Earth Hour. Earth Day.

Domani è l’Overshoot Day: la Terra ha finito le risorse del 2024

Cade giovedì 1 agosto il giorno del 2024 in cui, secondo le stime del Global Footprint Network, l’umanità avrà consumato tutte le risorse generate dal pianeta per l’intero anno. Nei giorni che mancano fino alla fine dell’anno il consumo di risorse rinnovabili rosicchierà, quindi, il capitale naturale, senza consentirgli di rigenerarsi. L’Overshoot Day, questo il suo nome, quest’anno si verifica leggermente in anticipo rispetto al 2023, quando cadde il 2 agosto.

Tuttavia, la riduzione del nostro ‘debito’ nei confronti del Pianeta è ancora troppo lenta. Per raggiungere l’obiettivo dell’Ipcc delle Nazioni Unite di ridurre del 43% le emissioni di gas serra a livello mondiale entro il 2030 (rispetto al 2010) sarebbe necessario spostare in avanti l’Earth Overshoot Day di 19 giorni all’anno almeno per i prossimi sei anni. Peraltro l’Italia è uno dei paesi con il più elevato debito ecologico. L’Overshoot Day nel nostro Paese è arrivato già il 19 maggio, in leggero ritardo rispetto al 2023, quando cadde il 15 maggio.

L’overshoot si verifica quando la domanda di risorse biologiche da parte dell’umanità supera la capacità della Terra di rigenerarle entro lo stesso anno. Nel 1971, l’Earth Overshoot Day cadeva il giorno di Natale. In appena mezzo secolo, il giorno in cui l’umanità va a debito con il pianeta è stato anticipato di quasi centocinquanta giorni, venendo registrato ogni anno più presto. Nel 2020, l’Overshoot Day è stato posticipato di tre settimane a causa della pandemia di Covid-19, prima di tornare ai livelli precedenti. Questa impronta ecologica è calcolata in base a sei diverse categorie, “coltivazioni, pascoli, aree necessarie per i prodotti forestali, aree di pesca, aree edificate e aree forestali necessarie per assorbire il carbonio emesso dai combustibili fossili“, ed è intimamente legata ai modelli di consumo, in particolare nei Paesi ricchi.

Anche per il 2024 siamo arrivati alla fine delle risorse disponibili per l’intero anno – commenta Serena Milano, direttrice di Slow Food Italia –. Abbiamo consumato tutto ciò che avevamo a disposizione. È il risultato, inevitabile, di modelli di vita fondati su una logica di estrazione e di accaparramento delle risorse naturali. Esaurire le risorse ecosistemiche di un determinato anno è un po’ come superare il plafond della carta di credito, ma con una differenza: non c’è un soggetto terzo, una banca, che possa impedire all’umanità di continuare a fare debiti. Spetta a noi stessi il compito di invertire la rotta, di abbandonare stili di consumo che ignorano il senso del limite e mortificano il concetto di sobrietà“.

Mattarella visita Phi-Lab di Esrin-Esa: “Lo Spazio resti luogo comune per l’umanità”

Sergio Mattarella rilancia il valore della collaborazione scientifica. L’occasione è la visita all’Esrin, il centro di eccellenza dell’Agenzia spaziale europea per l’osservazione dei parametri della Terra, che ha una delle sedi operative a Frascati, nel cuore dei Castelli Romani. Il presidente della Repubblica visita il Phi-Lab, ascolta dalla viva voce di ricercatori e scienziati tutte le operazioni in cui sono impegnati gli esperti provenienti da tutta Europa. “La collaborazione, il lavoro comune in Europa moltiplica le potenzialità di ogni Paese e ne esalta i risultati“, esordisce nel saluto “fuori programma” al termine della visita.

Il capo dello Stato sottolinea come “esaminare, studiare, approfondire l’andamento dei fenomeni che riguardano la Terra, consente benefici sempre più ampi alle persone, grazie alla strumentazione disponibile“. In particolar modo “in quei territori in cui si manifestano fragilità, fenomeni come la siccità, la desertificazione, l’innalzamento delle acque dei mari“, dunque è “un contributo di grande rilievo quello che fornisce l’Esrin in questa dimensione prioritaria delle sfide che si pongono davanti a tutti noi“.

Il video preparato da Esrin-Esa in occasione della visita del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella

 

Mattarella ascolta le parole di Francesca Leonelli, Earth Observation Green Transition Data Application Scientist di Esa, che spiega di apprezzare un aspetto in particolare del suo lavoro: “Poter toccare con mano, quotidianamente, lo spirito di cooperazione concreta tra Paesi diversi, a partire dal lavorare a stretto contatto con i colleghi di diverse nazionalità all’interno dell’Agenzia, all’interagire con i vari consorzi che sviluppano specifici progetti per Esa e quasi sempre formati da squadre di enti provenienti da Paesi diversi“.

Un tema toccato anche da Teodoro Valente, presidente dell’Agenzia spaziale italiana, tra i fondatori dell’Esa: “La cooperazione e la ‘diplomazia spaziale’ sono una delle nostre più grandi ambizioni e sfide“. Asi sarà protagonista, dal 14 al 18 ottobre prossimi, del Congresso Internazionale di Astronautica, che quest’anno si svolgerà in Italia, a Milano, “riunendo l’intera comunità spaziale internazionale, circa 10mila delegati: scienziati, ricercatori, rappresentanti delle agenzie spaziali (inclusa l’Esa), dell’industria e dell’Accademia, studenti e giovani professionisti, Autorità politiche e membri dei diversi Parlamenti provenienti da più di 100 Paesi da sei continenti“.

L’esperienza di Esrin porta alla riflessione di Mattarella, che ribadisce un concetto a lui molto caro: “La ricerca non ha confini, né frontiere da rispettare e osservare, ma è necessariamente comune. Ed è questo che fa crescere e consente benefici all’umanità“.

Del resto, come mette in luce pure il direttore generale dell’Agenzia spaziale europea, Josef Aschbacher, “lo Spazio ricopre un ruolo strategico nel panorama geopolitico, in termini di strumenti a sostegno di politiche europee di prioritaria importanza, come il Green Deal europeo, quella della digitalizzazione e della sicurezza. Inoltre, stimola e si basa sulla cooperazione internazionale e ha un’importante dimensione culturale per l’umanità“.

Il capo dello Stato ascolta, applaude e poi lancia un monito: “E’ fondamentale che lo Spazio resti sempre un luogo comune dell’umanità“. Perché la collaborazione scientifica è “un messaggio importante in questo momento in cui il mondo è sempre più interconnesso, raccolto, in cui le parti sono sempre più ravvicinate”, ma allo stesso tempo presenta “tensioni, in linea contrapposta a quello che si propone la ricerca scientifica e i risultati che ne consegue“, prosegue il capo dello Stato. Dunque, “dimostrare quanto sia importante la collaborazione e quanti risultati faccia pervenire a beneficio dell’umanità, è un messaggio non astratto ma concretamente efficace”, continua. “Lo Spazio è sempre più una dimensione crescente, dominante, protagonista per la vita dell’umanità. E da qui esce un messaggio che vorrei sottolineare il più possibile, di una volontà doverosa e ostinata perché lo Spazio sia sempre un ambito di collaborazione scientifica e internazionale. Sia un luogo comune per l’umanità – conclude il presidente della Repubblica -. Questo è un messaggio fondamentale per il futuro della Terra”.

piante sulla luna

La scoperta della Nasa: “Le piante possono crescere sulla Luna”

Un piccolo vaso di terra, ma un grande passo verso l’agricoltura spaziale. Dalla Nasa arriva la scoperta che – potenzialmente – potrebbe rendere possibile coltivare piante direttamente sulla Luna. Gli scienziati, per la prima volta nella storia, sono riusciti a far crescere alcune piante in pochi grammi di suolo lunare, portato sulla Terra dagli astronauti delle missioni Apollo 11, 12 e 17. Il progetto è stato realizzato dall’Università della Florida e pubblicato sulla rivista Communications Biology.

Questa ricerca è cruciale per gli obiettivi di esplorazione umana a lungo termine della Nasa“, ha affermato il capo dell’agenzia spaziale Usa, Bill Nelson in una dichiarazione. “Avremo bisogno di utilizzare le risorse sulla Luna e su Marte – ha aggiunto – per sviluppare fonti di cibo per i futuri astronauti che vivranno nello spazio profondo“.

Per il loro esperimento, i ricercatori hanno utilizzato solo 12 grammi di suolo lunare (pochi cucchiaini), raccolto da diversi punti della Luna durante le missioni del programma Apollo, iniziate nel 1969 e concluse nel 1972. In piccoli vasi delle dimensioni di un ditale, hanno inserito circa un grammo di terreno (chiamato regolite), aggiungendo acqua e semi e, quotidianamente, una soluzione nutritiva.

La pianta utilizzata è stata l’arabidopsis thaliana, scelta perché cresce facilmente e, soprattutto, perché è già stata molto studiata: il suo codice genetico, così come il modo in cui si comporta in ambienti ostili – anche nello spazio – sono noti. I semi sono stati piantati contemporaneamente anche nel suolo terrestre e in campioni che imitavano quelli lunare e marziano, per fungere da confronto. Il risultato? Dopo due giorni, i semi dei campioni lunari sono germinati.

piante-luna

Tutte le piante, sia nel suolo lunare che nei campioni di controllo, si assomigliavano fino al sesto giorno“, ha affermato Anna-Lisa Paul, autrice principale dello studio, in una dichiarazione. Ma in seguito, si è scoperto che le piante lunari crescono più lentamente e hanno radici rachitiche.

Dopo 20 giorni, gli scienziati hanno raccolto le piante e ne hanno studiato il DNA. Hanno scoperto, così, che le piante lunari avevano risposto nel modo in cui i vegetali reagiscono a un ambiente ostile, come quando un terreno contiene troppo sale o metalli pesanti. In futuro, gli scienziati vogliono cercare di capire come rendere più ospitale il terreno.

Guarda il video.

 

Photo credit: Tyler Jones, University of Florida/IFAS