Trento è la città più green del 2023. Fanalini di coda Catania e Palermo

Strada in salita per le città italiane segnate negli ultimi 30 anni da una crescita lenta e troppo altalenante e dove le emergenze urbane, nonostante lievi miglioramenti, restano più o meno le stesse: smog, trasporti, spreco idrico, auto circolanti restano, infatti, le questioni più critiche da affrontare. È quanto emerge in sintesi da Ecosistema Urbano 2023, il report di Legambiente realizzato in collaborazione con Ambiente Italia e Il Sole 24 ORE, sulle performance ambientali di 105 Comuni capoluogo. Quest’anno Ecosistema Urbano è alla sua trentesima edizione e per l’occasione fa il punto su questi anni di studi e monitoraggi sulle città, iniziati nel 1994, presentando anche la classifica 2023 con Trento che guida la graduatoria per performance ambientali seguita da Mantova e Pordenone. Al settimo posto Cosenza, prima città del Sud, alle sue spalle Cagliari 16esima e Oristano 22esima. Roma è solo 89esima, fanalino di coda per Caltanissetta (103esima), Catania e Palermo (entrambe 105esima). Oscillazione in negativo per Milano al 42esimo posto (la scorsa edizione era scesa al 38esimo posto), per Firenze che slitta al 53esima posto e Genova al 58esimo posto.

Regina green per performance ambientali è Trento, seconda lo scorso anno e già vincitrice due e tre edizioni fa. Il capoluogo trentino mantiene un buon livello di qualità dell’aria migliorando leggermente nelle medie relative a NO2, rimanendo nei limiti per il Pm10 e per il nuovo Pm2,5, mentre peggiora nei giorni di superamento dell’ozono. Diminuiscono ancora i consumi idrici passando dai 149,7 litri procapite al giorno dello scorso anno agli attuali 147,4 (ma erano 151,3 litri due edizioni fa). Scende lievemente la produzione totale di rifiuti (da 454 Kg/ab/anno agli attuali 446) ma, pur restando tra le migliori, scende di poco anche nella percentuale di rifiuti raccolti in modo differenziato che gli vale comunque il settimo posto nella graduatoria specifica. Seconda è Mantova, decima lo scorso anno e terza due anni fa. Il capoluogo lombardo abbassa i valori medi di NO2 a 21,7 microgrammi/mc (erano 23 nella passata edizione). Scende di poco la produzione di rifiuti ma sale ancora la percentuale di rifiuti raccolti in maniera differenziata che passa dall’83,2% della passata edizione all’attuale 84,8% che vale per Mantova il quarto posto assoluto dietro a Ferrara, Pordenone e Treviso. Raddoppiano quasi i passeggeri trasportati dal servizio di trasporto pubblico che salgono dai 36 viaggi/abitante annui della passata edizione agli attuali 66 che le valgono il terzo posto tra le piccole città. Più del triplo rispetto alla passata edizione il suolo destinato ai pedoni che si attesta sui 90,8 metri quadrati ogni 100 abitanti che significano per Mantova l’ottava piazza nella specifica graduatoria, mentre risulta addirittura prima assoluta per quel che concerne i metri quadrati ogni 100 abitanti di zone a traffico limitato con 1.729,5 mq/100 ab. Terza si piazza Pordenone, quinta due anni fa e settima lo scorso anno, si migliora qua e là in alcuni indici come quello dei consumi idrici dove scende da 175,6 della passata edizione a 161,2 litri procapite al giorno e nelle perdite della rete idrica dove scende sotto il 10% dell’acqua dispersa: 9,9%, seconda assoluta dopo Pavia. Diminuisce la produzione di rifiuti urbani dove passa dai 520 kg per abitante all’anno della scorsa edizione ai 493 e contestualmente continua a crescere la percentuale di raccolta differenziata dei rifiuti dove Pordenone sale dall’85,3% dell’anno passato all’attuale 86,9% che le vale il secondo posto assoluto dell’indice. Crescono di un terzo i passeggeri trasportati dal servizio di Tpl e cresce ancora, seppur di poco il livello di infrastrutturazione per le bici che passa dai 18,06 metri equivalenti ogni 100 abitanti della passata edizione agli attuali 19,11; migliora anche l’indice dell’uso del suolo: da 6,5 su 10 a 7,5.

Anche nel 2023 i grandi centri urbani faticano a rispondere alle emergenze urbane. Dallo smog (Torino, Milano, Bologna o Firenze), al traffico (Catania, Roma), alla difficoltà del sistema di Tpl (Roma, Catania), dai rifiuti (Palermo, Catania, Venezia, Firenze, Roma), alla dispersione di acqua potabile (Firenze, Catania, Bari), dal suolo consumato (Venezia), alla scarsa diffusione del solare termico e fotovoltaico (Napoli, Palermo, Torino, Roma) fino a chi fa fatica anche dove complessivamente le cose sembrano andare meglio come nella diffusione della ciclabilità (Napoli, Genova, Roma). Numeri sempre elevati delle concentrazioni di biossido di azoto di Milano, Torino o Palermo o dei giorni di superamento dei limiti dell’ozono a Torino, il sempre alto numero di auto circolanti di Catania (78 auto ogni 100 abitanti). Sale al 16,3% (era al 15,4% lo scorso anno) la raccolta differenziata a Palermo, Catania si attesta al 26,2% e Napoli al 37,8% (il 35% era l’obiettivo normativo da raggiungere nel 2006), così come gli appena 9 viaggi procapite effettuati annualmente sul servizio di trasporto collettivo dai cittadini di Catania, o gli oltre 8 morti e feriti ogni 1000 abitanti per incidenti stradali registrati a Firenze o Genova.

Per Legambiente in questi 30 anni a rallentare la crescita sostenibile delle città sono stati interventi troppo a comportamenti stagni che non hanno permesso quella accelerata che serviva alle aree urbane, in cui oggi si concentra una sfida cruciale. E così accanto ai lenti e progressivi miglioramenti come l’aumento della percentuale di raccolta differenziata (dal 4,4% in media del ‘94 al 62,7% nel 2022 ma solo in alcuni capoluoghi) e delle piste ciclabili (passate da una media di 0,16m equivalenti/100 abitanti nel ‘98 a una media di 10,59m equivalenti/100 abitanti nel 2022); in questi 30 anni non sono mancati stalli e ritardi. Nessun miglioramento, ad esempio, per il tasso medio di motorizzazione dei comuni capoluogo italiani che si conferma, come trent’anni fa, a livelli tra i più alti d’Europa: 66,6 auto ogni 100 abitanti; è cresciuta la produzione complessiva di rifiuti (passando da una media pro capite di 455 kg/anno del ‘94 a 516 kg/anno nel 2022), e il trasporto pubblico è ancora lontano dalle medie europee ed è passato da 97 viaggi pro capire all’anno nel ’95 ai 65 viaggi pro capire all’anno nel 2022). La sfida per città più sostenibili e vivibili è un traguardo ancora lontano, nonostante sui territori ci siano realtà e buone pratiche che vanno nella giusta direzione. Per accelerare questa rivoluzione urbana, in grado di affrontare anche la crisi climatica in atto, per Legambiente è fondamentale: che si definisca una strategia urbana nazionale e una cabina di regia che includa Governo, sindaci e comunità locali; che si mettano in campo interventi lungimiranti e innovativi non più rimandabili, prevedendo risorse adeguate e non tagli (ad oggi ricorda Legambiente la rimodulazione dei fondi de PNRR prevede invece un taglio di circa 13 miliardi di euro destinati proprio ai comuni e alle città metropolitane); che si replichino quelle buone pratiche già presenti sui territori e che Legambiente da 30 anni racconta anche con Ecosistema Urbano.

Le città – dichiara Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambientevanno ripensate come motori di un cambiamento capace di renderle vivibili e a misura umana, nonché laboratori fondamentali per il percorso di decarbonizzazione. Occorre infrastrutturarle, realizzando gli impianti industriali dell’economia circolare, riducendo le perdite nella rete di distribuzione dell’acqua, completando la rete di fognatura e depurazione delle acque reflue, facilitando la permeabilità del tessuto urbano alle acque piovane per adattarsi alla crisi climatica e ricaricare le falde, diffondendo le colonnine di ricarica elettrica negli spazi pubblici. Nei prossimi anni l’Italia dovrà moltiplicare i cantieri della transizione ecologica in tutte le città del nostro Paese, tema al centro del XII° congresso nazionale di Legambiente che si terrà a Roma dal 1 al 3 dicembre 2023 e della nostra campagna itinerante in corso. Siamo in grado di farlo, ma serve quella volontà politica, a livello nazionale e locale, che è mancata finora e che anno dopo anno diventa sempre più urgente”.

Orso Marsincano

Il Tar di Trento sospende l’ordinanza di abbattimento per gli orsi JJ4 e MJ5 fino al 27 giugno

Jj4 e Mj5 sono salvi, almeno per ora. Il Tar di Trento, infatti, ha accolto i ricorsi delle associazioni animaliste e sospeso provvisoriamente il provvedimento di abbattimento dell’orsa che ha ucciso il runner Andrea Papi ad aprile e dell’esemplare maschio accusato di aver aggredito un escursionista a marzo. L’ordinanza è sospesa fino al 27 giugno, mentre l’udienza di merito è fissata per il 14 dicembre. E secondo la Lav proprio fino a questa data non potranno essere uccisi i due esemplari.

Intanto le associazioni animaliste continuano a spingere per le possibili alternative agli abbattimenti. “Noi abbiamo elaborato delle proposte – spiegano Enpa, Leidaa e Oipa, che hanno presentato congiuntamente ricorso contro i decreti del presidente della Provincia autonoma di Trento, Maurizio Fugatti -, che svilupperemo ulteriormente nelle prossime settimane, proprio per dimostrare che non c’è alcuna necessità di abbattere JJ4. L’orsa potrà andare a vivere in un posto molto lontano dal Casteller e soprattutto molto diverso. Ci sono dei precedenti molto incoraggianti dove gli animali sono stati trasferiti e stanno bene e vivono in situazioni compatibili con le loro esigenze etologiche”. La Lav va oltre, spiegando che “le possibilità di trasferire gli orsi sono concrete e reali e depositeremo l’approfondimento richiesto del progetto per portare in salvo gli animali in un rifugio santuario sicuro, sostenendone interamente le spese”.

Di tutt’altro avviso il presidente trentino Maurizio Fugatti, che sostiene che il Tar abbia dato ragione alla Provincia autonoma. Visto che, sostiene, “il Tar riconosce come i ricorsi non siano supportati da un presumibile fondamento giuridico e ravvisa già profili di inammissibilità”. L’ipotesi di trasferimento avanzata da qualche associazione – viene rilevato dalla Provincia – “non è suffragata da alcuna concreta e fattibile proposta da cui risulti anche l’impegno dei proponenti a farsi carico di tutti gli oneri. Per questo motivo, si può affermare che la scelta definitiva di confermare l’abbattimento sia di MJ5 che di JJ4 sia stata ritenuta validamente motivata”. Secondo Fugatti la sospensione degli abbattimenti “è stata disposta esclusivamente per un aspetto procedurale, ovvero allo scopo di permettere alle associazioni ricorrenti di impugnare anche le linee guida e il rapporto Ispra e Muse del 2021, non essendo ancora decorsi i termini per impugnare tale documentazione. Proseguiranno, quindi le operazioni di individuazione e identificazione di MJ5.

Alla luce delle ordinanze pubblicate stamani – è il commento del presidente Fugatti – emerge come la Provincia abbia svolto la propria istruttoria alla base dei provvedimenti adottati per gli Orsi pericolosi, JJ4 (responsabile dell’uccisione di Andrea Papi), e MJ5 (che ha aggredito un uomo in Val di Rabbi), in maniera ragionevolmente approfondita. Una conferma della validità delle decisioni adottate per garantire in primo luogo l’incolumità delle persone e la gestione degli animali problematici. Sostanzialmente – conclude il presidente – traspare dai provvedimenti del Tar la legittimità della decisione di abbattimento, che la Provincia ha adottato proprio sulla base di questa approfondita istruttoria”, conclude Fugatti.

Siccità, Tonina: In Trentino -34% riempimento bacini, servono risorse Pnrr

I grandi bacini idrici del Trentino sono riempiti di acqua per 141 milioni di metri cubi, di cui 102 riferiti ad invasi artificiali e 39 riferiti a laghi naturali regolati. Il riempimento complessivo medio – informa la Provincia autonoma – è pari al 34%: nello specifico 29% per gli invasi artificiali e 53% per i laghi naturali regolati. Il grado di riempimento complessivo è inferiore del 37% rispetto al corrispondente dato medio storico, registrando – sui singoli invasi – percentuali variabili tra l’11% e il 44%. Significativo è che gli invasi più capienti sono quelli che più si discostano dal grado di riempimento medio storico. Questa è la fotografia della siccità in Trentino, territorio chiave per i rifornimenti d’acqua al Nord. Mario Tonina, vicepresidente della Giunta provinciale e assessore all’Ambiente urbanistica e cooperazione, è molto preoccupato: “Le soluzioni non sono facili da trovare, ma quello che possiamo raccomandare da subito, rinnovando l’appello dell’estate 2022, è il risparmio. Un messaggio ai cittadini, alle imprese, anche ai Comuni a cui torneremo a rivolgerci con una lettera, per promuovere i comportamenti consapevoli nell’utilizzo di questa risorsa sempre più preziosa. L’impegno passa dalle azioni quotidiane di ognuno di noi”.

Vicepresidente, è a rischio la produzione di energia idroelettrica?

“I primi sei mesi sono già compromessi, come ci dice Dolomiti Energia che gestisci le nostre principali concessioni. Alcune centrali sono ferme perché devono garantire un minimo di acqua dei bacini anche per rispettare gli accordi con Terna. Non turbinano. E poi comunque bisogna garantire livelli per l’irrigazione“.

Un paio di giorni fa è andato in sopralluogo alla diga di Santa Giustina in val di Non, il più importante bacino del Trentino. Cosa ha visto?

“E’ presente un volume d’acqua di 39 milioni di metri cubi, cioè il 30% della capacità utile operativa: dato di gran lunga inferiore rispetto al dato medio di 69 milioni di metri cubi registrato negli ultimi dieci anni in questo stesso periodo. Dai dati forniti dall’Agenzia provinciale per le risorse idriche e l’energia (Aprie), contando i dati della diga di Santa Giustina e dei bacini di Bissina e Boazzo, che rappresentano quasi la metà di tutte le riserve, abbiamo metà dell’acqua che dovrebbe esserci”.

E la neve? Potrà aiutare?

“Sulle cime di neve non ce n’è, quindi ad aprile la neve non si scioglierà e non alimenterà i bacini. Spero vivamente che arrivino piogge o altre nevicate per garantire l’idropotabile, l’irriguo agricolo e l’idroelettrico”.

Il Trentino aiuta molto anche le regioni vicine. E quest’anno?

Se non cambia la situazione non riusciremo a soddisfare le richieste di Lombardia e Veneto. Faremo fatica a garantire l’acqua per noi”.

Servono più investimenti sulle infrastrutture?

“Il Trentino ha investito soprattutto in agricoltura, migliorando il sistema irriguo, introducendo l’irrigazione a goccia, etc… Bisogna migliorare anche la rete acquedottistica, noi facciamo investimenti ma dai nostri conteggi servono 400 milioni per riqualificare la rete. Ma oltre ai soldi, serve tempo. Mi auguro che il Pnrr possa destinare le risorse necessarie nel campo agricolo e sulla rete acquedottistica. Invito poi gli amici delle regioni confinanti a investire di più, le discariche abbandonate vanno trasformate in bacini di raccolta…”.