Energia, al Faraj (Q8): “Noi fornitori multi-hub di prodotti sostenibili”

“Bisogna assicurarsi di fornire prodotti sostenibili ai consumatori, perché noi dobbiamo essere sostenibili e dobbiamo avere una gamma di prodotti che possiamo fornire loro, e dal canto nostro dobbiamo decarbonizzare le nostre operazioni, quindi quando si sommano i due aspetti, quello che dobbiamo fornire sono prodotti sostenibili, per cui diventiamo un fornitore di servizi multi-hub”. Lo dice a Gea Fadel al Faraj, executive vice president marketing di Q8 Petroleum International, a margine di un evento organizzato dal gruppo a Roma sulle Smart City.
“Viene naturale usare la mobilità come servizio. È questo che stiamo cercando. Ma l’aspetto cruciale da parte nostra è che abbiamo una grande società madre in Kuwait, con la nostra compagnia petrolifera nazionale, che può virtualmente garantire la sicurezza degli approvvigionamenti nel bacino del Mediterraneo”, precisa.

Confindustria: “Premi sostenibili per polizza anti-calamità”. Ania: “Diversificare rischi”

Entro fine anno entrerà in vigore per le imprese la polizza obbligatoria contro gli eventi catastrofali. Il nuovo adempimento è stato introdotto nell’ultima legge di Bilancio e sarà applicato sui danni a terreni e fabbricati, impianti e macchinari, nonché attrezzature industriali e commerciali. Ora si attendono i decreti attuativi, che dovranno avviare l’operatività del provvedimento e soprattutto si dovrà capire il prezzo del premio che dovranno pagare le società. Le aziende, specie le pmi, e le assicurazioni sono pronte? E’ stato questo il tema al centro di un dibattito all’interno dell’evento ‘#GEF24-Green Economy Finance’, organizzato da Withub, insieme a Eunews, GEA-Green Economy Agency e Fondazione Art.49 a Roma, nella sede di Europa Experience intitolata a David Sassoli.

Attualmente l’Italia sconta fra i più alti divari di protezione e la più alta esposizione ai rischi, rispetto alla scarsa propensione assicurativa: il nostro Paese è 25esimo nell’area Ocse nel ramo danni con l’1,9% del Pil assicurato, contro una media Ocse che è oltre due volte tanto. Eppure nel nostro Paese, facendo il conto degli ultimi dieci anni, il valore delle perdite causate dai disastri naturali è pari a 35 miliardi di dollari. Come mai questo gap? “C’è un problema di analfabetismo assicurativo. Le carenze sono pronunciate. Questo elemento fa sì che non si sappia valutare il rischio che si sta affrontando”, ha sottolineato Riccardo Cesari, componente del Consiglio Ivass. “Si pensa che gli eventi catastrofici ci siano ma non ci riguardino”, ha rimarcato. In effetti “c’è un grande lavoro di educazione da fare, perché assicurarsi è un tema di buona gestione, essere assicurati significa evitare il rischio che in caso di evento avverso ci sia un problema di solvibilità”, ha aggiunto Francesca Brunori, direttrice Credito e Finanza di Confindustria, spiegando come la decisione delle imprese di non assicurarsi contro gli eventi climatici nel 60% dei casi è dovuta alla percezione di “un costo eccessivo”, nel 40% per la “mancanza di informazioni adeguate”. Detto ciò “l’approccio della nuova polizza è stato affrettato”. Dunque “è molto importante che si arrivi a una definizione di uno schema di assicurazione obbligatoria – al quale si sta lavorando in queste settimane, lo stanno facendo le istituzioni, il Mef, il Mimit, l’Ivass, Ania e Sace – che consenta di far funzionare un vero effetto di mutualità tale da permettere di contenere i premi su questa assicurazione obbligatoria. Solo con premi sostenibili – ha rimarcato Brunori – il sistema potrà facilmente avvicinarsi all’assicurazione obbligatoria e comprendere che si tratta anche un tema di convenienze economica per loro: sei protetto dal rischio e eviti di dover sostenere un esborso importante in caso di evento avverso che non hai preventivato“.

Maria Siclari, direttrice generale di Ispra, ha sciorinato tutti i numeri del dissesto idrogeologico. Ad esempio, ci sono 225.874 unità locali di impresa in aree a rischio elevato di alluvione.

La polizza obbligatoria che scatterà entro fine anno, ha spiegato Dario Focarelli, direttore generale di Ania, riguarderà solo “terremoti, alluvioni o esondazioni, e frane”. Tuttavia “ci sono alcune zone tecnicamente inassicurabili, come i Campi Flegrei. Nessun assicuratore al mondo assicura il bradisismo. Ci sono rischi che gli assicuratori già valutano come non assicurabili. Questo socialmente è un punto rilevante“, ha specificato. Tutte le altre aziende invece dovranno pagare un premio assicurativo. A quanto ammonterà? “Stiamo facendo una marea di calcoli. Dipenderà da chi si assicurerà sia l’esposizione al rischio delle compagnie sia il prezzo della copertura assicurativa. Sono solo ipotesi, finché non vedremo chi sono gli assicurati”, ha evidenziato ancora Focarelli. “Avremo un prezzo differente a seconda se il rischio sarà diversificato o se ogni compagnia terrà il rischio in capo a se stessa. Il nostro obiettivo è avere il rischio più diversificato possibile, il prezzo più basso possibile, dare la maggior protezione alle imprese italiane”. Quando ci saranno novità? “A settembre-ottobre le compagnie stabiliranno con i riassicuratori” i costi che potranno essere coperti. Solo allora si avrà un range di prezzo della nuova polizza contro i danni catastrofali.

Radici, ‘Chill-fit’ primo nylon tracciabile e con ‘poteri magici’

Il futuro della moda passa anche dal nylon sostenibile. Sembra incredibile, invece è la scommessa di Radici Group, che ogni anno regala al mondo novità avveniristiche. Quella di quest’anno si chiama Radilon Chill-fit: è un filato dalle caratteristiche “magiche”, giura Chiara Ferraris, chief communication officer del gruppo.

E’ un filato molto particolare, che punta l’occhio a una donna che vuole avere pochi capi nell’armadio, che possono essere utilizzati per molteplici occasioni e che quando li indossa devono farla stare bene tutto il giorno, garantirle un comfort e un benessere per molte ore“, spiega. La incontriamo tra i Fori dei mercati di Traiano a Roma, dove ogni anno si tengono gli stati generali della sostenibilità nella moda, il Phygital Sustainability Expo.

 

Perché parla di ‘poteri magici’?
Questo filato consente di avere una massima traspirabilità a contatto con la pelle, garantisce un estremo comfort perché facilita la traspirazione e assorbe, ha tutte le caratteristiche per dare benessere. E ha una funzione termoregolatrice, indossato, si ha immediatamente una sensazione di freschezza. Con il passare delle ore, continua ad abbassare un pochino la temperatura corporea. In una giornata può abbassarla anche di un grado.

Questo dà la possibilità di creare capi modulabili e componibili…
Esattamente. Ad esempio, una tutina da giorno può trasformarsi in un outfit completamente diverso per un cocktail o una serata particolare, estremamente versatile. Consigliamo ai nostri partner di utilizzarli per creare tessuti anche con caratteristiche diverse. Tra l’altro è anche leggermente più coprente, per cui può essere utilizzato anche con filature leggerissime per avere comunque però una buon consistenza e quindi, ancora una volta, migliorare il benessere. Ho, in pratica, un capo che è tecnico e quindi non si disfa, ma anche con un tessuto veramente leggero.

Come può un filato di nylon essere sostenibile, se è polimerico?
Qui stiamo parlando di polimeri ad altissime performance, sono fibre di valore, riciclabili e che possono provenire da riciclo. Noi in azienda facciamo entrambe le cose, produciamo la fibra vergine, se così possiamo chiamarla, da fonte fossile, dopodiché questa fibra la possiamo utilizzare durante tutta la sua vita come prodotto, come capo, e può essere riciclata a fine vita. Non ha neanche bisogno di un riciclo complicato, in azienda abbiamo i processi anche all’interno per poterla trasformare velocemente, è un riciclo termomeccanico, si alza leggermente la temperatura ma non ad alti gradi, e poi si estrude il prodotto. Con un bassissimo impatto ambientale si ricicla e da quel riciclo riusciamo a rigenerare un nuovo filo.

Altra caratteristica notevole è la tracciabilità. Come fate?
Presentiamo il primo caso di tracciabilità nel nylon, fisica e digitale insieme. Prendiamo un tracciante che inseriamo all’interno del nylon, come se fosse un ingrediente, per sempre connesso alla matrice polimerica, intrinsecamente è come se fosse un’anima che il filo si porta dietro. In questo modo, sappiamo che è stato prodotto in quello specifico stabilimento di Radici in Italia e questa informazione, man mano, potrà essere arricchita con le informazioni di tutti quelli che che lavoreranno il filo, del tessitore, del confezionista, del capo e il consumatore finale potrà sapere, in modo semplice e inquadrato in un QR code, qual è la tracciabilità di questo capo, quale percorso ha fatto. Ma in più, oltre a questa che potrebbe essere una tracciabilità digitale, in qualunque momento, anche dopo anni, noi dovessimo avere voglia di capire se un capo che non ha più l’etichetta, non ha più il QR code è arrivato davvero da Radici, con un semplicissimo scanner, appoggiandolo semplicemente sul capo, noi avremo l’informazione che è davvero dentro il nostro tracciante, proveniente da noi.

In questa direzione va la moda?
Questa è proprio la moda del futuro, sembra di stare nel futuro, ma oggi è attuale, questo oggi si può già iniziare a fare. Con la tracciabilità noi possiamo essere certi di dove un capo viene prodotto, per quello diventa una scelta super responsabile e consapevole. Noi a Radici Group, quest’anno, pubblichiamo il nostro ventesimo bilancio di sostenibilità, sono venti anni che dichiariamo tutti i nostri numeri, anche quando non se ne parlava, in giro non si sapeva cosa fosse, negli ultimi anni abbiamo visto una crescita di attenzione. Quando si fa il ventesimo bilancio di sostenibilità, si ha un’idea certa del proprio percorso, si può capire dove si è migliorato, dove c’è da migliorare, che cosa fare.

INFOGRAFICA INTERATTIVA Italia al 25° posto in Ue per competitività, ma nella top 10 per sostenibilità

Un’Europa a più velocità, con l’Italia fra i Paesi più lenti del continente. Il nostro Paese, infatti, si piazza al 25º posto in Ue nella classifica “easy business” che mette in fila i Paesi dell’Unione in base alla competitività. Ecco cosa emerge dall’elaborazione del centro studi GEA – Green Economy Agency su dati Eurostat che mette a confronto i Paesi dell’Ue sulla base di 4 parametri: indicatori economici di base, attrattività, innovazione e sostenibilità. L’indagine è stata presentata questa mattina nel corso dell’evento #GEF24 – Green Economy Finance, organizzato dal gruppo editoriale Withub, insieme a Eunews, GEA – Green Economy Agency e Fondazione Art.49. Nell’infografica INTERATTIVA di GEA la situazione Paese per Paese.

Green sì, sporchi mai: la lavatrice vince sulla sostenibilità. E la colpa è del ‘disgusto’

La maggior parte delle persone oggi propende per scelte di vita rispettose dell’ambiente, ma non a scapito della pulizia. Quando si tratta delle nostre abitudini di lavaggio, la paura di essere percepiti come sporchi spesso vince sul desiderio di agire nel rispetto dell’ambiente. E più siamo inclini a sentirci disgustati, più laviamo i nostri vestiti. Lo dimostra uno studio unico della Chalmers University of Technology, in Svezia, che esamina le forze trainanti dei nostri comportamenti di lavaggio e fornisce nuovi strumenti per ridurre l’impatto ambientale delle persone.

Oggi laviamo i nostri vestiti più che mai e le emissioni derivanti dal lavaggio non sono mai state così elevate. Alcuni dei motivi sono che usiamo ogni indumento poche volte prima di gettarlo nel cestino della biancheria, i progressi tecnologici hanno reso più facile ed economico fare il bucato e l’accesso alle lavatrici è aumentato. Il 16-35% delle emissioni globali di microplastiche proviene dal lavaggio di fibre sintetiche. Inoltre, i detersivi contribuiscono all’eutrofizzazione e anche l’uso di energia e acqua necessarie ha un impatto ambientale.

“Anche se le macchine sono diventate più efficienti dal punto di vista energetico, è la frequenza con cui scegliamo di lavare che ha il maggiore impatto sul clima, e non abbiamo mai fatto tanti lavaggi come oggi. Allo stesso tempo, la maggior parte di noi sembra disinteressata a modificare i propri comportamenti per ridurre l’impatto sul clima”, afferma Erik Klint, dottorando presso la Division of Environmental Systems Analysis di Chalmers.

Klint ha guidato una ricerca che adotta un approccio nuovo e inesplorato alle nostre abitudini di lavaggio che tiene conto di una prospettiva psicologica. Lo studio si concentra su due forze trainanti: l’identità ambientale, cioè quanto fortemente ci identifichiamo con il gruppo di persone attente all’ambiente e quanto siamo inclini a provare sentimenti di disgusto. Due forze motrici chiaramente contrastanti, come dimostra lo studio.

“Noi esseri umani ci troviamo costantemente di fronte a diversi conflitti di obiettivi. In questo caso, c’è una lotta tra il desiderio di limitare i lavaggi per salvare l’ambiente e la paura di essere percepiti come una persona sporca. Il disgusto è una forte forza psicologica e sociale. Lo studio dimostra che quanto più alta è la nostra sensibilità al disgusto, tanto più ci laviamo, indipendentemente dal fatto che diamo grande valore alla nostra identità ambientale. La sensazione di disgusto vince semplicemente sulla consapevolezza ambientale”, afferma.

Il fatto che il disgusto spinga così fortemente il nostro comportamento ha diverse basi. Erik Klint lo descrive come un’emozione condizionata dall’evoluzione, che serve a proteggersi da infezioni o sostanze pericolose. Inoltre, il sentimento di disgusto è strettamente legato alla vergogna e può quindi avere un’influenza anche nei contesti sociali.

“Noi esseri umani non vogliamo fare cose che rischiano di mettere in discussione la nostra posizione nel gruppo, come ad esempio essere associati a una persona che non si prende cura della propria igiene”, spiega.

Secondo Erik Klint, lo studio evidenzia che le campagne e i messaggi odierni per indurre le persone ad agire nel rispetto dell’ambiente hanno un punto di partenza sbagliato, poiché spesso non tengono conto degli aspetti psicologici alla base del comportamento delle persone.

Uno dei principali suggerimenti dello studio è quello di incoraggiare le persone a usare i vestiti più spesso prima che finiscano nel cesto della biancheria. Un modo potrebbe essere quello di evidenziare le argomentazioni economiche, dato che i vestiti si consumano quando passano in lavatrice.

Tra i partner del G7 un progetto di moda sostenibile

Giacche in pelle d’uva, ricavate dagli scarti della produzione del vino, denim in cotone e gomma naturale, abiti tinti con polveri naturali da piante e arbusti del territorio, in collaborazione con laboratori artigianali specializzati.
Tra gli stand del Media Center del G7, nella fiera del Levante a Bari, spicca la pala di fico d’india di HavanaEco, capsule collection del Gruppo Toma, partner del vertice.

La collezione celebra la sostenibilità e l’artigianalità in un’edizione limitata di pezzi unici spiccatamente contemporanei e dettagliatissimi.
Siamo onorati di essere stati selezionati tra i partner di un evento così rilevante che mette la Puglia sotto i riflettori del mondo”, spiega il co-founder Sergio Toma.

Il progetto nasce nel 2022 come ricerca e valorizzazione del Made in Italy, del Made in Puglia e della sua tradizione manifatturiera. Il gruppo però è più che adulto e ha già compiuto 30 anni: “Un trentesimo compleanno ricco di soddisfazioni“, confessa Salvatore Toma altro co-founder e presidente di Confindustria Taranto.

Il lavoro è sulla sostenibilità “applicata e reale“, assicura, che “non può non tenere conto dell’imprescindibile apporto valoriale delle maestranze presenti sul nostro territorio. Dalla loro valorizzazione e da quella degli antichi processi artigiani siamo partiti per questo meraviglioso viaggio“.

Oltre a essere sostenibile e artigianale, la capsule è anche genderless, specchio di un mondo in piena trasformazione. I capi sono disegnati secondo le logiche dell’ecodesign, scegliendo materie prime certificate e innovative che vengono prodotte a partire da fibre derivanti dagli scarti di altre industrie.

A supporto della trasparenza e del consumo consapevole, “i capi HavanaECO sono corredati di passaporto digitale“, spiega Verdiana Toma, quarta generazione in azienda e sustainability manager. “Teniamo molto alla trasparenza anche nella comunicazione e attraverso il passaporto digitale divulghiamo i processi e le materie prime sottostanti al singolo articolo“, scandisce. Il DPP si arricchisce così di un “racconto emozionale dei prodotti e di una sezione ricca di consigli sul buon utilizzo degli stessi per educare il consumatore ad un consumo consapevole e sostenibile“.

prodotti alimentari

La dieta sostenibile riduce del 30% i rischi di morte prematura

Chi segue la cosiddetta Planetary Health Diet (Phd), cioè un’alimentazione sostenibile – studiata e promossa dalla Commissione EAT-Lancet composta da più di 30 esperti in tema di salute, nutrizione, sostenibilità, economia, politica e agricoltura – ha un rischio di morte prematura inferiore del 30%. La diminuzione riguarda tutte le cause di decesso, tra cui cancro, malattie cardiache e polmonari. A rivelarlo è uno studio pubblicato su The American Journal of Clinical Nutrition, condotto dalla Harvard T.H. Chan School of Public Health. Si tratta della prima ricerca di grandi dimensioni chiamata a valutare l’impatto dell’adesione alle raccomandazioni contenute nell’importante rapporto EAT-Lancet del 2019.

Questo tipo di alimentazione ha un impatto ambientale sostanzialmente inferiore, con una riduzione del 29% delle emissioni di gas serra e del 51% del consumo di suolo, pur prevedendo il consumo modesto di carne e latticini.

“Il cambiamento climatico sta portando il nostro pianeta a un disastro ecologico e il nostro sistema alimentare svolge un ruolo fondamentale”, spiega l’autore dello studio Walter Willett, professore di epidemiologia e nutrizione. “Cambiare il nostro modo di mangiare può aiutare a rallentare il processo di cambiamento climatico. E ciò che è più sano per il pianeta è anche più sano per gli esseri umani”.

Sebbene altri studi abbiano rilevato che le diete che privilegiano gli alimenti di origine vegetale rispetto a quelli di origine animale potrebbero avere benefici per la salute dell’uomo e del pianeta, la maggior parte di queste ricerche ha utilizzato valutazioni dietetiche una tantum, che producono risultati più deboli rispetto all’analisi dei regimi alimentari su un lungo periodo di tempo.

I ricercatori hanno utilizzato i dati sanitari di oltre 200.000 donne e uomini iscritti al Nurses’ Health Study I e II e all’Health Professionals Follow-Up Study. I partecipanti non avevano malattie croniche importanti all’inizio dello studio e hanno compilato questionari sulla dieta ogni quattro anni per un massimo di 34 anni. L’alimentazione dei partecipanti è stata valutata in base all’assunzione di 15 gruppi di alimenti, tra cui cereali integrali, verdure, pollame e noci, per quantificare l’aderenza alla Phd.
Lo studio ha rilevato che il rischio di morte prematura era inferiore del 30% nel 10% dei partecipanti più aderenti alla Phd. Inoltre, i ricercatori hanno riscontrato che i soggetti con la maggiore aderenza a una dieta sostenibile avevano un impatto ambientale sostanzialmente inferiore rispetto a quelli con l’aderenza più bassa, con una riduzione del 29% delle emissioni di gas serra, del 21% del fabbisogno di fertilizzanti e del 51% dell’uso di terreni coltivati.

I ricercatori hanno osservato che la riduzione dell’uso del suolo è particolarmente importante in quanto favorisce la riforestazione, considerata un modo efficace per ridurre ulteriormente i livelli di gas serra che sono alla base del cambiamento climatico. “I risultati – dice Willett – dimostrano quanto siano legati la salute umana e quella del pianeta. Mangiare in modo sano aumenta la sostenibilità ambientale, che a sua volta è essenziale per la salute e il benessere di ogni persona sulla terra”.

Nasce ‘School of Sustainability’, un nuovo modello educativo che parte dai banchi di scuola

Photo Credit: School of Sustainability

 

La risposta educativa alla questione ambientale della scuola ha un nome e una mission specifica: School of Sustainability, la nuova iniziativa promossa da Bolton Hope Foundation e Future Education Modena che mira a trasformare l’apprendimento partendo dal tema più importante per il futuro dei giovani, l’ambiente e la sostenibilità. In un’Europa sempre più orientata alla transizione ecologica indicata dal Green Deal, School of Sustainability non si propone soltanto come modello didattico innovativo ma offre una cornice per dare alla nuova generazione di studentesse e studenti gli strumenti e le competenze per generare cambiamento.

Lo sviluppo di questa iniziativa avviene a seguito della pubblicazione del nuovo Quadro di competenze per l’educazione alla sostenibilità dell’Unione europea, il “GreenComp”, diventato il punto di riferimento per le traiettorie di lavoro in ambito educativo finalizzate a sviluppare le abilità e le attitudini più importanti per chi trascorrerà la maggior parte della vita all’interno di un mondo che si muove verso la direzione della transizione ecologica. Appropriazione dei valori legati alla sostenibilità ambientale, sviluppo del pensiero critico e sistemico, “capacità di immaginare futuri possibili” (future thinking) e capacità di azione multilivello (dal singolo alla collettività): sono queste le competenze di una educazione all’ambiente moderna ed efficace.

D’altra parte, è indubbio che le sfide ambientali di oggi richiedono competenze elevate, e quindi nuovi cittadini capaci di affrontare la complessità del contesto socio-economico contemporaneo caratterizzato da una sempre maggiore ricerca della sostenibilità all’interno dei contesti domestici, sociali e produttivi. Proprio per questo il sistema educativo deve favorire lo sviluppo di forti capacità analitiche e la propensione a cercare soluzioni: queste competenze sono al centro dell’iniziativa School of Sustainability. Future Education Modena, con il supporto di Bolton Hope Foundation, ha messo a punto un modello educativo innovativo che si poggia su 3 pilastri: il rigore scientifico e metodologico, l’intelligenza collettiva e uno scenario di riflessione basato sulle opportunità di cambiamento e sulla ricerca di soluzioni possibili.

Questo nuovo modello educativo vuole stimolare la scoperta dei principali temi ambientali e al contempo favorire la propensione all’azione da parte delle ragazze e dei ragazzi. Partendo dalla condivisione del sapere scientifico, i giovani possono appropriarsi della tematica affrontata esplorandola all’interno del contesto territoriale della propria scuola e della propria città, interagendo con esso e progettando soluzioni creative ai problemi individuati. Se il tema è la qualità dell’aria, ad esempio, l’azione degli studenti può partire dall’analisi del proprio contesto di vita, esaminando i dati disponibili, intervistando tecnici ed esperti, ragionando collettivamente e sviluppando idee per migliorare la situazione esistente.

Se invece l’argomento da affrontare è il processo di transizione energetica, l’attività può basarsi sulla valutazione dello stato di fatto all’interno dell’edificio scolastico oppure ragionando sulla scala della singola abitazione o del quartiere. Lo studio delle buone pratiche sempre più diffuse nell’ambito delle riqualificazioni energetiche degli edifici e delle comunità energetiche diventa il punto di partenza per proporre soluzioni concrete, sviluppate attraverso incontri mirati e lavori di gruppo, con un output che potrà essere messo a disposizione dei decisori pubblici e privati attivi nel contesto locale. Studentesse e studenti diventano quindi attori protagonisti del processo di transizione ecologica: è nelle sue ambizioni, un cambio di paradigma che finalmente pone al centro della transizione le generazioni più giovani, che possono passare dalla richiesta di risposte alla crisi ambientale alla proposta di soluzioni applicabili per il proprio territorio.

L’iniziativa è rivolta principalmente alle scuole secondarie di I grado. L’approccio pratico e partecipato in modo collettivo consente inoltre di contrastare la climate change anxiety, di sviluppare un senso di responsabilità personale e collettiva verso l’ambiente e la consapevolezza del proprio ruolo per tutelare la salute della società e del pianeta. School of Sustainability coinvolge gli insegnanti in un percorso di formazione che si declina attraverso una delle 4 traiettorie tematiche offerte: per ciascuna, si propone un percorso didattico che parte dalle conoscenze scientifiche necessarie per comprendere l’argomento, fino ad arrivare all’azione progettuale finalizzata al miglioramento del contesto locale in cui le scuole si trovano a vivere. L’iniziativa favorisce così la nascita di una community nazionale di scuole per lo scambio di esperienze, il supporto reciproco e la condivisione dei risultati ottenuti dalle diverse classi.

All’interno di School of Sustainability le comunità (dei docenti e delle scuole partecipanti), diventano il luogo in cui si sviluppano analisi e si generano proposte per trasformare concretamente il rispettivo contesto di vita. I numeri: 4 Track tematiche, traiettorie strategiche relative ai principali temi della transizione ecologica, transizione energetica degli edifici, città verdi e valorizzazione degli ecosistemi urbani, pianificazione e clima locale, per riprogettare gli spazi urbani con interventi naturalistici, miglioramento della qualità dell’aria; 20 Unità Didattiche, per declinare in modo approfondito le basi scientifiche necessarie al processo di transizione; 4 Challenge, sfide progettuali legate alle track tematiche che le scuole utilizzano come traccia per generare impatto: Progetti Attivi sui territori, con una visione di sistema del contesto locale e una modalità partecipativa finalizzata a coinvolgere decisori pubblici e privati, a partire dalle Amministrazioni Pubbliche Locali; 70 classi coinvolte, 60 workshop in presenza in alcuni contesti specifici del territorio nazionale (Piemonte, Emilia-Romagna, Campania e Puglia) per stimolare la discussione nella classe e promuovere l’approccio concreto e positivo alla risoluzione dei problemi ambientali.

Coinvolte le scuole di città e comuni delle province di Bari, Bergamo, Brescia, Caserta, Cuneo, Foggia, Genova, Lecce, Modena, Napoli, Padova, Parma, Reggio Emilia, Torino, Trento; 4 incontri con esperti di settore capaci di condividere esperienze personali e progetti di rilevanza nazionale sui temi affrontati, trasmettere determinazione e passione per ispirare l’azione degli studenti e orientarli nella scelta del loro percorso formativo; 2 modelli di valutazione: dello sviluppo della professionalità dei docenti e della crescita degli studenti in termini di consapevolezza e competenze; 181 insegnanti coinvolti nel processo formativo, nelle unità didattiche complete o nei percorsi brevi, di ispirazione.

L’iniziativa si sviluppa su tutto il territorio nazionale, con libera adesione delle scuole interessate a partecipare. School of Sustainability intende affrontare la sostenibilità in modo interdisciplinare, approcciare i temi partendo dallo studio analitico delle principali questioni ambientali del nostro tempo, arrivando allo svolgimento di attività di gruppo per lo sviluppo di soluzioni per il proprio territorio. All’interno di questo percorso ci si occupa dello studio del contesto locale, dell’analisi del territorio e della specifica problematica, e si arriva allo sviluppo di progetti proposti dagli studenti stessi. Questo approccio favorisce il coinvolgimento di tutti, la condivisione, l’apprendimento e lo sviluppo di un’intelligenza collettiva che stimola un processo di crescita collettiva e individuale. L’altro aspetto determinante è lo sviluppo di competenze specifiche in ambito scientifico, attraverso l’analisi dei dati, lo studio sul campo della situazione esistente, l’adozione di un metodo di lavoro pratico e collettivo.

Sviluppo di competenze e creazione di impatto sociale sono i due obiettivi centrali di School of Sustainability. Da una parte l’iniziativa si propone di coniugare l’acquisizione di conoscenze e competenze connesse alla dimensione della sostenibilità con lo svolgimento di “compiti di realtà” che simulano le attività svolte dai tecnici del settore (adattate in ogni ordine di scuola). Dall’altra si creano sinergie all’interno dei territori favorendo il contatto e la collaborazione tra la scuola e gli enti locali, i decisori privati e la cittadinanza, a vari livelli. Per questo, alla fine del percorso non saranno solo le studentesse e gli studenti ad aver acquisito capacità e a essere cresciuti, ma anche la società stessa.

Imprese, Frezza: “Con Sace Esg Hub transizione in ottica sostenibile per le pmi”

Siamo partiti da una sessione di Codesign che abbiamo organizzato lo scorso anno insieme ad alcune pmi per individuare le principali esigenze delle aziende per affrontare la trasformazione in chiave Esg. Da questa occasione di confronto è nata l’idea di creare una piattaforma vocata alla transizione in ottica sostenibile delle piccole e medie imprese. E a tal fine, abbiamo raccolto tutti i nostri strumenti e servizi d’accompagnamento nel Sace Esg Hub, che è online da oggi“. Lo dichiara a GEA il Chief Marketing & Sales Pmi & Property Management Solutions di Sace, Antonio Frezza, in merito alla piattaforma online dedicata alla sostenibilità a tutto tondo che offre soluzioni assicurativo-finanziarie (da Garanzie Green e Garanzia Futuro a Protezione Rischio Clima), servizi di accompagnamento, come incontri di business matching in settori strategici per la sostenibilità, e percorsi formativi specifici sul tema.

Questa prima wave sarà seguita da una seconda entro l’anno, nella quale includeremo anche prodotti di partner terzi, che siamo selezionando, e che andranno a completare l’offerta per le Pmi che navigheranno nella piattaforma – aggiunge -. Abbiamo individuato 20 priorità per le aziende e le abbiamo raccolte in quattro aree specifiche dell’Hub: una dedicata ai prodotti finanziari e assicurativi, una al rating da attribuire ai propri bilanci e alle proprie attività, una all’identificazione di partner che effettuano servizi di advisory su particolari temi della transizione Esg e in ultimo, una che supporterà le imprese nella ricerca dei marketplace“.

Accedendo a Sace Esg Hub, le imprese possono trovare molti strumenti per orientare le proprie scelte relative ai cambiamenti climatici e alla transizione energetica, come la Mappa Esg, realizzata in collaborazione con Enel Foundation, che offre una fotografia del mondo riguardo a transizione energetica, rischio climatico e uguaglianza. Un grande potenziale che si espanderà ulteriormente nei prossimi mesi con l’apertura dell’Hub anche a partner del settore Esg.

Tonelli (Cnpr): Più trasparenza per report di sostenibilità aziendale

Il report di sostenibilità è divenuto una parte essenziale della trasparenza aziendale, grazie soprattutto alla Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD) che ha esteso l’obbligo di presentare tale report a un numero più ampio di aziende.
“Da gennaio 2024 infatti, tutte le aziende con più di 250 dipendenti, un fatturato superiore a 20 milioni euro ed un bilancio annuo di almeno 40 milioni – afferma Maria Vittoria Tonelli, consigliera d’amministrazione della Cassa dei ragionieri e degli esperti contabilidevono effettuare la rendicontazione di sostenibilità che rafforza le regole sulla divulgazione delle informazioni ambientali e sociali, richiedendo alle aziende di adeguare le informazioni relative ai nuovi standard ESRS, mirando a integrare la sostenibilità nelle strategie aziendali e rendere il reporting più ampio, dettagliato e comparabile a livello internazionale”.
Gli ESRS-European Sustainability Reporting Standards, mirano a fornire dati affidabili agli investitori e agli stakeholder per valutare l’impatto delle attività aziendali sulla società e sull’ambiente, facilitando anche una maggiore interoperabilità tra gli standard globali.
“L’introduzione della CSRD – prosegue Tonelli – ha un impatto significativo sulle pratiche di reporting delle aziende, portando con sé cambiamenti cruciali come l’estensione dell’obbligo di rendicontazione, la valutazione della ‘doppia materialità’ e la necessità di una verifica di terze parti. Questi cambiamenti mirano a garantire una maggiore trasparenza e responsabilità aziendale, promuovendo un impegno più forte verso operazioni sostenibili nel lungo termine”.