi realizzato con arredi riutilizzati e riutilizzabili e quasi tutta la segnaletica è stata sostituita con pannelli a LED. Un contributo significativo è dato dal partner Sebach – fornitore di bagni chimici – che acquista crediti carbonio generati da progetti di riforestazione, per compensare le emissioni di gas serra associate al noleggio delle toilette mobili del festival: nel 2023 ha finanziato progetti capaci di assorbire 2 tonnellate di CO2, mentre nel 2022 pari a 1,5 tonnellate di CO2 e quest’anno punta a raggiungere e a superare gli ottimi risultati passati.

COINVOLGIMENTO DEL PUBBLICO. Per sensibilizzare il pubblico alla sostenibilità ambientale, Kappa FuturFestival propone programmi che hanno lo scopo di educare e sensibilizzare il pubblico, collaborando sin dal 2013 con la fondazione americana Global Inheritance, che progetta attività per il pubblico di grandi eventi. Tra le aree a tema, è presente TRASHed :: Art of Recycling, nella quale artisti di tutte le discipline sono invitati a trasformare i bidoni della raccolta differenziata in opere d’arte. Al TRASHed :: Recycling Store tutti i partecipanti del Festival possono portare bottiglie e bicchieri usati con cui riscattare premi incredibili, tra i quali i biglietti per l’edizione successiva di KFF  (aumentando così la quantità di materiali riciclati), mentre al POSTed Studio, è presente un laboratorio creativo dotato di materiali che i partecipanti possono utilizzare per ideare un poster che abbia come tema le sfide del nostro tempo: le proposte più interessanti sono poi trasformate da illustratori professionisti e rese disponibili per essere immediatamente condivise.

MOBILITA’ PIU’ SOSTENIBILE. In materia di mobilità sostenibile, infine, Kappa FuturFestival incentiva l’utilizzo dei mezzi pubblici aumentando le corse e riducendo i tempi di attesa grazie alla stretta collaborazione con il Gruppo Torinese Trasporti e la Città di Torino, e attuando inoltre una campagna di comunicazione per incentivarne l’utilizzo. I dati confermano il successo di questa iniziativa: nel 2023, il 54,8% dei partecipanti ha usato il trasporto pubblico per venire al Festival, il 24,7% si è spostato a piedi e l’8,7% ha utilizzato veicoli di mobilità condivisa. Infine, grazie alla startup torinese Reefilla – che offre soluzioni di mobile charging innovative – per alimentare i veicoli ibridi ed elettrici in dotazione al Festival per artisti e staff, è previsto l’utilizzo di batterie rigenerate e alimentate con energia proveniente esclusivamente da fonti rinnovabili.

Giornata riciclo, Pichetto: “Italia è leader e in Ue ha fatto valere le sue ragioni”

Italia leader di circolarità. Nella Giornata internazionale del riciclo, iniziativa nata nel 2018 dalla Global Recycling Foundation, il ministro dell’Ambiente, Gilberto Pichetto, rivendica i risultati ottenuti dal governo. A partire dal negoziato europeo sul regolamento imballaggi, dove Roma, sottolinea il ministro, “ha fatto valere le proprie ragioni e lavorato senza sosta per dare valore a questo modello vincente, che ci ha permesso in grande anticipo di traguardare la maggior parte degli obiettivi continentali”. L’impegno è quello di continuare a battersi “con determinazione”.

Il Mase è impegnato, attraverso il Pnrr, nella realizzazione di nuovi impianti di gestione dei rifiuti e ammodernamento degli esistenti, arrivando a finanziare, in particolare nelle Regioni con un deficit impiantistico, 1085 progetti. A questi si aggiungono i ‘progetti Faro di economia circolare’ su specifici materiali, come carta e cartone, rifiuti elettrici ed elettronici, plastici, tessili. La giornata che si celebra oggi, osserva Pichetto, “ci ricorda anche quanto conti investire nella sensibilizzazione e nella corretta informazione di cittadini e imprese, perché considerino il riciclo come un contributo diretto alla salvaguardia dell’ambiente: una sfida globale come questa non si decide a tavolino ma ha bisogno di scelte consapevoli quotidiane e di comportamenti responsabili sul territorio”.

Nel 2024, secondo il Conai, la percentuale di riciclo degli imballaggi nel Paese dovrebbe arrivare a sfiorare il 75%: oltre 10 milioni e 300.000 tonnellate di rifiuti di imballaggio troveranno una seconda vita, ossia il 74,9% dell’immesso al consumo, che nel 2024 si prevede pari a circa 13 milioni e 900.000 tonnellate.

Leggero calo, ma con alcuni settori in crescita, per il riciclo dei Raee, i rifiuti elettrici ed elettronici. I numeri della raccolta 2023 li pubblica il consorzio Ecolamp: sono 2.599 le tonnellate di Raee raccolte e smaltite dal consorzio durante l’anno, di cui il 52% appartiene alla categoria delle sorgenti luminose esauste e il 48% è rappresentato da piccoli elettrodomestici, elettronica di consumo, apparecchi di illuminazione e pannelli fotovoltaici giunti a fine vita.

La carta è una delle punte di diamante del riciclo. Per sensibilizzare i cittadini sul tema, Unirima interviene in Senato a una iniziativa del senatore di Fratelli d’Italia Andrea De Priamo, componente della commissione Ambiente. Gli obiettivi fissati al 2025 dall’Ue per il riciclo degli imballaggi cellulosici sono già superati dal 2009, con ben sedici anni di anticipo, grazie a una rete impiantistica capillare costituita da 700 impianti. “Adesso ciò di cui abbiamo bisogno è che si facciano tutti gli sforzi necessari per abbattere le barriere non tecnologiche che continuano a gravare sulle imprese“, avverte il direttore generale di Unirima, Francesco Sicilia. Si riferisce alle procedure di rinnovo delle autorizzazioni ambientali, alla difesa commerciale delle imprese, al mancato rispetto dei principi di concorrenza. Quanto ai regolamenti europei, bene per Sicilia la difesa da parte del governo in Ue di uno dei principi cardine dell’economia circolare, l’end of waste: “L’Italia ha fatto da apripista”, scandisce.

“Ci siamo dotati di un Piano Nazionale per la gestione dei rifiuti che detta i criteri da utilizzare per l’elaborazione dei piani regionali, nel rispetto del riparto costituzionale”, spiega il sottosegretario al Ministero dell’Ambiente e la Sicurezza energetica, Claudio Barbaro, che ricorda anche l’aggiornamento del Piano per la Prevenzione dei Rifiuti che, a breve, verrà pubblicato. Per De Priamo è “fondamentale che ci sia una sorta di patto tra istituzioni e imprese virtuose, che fanno sì che l’Italia sia all’avanguardia su questi temi“. Il senatore invita a non “ideologizzare” i temi del riuso in maniera sbagliata. Sull’ambiente è “necessario mettere da parte il furore ideologico in favore dello sviluppo dell’economia circolare”, anche per Silvia Fregolent, senatrice di Italia Viva e membro della commissione Ambiente del Senato. “Nella filiera del riciclo – ricorda – il nostro Paese è leader in Europa e il tentativo di cancellarlo in favore del riuso era miope. Per una vera transizione ecologica non servono gli slogan, ma un impegno serio”.

rifiuti smartphone

Prendersi cura del proprio telefono per limitarne l’impatto ambientale

Avete dei telefoni inutili nei vostri cassetti?”. Lo chiede Julien Nora, responsabile di un workshop sul riutilizzo e il riciclo delle apparecchiature elettroniche. Due terzi dei partecipanti, colpevoli ma onesti, alzano la mano. “In Francia, 30 milioni di telefoni dormono nei nostri armadi“, ricorda Nora alla decina di persone riunite nei locali dell’associazione Makesense a Parigi per celebrare la Giornata mondiale della pulizia digitale che si è svolta sabato. Almeno 2.059 azioni si sono svolte questa settimana in tutta la Francia, tra cui 88 nella capitale, per questo evento lanciato nel marzo 2020, in piena pandemia, dall’Institut du numérique responsable e dall’organizzazione World Cleanup Day – France. “L’obiettivo è quello di sensibilizzare tutti i tipi di pubblico sull’impatto della tecnologia digitale sull’ambiente“, dichiara Julien Nora all’AFP. L’evento del 2024 mira a raggiungere almeno un milione di persone, rispetto alle 500.000 del 2023.

La gente pensa che tutto sia virtuale, ma noi stiamo cercando di sensibilizzare il pubblico sul lato materiale delle cose“, continua. Per i telefoni cellulari, ad esempio, “l’80% dell’impatto delle emissioni di carbonio è legato alla produzione dell’apparecchiatura“, osserva durante il workshop. “L’importante è prendersi cura del proprio telefono e delle proprie apparecchiature, e non solo cancellare le e-mail“, insiste Julien Nora. Secondo l’Agenzia francese per la transizione ecologica (Ademe), i francesi conservano in media i loro telefoni per meno di 2 anni e l’88% li cambia anche se sono ancora funzionanti.

Julien Nora offre al suo attento pubblico una serie di consigli per prolungare la vita degli smartphone e “limitare in definitiva l’impatto ambientale della tecnologia digitale“. Tra questi, preservare la batteria evitando di caricarla di notte e riparare eventuali malfunzionamenti. Con il suo iPhone 6 (commercializzato nel 2014) al collo, Nora spiega di aver sostituito da solo la batteria del suo cellulare grazie all’azienda iFixit, che gli ha inviato un kit con gli strumenti necessari e i passaggi da seguire. L’operazione ha richiesto due ore. Un’altra opzione è quella di investire in un telefono che possa essere facilmente riparato, come quelli prodotti dall’olandese Fairphone.

In termini di utilizzo, Julien Nora consiglia di cancellare dalla memoria del telefono foto, video e applicazioni inutilizzate. E “privilegiare il Wi-Fi è sempre meglio in termini di consumo energetico“, aggiunge. “Le infrastrutture di rete 4G consumano fino a dieci volte di più della fibra e tre volte di più dell’Adsl“. Consapevole di questo problema, Hélène Hache, che partecipa al workshop, spiega di aver impostato un’opzione specifica sulla sua applicazione WhatsApp. “Non posso inviare foto o scaricarle se non sono in Wi-Fi“, racconta.

Se, nonostante tutte queste precauzioni, un dispositivo diventa inutilizzabile, Julien Nora sottolinea l’importanza di raccogliere i rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche. Anche se il riciclo è spesso complicato. “In uno smartphone ci sono tra i 50 e i 70 materiali“, spiega Nora, “in quantità molto piccole e in leghe complesse. È come cercare di togliere il pomodoro dalla ratatouille“. Quindi, a suo avviso, si tratta di “una soluzione molto parziale“. “La cosa più difficile è riuscire a cambiare le proprie abitudini“, riassume un altro partecipante, Adrien Coulon, alla fine del workshop. “E dire a se stessi: non importa se non ho il telefono più recente“.

Chimica verde o economia circolare? Michelin punta sui prodotti biobased

Il riciclo dei vasetti di yogurt dovrà aspettare. Per riuscire a produrre pneumatici ‘verdi’ senza prodotti petroliferi, obiettivo al 2050, Michelin ha deciso di investire prima nella chimica verde e nella gomma sintetica di origine biologica, accantonando per il momento il progetto di riciclare il polistirolo dei vasetti di yogurt. Nello stabilimento di Bassens, vicino a Bordeaux, dove il gigante degli pneumatici produce gomma sintetica a partire da derivati di idrocarburi, Michelin ha inaugurato a metà gennaio un dimostratore industriale, definito il primo al mondo a lavorare con etanolo di origine biologica. Un groviglio di tubi che collega un grande serbatoio giallo pieno di etanolo a tre reattori e a diverse colonne di distillazione, sarà in grado di produrre 25 tonnellate di butadiene di origine biologica all’anno.

L’etanolo proviene da scarti agricoli (mais, barbabietola) o da biomassa legnosa. Michelin intende anche ottenerlo in futuro catturando la CO2 industriale. Come in un cracker petrolchimico, le molecole di carbonio, idrogeno e ossigeno dell’etanolo (formula chimica C2H6O) vengono ricomposte sotto pressione per formare il butadiene (C4H6), l’elemento desiderato. Dotata di oltre 700 sensori di misura, l’apparecchiatura serve soprattutto a preparare il passaggio del gruppo alla piena scala. Ciò significa costruire un impianto in grado di produrre 100.000 tonnellate di butadiene di origine biologica all’anno entro il 2030.

L’obiettivo del produttore di attrezzature per il suo futuro “pneumatico verde” è “raggiungere il 100% dei materiali da fonti rinnovabili o riciclate entro il 2050“, afferma Eric Vinesse, direttore della Ricerca e Sviluppo. Il gruppo ha già approvato uno pneumatico realizzato con il 45% di materiali sostenibili, che dovrebbe ispirare le sue nuove gamme a partire dal 2025. Ma la rivoluzione industriale è ancora agli inizi: per il momento, Michelin sta raggiungendo solo il “30%” del suo obiettivo sui pneumatici commercializzati, principalmente attraverso l’uso di hevea (gomma naturale). Il restante 70% è composto da circa 200 molecole, la cui origine o produzione deve essere cambiata per renderle più verdi, combinando la chimica verde e l’economia circolare.
Nell’ambito di questa strategia, negli ultimi tre anni il Gruppo ha investito anche in un altro progetto, dopo aver acquisito una partecipazione di minoranza in Pyrowave, una start-up canadese che utilizza la tecnologia delle microonde per riciclare chimicamente il polistirene. L’obiettivo è quello di costruire un impianto di riciclaggio del polistirene per poter incorporare il materiale riciclato nei propri pneumatici, che sono composti in media dall’11% di stirene, il componente base del polistirene, e dal 14% di butadiene. Ma il progetto, che era molto atteso dai produttori di vasetti di yogurt e di imballaggi per cosmetici, principali consumatori di polistirene, è stato accantonato. Il progetto sullo stirene “rimane fondamentale per noi“, ha dichiarato all’AFP un responsabile della ricerca, “ma il contesto del mercato del polistirene è complicato al momento“. “Abbiamo un problema di approvvigionamento di materie prime“, cioè di polistirene da riciclare, ha spiegato la stessa fonte. Questa plastica, che viene riciclata molto poco, ha una cattiva reputazione. L’anno scorso il produttore tedesco di materie plastiche Knauf ha chiuso diversi siti produttivi in Francia.

Christophe Moriceau, responsabile della ricerca avanzata di Michelin, ha dichiarato all’AFP che Michelin è in trattativa con produttori come Lego e produttori di vasetti di yogurt e vernici per creare nuovi canali di produzione per i polimeri ‘verdi’ privi di petrolio. “Con ogni scoperta, vogliamo coinvolgere l’intera professione“, ha dichiarato, “l’intero settore deve passare al sistema“. “L’intera transizione delle linee di produzione dalla chimica al 100% basata sul petrolio alla chimica al 100% di origine biologica è estremamente ad alta intensità di capitale” e quindi lenta, avverte Xerfi in uno studio sulla chimica verde. Michelin si sta anche concentrando sul riciclaggio del nerofumo presente negli pneumatici, attraverso una joint venture avviata in Svezia con il gruppo Enviro. Per sostituire la silice derivata dalla sabbia, sempre più scarsa, il gruppo punta sulla lolla di riso, finora un prodotto di scarto. Quando viene pirolizzata, rilascia la silice che la pianta ha assorbito. E per la plastica PET (proveniente dalle bottiglie di plastica), punta sulla pepita francese Carbios, l’unica azienda al mondo ad aver sviluppato un processo industriale di riciclaggio biologico enzimatico.

Philip Morris, parte ‘Rec’: 500mila riscaldatori tabacco riciclati all’80% entro l’anno

Philip Morris Italia ‘chiude’ il cerchio della filiera del tabacco riscaldato, che diventa completamente circolare. Parte oggi il progetto di riciclo ‘REC’ dedicato ai riscaldatori di tabacco IQOS e Lil. L’obiettivo è riciclare entro il 2024 fino a 500mila dispositivi non più utilizzabili, con un recupero in media di oltre l’80% delle materie prime presenti, tra cui materiali plastici e metallici, magneti, batterie agli ioni di litio e circuiti. Materie prime che vengono recuperate, riciclate e sono considerate dall’Unione Europea ‘critiche’, ad alto rischio di fornitura e di importanza economica strategica, fondamentali per le attività industriali.

Un “modello da copiare“, lo definisce il ministro dell’Ambiente, Gilberto Pichetto. “Si tratta di una grande azienda che si pone anche il problema del fine vita dei propri prodotti e si impegna a trovare un percorso“, osserva, ricordando che l’Italia scarseggia di materie prime e seconde. “E’ un contributo alla nuova economia nazionale”, ribadisce. “L’Italia è già avanti sul riciclo, ma il Mase, assicura, sta “creando le condizioni per l’utilizzo dei residui dei prodotti“.

Il piano si inserisce nella strategia di sostenibilità di Philip Morris, per promuovere un’economia circolare: “Nel tempo, riciclare milioni di dispositivi in Italia ci consentirà di aggiungere un altro tassello fondamentale alla nostra filiera integrata, sviluppata in questi anni intorno ai prodotti innovativi senza combustione. Una filiera che tra parte agricola, manifatturiera e dei servizi al consumatore già coinvolge oltre 40.000 persone”, rivendica Marco Hannappel, presidente e amministratore delegato di Philip Morris Italia, presidente Europa Sud-Occidentale di Philip Morris International.

Il progetto REC, in questa prima fase, interessa i dispositivi IQOS e Lil restituiti dai consumatori nell’ambito della garanzia e delle iniziative commerciali di Philip Morris. Questi dispositivi, se qualificati come rifiuti in quanto non più utilizzabili, vengono consegnati da un’impresa partner della logistica a un’azienda specializzata nel trattamento dei Rifiuti di Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche (RAEE) che si occupa delle operazioni di separazione delle materie prime contenute nei device e delle attività di recupero. L’impianto per il riciclo sarà ad Anagni, nel Lazio. “Vogliamo considerarci partner di questo progetto, perché ogni volta che c’è di mezzo di riciclo l’amministrazione deve sostenerlo, soprattutto quando ci sono investimenti iniziali importanti, si creano occupazione ed efficienza territoriale”, sottolinea Marco Bertucci, presidente della commissione Bilancio della Regione Lazio.La Regione Lazio ha approvato la legge 22 per far conoscere di più lo strumento degli Its, come investimento statale e regionale. Chiederemo l’opportunità di poter iniziare questo iter”, precisa. Un’ottima notizia anche per Unindustria, che nel Lazio opera: “Condividiamo un grande senso di responsabilità di Philip Morris – confessa il vicepresidente Giovanni Turriziani – e chiediamo alla Regione di incentivare sempre di più questi modelli, per consolidare le prassi operative“.