inquinamento

L’esposizione all’inquinamento nei primi 2 anni di vita aumenta il rischio di deficit di attenzione

Un numero crescente di ricerche dimostra che l’esposizione all’inquinamento atmosferico, soprattutto durante la gravidanza e l’infanzia, può avere un impatto negativo sullo sviluppo cerebrale. Ora uno studio condotto dall’Istituto di Barcellona per la Salute Globale (ISGlobal), ha scoperto che l’esposizione al biossido di azoto (NO2) nei primi due anni di vita è associata a una minore capacità di attenzione nei bambini di età compresa tra i 4 e gli 8 anni, soprattutto nei maschi. L’NO2 è un inquinante che proviene principalmente dalle emissioni del traffico.

Lo studio, pubblicato su Environment International, mostra che una maggiore esposizione al biossido di azoto è associata a una peggiore funzione attentiva nei bambini di 4-6 anni, con una maggiore suscettibilità a questo inquinante osservata nel secondo anno di vita. Questa associazione persisteva a un’età compresa tra i 6 e gli 8 anni solo nei ragazzi, con un periodo di suscettibilità leggermente maggiore dalla nascita ai 2 anni di età.

I ricercatori hanno utilizzato i dati di 1.703 donne e dei loro figli provenienti dalle coorti di nascita del Progetto Inma in quattro regioni spagnole. Utilizzando l’indirizzo di casa, i ricercatori hanno stimato l’esposizione residenziale giornaliera a NO2 durante la gravidanza e i primi 6 anni di infanzia. Parallelamente, hanno valutato la funzione attentiva (la capacità di scegliere a cosa prestare attenzione e cosa ignorare) a 4-6 anni e a 6-8 anni e la memoria di lavoro (la capacità di trattenere temporaneamente le informazioni) a 6-8 anni, utilizzando test computerizzati validati. Non sono state trovate associazioni tra una maggiore esposizione a NO2 e la memoria di lavoro nei bambini di età compresa tra 6 e 8 anni.

“Questi risultati sottolineano il potenziale impatto dell’aumento dell’inquinamento atmosferico dovuto al traffico sullo sviluppo ritardato della capacità di attenzione ed evidenziano l’importanza di ulteriori ricerche sugli effetti a lungo termine dell’inquinamento atmosferico nelle fasce di età più avanzate”, spiega Anne-Claire Binter, autrice dello studio e ricercatrice post-dottorato presso ISGlobal.

La funzione attentiva è fondamentale per lo sviluppo delle funzioni esecutive del cervello, che gestiscono e controllano azioni, pensieri ed emozioni per raggiungere un obiettivo o uno scopo. “La corteccia prefrontale, una parte del cervello responsabile delle funzioni esecutive, si sviluppa lentamente e continua a maturare durante la gravidanza e l’infanzia”, aggiunge Binter. Questo la rende vulnerabile all’esposizione all’inquinamento atmosferico, che negli studi sugli animali è stato collegato all’infiammazione, allo stress ossidativo e all’alterazione del metabolismo energetico nel cervello.

“Nei ragazzi, l’associazione tra esposizione a N02 e funzione attentiva potrebbe durare più a lungo perché il loro cervello matura più lentamente, il che potrebbe renderli più vulnerabili”, sottolinea l’autrice. Per capire meglio questo aspetto, gli studi futuri dovrebbero seguire le persone nel tempo per vedere come l’età e il sesso influenzino la relazione tra inquinamento atmosferico e capacità di attenzione, soprattutto nelle fasce di età più avanzate.

In conclusione, “questo studio suggerisce che la prima infanzia, fino all’età di 2 anni, sembra essere un periodo rilevante per l’attuazione di misure preventive “, afferma Binter. “L’esposizione all’inquinamento atmosferico dovuto al traffico “è quindi un fattore determinante per la salute delle generazioni future”.

Sanità, Mastandrea: “Tra Unione della salute e spinte autonomiste locali solo apparente contraddizione”

Il contrasto tra l’unione della salute e le spinte autonomiste dei sistemi sanitari locali sono solo in apparente contraddizione, perché effettivamente riferiscono due dimensioni completamente diverse“. Lo dice il Regional Vice President & General Manager di Incyte Italia, Onofrio Mastandrea, a margine del convegno #SALUTE24-Sanità pubblica: l’autonomia differenziata delle Regioni nell’Unione della salute, organizzato da Withub insieme a Eunews, GEA, Fondazione art.49, in collaborazione con il Parlamento europeo, con il patrocinio della Commissione europea e della Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome. “La prima, quella europea, ha a che fare chiaramente con le sfide transfrontaliere di sistema – aggiunge -, i secondi invece hanno a che fare con le prestazioni di salute ai singoli cittadini, ai singoli pazienti, quindi una tematica di flessibilità sicuramente potrebbe diventare un elemento di grande valore. Sappiamo che la competenza sanitaria, proprio nei Trattati fondativi dell’Unione europea, è in capo alle nazioni, quindi l’Ue ha più una responsabilità di coordinamento, messa a sistema e supporto. Diventa una competenza concorrente in casi di emergenza sanitaria e questo lo abbiamo visto chiaramente durante il Covid”.

Perché la pandemia “ci ha insegnato tantissimo”, spiega Mastandrea. “Da un punto di vista esperienziale ci ha fatto capire effettivamente che la grande capacità reattiva sia dell’Europa sia dei vari Paesi e ci ha fatto capire chiaramente che possiamo contare su sistemi sanitari eccellenti, in particolare come quello che abbiamo visto messo appunto dalla nostra nazione“. Non solo: “Abbiamo anche compreso, a livello europeo, che bisogna lavorare moltissimo sulla prevenzione delle emergenze, quindi sullo studio delle malattie. Motivo per cui è stato istituito proprio uno spazio dei dati sanitari, virtuale, nel quale convergono tutti i flussi di informazione dei cittadini europei e dei pazienti, che è molto interessante perché rappresenta chiaramente un utile strumento per poter fare più ricercata. E per un’azienda come Incyte che investe tantissimo in ricerca, facendone l’asset fondamentale, non possiamo che accogliere molto bene questa novità”. D’altra parte, sottolinea il manager di Incyte, “i sistemi nazionali devono far fronte alla vicinanza dei pazienti e per essere più vicini al paziente devono essere flessibili per le condizioni. Bene quando si tratta chiaramente di individuare le direttrici principali, strategiche e le sfide di sistema alle quali siamo chiamati. In Italia abbiamo una popolazione che invecchia, siamo la seconda nazione più vecchia al mondo dopo il Giappone e quindi chiaramente il tema delle cronicità rappresenta sicuramente una priorità su cui andarsi a concentrare e dove poter anche a disciplinare nuovi modi di fare le cose, per essere più vicini al paziente. Ecco, il vantaggio probabilmente delle autonomie differenziate potrebbe essere quello anche di collezionare delle best practices che poi possano essere in grado di essere spostate a livello nazionale”.

Restando in tema europeo, Mastandrea parla anche della riforma della legislazione europea. “Mercoledì il presidente di Farmindustria si è esposto in maniera molto forte, molto dura, rappresentando il disappunto del comparto rispetto all’approvazione, da parte del Parlamento europeo, della nuova legislazione. Una giornata definita drammatica, nera per l’accesso all’innovazione da parte dei pazienti”. Secondo il Vice President & General Manager di Incyte Italia “effettivamente la normativa europea è stata sicuramente una necessità: dopo 20 anni era fondamentale rivedere il quadro normativo, perché i sistemi normativi-legali sono sempre più lenti della velocità che acquisisce l’innovazione, quindi c’era la necessità di rivedere le cose. Però era una questione anche di come: la riforma europea pone chiaramente i limiti sulla data exclusivity, sulle orphan drug e quindi penalizza fortemente l’innovazione. Questo, chiaramente, quando si tratta poi di accesso alle cure innovative, è un tema ad alta sensibilità”.

Sappiamo che l’Europa perde competitività rispetto agli altri top player mondiali: di 10 brevetti 5 sono Usa, tre Cina e due soli Europa. Quindi – conclude Mastandrea – se il tema della Eupharm legislation è principalmente politico, che ruolo vuole giocare l’Europa nei prossimi anni e quanto vuole essere attrattivo per gli investimenti? Sicuramente è un’opportunità da non perdere e ci auspichiamo che il Consiglio e la Commissione europea possano aprire un tavolo negoziale che possa portare a outcome completamente diverso rispetto a quello che abbiamo visto finora“.

#Salute24, Toti: “Autonomia darà la scossa”. Ma Lorenzin: “Legge inutile e dannosa”

L’autonomia differenziata, croce o delizia per il welfare italiano? Il tema resta ‘incandescente‘ e da mesi divide il dibattito politico. Scenario che si è ripetuto anche al convegno ‘#SALUTE24-Sanità pubblica: l’autonomia differenziata delle Regioni nell’Unione della salute’, organizzato da Withub insieme a Eunews, GEA, Fondazione art.49, in collaborazione con il Parlamento europeo, con il patrocinio della Commissione europea e della Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome e con il supporto di Incyte.

Nel panel dedicato ai ‘Percorsi differenti per livelli di prestazioni omogenei: la missione (impossibile?) dell’autonomia differenziata‘, si sono confrontati governatori, assessori regionali e parlamentari sulla norma in discussione alla Camera, per avere una visione più completa possibile dell’argomento. Dal punto di vista degli enti locali è il presidente della Regione Liguria, Giovanni Toti, a dare come si suol il dire ‘il titolo‘ alla discussione. “La scossa dell’autonomia penso non possa che fare bene all’Italia”, dice il governatore. Mettendo in cima ai possibili benefici che la riforma potrà portare, quello della “assunzione di responsabilità di una parte della classe dirigente del Paese che, come la notte hegeliana, troppo spesso tende a distribuire le cose che non vanno su vari strati di governo, non consentendo al cittadino di comprendere dove il meccanismo si inceppa”.

Non la pensa allo stesso modo la senatrice del Pd, Beatrice Lorenzin, che non usa giri di parole: “È una legge dannosa e inutile”. L’ex ministra della Salute, però, motiva dettagliatamente le sue opinioni: “Dannosa perché non risolve nessuna delle questioni aperte: diseguaglianze, sotto-finanziamento, personale, competitività e competenze, investimenti in ricerca, dati sanitari, che è un tema anche europeo”. Mentre è “inutile, perché non affronta le grandi questioni emerse con il Covid, come costruire reti della prevenzione con input veloci tra Stato e Regioni”. In sostanza, sintetizza Lorenzin, “invece di colmare i problemi, li accentua. Risponde a uno schema politico vecchio, giurassico e non ai reali bisogni dei cittadini, del sistema sanitario e delle stesse Regioni. Anzi, acuirà le fratture tra Nord e Sud e ne creerà di nuove anche all’interno dello stesso Nord”.

Indirettamente, nel videomessaggio inviato agli organizzatori, risponde il presidente della Lombardia, Attilio Fontana, che si definisce “uno tra i maggiori sostenitori dell’autonomia differenziata, specie in un ambito come quello della salute, di così grande impatto sulla vita delle persone”. Secondo il governatore “troppo spesso la questione si pone in termini antitetici, come se l’acquisizione di maggiore responsabilità e autonomia di gestione fossero in alternativa all’omogeneità delle prestazioni. Al contrario – continua -, credo che il livello di risposta ai bisogni più vicini ai cittadini e territori consenta di scegliere la strada più idonea, veloce ed efficace. Una programmazione della sanità che superi la logica dei tetti di spesa, delle contribuzioni a silos non può che aiutare l’equilibrio economico e finanziario degli stessi sistemi”.

Positivo anche il giudizio del governatore veneto, Luca Zaia: “L’Autonomia consentirà di essere più competitivi ed efficienti, più vicini alla gente, meno sprechi, la possibilità di gestire le risorse, anche quelle sanitarie, che ci vengono affidate, nel miglior modo possibile”. Per questo la sua Regione “è pronta per la scrittura dell’intesa, in cui si potrà dare una veste alla nostra idea di autonomia. L’Autonomia è un processo di modernità, valorizzazione delle competenze e piena assunzione di responsabilità, che non mancherà di solidarietà e sussidiarietà”.

Sulla stessa lunghezza d’onda si sintonizza anche il vice presidente e assessore alla Sanità della Regione Marche, Filippo Saltamartini: “La differenziazione dei poteri regionali è questione antica ma è prevista da una riforma costituzionale voluta nel 2001 dalla sinistra”. Portando l’esempio dell’istituzione che rappresenta, spiega: “Se il Fondo nazionale sanitario viene redistribuito sul principio pro capite, e la mia Regione ha il bilancio in pareggio, potrò essere esonerato dal tetto di spesa, che è nazionale, e assumere medici e personale”. Altrimenti, conclude, “si blocca tutto il sistema sanitario sulla base della performance più bassa”.

Autonomia differenziata e Unione della salute europea: se ne parla oggi all’evento di Withub

Come cambierà la sanità con la riforma sull’autonomia differenziata delle Regioni in discussione al Parlamento e quale sarà il ruolo di queste ultime? Ma anche, in che modo l’assunzione di maggiori responsabilità a livello territoriale si concilierà con il percorso di integrazione europea che punta a realizzare l’Unione della salute?. Questi i due grandi temi che si discuteranno durante ‘#SALUTE24 – Sanità pubblica: l’autonomia differenziata delle Regioni nell’Unione della salute’, in programma oggi, 15 aprile, ore 14.30, negli spazi di Esperienza Europa David Sassoli, a Roma, l’evento organizzato da Withub insieme a Eunews, GEA Agency, Fondazione art.49, in collaborazione con il Parlamento europeo, con il patrocinio della Commissione Europea e della Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome, e con il supporto di Incyte.

Nel dettaglio, il primo panel avrà come focus l’autonomia differenziata delle regioni, per discutere come la riforma consentirà agli enti locali di individuare percorsi per garantire degli omogenei livelli essenziali di prestazioni. All’incontro, dal titolo ‘Percorsi differenti per livelli di prestazioni omogenei: la missione (impossibile?) dell’autonomia differenziata’ interverranno la senatrice Beatrice Lorenzin, ministra della Salute tra il 2013 e il 2018, il vicepresidente e assessore alla Salute della Regione Marche Filippo Saltamartini, il presidente della Regione Siciliana, Renato Schifani, il presidente della Regione Toscana, Eugenio Giani e il governatore lombardo Attilio Fontana.

Sull’Unione della Salute si focalizzerà il secondo panel, dedicato alla prospettiva europea e al percorso che gli stati membri Ue stanno portando avanti per armonizzare le politiche sanitarie e rafforzare l’industria farmaceutica del Vecchio Continente. Nel dibattito si discuterà anche di come e se l’autonomia differenziata possa entrare in collisione con l’idea di tale armonizzazione. All’incontro, dal titolo ‘L’autonomia territoriale nel percorso di integrazione europea: le ricadute sul sistema sanitario e sul mercato farmaceutico’, interverranno il presidente di Egualia, Stefano Collatina, direttore Area Salute di I-Com, Thomas Osborn, il vice presidente e general manager di Incyte Italia, Onofrio Mastandrea, e il presidente della Fondazione Gimbe, Nino Cartabellotta.

Oltre che in presenza, presso l’Esperienza Europa David Sassoli in Piazza Venezia 6c a Roma, sarà possibile seguire i dibattiti in diretta streaming qui.

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La sostenibilità passa anche dallo sport e dalla salute: Jakala ‘corre’ in campo per il sociale

Promozione del benessere, inclusione, solidarietà e sostenibilità sociale. Nasce con questi presupposti l’adesione di Jakala, azienda che combina marketing e tecnologia applicati al mondo dell’engagement e della fidelizzazione, alle giornate internazionali dello Sport e della Salute, che nelle prossime settimane coinvolgeranno decine di dipendenti, anzi ‘jakalers’ come preferisce definirli l’azienda stessa.

Il 7 e il 14 giugno torna la SuperLeague, l’evento organizzato dall’associazione PlayMore!, un torneo interaziendale e multidisciplinare aperto a persone di tutte le abilità. Le squadre sono composte da membri provenienti da aziende e persone supportate dall’associazione, cioè ragazzi e ragazze in condizioni di fragilità. Dal 2022, più di 30 dipendenti hanno partecipato al torneo, competendo in discipline di squadra all’interno di formazioni miste e anche in questa nuova edizione si faranno trovare in campo.

“Dal 2021 – racconta Claudia Volpato, responsabile della Sostenibilità in Jakalasiamo società benefit e promuoviamo diversità e inclusione, rivolgendoci sia agli stakeholders interni, cioè i nostri collaboratori, promuovendone il benessere, sia a quelli esterni, come le comunità che vivono nelle zone in cui si trovano le nostre sedi sociali”. Questi elementi, spiega, “vengono uniti e declinati verso attività che favoriscono il benessere e, allo stesso tempo, creano momenti di incontro e conoscenza con persone disabili o in situazioni di fragilità”.

Come, ad esempio, in occasione della Milano Relay Marathon. Lo scorso anno 8 dipendenti sono stati coinvolti a sostegno del progetto Solidando, il primo social market nato a Milano dell’associazione IBVA: un supermercato con casse, scaffali e carrelli, in cui le famiglie che ne hanno bisogno possono fare la spesa gratuitamente, secondo i propri desideri e bisogni, potendo accedere anche a un’assortita varietà di prodotti freschi – dal pane, alla frutta e alla verdura, ai prodotti da frigo. Si tratta di un presidio di aiuto alimentare unico nel suo genere. Per l’edizione 2024, le adesioni sono quadruplicate, con 33 corridori, dando la possibilità a Jakala di sostenere non solo Solidando, ma anche il progetto RunChallenge di Playmore!, un running club gratuito che mira a rendere la corsa accessibile a tutti e tutte, persone di qualsiasi età e abilità. Il progetto nasce dal sogno di 4 ragazzi con disabilità di correre la maratona e oggi conta più di 4500 persone in 14 città. Il valore del progetto risiede, inoltre, nella condivisione delle raccolte fondi aziendali, attivate tramite Rete del Dono: Jakala x RunChallenge e Jaka x Solidando.

I dipendenti, ricorda Volpato, “accolgono bene tutte queste iniziative. Siamo partiti con un numero piccolo di adesioni, poi l’interesse è cresciuto anche grazie al passaparola. Le nostre persone si autoproclamano ambassador di questi progetti”. E chi non può partecipare di persona, in qualche caso può contribuire da remoto. L’importante, spiega la responsabile della Sostenibilità di Jakala “è che la cultura delle nostre persone sia allineata ai principi di inclusione”, ovunque si trovino. Il 18 e il 19 maggio i ‘Jakalers’ parteciperanno anche alla Rimi Riga Marathon, a cui l’azienda ha aderito già nel 2021.

L’attenzione agli Sdg – cioè gli obiettivi di sviluppo sostenibile definiti dall’Onu – si declinano anche in una serie di iniziative dedicate a favorire il benessere e la salute. Come i community days in collaborazione con l’Avis per sensibilizzare i dipendenti alla donazione di sangue e plasma. Nei giorni scorsi l’autoemoteca ha fatto tappa nella sede di Nichelino (To) e presto sarà anche a Milano. L’azienda collabora anche con l’Admo. “Visto che gran parte dei dipendenti ha meno di 35 anni – dice Volpatodedichiamo una giornata alla tipizzazione di chi desidera partecipare”, cioè attraverso un semplice esame del sangue si viene inseriti nel registro internazionale dei donatori di midollo osseo. E, ancora, Jakala propone momenti di sensibilizzazione nei confronti di alcune patologie “per arrivare, poi, alla fine dell’anno a veri e propri screening di prevenzione”. L’idea di fondo è sempre la stessa: “Partiamo dall’ascolto delle persone – conclude – per capire quali attività ritengono più vicine e poi prendiamo contatto con le associazioni”. 

 

 

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Vivere in una strada ‘verde’ aiuta a dormire più a lungo

Vivere in una strada più verde o avere una vista sulla costa o sul fiume dalla propria casa aiuta a dormire più a lungo. Una nuova ricerca condotta in 18 Paesi dal Centro europeo per l’ambiente e la salute umana dell’Università di Exeter ha scoperto che vivere in strade più verdi – quelle con prati, alberi e vegetazione visibili – è legato a un sonno migliore. Sebbene già in passato alcune ricerche abbiano riscontrato questo legame, è la prima volta che vengono analizzati diversi tipi di ambienti naturali in diversi Paesi.

La mancanza di sonno, definita tale quando si dorme meno di sei ore a notte, è un importante problema di salute pubblica nei Paesi industrializzati, che colpisce, ad esempio, circa il 16% degli adulti del Regno Unito. La carenza di sonno è legata a una serie di esiti negativi per la salute e il benessere, tra cui malattie non trasmissibili come l’obesità, il diabete e le patologie cardiovascolari, oltre a un maggiore rischio di mortalità.

L’autrice principale, la dottoressa Leanne Martin del Centro europeo per l’ambiente e la salute umana dell’Università di Exeter, spiega che, durante la ricerca “le persone che vivevano in strade più verdi hanno riportato una migliore salute mentale, che è stata il fattore trainante di un sonno migliore”. Le iniziative di rinverdimento delle strade esistono già nelle città urbane per affrontare i rischi ambientali come le inondazioni e gli effetti dell’isola di calore, “ma i nostri risultati suggeriscono che i responsabili politici dovrebbero estenderle alle aree residenziali per sostenere la salute pubblica promuovendo abitudini di sonno più sane”.

Per lo studio sono stati utilizzati i dati di oltre 16.000 persone in 14 Paesi europei, oltre che in Australia, Canada, Stati Uniti e Hong Kong, nell’ambito della BlueHealth International Survey (BIS), un’indagine trasversale coordinata dal Centro europeo per l’ambiente e la salute umana di Penryn. Agli intervistati è stato chiesto di indicare la quantità di verde presente nella loro strada, se da casa avevano una vista su fiumi, laghi e coste (cioè spazi blu), quanto tempo libero trascorrevano in spazi naturali, nonché la loro salute mentale e quante ore dormivano a notte.

Dalla ricerca è emerso che gli individui che vivevano in strade più verdi o che avevano una vista sugli spazi blu dalla loro casa tendevano a dichiarare una migliore salute mentale, che a sua volta era associata a una quantità di sonno più sana. Anche gli individui che trascorrevano più tempo libero in spazi verdi e blu riferivano una migliore salute mentale e una durata del sonno più sana.

Complessivamente, i risultati hanno rilevato che il 17% delle persone che vivevano in strade verdi ha riferito di dormire meno di sei ore a notte, rispetto al 22% di coloro che non vivevano in strade verdi.

La principale fonte di finanziamento di questo progetto è stato il programma di ricerca e innovazione Horizon 2020 dell’Unione Europea.

Ue, Ceccardi: “Assicurare la sicurezza farmaceutica con una transizione più sostenibile”

Negli ultimi cinque anni la strategia sul Green deal ha riformato e colpito diversi settori, tra cui anche quello farmaceutico”. Così la deputata europea della Lega, Susanna Ceccardi, membro della commissione commissione per gli Affari esteri (Afet) del Parlamento Ue, a margine del convegno ‘Europa in salute. Sfide e opportunità per il futuro‘, promosso mercoledì 6 marzo a Roma da Eli Lilly, con il patrocinio di Parlamento e Commissione europea, Regione Lazio, Farmindustria e Sif.

Credo che la sostenibilità sia assolutamente giusta, ma la transizione debba essere fatta considerando anche la sostenibilità economica e sociale dei provvedimenti, che a volte è stata messa in secondo piano nei provvedimenti – aggiunge -. Si parla di aziende che danno moltissimi posti di lavoro in Europa, che ci garantiscono di stare sul mercato in maniera concorrenziale ma anche di preservare la nostra sicurezza farmaceutica”. Per questi motivi “credo che la direzione della Commissione Ue che si rinnoverà dopo le elezioni europee dell’8 e 9 giugno prossimi, debba essere più centrata a proteggere posti di lavoro e competitività delle nostre imprese”, sottolinea ancora Ceccardi.

Che prosegue la riflessione: “Dopo la pandemia il mondo è cambiato e anche l’Europa ha capito che, oltre alla sicurezza energetica e la sicurezza alimentare, è importante investire sulla sicurezza farmaceutica, del Continente e dei cittadini europei”. Per l’eurodeputata italiana “senza una strategia chiara e condivisa, mettiamo a rischio ogni giorno milioni di vite. Sulla proprietà intellettuale, ultimamente, si è concentrato il lavoro della Commissione europea e credo che le istanze che vengono dalle aziende, italiane ed europee, per un aiuto maggiore nel preservarla, sia una richiesta assolutamente giusta. In questo modo – conclude – si permettono maggiori investimenti e anche maggiore competitività delle nostre imprese”.

Smog, esposizione breve alle polveri sottili causa 1 milione di morti all’anno. Oltre la metà solo in Asia

L’esposizione a breve termine ad alti livelli di inquinamento atmosferico uccide ogni anno 1 milione di persone nel mondo, di cui la metà nell’Asia orientale. A rivelarlo è uno studio della Monash University pubblicato su The Lancet Planetary Health. Se finora le ricerche si erano concentrate sull’impatto sulla salute del particolato fine (PM2,5) in zone in cui i livelli di inquinamento sono costantemente elevati, questa nuova analisi ha studiato gli effetti sul corpo umano a seguito di un’esposizione molto breve, anche di poche ore o pochi giorni. E i risultati sono preoccupanti. I ricercatori, guidati dal professore Yuming Guo, hanno preso in esame i dati sulla mortalità e sull’inquinamento di 13.000 città e paesi di tutto il mondo tra il 1999 e il 2019, scoprendo che respirare PM2,5 anche per poco tempo provoca ogni anno più di un milione di morti premature in tutto il mondo, in particolare in Asia e in Africa, e più di un quinto (22,74%) di queste si è verificato nelle aree urbane.

Gli effetti sulla salute a breve termine dell’esposizione all’inquinamento atmosferico sono stati ben documentati, spiega l’esperto, “come nel caso dei mega-incendi in Australia durante la cosiddetta ‘estate nera’ del 2019-20, che si stima abbiano causato 429 morti premature legate al fumo e 3230 ricoveri ospedalieri a causa dell’esposizione acuta e persistente a livelli estremamente elevati di inquinamento atmosferico legai ai roghi”.

Secondo lo studio in Asia si è verificato il 65,2% della mortalità globale dovuta all’esposizione a breve termine al PM2,5, in Africa il 17%, in Europa il 12,1%, in America il 5,6%, in Oceania lo 0,1%. La mortalità è stata maggiore nelle aree affollate e altamente inquinate dell’Asia orientale, dell’Asia meridionale e dell’Africa occidentale, con una frazione di decessi attribuibili all’esposizione a breve termine al PM2,5 nell’Asia orientale superiore di oltre il 50% rispetto alla media globale.
Lo studio raccomanda che, laddove la salute è più colpita dall’inquinamento atmosferico acuto, l’attuazione di interventi mirati – come sistemi di allarme per l’aumento del particolato fine e piani di evacuazione della comunità – per evitare l’esposizione transitoria ad alte concentrazioni di PM2,5 potrebbe mitigare i danni acuti alla salute.

siccità

Clima, allarme scienziati: +60% parti pretermine con surriscaldamento globale

L’aumento del numero di nascite pretermine, l’incremento dell’incidenza di malattie respiratorie e di decessi e l’aumento del numero di bambini ricoverati in ospedale sono alcuni degli esiti negativi che il mondo sta affrontando a causa degli impatti dei cambiamenti climatici estremi. Gli scienziati hanno passato decenni a mettere in guardia il mondo sui rischi delle temperature estreme, delle inondazioni e degli incendi, ma un nuovo studio pubblicato sulla rivista Science of the Total Environment è il primo a raccogliere tutte le prove scientifiche disponibili sugli effetti del cambiamento climatico sulla salute dei bambini.

La ricerca, guidata da Lewis Weeda, ricercatore della University of Western Australia e del Wal-yan Respiratory Research Centre del Telethon Kids Institute, e dal professore di ecologia globale Matthew Flinders, Corey Bradshaw, della Flinders University, mostra che il rischio di parto pretermine aumenterà in media del 60% in seguito all’esposizione a temperature estreme. Gli scienziati hanno esaminato i risultati di 163 studi sulla salute provenienti da tutto il mondo per condurre la loro ricerca e hanno scoperto, ad esempio, che le malattie respiratorie, la mortalità e la morbilità dei più piccoli sono state peggiorate dal cambiamento climatico. Non solo: a ciascun estremo climatico corrisponde un problema di salute specifico: il freddo estremo dà origine a malattie respiratorie, mentre la siccità e le precipitazioni estreme possono causare una crescita stentata per una popolazione.

Gli effetti di questo meccanismo saranno anche economici. “Dato che il clima influenza le malattie infantili – spiega Bradshaw – i costi sociali e finanziari continueranno ad aumentare con il progredire dei cambiamenti climatici, esercitando una pressione crescente sulle famiglie e sui servizi sanitari”.

“La nostra ricerca – dice Weeda – riconosce alcune aree in cui i bambini sono più vulnerabili ai cambiamenti climatici. Lo sviluppo di politiche di salute pubblica per contrastare queste malattie legate al clima, insieme agli sforzi per ridurre i cambiamenti climatici antropogenici, deve essere affrontato se vogliamo proteggere i bambini attuali e futuri”.

Smog, ogni anno il 7,6% delle morti globali è causato dalle polveri sottili

L’esposizione a breve e lungo termine all’inquinamento atmosferico da particolato fine (PM2,5) è legata a un aumento del rischio di ricovero in ospedale per gravi malattie cardiache e polmonari: è quanto emerge da due ampi studi statunitensi, pubblicati da The BMJ. Insieme, i risultati suggeriscono che non esiste una soglia di sicurezza per la salute di cuore e polmoni.

Secondo lo studio Global Burden of Disease, l’esposizione al PM2,5 è responsabile di circa il 7,6% della mortalità totale a livello globale e del 4,2% degli anni di vita aggiustati per la disabilità (una misura degli anni vissuti in buona salute). Alla luce di queste numerose evidenze, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha aggiornato le linee guida sulla qualità dell’aria nel 2021, raccomandando che i livelli medi annuali di PM2,5 non superino i 5 μg/m3 e quelli nelle 24 ore non superino i 15 μg/m3 per più di 3-4 giorni all’anno.

Nel primo studio, i ricercatori hanno collegato i livelli medi giornalieri di PM2,5 ai codici di avviamento postale delle abitazioni di quasi 60 milioni di adulti statunitensi (84% bianchi, 55% donne) di età pari o superiore a 65 anni dal 2000 al 2016. Hanno poi utilizzato i dati dell’assicurazione Medicare per monitorare i ricoveri ospedalieri per una media di otto anni. Dopo aver tenuto conto di una serie di fattori economici, sanitari e sociali, l’esposizione media al PM2,5 nell’arco di tre anni è stata associata a un aumento del rischio di primi ricoveri ospedalieri per sette tipi principali di malattie cardiovascolari: cardiopatia ischemica, malattie cerebrovascolari, insufficienza cardiaca, cardiomiopatia, aritmia, cardiopatia valvolare e aneurismi dell’aorta toracica e addominale.

Rispetto a esposizioni pari o inferiori a 5 μg/m3 (la linea guida dell’OMS sulla qualità dell’aria per il PM2,5 annuale), le esposizioni tra 9 e 10 μg/m3, che comprendevano la media nazionale statunitense di 9,7 μg/m3 durante il periodo di studio, erano associate a un aumento del 29% del rischio di ricovero ospedaliero per malattie cardiovascolari. Su scala assoluta, il rischio di ricovero in ospedale per malattie cardiovascolari è aumentato dal 2,59% con esposizioni pari o inferiori a 5 μg/m3 al 3,35% con esposizioni comprese tra 9 e 10 μg/m3. “Questo significa che se riuscissimo a ridurre il PM2,5 annuale al di sotto di 5 µg/m3, potremmo evitare il 23% di ricoveri ospedalieri per malattie cardiovascolari”, dicono i ricercatori.

Questi effetti cardiovascolari persistono per almeno tre anni dopo l’esposizione al PM2,5 e la suscettibilità varia in base all’età, all’istruzione, all’accesso ai servizi sanitari e al livello di deprivazione dell’area. I ricercatori affermano che i risultati suggeriscono che non esiste una soglia di sicurezza per l’effetto cronico del PM2,5 sulla salute cardiovascolare complessiva e che si potrebbero ottenere benefici sostanziali aderendo alle linee guida dell’OMS sulla qualità dell’aria.

Nel secondo studio, i ricercatori hanno utilizzato le concentrazioni giornaliere di PM2,5 a livello di contea e i dati delle dichiarazioni mediche per monitorare i ricoveri ospedalieri e le visite al pronto soccorso per cause naturali, malattie cardiovascolari e respiratorie per 50 milioni di adulti statunitensi di età superiore ai 18 anni dal 2010 al 2016. Durante il periodo di studio, sono stati registrati più di 10 milioni di ricoveri ospedalieri e 24 milioni di visite al pronto soccorso.

È emerso che l’esposizione a breve termine al PM2,5, anche a concentrazioni inferiori al nuovo limite guida dell’OMS per la qualità dell’aria, era associata in modo statisticamente significativo a tassi più elevati di ricoveri ospedalieri per cause naturali, malattie cardiovascolari e respiratorie, nonché a visite al pronto soccorso per malattie respiratorie. Ad esempio, nei giorni in cui i livelli giornalieri di PM2,5 erano al di sotto del nuovo limite di riferimento dell’OMS per la qualità dell’aria di 15 μg/m3, un aumento di 10 μg/m3 di PM2,5 è stato associato a 1,87 ricoveri ospedalieri in più al giorno per milione di adulti di età superiore ai 18 anni.

Entrambi i team di ricerca riconoscono diversi limiti, come la possibile errata classificazione dell’esposizione, e sottolineano che altri fattori non misurati possono aver influenzato i risultati. Inoltre, i riscontri potrebbero non essere applicabili agli individui senza assicurazione medica, ai bambini e agli adolescenti e a coloro che vivono fuori dagli Stati Uniti. Tuttavia, nel complesso, questi nuovi risultati forniscono un valido riferimento per i futuri standard nazionali sull’inquinamento atmosferico.