Sanità, Mastandrea: “Tra Unione della salute e spinte autonomiste locali solo apparente contraddizione”

Il contrasto tra l’unione della salute e le spinte autonomiste dei sistemi sanitari locali sono solo in apparente contraddizione, perché effettivamente riferiscono due dimensioni completamente diverse“. Lo dice il Regional Vice President & General Manager di Incyte Italia, Onofrio Mastandrea, a margine del convegno #SALUTE24-Sanità pubblica: l’autonomia differenziata delle Regioni nell’Unione della salute, organizzato da Withub insieme a Eunews, GEA, Fondazione art.49, in collaborazione con il Parlamento europeo, con il patrocinio della Commissione europea e della Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome. “La prima, quella europea, ha a che fare chiaramente con le sfide transfrontaliere di sistema – aggiunge -, i secondi invece hanno a che fare con le prestazioni di salute ai singoli cittadini, ai singoli pazienti, quindi una tematica di flessibilità sicuramente potrebbe diventare un elemento di grande valore. Sappiamo che la competenza sanitaria, proprio nei Trattati fondativi dell’Unione europea, è in capo alle nazioni, quindi l’Ue ha più una responsabilità di coordinamento, messa a sistema e supporto. Diventa una competenza concorrente in casi di emergenza sanitaria e questo lo abbiamo visto chiaramente durante il Covid”.

Perché la pandemia “ci ha insegnato tantissimo”, spiega Mastandrea. “Da un punto di vista esperienziale ci ha fatto capire effettivamente che la grande capacità reattiva sia dell’Europa sia dei vari Paesi e ci ha fatto capire chiaramente che possiamo contare su sistemi sanitari eccellenti, in particolare come quello che abbiamo visto messo appunto dalla nostra nazione“. Non solo: “Abbiamo anche compreso, a livello europeo, che bisogna lavorare moltissimo sulla prevenzione delle emergenze, quindi sullo studio delle malattie. Motivo per cui è stato istituito proprio uno spazio dei dati sanitari, virtuale, nel quale convergono tutti i flussi di informazione dei cittadini europei e dei pazienti, che è molto interessante perché rappresenta chiaramente un utile strumento per poter fare più ricercata. E per un’azienda come Incyte che investe tantissimo in ricerca, facendone l’asset fondamentale, non possiamo che accogliere molto bene questa novità”. D’altra parte, sottolinea il manager di Incyte, “i sistemi nazionali devono far fronte alla vicinanza dei pazienti e per essere più vicini al paziente devono essere flessibili per le condizioni. Bene quando si tratta chiaramente di individuare le direttrici principali, strategiche e le sfide di sistema alle quali siamo chiamati. In Italia abbiamo una popolazione che invecchia, siamo la seconda nazione più vecchia al mondo dopo il Giappone e quindi chiaramente il tema delle cronicità rappresenta sicuramente una priorità su cui andarsi a concentrare e dove poter anche a disciplinare nuovi modi di fare le cose, per essere più vicini al paziente. Ecco, il vantaggio probabilmente delle autonomie differenziate potrebbe essere quello anche di collezionare delle best practices che poi possano essere in grado di essere spostate a livello nazionale”.

Restando in tema europeo, Mastandrea parla anche della riforma della legislazione europea. “Mercoledì il presidente di Farmindustria si è esposto in maniera molto forte, molto dura, rappresentando il disappunto del comparto rispetto all’approvazione, da parte del Parlamento europeo, della nuova legislazione. Una giornata definita drammatica, nera per l’accesso all’innovazione da parte dei pazienti”. Secondo il Vice President & General Manager di Incyte Italia “effettivamente la normativa europea è stata sicuramente una necessità: dopo 20 anni era fondamentale rivedere il quadro normativo, perché i sistemi normativi-legali sono sempre più lenti della velocità che acquisisce l’innovazione, quindi c’era la necessità di rivedere le cose. Però era una questione anche di come: la riforma europea pone chiaramente i limiti sulla data exclusivity, sulle orphan drug e quindi penalizza fortemente l’innovazione. Questo, chiaramente, quando si tratta poi di accesso alle cure innovative, è un tema ad alta sensibilità”.

Sappiamo che l’Europa perde competitività rispetto agli altri top player mondiali: di 10 brevetti 5 sono Usa, tre Cina e due soli Europa. Quindi – conclude Mastandrea – se il tema della Eupharm legislation è principalmente politico, che ruolo vuole giocare l’Europa nei prossimi anni e quanto vuole essere attrattivo per gli investimenti? Sicuramente è un’opportunità da non perdere e ci auspichiamo che il Consiglio e la Commissione europea possano aprire un tavolo negoziale che possa portare a outcome completamente diverso rispetto a quello che abbiamo visto finora“.

#Salute24, Toti: “Autonomia darà la scossa”. Ma Lorenzin: “Legge inutile e dannosa”

L’autonomia differenziata, croce o delizia per il welfare italiano? Il tema resta ‘incandescente‘ e da mesi divide il dibattito politico. Scenario che si è ripetuto anche al convegno ‘#SALUTE24-Sanità pubblica: l’autonomia differenziata delle Regioni nell’Unione della salute’, organizzato da Withub insieme a Eunews, GEA, Fondazione art.49, in collaborazione con il Parlamento europeo, con il patrocinio della Commissione europea e della Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome e con il supporto di Incyte.

Nel panel dedicato ai ‘Percorsi differenti per livelli di prestazioni omogenei: la missione (impossibile?) dell’autonomia differenziata‘, si sono confrontati governatori, assessori regionali e parlamentari sulla norma in discussione alla Camera, per avere una visione più completa possibile dell’argomento. Dal punto di vista degli enti locali è il presidente della Regione Liguria, Giovanni Toti, a dare come si suol il dire ‘il titolo‘ alla discussione. “La scossa dell’autonomia penso non possa che fare bene all’Italia”, dice il governatore. Mettendo in cima ai possibili benefici che la riforma potrà portare, quello della “assunzione di responsabilità di una parte della classe dirigente del Paese che, come la notte hegeliana, troppo spesso tende a distribuire le cose che non vanno su vari strati di governo, non consentendo al cittadino di comprendere dove il meccanismo si inceppa”.

Non la pensa allo stesso modo la senatrice del Pd, Beatrice Lorenzin, che non usa giri di parole: “È una legge dannosa e inutile”. L’ex ministra della Salute, però, motiva dettagliatamente le sue opinioni: “Dannosa perché non risolve nessuna delle questioni aperte: diseguaglianze, sotto-finanziamento, personale, competitività e competenze, investimenti in ricerca, dati sanitari, che è un tema anche europeo”. Mentre è “inutile, perché non affronta le grandi questioni emerse con il Covid, come costruire reti della prevenzione con input veloci tra Stato e Regioni”. In sostanza, sintetizza Lorenzin, “invece di colmare i problemi, li accentua. Risponde a uno schema politico vecchio, giurassico e non ai reali bisogni dei cittadini, del sistema sanitario e delle stesse Regioni. Anzi, acuirà le fratture tra Nord e Sud e ne creerà di nuove anche all’interno dello stesso Nord”.

Indirettamente, nel videomessaggio inviato agli organizzatori, risponde il presidente della Lombardia, Attilio Fontana, che si definisce “uno tra i maggiori sostenitori dell’autonomia differenziata, specie in un ambito come quello della salute, di così grande impatto sulla vita delle persone”. Secondo il governatore “troppo spesso la questione si pone in termini antitetici, come se l’acquisizione di maggiore responsabilità e autonomia di gestione fossero in alternativa all’omogeneità delle prestazioni. Al contrario – continua -, credo che il livello di risposta ai bisogni più vicini ai cittadini e territori consenta di scegliere la strada più idonea, veloce ed efficace. Una programmazione della sanità che superi la logica dei tetti di spesa, delle contribuzioni a silos non può che aiutare l’equilibrio economico e finanziario degli stessi sistemi”.

Positivo anche il giudizio del governatore veneto, Luca Zaia: “L’Autonomia consentirà di essere più competitivi ed efficienti, più vicini alla gente, meno sprechi, la possibilità di gestire le risorse, anche quelle sanitarie, che ci vengono affidate, nel miglior modo possibile”. Per questo la sua Regione “è pronta per la scrittura dell’intesa, in cui si potrà dare una veste alla nostra idea di autonomia. L’Autonomia è un processo di modernità, valorizzazione delle competenze e piena assunzione di responsabilità, che non mancherà di solidarietà e sussidiarietà”.

Sulla stessa lunghezza d’onda si sintonizza anche il vice presidente e assessore alla Sanità della Regione Marche, Filippo Saltamartini: “La differenziazione dei poteri regionali è questione antica ma è prevista da una riforma costituzionale voluta nel 2001 dalla sinistra”. Portando l’esempio dell’istituzione che rappresenta, spiega: “Se il Fondo nazionale sanitario viene redistribuito sul principio pro capite, e la mia Regione ha il bilancio in pareggio, potrò essere esonerato dal tetto di spesa, che è nazionale, e assumere medici e personale”. Altrimenti, conclude, “si blocca tutto il sistema sanitario sulla base della performance più bassa”.

Ue, Ceccardi: “Assicurare la sicurezza farmaceutica con una transizione più sostenibile”

Negli ultimi cinque anni la strategia sul Green deal ha riformato e colpito diversi settori, tra cui anche quello farmaceutico”. Così la deputata europea della Lega, Susanna Ceccardi, membro della commissione commissione per gli Affari esteri (Afet) del Parlamento Ue, a margine del convegno ‘Europa in salute. Sfide e opportunità per il futuro‘, promosso mercoledì 6 marzo a Roma da Eli Lilly, con il patrocinio di Parlamento e Commissione europea, Regione Lazio, Farmindustria e Sif.

Credo che la sostenibilità sia assolutamente giusta, ma la transizione debba essere fatta considerando anche la sostenibilità economica e sociale dei provvedimenti, che a volte è stata messa in secondo piano nei provvedimenti – aggiunge -. Si parla di aziende che danno moltissimi posti di lavoro in Europa, che ci garantiscono di stare sul mercato in maniera concorrenziale ma anche di preservare la nostra sicurezza farmaceutica”. Per questi motivi “credo che la direzione della Commissione Ue che si rinnoverà dopo le elezioni europee dell’8 e 9 giugno prossimi, debba essere più centrata a proteggere posti di lavoro e competitività delle nostre imprese”, sottolinea ancora Ceccardi.

Che prosegue la riflessione: “Dopo la pandemia il mondo è cambiato e anche l’Europa ha capito che, oltre alla sicurezza energetica e la sicurezza alimentare, è importante investire sulla sicurezza farmaceutica, del Continente e dei cittadini europei”. Per l’eurodeputata italiana “senza una strategia chiara e condivisa, mettiamo a rischio ogni giorno milioni di vite. Sulla proprietà intellettuale, ultimamente, si è concentrato il lavoro della Commissione europea e credo che le istanze che vengono dalle aziende, italiane ed europee, per un aiuto maggiore nel preservarla, sia una richiesta assolutamente giusta. In questo modo – conclude – si permettono maggiori investimenti e anche maggiore competitività delle nostre imprese”.

Attilio Fontana: “Chi ha progettato il Pnrr poteva destinare più fondi alla sanità”

Attilio Fontana è stato riconfermato alla guida della Regione Lombardia nelle ultime elezioni regionali di febbraio. Il presidente ha parlato con GEA di sanità, a pochi giorni dall’evento ‘Il nuovo approccio europeo alla salute e le ricadute per il sistema italiano‘, organizzato da Withub, con la direzione editoriale di GEA ed Eunews, che si svolgerà a Roma, presso l’Europa Experience David Sassoli, il prossimo 13 aprile.

Presidente, si fa un gran parlare di sanità pubblica a rischio, tra personale introvabile e bilanci risicati. Com’è la situazione per voi governatori?

“La situazione in Lombardia per quanto riguarda il personale è come quella delle altre regioni. Purtroppo siamo tutti vittime di programmazioni sbagliate fatte negli ultimi 10 anni dai Governi nazionali. Non è stato tenuto conto del fabbisogno sanitario della popolazione, tantomeno nelle specialità più richieste. Così abbiamo carenze di medici di medicina generale – ormai in maggior parte in età pensionabile – anestesisti, ortopedici e altre figure indispensabili per far funzionare al meglio il sistema. Senza contare poi la questione degli stipendi, troppo bassi e poco appetibili, che spingono molti professionisti ad andare all’estero. So che il ministro Schillaci ha già contezza di questi problemi e che intende prendere i primi provvedimenti per la loro soluzione”.

Dopo il Covid su cosa avete investito per superare le criticità che avevate sperimentato?

“Come già avevamo iniziato a fare prima della pandemia, siamo tornati a lavorare sulla gestione dei pazienti cronici – che sono quelli che assorbono il 70 per cento delle prestazioni sanitarie – e sul recupero delle liste d’attesa. Il Covid ha dimostrato che poco c’entrava la medicina territoriale. Purtroppo nella prima ondata, anche se avessimo avuto tanti medici sul territorio, i pazienti con fame d’aria avrebbero potuto essere curati solo in ospedale”.

Nel futuro assisteremo a una sanità d’eccellenza concentrata in pochi siti e tanti presidi di pronto soccorso nel territorio? Le case di comunità potranno funzionare?

“Il progetto è avere tanti presidi sul territorio – come Case e Ospedali di Comunità – che possano evitare il sovraffollamento dei pronto soccorso, non la loro moltiplicazione. Ma perché funzionino abbiamo bisogno della collaborazione dei medici di medicina generale. Soprattutto per i problemi che esponevo, legati alla carenza di personale. Si deve far gruppo e lavorare insieme – medici di base, specialisti ospedalieri e operatori sociali – per una vera presa in carico multidisciplinare del cittadino”.

Nel Pnrr la voce sanità è una delle meno ricche. Come mai, secondo lei, il Recovery nato dopo la crisi pandemica ha puntato meno su una voce che in Italia si è dimostrata più fragile del previsto, privilegiando altri settori?

“Dovrebbe chiederlo a chi lo ha progettato. Per me i soldi investiti in sanità sono sempre troppo pochi. E’ una spesa buona…”.

Durante la pandemia le Regioni hanno mostrato pregi e difetti della regionalizzazione della sanità. Sarebbe il momento di fare un tagliando a questo sistema che vige da decenni?

“Direi che il tagliando fatto durante la pandemia ha evidenziato proprio l’importanza del ruolo delle Regioni. E’ stato grazie a noi se sono state scritte le linee guida che hanno consentito pian piano la ripresa delle attività e sempre grazie alle Regioni se la campagna vaccinale è stata un successo“.

L’autonomia differenziata può aiutare a superare i problemi di bilancio e di reperimento personale?

“Assolutamente sì. Noi oggi riceviamo le risorse dal fondo sanitario nazionale che sono alloccate in cosiddetti ‘silos’ blindati che non ci consentono di destinarle negli ambiti che hanno più necessità. Così capita, per esempio, che abbiamo fondi sulla voce ‘infrastrutture’ in cui non abbiamo bisogno di investire, mentre ci mancano in quella relativa al ‘personale’. Ecco, con l’Autonomia, a parità di risorse ricevute, potremo essere liberi di investire dove abbiamo bisogno“.

Ansalone (Novartis): “Lavoriamo per una Sanità più moderna e vicina a cittadini”

Se c’è una lezione che la pandemia insegna è che non bisogna trascurare il rapporto con le Regioni e la medicina territoriale. Ne è convinto Gianluca Ansalone, head of Public affairs & Sustainability di Novartis, che a margine dell’evento ‘Pandemie, strategia farmaceutica e transizione ecologica’ fa il punto con GEA sullo stato dell’arte del colosso svizzero. “È una strada che riteniamo molto promettente. Non c’è futuro per la medicina in Italia senza prendere le lezioni del Covid e la principale è stata portare le cure dove è il paziente e non viceversa. È su questa visione che abbiamo sviluppato il dialogo con alcune Regioni, il Lazio per la medicina d’iniziativa, il Friuli Venezia Giulia, Regione apripista con cui abbiamo stabilito una collaborazione a lungo termine, di tre anni, su alcuni ambiti di comune interesse, come la prevenzione di patologie cardiovascolari ma anche lo sviluppo di strumenti e metodi per rendere la medicina di territorio una realtà molto più solida“.

Intercettare la malattia prima che si manifesti significa salvaguardare la salute delle persone e arrivare a un risparmio economico. Significa fare molta prevenzione. Novartis a che punto è?
Il senso profondo del contributo che vogliamo dare è a riformare le linee guida Sistema Sanitario Nazionale per renderlo più forte e rispondente ai bisogni dei cittadini. Noi viviamo in una società che invecchia e dovremo fronteggiare un’incidenza di patologie croniche molto più larga. Operare per la prevenzione di queste patologie, attraverso il nostro impegno su tematiche importanti, intervenire con una medicina di iniziative, garantire la cura e il follow-up per chi convive con una malattia cronica: su questo terreno ci impegneremo con i territori per rendere la sanità del futuro più vicina ai cittadini.

C’è sempre più questa necessità di arrivare a un rapporto diretto tra la sanità e il paziente, state lavorando in questa direzione?
È al centro della nostra visione, perché crediamo che il sistema sanitario debba essere costruito attorno alle esigenze del paziente e poi perché con lo sviluppo che stiamo seguendo molto da vicino delle nuove tecnologie (mi riferisco a intelligenza artificiale e big data) il paziente è prima di tutto un elemento portante della solidità del Sistema Sanitario del futuro, l’empowerment dei singoli pazienti è la prospettiva in cui crediamo di più, con loro e attraverso di loro vogliamo costruire modelli più moderni ed efficienti.

Sulla medicina a 360 gradi, a che punto è in relazione al progetto One Health dell’Ue?
Lo seguiamo con grande attenzione. Per l’insegnamento che ci ha lasciato la pandemia, l’impossibilità di scindere la salute del pianeta da quella delle persone, perché la nostra grande scommessa del futuro è sulla prevenzione, quando si parla di prevenzione non si può non guardare alla salute nel suo complesso.