Per un italiano su 6 inflazione supera 20%: in 14 mln rinunciano a ristoranti

Secondo l’Istat l’inflazione è poco sotto l’1%, ma la percezione della popolazione è ben diversa: 1 italiano su 6 ritiene che il carovita sia addirittura sopra il 20%. Il che spinge gli stessi consumatori a rinunciare una o più volte a frequentare locali fuori casa. E’ questa la foto scattata dalla Federazione Italiana Distributori Ho.Re.Ca. (Italgrob) e Censis nel rapporto ‘Il fuori casa rende l’Italia migliore’, presentato presso la Sala Capitolare del Senato e giunto alla terza edizione. Dal documento merge che se l’83,4% degli italiani considera la presenza di luoghi in cui potersi incontrare e stare insieme importante per il proprio benessere, il 90,9% li ritiene fondamentali per la qualità della vita collettiva. Il problema, però, è che i rincari hanno ridotto le uscite e quindi i momenti di convivialità.

L’inflazione degli ultimi anni è visibilmente stata indotta dai costi di taluni fattori produttivi, a cominciare dall’energia, di cui non si può fare a meno, e dalla difficoltà delle filiere globali a star dietro al decollo verticale della domanda dopo lo stop di fatto del periodo Covid. E ovviamente non è estranea al suo insorgere la prolungata fase di creazione in abbondanza di moneta. Quel che conta per delineare lo stato reale della situazione è che l’inflazione rallenta, ma è ancora ben vivace”. Ma soprattutto – sottolinea il rapporto – “le reazioni delle persone all’inflazione dipendono non solo dalle esperienze dirette di verifica dei prezzi nel tempo, ma dalle percezioni e dalle aspettative. Infatti, gli adattamenti minuti delle famiglie in termini di entità e distribuzione della spesa dipendono molto dalle convinzioni che hanno sul livello attuale dell’inflazione e, anche, da quelle relative alla sua evoluzione futura”. Così “attualmente” circa 1 italiano su 6 è convinto che in Italia l’inflazione galoppi oltre il 20%. In particolare: per i prezzi in generale, il 15,3% è convinto che l’inflazione sia oltre il 20%, il 18,3% tra il 15 e il 20%, il 19% tra l’11 e il 15%, il 30,4% tra 6 e 10% e solo l’8% la ritiene essere contenuta entro il 5%. Per i prezzi dell’alimentare, il 14,6% degli italiani pensa che sia oltre il 20%, il 16,2% tra il 15 e il 20%, il 19,2% tra l’11 e il 15%, il 29,8% tra 6 e 10% e solo il 9,7% ritiene che l’inflazione sia entro il 5%. Il 55,8% degli italiani è poi convinto che l’inflazione sia destinata ad aumentare nei prossimi mesi, il 20,3% che resterà al livello attuale e solo il 15,5% si prepara a una sua riduzione.

La percezione dell’inflazione ha, dunque, spinto 14 milioni di italiani a rinunciare una o più volte a recarsi presso locali del fuori casa. È capitato al 48,9% degli italiani una o più volte in corso d’anno e, in particolare, al 54,5% a causa del rialzo dei prezzi, al 34,4% perché ha dovuto tagliare le spese, al 28,7% perché ha avuto minori disponibilità economiche, al 22,9% perché preferisce la convivialità in casa, al 15,1% perché ha scelto di ridurre le spese per cautela. Nello specifico, poi, al 47,9% è capitato di rinunciare al ristorante, al 33,3% al bar per una colazione o per un caffè, al 36,3% per fare un aperitivo. Malgrado le restrizioni recenti, la voglia di fuori casa è molto forte tra gli italiani, con il 60,7% che vorrebbe nei prossimi mesi finalmente potersi recare di più in ristoranti, bar, enoteche, trattorie, ecc.

In ogni caso – conclude il report di Italgrob e Censis – alla pressione di inflazione e difficoltà economica gli italiani si sono adattati. Il 52,8% ha ridotto il numero di volte che si è recato nei locali pubblici, il 31,4% ha ridotto il numero di invitati nei casi in cui doveva pagare il conto, il 25% si è accontentato di locali più economici e il 22,7% ha optato per una discesa nella qualità dei prodotti e quindi anche dei prezzi. La scelta prevalente è stata di ridurre le volte in cui ci si reca nei locali, salvaguardando qualità dei prodotti e delle esperienze.

Agronomo apre locale green: la filosofia della ristorazione educativa per salvare il pianeta

Avvicinare le persone a tematiche quali sostenibilità e crisi climatica attraverso il cibo e scelte imprenditoriali green. È la scommessa dell’agronomo Tito Ippolito, che apre le porte del suo ‘Respeat’, a Torino. Un luogo scelto non a caso, ma individuato “sapendo che è stata riconosciuta miglior città vegan friendly, quindi sicuramente aperta alla sfida che intendo proporre: salvare il pianeta un boccone alla volta, perché è nella semplicità che possiamo ritrovare la serenità di guardare al futuro“, confessa a GEA ricordando le esperienze maturate in ambito umanitario tra Africa e Centro America, dove ha aiutato le comunità rurali a ottenere il massimo dalla loro terra con le poche risorse disponibili.

Il progetto di “ristorazione educativa“, come il titolare ama definire la propria creatura, ha alcuni punti cardine: l’azzeramento della plastica, l’utilizzo di detergenti naturali e stoviglie compostabili per limitare i cicli di acqua per il lavaggio, un arredamento realizzato con materiali naturali. “Punteremo a un’offerta stagionale di cibi, nel rispetto del ciclo della natura; inoltre, intendiamo collaborare con fornitori che abbiano una filiera certificata, senza limitarci all’etichetta di biologico. La nostra cucina, curata dalla chef Imma Ferraro, è di ispirazione vegetariana – precisa Ippolito – poiché siamo consapevoli del dramma degli allevamenti intensivi. Ci concentreremo sulla dieta mediterranea, mescolando rievocazioni della tradizione piemontese con i classici della pasticceria del sud Italia“.

L’offerta culinaria sarà arricchita da serate di degustazione a tema, incontri con esperti e una biblioteca dedicata al tema, dalla quale i clienti potranno attingere e prendere in prestito testi, in un’ottica di abbinare l’informazione al cibo. “Troppo spesso – commenta Tito Ippolito – la ristorazione ha, sui temi della sostenibilità e dell’attenzione all’ambiente, un approccio passivo: io ritengo invece che questo settore debba veicolarli e promuoverli“.

Il locale di via Bertola, a Torino, accoglierà i commensali (15 coperti che raddoppieranno con il dehors esterno, in estate) al mattino con il servizio di caffetteria, a pranzo e per un aperitivo fino alle 20.30, orario di chiusura. “La pausa pranzo sarà per noi una sfida nella sfida. Vogliamo infatti dimostrare che si può mangiare rapidamente consumando cibi di qualità, sfatando il mito del fast food sinonimo di cibo pessimo“, conclude Tito Ippolito.