Caldo record

Clima, 153mila morti per ondate di calore tra 1999 e 2019

Oltre 150.000 persone sono morte in tre decenni – dal 1999 al 2019 – di cui la metà in Asia, a causa delle ondate di calore. E’ quanto rivela il primo studio al mondo che ha mappato a livello globale la mortalità legata ai picchi di caldo. La ricerca, pubblicata su PLOS Medicine, è stata guidata dal professor Yuming Guo della Monash University e ha esaminato i dati relativi ai decessi giornalieri e alla temperatura di 750 località in 43 Paesi o regioni.

Rispetto al periodo 1850-1990, la temperatura superficiale globale è aumentata di 1,14℃ tra il 2013 e il 2022 e si prevede un ulteriore aumento di 0,41-3,41℃ entro il 2081-2100. Con la crescita dell’impatto dei cambiamenti climatici, le ondate di calore stanno aumentando non solo in termini di frequenza, ma anche di gravità e forza.

Lo studio – condotto in collaborazione con l’Università di Shandong in Cina, la London School of Hygiene & Tropical Medicine nel Regno Unito e università/istituti di ricerca di altri Paesi – ha rilevato che, nel periodo 1990-2019, le ondate di calore hanno portato a un aumento di 236 decessi per dieci milioni di residenti per ogni stagione calda di un anno. Le regioni con il maggior numero di decessi legati alle ondate di calore sono state l’Europa meridionale e orientale, le aree con climi polari e alpini e quelle in cui i residenti hanno un reddito elevato. Nelle località con clima tropicale o con basso reddito è stato osservato il maggior calo del carico di mortalità legato alle ondate di calore dal 1990 al 2019.

“I nostri risultati – spiega Guo – secondo cui le ondate di calore sono associate a un sostanziale carico di mortalità che varia spazialmente nel mondo negli ultimi 30 anni, suggeriscono la necessità di una pianificazione dell’adattamento e di una gestione del rischio a livello locale e a tutti i livelli di governo”.

Secondo gli autori dello studio, le ondate di calore causano un aumento del rischio di morte a causa di uno stress termico eccessivo sul corpo umano, innescando disfunzioni di diversi organi e provocando esaurimento, crampi e colpi di calore. Lo stress termico può anche aggravare condizioni croniche preesistenti, portando a morte prematura, disturbi psichiatrici e altri esiti.

autostrada

Gas cancerogeni nell’abitacolo delle auto: allarme degli scienziati

Il calore favorisce la circolazione nell’abitacolo delle auto di un gas tossico derivante dai ritardanti di fiamma, che si trovano, ad esempio, nella schiuma dei sedili. E’ quanto emerge da uno studio statunitense pubblicato sulla rivista Environmental Science & Technology. La ricerca, condotta da ricercatori della Duke University, dell’Università di Berkeley e dell’Università di Toronto mostra che uno di questi prodotti, il trifosfato (TCIPP), è presente nell’aria del 99% dei veicoli testati.
“La nostra ricerca ha scoperto che i materiali interni rilasciano sostanze chimiche dannose nell’aria dell’abitacolo delle nostre auto”, spiega l’autrice principale Rebecca Hoehn, scienziata della Duke University. “Considerando che il conducente medio trascorre circa un’ora in macchina ogni giorno, si tratta di un problema significativo per la salute pubblica. È particolarmente preoccupante per i guidatori che effettuano spostamenti più lunghi così come per i passeggeri bambini, che respirano più aria rispetto agli adulti”.

I ricercatori hanno rilevato ritardanti di fiamma all’interno degli abitacoli di 101 auto (modello 2015 o successivo) provenienti da tutti gli Stati Uniti. Il 99% delle auto conteneva tris (1-cloro-isopropil) fosfato (TCIPP), un ritardante di fiamma oggetto di indagine da parte dell’U.S. National Toxicology Programma come potenziale cancerogeno. Nella maggior parte delle auto erano presenti ritardanti di fiamma aggiuntivi a base di esteri organofosforici, tra cui tris (1,3-dicloro-2-propil) fosfato (TDCIPP) e tris (2-cloroetil) fosfato (TCEP), due agenti cancerogeni della Proposition 65 della California. Questi e altri ritardanti di fiamma sono anche collegati a danni neurologici e riproduttivi.

In condizioni normali, la concentrazione di TCIPP è simile a quella che si trova all’interno di una casa. Ma quando la temperatura sale, sia all’interno che all’esterno dell’auto, le concentrazioni di questa sostanza aumentano bruscamente. E la presenza di TCIPP nelle schiume dei sedili rafforza questo effetto. Il problema è che il TCIPP è potenzialmente cancerogeno, secondo un rapporto pubblicato nel 2023 dal Dipartimento della Salute degli Stati Uniti. Testato su ratti e topi, ha causato tumori al fegato e all’utero.

Ecco come l’intelligenza artificiale ‘smaschera’ l’amianto nascosto nei tetti

Un team di ricercatori dell’Universitat Oberta de Catalunya (UOC) ha progettato e testato un nuovo sistema per individuare l’amianto non ancora rimosso dai tetti degli edifici, nonostante i requisiti normativi. Il software, sviluppato in collaborazione con DetectA, applica metodi di intelligenza artificiale, deep learning e computer vision alle fotografie aeree, utilizzando le immagini RGB, che sono le più comuni ed economiche. Questo rappresenta un vantaggio competitivo molto importante rispetto ai precedenti tentativi di creare un sistema simile, che richiedevano immagini multibanda più complesse e difficili da ottenere. Il successo di questo progetto, molto più scalabile, consentirà di monitorare in modo più sistematico ed efficace la rimozione di questo materiale da costruzione altamente tossico.

I ricercatori hanno addestrato il sistema di deep learning utilizzando migliaia di fotografie conservate dall’Istituto Cartografico e Geologico della Catalogna, insegnando allo strumento di intelligenza artificiale quali tetti contengono amianto e quali no. Sono state utilizzate 2.244 immagini (1.168 positive per l’amianto e 1.076 negative). L’80% è stato utilizzato per addestrare e validare il sistema, mentre le restanti immagini sono state riservate al test finale. Il software è ora in grado di determinare la presenza di amianto in nuove immagini valutando diversi modelli, come il colore, la consistenza e la struttura dei tetti, nonché l’area circostante gli edifici. Il progetto sarà utile nelle aree urbane, industriali, costiere e rurali. Per legge, i comuni spagnoli dovrebbero effettuare un’indagine sugli edifici contenenti amianto entro aprile 2023, ma non tutti lo hanno ancora fatto.

Le fotografie iperspettrali facilitano l’individuazione dell’amianto, perché contengono molti più strati di informazioni, ma non sono ideali per sviluppare un metodo di rilevamento efficiente, a causa della loro limitata disponibilità e dell’elevato costo per ottenerle. Il sistema sviluppato dai ricercatori dell’UOC è il primo a utilizzare le immagini RGB, che possono essere prese dagli aerei e sono comunemente utilizzate dai servizi cartografici di molti Paesi.

A più di vent’anni dalla messa al bando del suo utilizzo in edilizia, l’amianto rimane un grave problema di salute pubblica. Si stima che, nella sola Catalogna, siano ancora presenti oltre quattro milioni di tonnellate di fibrocemento di amianto. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, questa sostanza causa più di 100.000 morti all’anno a livello globale, soprattutto per cancro ai polmoni, ma anche per altre patologie come tumori pleurici e fibrosi polmonare. L’obiettivo legale per la rimozione dell’amianto dagli edifici pubblici è il 2028, mentre quello per gli edifici privati è il 2032.

Lo sviluppo di questa soluzione tecnologica contribuirà ad affrontare una delle questioni chiave nella lotta all’amianto: come le autorità possono identificare quali tetti lo contengono, in modo che possa essere rimosso da professionisti qualificati e accreditati.

Il ‘viaggio’ delle microplastiche nel nostro respiro: ecco dove finiscono

E’ ormai chiaro che nel sistema respiratorio di persone animali si trovano tracce di microplastica. Ma dove finiscono queste particelle? Se l’è chiesto un team di ricerca della University of Technology Sydney, guidato da Suvash Saha, docente senior di ingegneria meccanica, che ha studiato il trasferimento e il deposito di particelle di dimensioni e forme diverse a seconda della velocità di respirazione. I risultati dello studio, pubblicati sulla rivista Environmental Advances, hanno individuato i punti caldi del sistema respiratorio umano in cui le particelle di plastica possono accumularsi, dalla cavità nasale e dalla laringe fino ai polmoni.

“Le prove sperimentali suggeriscono con forza che queste particelle di plastica amplificano la suscettibilità umana a uno spettro di disturbi polmonari, tra cui la broncopneumopatia cronica ostruttiva, la fibrosi, la dispnea (mancanza di respiro), l’asma e la formazione di quelli che vengono chiamati noduli di vetro smerigliato”, dice Saha. “L’inquinamento atmosferico da particelle di plastica – aggiunge – è ormai pervasivo e l’inalazione è la seconda via di esposizione più probabile per l’uomo”.
Le microplastiche penetrano nel corpo attraverso, ad esempio, un’ampia gamma di cosmetici e prodotti per la cura personale come i dentifrici o tramite la degradazione di prodotti di plastica più grandi, come bottiglie d’acqua, contenitori per alimenti e vestiti. Ma non solo: come spiega l’esperto “indagini più approfondite hanno identificato i tessuti sintetici come fonte principale di particelle di plastica nell’aria interna”, mentre l’ambiente esterno presenta una moltitudine di fonti che comprendono “le particelle provenienti dal trattamento delle acque reflue”.

Lo studio rivela che la velocità di respirazione, insieme alle dimensioni e alla forma delle particelle, determina la posizione delle microplastiche nel sistema respiratorio. Chi respira più velocemente accumulerà particelle più grandi nel tratto superiore, mentre una respirazione più lenta facilita una penetrazione più profonda e la deposizione di particelle nanoplastiche più piccole. Anche la forma delle particelle ne guida ‘il viaggio’ attraverso il nostro corpo: “quelle non sferiche hanno una propensione alla penetrazione polmonare più profonda rispetto alle microplastiche e alle nanoplastiche sferiche, portando potenzialmente a esiti diversi per la salute”.

La pelle può assorbire le sostanze tossiche delle microplastiche attraverso il sudore

Le sostanze chimiche tossiche utilizzate per i materiali plastici ignifughi possono essere assorbite dal corpo attraverso la pelle, a causa del contatto con le microplastiche. Lo rivela uno studio della University of Birmingham, che offre la prima prova sperimentale che le sostanze chimiche presenti come additivi nelle microplastiche possono penetrare nel sudore umano e quindi essere assorbite dal flusso sanguigno attraverso la pelle.

Molte sostanze chimiche utilizzate come ritardanti di fiamma e plastificanti sono già state vietate, a causa dell’evidenza di effetti negativi sulla salute, tra cui danni al fegato o al sistema nervoso, cancro e rischi per la salute riproduttiva. Tuttavia, sono ancora presenti nell’ambiente in vecchi apparecchi elettronici, mobili, tappeti e materiali da costruzione.

Sebbene i danni causati dalle microplastiche non siano ancora del tutto noti, cresce la preoccupazione per il loro ruolo di ‘vettori’ nell’esposizione umana a sostanze chimiche tossiche. In uno studio pubblicato l’anno scorso, il team di ricerca ha dimostrato che le sostanze chimiche sono rilasciate dalle microplastiche nel sudore umano. Lo studio attuale dimostra ora che queste sostanze chimiche possono essere assorbite anche dal sudore attraverso la barriera cutanea fino all’organismo.

Nei loro esperimenti, il team ha utilizzato innovativi modelli di pelle umana in 3D in alternativa agli animali da laboratorio e ai tessuti umani prelevati. I modelli sono stati esposti per un periodo di 24 ore a due forme comuni di microplastiche contenenti eteri di difenile polibromurato (PBDE), un gruppo chimico comunemente usato per ritardare la fiamma delle plastiche. I risultati, pubblicati su Environment International, hanno mostrato che fino all’8% della sostanza chimica esposta poteva essere assorbita dalla pelle, soprattutto se molto sudata. Lo studio fornisce la prima prova sperimentale di come questo processo contribuisca ai livelli di sostanze chimiche tossiche presenti nell’organismo.

Come spiega Ovokeroye Abafe, che ha condotto la ricerca, “le microplastiche sono ovunque nell’ambiente eppure sappiamo ancora relativamente poco dei problemi di salute che possono causare. La nostra ricerca dimostra che esse svolgono il ruolo di ‘vettori’ di sostanze chimiche nocive, che possono entrare nel nostro flusso sanguigno attraverso la pelle. Queste sostanze chimiche sono persistenti, quindi con un’esposizione continua o regolare ad esse, ci sarà un accumulo graduale fino al punto in cui inizieranno a causare danni”.

inquinamento

L’esposizione all’inquinamento nei primi 2 anni di vita aumenta il rischio di deficit di attenzione

Un numero crescente di ricerche dimostra che l’esposizione all’inquinamento atmosferico, soprattutto durante la gravidanza e l’infanzia, può avere un impatto negativo sullo sviluppo cerebrale. Ora uno studio condotto dall’Istituto di Barcellona per la Salute Globale (ISGlobal), ha scoperto che l’esposizione al biossido di azoto (NO2) nei primi due anni di vita è associata a una minore capacità di attenzione nei bambini di età compresa tra i 4 e gli 8 anni, soprattutto nei maschi. L’NO2 è un inquinante che proviene principalmente dalle emissioni del traffico.

Lo studio, pubblicato su Environment International, mostra che una maggiore esposizione al biossido di azoto è associata a una peggiore funzione attentiva nei bambini di 4-6 anni, con una maggiore suscettibilità a questo inquinante osservata nel secondo anno di vita. Questa associazione persisteva a un’età compresa tra i 6 e gli 8 anni solo nei ragazzi, con un periodo di suscettibilità leggermente maggiore dalla nascita ai 2 anni di età.

I ricercatori hanno utilizzato i dati di 1.703 donne e dei loro figli provenienti dalle coorti di nascita del Progetto Inma in quattro regioni spagnole. Utilizzando l’indirizzo di casa, i ricercatori hanno stimato l’esposizione residenziale giornaliera a NO2 durante la gravidanza e i primi 6 anni di infanzia. Parallelamente, hanno valutato la funzione attentiva (la capacità di scegliere a cosa prestare attenzione e cosa ignorare) a 4-6 anni e a 6-8 anni e la memoria di lavoro (la capacità di trattenere temporaneamente le informazioni) a 6-8 anni, utilizzando test computerizzati validati. Non sono state trovate associazioni tra una maggiore esposizione a NO2 e la memoria di lavoro nei bambini di età compresa tra 6 e 8 anni.

“Questi risultati sottolineano il potenziale impatto dell’aumento dell’inquinamento atmosferico dovuto al traffico sullo sviluppo ritardato della capacità di attenzione ed evidenziano l’importanza di ulteriori ricerche sugli effetti a lungo termine dell’inquinamento atmosferico nelle fasce di età più avanzate”, spiega Anne-Claire Binter, autrice dello studio e ricercatrice post-dottorato presso ISGlobal.

La funzione attentiva è fondamentale per lo sviluppo delle funzioni esecutive del cervello, che gestiscono e controllano azioni, pensieri ed emozioni per raggiungere un obiettivo o uno scopo. “La corteccia prefrontale, una parte del cervello responsabile delle funzioni esecutive, si sviluppa lentamente e continua a maturare durante la gravidanza e l’infanzia”, aggiunge Binter. Questo la rende vulnerabile all’esposizione all’inquinamento atmosferico, che negli studi sugli animali è stato collegato all’infiammazione, allo stress ossidativo e all’alterazione del metabolismo energetico nel cervello.

“Nei ragazzi, l’associazione tra esposizione a N02 e funzione attentiva potrebbe durare più a lungo perché il loro cervello matura più lentamente, il che potrebbe renderli più vulnerabili”, sottolinea l’autrice. Per capire meglio questo aspetto, gli studi futuri dovrebbero seguire le persone nel tempo per vedere come l’età e il sesso influenzino la relazione tra inquinamento atmosferico e capacità di attenzione, soprattutto nelle fasce di età più avanzate.

In conclusione, “questo studio suggerisce che la prima infanzia, fino all’età di 2 anni, sembra essere un periodo rilevante per l’attuazione di misure preventive “, afferma Binter. “L’esposizione all’inquinamento atmosferico dovuto al traffico “è quindi un fattore determinante per la salute delle generazioni future”.

Sanità, Mastandrea: “Tra Unione della salute e spinte autonomiste locali solo apparente contraddizione”

Il contrasto tra l’unione della salute e le spinte autonomiste dei sistemi sanitari locali sono solo in apparente contraddizione, perché effettivamente riferiscono due dimensioni completamente diverse“. Lo dice il Regional Vice President & General Manager di Incyte Italia, Onofrio Mastandrea, a margine del convegno #SALUTE24-Sanità pubblica: l’autonomia differenziata delle Regioni nell’Unione della salute, organizzato da Withub insieme a Eunews, GEA, Fondazione art.49, in collaborazione con il Parlamento europeo, con il patrocinio della Commissione europea e della Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome. “La prima, quella europea, ha a che fare chiaramente con le sfide transfrontaliere di sistema – aggiunge -, i secondi invece hanno a che fare con le prestazioni di salute ai singoli cittadini, ai singoli pazienti, quindi una tematica di flessibilità sicuramente potrebbe diventare un elemento di grande valore. Sappiamo che la competenza sanitaria, proprio nei Trattati fondativi dell’Unione europea, è in capo alle nazioni, quindi l’Ue ha più una responsabilità di coordinamento, messa a sistema e supporto. Diventa una competenza concorrente in casi di emergenza sanitaria e questo lo abbiamo visto chiaramente durante il Covid”.

Perché la pandemia “ci ha insegnato tantissimo”, spiega Mastandrea. “Da un punto di vista esperienziale ci ha fatto capire effettivamente che la grande capacità reattiva sia dell’Europa sia dei vari Paesi e ci ha fatto capire chiaramente che possiamo contare su sistemi sanitari eccellenti, in particolare come quello che abbiamo visto messo appunto dalla nostra nazione“. Non solo: “Abbiamo anche compreso, a livello europeo, che bisogna lavorare moltissimo sulla prevenzione delle emergenze, quindi sullo studio delle malattie. Motivo per cui è stato istituito proprio uno spazio dei dati sanitari, virtuale, nel quale convergono tutti i flussi di informazione dei cittadini europei e dei pazienti, che è molto interessante perché rappresenta chiaramente un utile strumento per poter fare più ricercata. E per un’azienda come Incyte che investe tantissimo in ricerca, facendone l’asset fondamentale, non possiamo che accogliere molto bene questa novità”. D’altra parte, sottolinea il manager di Incyte, “i sistemi nazionali devono far fronte alla vicinanza dei pazienti e per essere più vicini al paziente devono essere flessibili per le condizioni. Bene quando si tratta chiaramente di individuare le direttrici principali, strategiche e le sfide di sistema alle quali siamo chiamati. In Italia abbiamo una popolazione che invecchia, siamo la seconda nazione più vecchia al mondo dopo il Giappone e quindi chiaramente il tema delle cronicità rappresenta sicuramente una priorità su cui andarsi a concentrare e dove poter anche a disciplinare nuovi modi di fare le cose, per essere più vicini al paziente. Ecco, il vantaggio probabilmente delle autonomie differenziate potrebbe essere quello anche di collezionare delle best practices che poi possano essere in grado di essere spostate a livello nazionale”.

Restando in tema europeo, Mastandrea parla anche della riforma della legislazione europea. “Mercoledì il presidente di Farmindustria si è esposto in maniera molto forte, molto dura, rappresentando il disappunto del comparto rispetto all’approvazione, da parte del Parlamento europeo, della nuova legislazione. Una giornata definita drammatica, nera per l’accesso all’innovazione da parte dei pazienti”. Secondo il Vice President & General Manager di Incyte Italia “effettivamente la normativa europea è stata sicuramente una necessità: dopo 20 anni era fondamentale rivedere il quadro normativo, perché i sistemi normativi-legali sono sempre più lenti della velocità che acquisisce l’innovazione, quindi c’era la necessità di rivedere le cose. Però era una questione anche di come: la riforma europea pone chiaramente i limiti sulla data exclusivity, sulle orphan drug e quindi penalizza fortemente l’innovazione. Questo, chiaramente, quando si tratta poi di accesso alle cure innovative, è un tema ad alta sensibilità”.

Sappiamo che l’Europa perde competitività rispetto agli altri top player mondiali: di 10 brevetti 5 sono Usa, tre Cina e due soli Europa. Quindi – conclude Mastandrea – se il tema della Eupharm legislation è principalmente politico, che ruolo vuole giocare l’Europa nei prossimi anni e quanto vuole essere attrattivo per gli investimenti? Sicuramente è un’opportunità da non perdere e ci auspichiamo che il Consiglio e la Commissione europea possano aprire un tavolo negoziale che possa portare a outcome completamente diverso rispetto a quello che abbiamo visto finora“.

#Salute24, Toti: “Autonomia darà la scossa”. Ma Lorenzin: “Legge inutile e dannosa”

L’autonomia differenziata, croce o delizia per il welfare italiano? Il tema resta ‘incandescente‘ e da mesi divide il dibattito politico. Scenario che si è ripetuto anche al convegno ‘#SALUTE24-Sanità pubblica: l’autonomia differenziata delle Regioni nell’Unione della salute’, organizzato da Withub insieme a Eunews, GEA, Fondazione art.49, in collaborazione con il Parlamento europeo, con il patrocinio della Commissione europea e della Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome e con il supporto di Incyte.

Nel panel dedicato ai ‘Percorsi differenti per livelli di prestazioni omogenei: la missione (impossibile?) dell’autonomia differenziata‘, si sono confrontati governatori, assessori regionali e parlamentari sulla norma in discussione alla Camera, per avere una visione più completa possibile dell’argomento. Dal punto di vista degli enti locali è il presidente della Regione Liguria, Giovanni Toti, a dare come si suol il dire ‘il titolo‘ alla discussione. “La scossa dell’autonomia penso non possa che fare bene all’Italia”, dice il governatore. Mettendo in cima ai possibili benefici che la riforma potrà portare, quello della “assunzione di responsabilità di una parte della classe dirigente del Paese che, come la notte hegeliana, troppo spesso tende a distribuire le cose che non vanno su vari strati di governo, non consentendo al cittadino di comprendere dove il meccanismo si inceppa”.

Non la pensa allo stesso modo la senatrice del Pd, Beatrice Lorenzin, che non usa giri di parole: “È una legge dannosa e inutile”. L’ex ministra della Salute, però, motiva dettagliatamente le sue opinioni: “Dannosa perché non risolve nessuna delle questioni aperte: diseguaglianze, sotto-finanziamento, personale, competitività e competenze, investimenti in ricerca, dati sanitari, che è un tema anche europeo”. Mentre è “inutile, perché non affronta le grandi questioni emerse con il Covid, come costruire reti della prevenzione con input veloci tra Stato e Regioni”. In sostanza, sintetizza Lorenzin, “invece di colmare i problemi, li accentua. Risponde a uno schema politico vecchio, giurassico e non ai reali bisogni dei cittadini, del sistema sanitario e delle stesse Regioni. Anzi, acuirà le fratture tra Nord e Sud e ne creerà di nuove anche all’interno dello stesso Nord”.

Indirettamente, nel videomessaggio inviato agli organizzatori, risponde il presidente della Lombardia, Attilio Fontana, che si definisce “uno tra i maggiori sostenitori dell’autonomia differenziata, specie in un ambito come quello della salute, di così grande impatto sulla vita delle persone”. Secondo il governatore “troppo spesso la questione si pone in termini antitetici, come se l’acquisizione di maggiore responsabilità e autonomia di gestione fossero in alternativa all’omogeneità delle prestazioni. Al contrario – continua -, credo che il livello di risposta ai bisogni più vicini ai cittadini e territori consenta di scegliere la strada più idonea, veloce ed efficace. Una programmazione della sanità che superi la logica dei tetti di spesa, delle contribuzioni a silos non può che aiutare l’equilibrio economico e finanziario degli stessi sistemi”.

Positivo anche il giudizio del governatore veneto, Luca Zaia: “L’Autonomia consentirà di essere più competitivi ed efficienti, più vicini alla gente, meno sprechi, la possibilità di gestire le risorse, anche quelle sanitarie, che ci vengono affidate, nel miglior modo possibile”. Per questo la sua Regione “è pronta per la scrittura dell’intesa, in cui si potrà dare una veste alla nostra idea di autonomia. L’Autonomia è un processo di modernità, valorizzazione delle competenze e piena assunzione di responsabilità, che non mancherà di solidarietà e sussidiarietà”.

Sulla stessa lunghezza d’onda si sintonizza anche il vice presidente e assessore alla Sanità della Regione Marche, Filippo Saltamartini: “La differenziazione dei poteri regionali è questione antica ma è prevista da una riforma costituzionale voluta nel 2001 dalla sinistra”. Portando l’esempio dell’istituzione che rappresenta, spiega: “Se il Fondo nazionale sanitario viene redistribuito sul principio pro capite, e la mia Regione ha il bilancio in pareggio, potrò essere esonerato dal tetto di spesa, che è nazionale, e assumere medici e personale”. Altrimenti, conclude, “si blocca tutto il sistema sanitario sulla base della performance più bassa”.

Autonomia differenziata e Unione della salute europea: se ne parla oggi all’evento di Withub

Come cambierà la sanità con la riforma sull’autonomia differenziata delle Regioni in discussione al Parlamento e quale sarà il ruolo di queste ultime? Ma anche, in che modo l’assunzione di maggiori responsabilità a livello territoriale si concilierà con il percorso di integrazione europea che punta a realizzare l’Unione della salute?. Questi i due grandi temi che si discuteranno durante ‘#SALUTE24 – Sanità pubblica: l’autonomia differenziata delle Regioni nell’Unione della salute’, in programma oggi, 15 aprile, ore 14.30, negli spazi di Esperienza Europa David Sassoli, a Roma, l’evento organizzato da Withub insieme a Eunews, GEA Agency, Fondazione art.49, in collaborazione con il Parlamento europeo, con il patrocinio della Commissione Europea e della Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome, e con il supporto di Incyte.

Nel dettaglio, il primo panel avrà come focus l’autonomia differenziata delle regioni, per discutere come la riforma consentirà agli enti locali di individuare percorsi per garantire degli omogenei livelli essenziali di prestazioni. All’incontro, dal titolo ‘Percorsi differenti per livelli di prestazioni omogenei: la missione (impossibile?) dell’autonomia differenziata’ interverranno la senatrice Beatrice Lorenzin, ministra della Salute tra il 2013 e il 2018, il vicepresidente e assessore alla Salute della Regione Marche Filippo Saltamartini, il presidente della Regione Siciliana, Renato Schifani, il presidente della Regione Toscana, Eugenio Giani e il governatore lombardo Attilio Fontana.

Sull’Unione della Salute si focalizzerà il secondo panel, dedicato alla prospettiva europea e al percorso che gli stati membri Ue stanno portando avanti per armonizzare le politiche sanitarie e rafforzare l’industria farmaceutica del Vecchio Continente. Nel dibattito si discuterà anche di come e se l’autonomia differenziata possa entrare in collisione con l’idea di tale armonizzazione. All’incontro, dal titolo ‘L’autonomia territoriale nel percorso di integrazione europea: le ricadute sul sistema sanitario e sul mercato farmaceutico’, interverranno il presidente di Egualia, Stefano Collatina, direttore Area Salute di I-Com, Thomas Osborn, il vice presidente e general manager di Incyte Italia, Onofrio Mastandrea, e il presidente della Fondazione Gimbe, Nino Cartabellotta.

Oltre che in presenza, presso l’Esperienza Europa David Sassoli in Piazza Venezia 6c a Roma, sarà possibile seguire i dibattiti in diretta streaming qui.

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La sostenibilità passa anche dallo sport e dalla salute: Jakala ‘corre’ in campo per il sociale

Promozione del benessere, inclusione, solidarietà e sostenibilità sociale. Nasce con questi presupposti l’adesione di Jakala, azienda che combina marketing e tecnologia applicati al mondo dell’engagement e della fidelizzazione, alle giornate internazionali dello Sport e della Salute, che nelle prossime settimane coinvolgeranno decine di dipendenti, anzi ‘jakalers’ come preferisce definirli l’azienda stessa.

Il 7 e il 14 giugno torna la SuperLeague, l’evento organizzato dall’associazione PlayMore!, un torneo interaziendale e multidisciplinare aperto a persone di tutte le abilità. Le squadre sono composte da membri provenienti da aziende e persone supportate dall’associazione, cioè ragazzi e ragazze in condizioni di fragilità. Dal 2022, più di 30 dipendenti hanno partecipato al torneo, competendo in discipline di squadra all’interno di formazioni miste e anche in questa nuova edizione si faranno trovare in campo.

“Dal 2021 – racconta Claudia Volpato, responsabile della Sostenibilità in Jakalasiamo società benefit e promuoviamo diversità e inclusione, rivolgendoci sia agli stakeholders interni, cioè i nostri collaboratori, promuovendone il benessere, sia a quelli esterni, come le comunità che vivono nelle zone in cui si trovano le nostre sedi sociali”. Questi elementi, spiega, “vengono uniti e declinati verso attività che favoriscono il benessere e, allo stesso tempo, creano momenti di incontro e conoscenza con persone disabili o in situazioni di fragilità”.

Come, ad esempio, in occasione della Milano Relay Marathon. Lo scorso anno 8 dipendenti sono stati coinvolti a sostegno del progetto Solidando, il primo social market nato a Milano dell’associazione IBVA: un supermercato con casse, scaffali e carrelli, in cui le famiglie che ne hanno bisogno possono fare la spesa gratuitamente, secondo i propri desideri e bisogni, potendo accedere anche a un’assortita varietà di prodotti freschi – dal pane, alla frutta e alla verdura, ai prodotti da frigo. Si tratta di un presidio di aiuto alimentare unico nel suo genere. Per l’edizione 2024, le adesioni sono quadruplicate, con 33 corridori, dando la possibilità a Jakala di sostenere non solo Solidando, ma anche il progetto RunChallenge di Playmore!, un running club gratuito che mira a rendere la corsa accessibile a tutti e tutte, persone di qualsiasi età e abilità. Il progetto nasce dal sogno di 4 ragazzi con disabilità di correre la maratona e oggi conta più di 4500 persone in 14 città. Il valore del progetto risiede, inoltre, nella condivisione delle raccolte fondi aziendali, attivate tramite Rete del Dono: Jakala x RunChallenge e Jaka x Solidando.

I dipendenti, ricorda Volpato, “accolgono bene tutte queste iniziative. Siamo partiti con un numero piccolo di adesioni, poi l’interesse è cresciuto anche grazie al passaparola. Le nostre persone si autoproclamano ambassador di questi progetti”. E chi non può partecipare di persona, in qualche caso può contribuire da remoto. L’importante, spiega la responsabile della Sostenibilità di Jakala “è che la cultura delle nostre persone sia allineata ai principi di inclusione”, ovunque si trovino. Il 18 e il 19 maggio i ‘Jakalers’ parteciperanno anche alla Rimi Riga Marathon, a cui l’azienda ha aderito già nel 2021.

L’attenzione agli Sdg – cioè gli obiettivi di sviluppo sostenibile definiti dall’Onu – si declinano anche in una serie di iniziative dedicate a favorire il benessere e la salute. Come i community days in collaborazione con l’Avis per sensibilizzare i dipendenti alla donazione di sangue e plasma. Nei giorni scorsi l’autoemoteca ha fatto tappa nella sede di Nichelino (To) e presto sarà anche a Milano. L’azienda collabora anche con l’Admo. “Visto che gran parte dei dipendenti ha meno di 35 anni – dice Volpatodedichiamo una giornata alla tipizzazione di chi desidera partecipare”, cioè attraverso un semplice esame del sangue si viene inseriti nel registro internazionale dei donatori di midollo osseo. E, ancora, Jakala propone momenti di sensibilizzazione nei confronti di alcune patologie “per arrivare, poi, alla fine dell’anno a veri e propri screening di prevenzione”. L’idea di fondo è sempre la stessa: “Partiamo dall’ascolto delle persone – conclude – per capire quali attività ritengono più vicine e poi prendiamo contatto con le associazioni”.