URSULA VON DER LEYEN

Appello von der Leyen da Davos: “Transizione verde e clima non possono più aspettare”

Sono evidenti le ragioni geopolitiche” per accelerare su transizione verde e clima, che ora “non possono più aspettare“. Arriva da Davos, in Svizzera, dove è in corso il World Economic Forum, l’appello della presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen. “Il diretto risultato della guerra russa in Ucraina – ha spiegato – è l’aumento dei prezzi dell’energia e il taglio delle forniture del gas a Polonia, Bulgaria e Finlandia”. Come ha ricordato la numero uno dell’esecutivo comunitario, l’Ue ha già segnato la strada “con l’European Green Deal“, ma ora “dobbiamo accelerare la transizione e portare le nostre ambizioni a un livello più alto, in particolare con il piano RePowerEU, che ci condurrà fuori dalla dipendenza dalle fonti fossili russe”.

Il futuro, infatti, ha ribadito von der Leyen, è legato alla “diversificazione del gas” e “all’idrogeno, la nuova frontiera del network energetico europeo“. “L’economia del futuro – ha detto – non si baserà più sul petrolio e sul carbone, ma sulle terre rare, elementi cruciali per le transizioni gemelle verde e digitale”.

Il World Economic Forum è considerato il vertice delle élite mondiale e richiama a Davos circa 2500 ospiti. Al centro delle discussioni ci sono, naturalmente, le conseguenze della guerra in Ucraina (ieri il presidente Zeelensky è intervenuto con un videomessaggio), ma anche il clima, la transizione energetica e la crisi alimentare.

MARE DEL NORD

Mare del Nord, il patto da 135 miliardi per eolico offshore e idrogeno verde

I ministri dell’Energia e del clima di Germania, Danimarca, Paesi Bassi e Belgio hanno firmato un accordo per lo sviluppo, in Europa, di impianti eolici offshore e di idrogeno verde. Un patto – del ‘Mare del Nord‘ – da 135 miliardi di euro attraverso i quali i quattro Paesi membri Ue ambiscono a diventare la “centrale elettrica verde d’Europa”. “Sostituiremo sempre più i combustibili fossili, tra cui il petrolio, il carbone e il gas russi, con l’energia rinnovabile proveniente dal Mare del Nord, contribuendo alla neutralità climatica e alla sicurezza energetica dell’Ue”, si legge nel testo siglato dai rappresentanti dei quattro governi europei. “Forniremo più della metà della capacità necessaria per raggiungere la neutralità climatica dell’Ue secondo la strategia della Commissione europea sulle energie rinnovabili offshore”. Proprio la leader dell’esecutivo comunitario, Ursula von der Leyen, ha appoggiato il progetto durante l’intervento al North Sea Summit, riconoscendo nell’eolico offshore “uno dei pilastri centrali della nostra energia”.

Oltre all’eolico, i quattro Paesi contribuiranno alla produzione su larga scala di idrogeno verde sia onshore che offshore soprattutto grazie a “sinergie di cooperazione per la produzione e la trasmissione”. “Sosteniamo il piano della Commissione europea di sviluppare un mercato ben funzionante per l’idrogeno verde, al fine di accelerare la costruzione e sostenere un’elevata sicurezza di approvvigionamento a prezzi accessibili”, sottolineano Germania, Danimarca, Paesi Bassi e Belgio. Per aumentare la capacità regionale e nazionale, il lavoro si baserà sugli Importanti Progetti di Comune Interesse Europeo (Ipcei) sull’idrogeno che, come ricordato dalla presidente von der Leyen, “creeranno un ecosistema dell’energia del futuro”. Saranno coinvolti nel progetto sia il settore pubblico che privato, per “sostenere l’innovazione tecnologica, la leadership industriale europea, lo sviluppo e la produzione di combustibili verdi e l’eliminazione graduale del gas naturale importato”, hanno evidenziato i ministri.

(Photo by BO AMSTRUP / RITZAU SCANPIX / AFP)

Ursula von der Leyen

RePowerEU, il piano Ue da 300 mld per l’indipendenza energetica dalla Russia

Diversificare i fornitori di energia, abbattere i consumi energetici nelle case e nelle industrie ad alta intensità (le energivore) attraverso l’efficienza e aumentare la capacità di energia rinnovabile nel mix dell’Unione. Sono questi i tre pilastri del piano dell’Unione Europea ‘RePowerEU’ per azzerare la dipendenza dai combustibili fossili russi entro il 2027, annunciato lo scorso 8 marzo e presentato mercoledì nei dettagli dalla Commissione Europea.

Azioni e risorse finanziarie con l’obiettivo di rendere il sistema energetico dell’Ue più resiliente di fronte a crisi come quella trainata dalla guerra in Ucraina, ma anche fermare le importazioni di combustibili fossili russi, che stanno alimentando la guerra e il Cremlino. “Oggi portiamo la nostra ambizione a un altro livello per assicurarci di diventare quanto prima indipendenti dai combustibili fossili russi”, ha affermato la presidente dell’esecutivo comunitario, Ursula von der Leyen, scesa in conferenza stampa per annunciare il piano. Secondo le stime di Bruxelles, mettendo in atto tutte le misure del piano l’Ue sarà in grado di liberarsi di almeno 155 miliardi di metri cubi di gas fossile, che è pari al volume (di gas) importato dalla Russia nel 2021. Quasi due terzi di questa riduzione può essere ottenuta entro la fine del 2022.

Von der Leyen ha stimato che saranno mobilitati quasi 300 miliardi di euro, di cui circa 72 miliardi in sovvenzioni e 225 miliardi in prestiti: il 95% dei finanziamenti “andrà a sostenere la transizione verde per le rinnovabili”. Nel piano, Bruxelles ha stimato che avrà bisogno di ulteriori 210 miliardi di euro di investimenti fino al 2027, che dovranno arrivare sia dal pubblico che dal privato. Circa 225 miliardi di euro di prestiti ancora non utilizzati dallo strumento di ripresa e resilienza (Recovery and resilience facility) varato per il COVID saranno incanalati a sostegno di queste misure, quindi investimenti per rinnovabili e risparmio energetico. Altri 20 miliardi di euro di sovvenzioni arriveranno dalla vendita all’asta di quote di carbonio del sistema di scambio di emissioni dell’UE – il sistema ETS – che oggi sono ferme nella riserva di Stabilità del Mercato. Attraverso l’attuale quadro finanziario (2021-2027), la Commissione intende inoltre dirottare una parte dei fondi della politica di coesione (circa 100 miliardi di euro) e della politica agricola comune, la PAC (circa 7,5 miliardi) per investire in energie rinnovabili, idrogeno e infrastrutture. In autunno la Commissione raddoppierà i fondi disponibili per il bando 2022 del Fondo per l’innovazione, portandoli a circa 3 miliardi di euro.

Per abbattere i consumi energetici, la Commissione propone di rafforzare le misure di efficienza a lungo termine, compreso un aumento dal 9% al 13% dell’obiettivo vincolante contenuto nella revisione della direttiva efficienza proposta a luglio 2021 nell’ambito del pacchetto “Fit for 55”. In una comunicazione specifica dedicata al “risparmio energetico” Bruxelles descrive in dettaglio i cambiamenti comportamentali a breve termine che potrebbero ridurre la domanda di gas e petrolio del 5% e incoraggia gli Stati membri ad avviare campagne di comunicazione specifiche rivolte alle famiglie e all’industria e a utilizzare misure fiscali per il risparmio.

infograficaA lungo termine, l’Esecutivo comunitario vuole che l’energia rinnovabile – solare ed eolica – producano almeno il 66% dell’elettricità nel mix complessivo, raddoppiando la quota attuale del 33%. Per questo ha proposto anche di aumentare l’obiettivo principale per il 2030 per le energie rinnovabili dal 40% al 45% (anche questo target proposto neanche un anno fa nel pacchetto ‘Fit for 55’) e previsto una strategia dedicata al solare per raddoppiare la capacità solare fotovoltaica entro il 2025 e installare almeno 600 Gigawatt entro il 2030.

Bruxelles fissa a 10 milioni di tonnellate di produzione interna di idrogeno rinnovabile e 10 milioni di tonnellate di importazioni entro il 2030 l’obiettivo per ridurre la dipendenza dai combustibili fossili russi e sostituire il gas naturale, il carbone e il petrolio nelle industrie e nei settori dei trasporti difficili da decarbonizzare. Per accelerare la diffusione di idrogeno verde su larga scala, la Commissione ha stanziato 200 milioni di euro per la ricerca e pubblicherà nelle prossime settimane due atti delegati sulla definizione e la produzione di idrogeno rinnovabile “per garantire che la produzione porti a una decarbonizzazione netta”, si legge nella comunicazione. Per portare la produzione di biometano ad almeno 35 miliardi di metri cubi entro il 2030, lancerà un piano d’azione e una nuova partnership industriale con incentivi finanziari che arriveranno soprattutto dalla nuova PAC.

Nelle prossime settimane Bruxelles presenterà la sua proposta per un meccanismo per gli acquisti congiunti di gas a livello comunitario, ispirato a quanto ha fatto con gli appalti congiunti per comprare i vaccini anti-Covid e scongiurare concorrenza tra gli Stati membri. Sarà aperto anche al vicinato, dall’Ucraina alla Moldavia. “In questo modo, possiamo proteggere le importazioni di cui abbiamo bisogno, senza concorrenza tra gli Stati membri”, ha spiegato von der Leyen. Non solo idrogeno e gas verdi. Bruxelles riconosce nel piano di dover prolungare nel tempo lo sfruttamento di centrali a carbone e nucleare per la produzione di energia elettrica che arrivi da fonti alternative al gas. La Commissione stima che l’energia prodotta da carbone dovrà aumentare a 100 terawattora (tWh), il 5% in più rispetto a quanto corrisponde attualmente e dal nucleare fino a 44 TWh. Fonti comunitarie assicurano che si tratterà di una misura limitata nel tempo e soprattutto non richiederà investimenti in nuove infrastrutture, quindi nuove centrali.

URSULA VON DER LEYEN

Svolta RePowerEU: 300 miliardi mobilitati e spinta sui pannelli solari

La Commissione Europea ha presentato il piano ‘RePowerEU’ per ridurre la dipendenza europea dai combustibili fossili, in particolare quelli importati dalla Russia. “Si tratta di un grande pacchetto sui temi che sono emersi come cruciali dopo l’invasione russa dell’Ucraina, tra cui quello della sicurezza energetica”, ha dichiarato dalla presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen. “Abbiamo visto – ha detto – quanto siamo dipendenti e vulnerabili dalle fonti che arrivano da Mosca, ma con questo piano arriveremo a esserne indipendenti”.

Come illustrato da von der Leyen, il piano RePowerEU si concentrerà su tre livelli: “Primo, sulla domanda, cioè sul risparmio energetico. Secondo, sulle forniture, per sostituire le fonti russe con quelle di altri partner più affidabili. Terzo, sulle energie rinnovabili, accelerando gli investimenti. Saranno mobilitati quasi 300 miliardi di euro, di cui circa 72 miliardi in sovvenzioni e 225 miliardi in prestiti: il 95% dei finanziamenti andrà a sostenere la transizione verde per le rinnovabili”. Per raggiungere gli obiettivi di diversificare i fornitori di energia, abbattere i consumi energetici e puntare sull’energia pulita, Bruxelles stima che servirà un investimento aggiuntivo di 210 miliardi di euro da qui al 2027, ma anche che la riduzione delle importazioni di combustibili fossili russi porterà a un risparmio di 100 miliardi di euro all’anno.

Tra le proposte della Commissione, un emendamento al Pnrr per usare circa 225 miliardi di euro in prestiti non ancora richiesti dai governi europei da incanalare in investimenti a sostegno del piano e l’aumento della dotazione finanziaria dello stesso con 20 miliardi di euro di sovvenzioni provenienti dalla vendita di quote di carbonio del sistema di scambio di emissioni dell’Ue – il sistema ETS – che oggi sono ferme nella riserva di Stabilità del Mercato. Attraverso l’attuale quadro finanziario (2021-2027), la Commissione intende dirottare una parte dei fondi della politica di coesione (circa 100 miliardi di euro) e della politica agricola comune, la PAC (circa 7,5 miliardi) per investire in energie rinnovabili, idrogeno e infrastrutture. In autunno la Commissione raddoppierà i fondi disponibili per il bando 2022 del Fondo per l’innovazione, portandoli a circa 3 miliardi di euro.

INFRASTRUTTURE

Per integrare meglio i progetti di interesse comune e le infrastrutture di collegamento del gas – si legge nel piano ‘RePowerEU’ – si stima che saranno necessari investimenti per circa 10 miliardi di euro, con circa 12 nuovi progetti infrastrutturali a cui dar vita nei prossimi anni e 20 già in lavorazione. “Non serve rivoluzionare l’infrastruttura energetica attuale”, ha spiegato un funzionario dell’Ue. Nel quadro del piano presentato oggi, l’Esecutivo europeo ha lanciato anche un nuovo bando da 800 milioni di euro nel quadro del Meccanismo per collegare l’Europa, a cui ne seguirà un altro all’inizio del 2023.

RINNOVABILI

Aumentare l’obiettivo principale per il 2030 per le rinnovabili dal 40% al 45% raddoppiando la capacità fotovoltaica entro il 2025 e installando 600 Gigawatt entro il 2030. È un altro dei progetti suggeriti dalla Commissione Ue che, attraverso il ‘RepowerEU’, lancia un’iniziativa sui tetti solari con l’obbligo legale per gli Stati membri di installare pannelli fotovoltaici sui nuovi edifici pubblici e commerciali e su quelli residenziali, ovvero le case. Il piano prevede inoltre di raddoppiare il tasso di diffusione delle pompe di calore e misure per integrare l’energia geotermica e solare termica nei quartieri modernizzati.

La Commissione sta lavorando anche alla creazione del meccanismo di acquisto congiunto di energia, in cui “negozierà per gli Stati membri che ne fanno parte (dal momento che sarà su base volontaria) gas e poi in futuro anche idrogeno”, ha evidenziato la commissaria europea per l’Energia, Kadri Simson che spera, a livello europeo, di “raggiungere prima dell’estate nuovi accordi politici – dopo quelli siglati con Canada e Stati Uniti – per ulteriori forniture di gas naturale liquefatto (GNL)”, la sottolineatura di Simson che auspica, per Bruxelles, un futuro di indipendenza energetica dalla Russia. Attualmente l’Europa importa oltre il 50% dell’energia da Mosca.

TIMMERMANS

Il vicepresidente della Commissione Ue, Frans Timmermans, è tornato sull’idea di Mario Draghi di limitare l’uso dei condizionatori: “In Italia il premier ha dato un’idea al Paese sulla temperatura dei condizionatori per risparmiare energia, ma è una questione che va lasciata alla discrezione delle aziende e dei singoli cittadini. Voglio solo informarli che abbassare la temperatura del riscaldamento in inverno e non azionare troppo presto l’aria condizionata in estate è un modo di togliere soldi dalle tasche di Putin e questa è una cosa buona”

EMMENUEL MACRON , ROBERTA METSOLA, URSULA VON DER LEYEN

Energia, indipendenza strategica è il centro del futuro dell’Europa

Il futuro dell’Europa passa per l’energia pulita e l’indipendenza strategica. Dall’energia al cibo, dai chip digitali alle tecnologie verdi l’Unione Europea a prova di futuro è quella che “è in grado di provvedere a se stessa in aree vitali, un’Europa che offre protezioni e benefici sociali unici per tutta la durata di queste grandi transizioni”. Per la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, molte delle 49 proposte finali elaborate nel quadro della Conferenza sul futuro dell’Europa e presentate lunedì a Strasburgo ai vertici comunitari “ci danno una spinta per accelerare i lavori già in corso”. Primo tra tutti, quello per il patto verde per l’Europa, il Green Deal europeo, e la necessità di accelerare i negoziati sul pacchetto ‘Fit for 55’ in modo “da poter aumentare le energie rinnovabili, poter risparmiare energia e infine svezzarci dai combustibili fossili. Deve essere così”, ha ammonito von der Leyen nel suo lungo intervento durante la cerimonia conclusiva di questo esercizio di democrazia partecipativa inaugurato un anno fa e conclusosi oggi.

La presidente della Commissione promette di dare un rapido seguito alle proposte elaborate dai cittadini europei in questo processo. “Annuncerò le prime nuove proposte in risposta alla vostra relazione nel mio discorso sullo stato dell’Unione già a settembre”, ha assicurato. Si spinge oltre, andando a definire una posizione molto chiara dell’Esecutivo comunitario circa il tema più divisivo che questa Conferenza porta con sé, l’idea di arrivare a una riforma degli attuali trattati dell’Unione Europea su cui diversi Stati membri sono contrari. Chiarisce che il “voto all’unanimità in alcune aree chiave semplicemente non ha più senso se vogliamo essere in grado di muoverci più velocemente. E che l’Europa dovrebbe svolgere un ruolo maggiore – ad esempio, nella salute o nella difesa, dopo l’esperienza degli ultimi due anni – oltre che migliorare il modo in cui funziona la nostra democrazia su base permanente. Voglio essere chiara che sarò sempre dalla parte di coloro che vogliono riformare l’Unione europea per farla funzionare meglio”.

Un cambiamento per un’Europa più integrata e indipendente, anche energeticamente. È anche la trasformazione necessaria evocata dalla presidente dell’Europarlamento Roberta Metsola, secondo cui l’Ue “è ancora troppo dipendente dagli autocrati” come il presidente russo Vladimir Putin. “Dobbiamo sostenerci a vicenda mentre ci separiamo dal Cremlino e investiamo in fonti di energia alternative” e capire che “l’energia rinnovabile è tanto una questione di sicurezza quanto di ambiente. Ma possiamo farlo solo insieme”. Insieme, ha sottolineato la numero uno dell’Eurocamera, ponendo l’accento sulla necessità di aprire una convenzione per discutere di riforma dei trattati europei. “Questa conferenza dimostra che esiste un divario tra ciò che la gente si aspetta e ciò che l’Europa è in grado di fornire al momento. Ecco perché abbiamo bisogno di una convenzione come prossimo passo. Ci sono questioni che semplicemente non possono aspettare”, ha ricordato. Come quella dell’indipendenza energetica.

Per il presidente francese Emmanuel Macron abbandonare più rapidamente i combustibili fossili è un imperativo da un lato per soddisfare l’agenda europea sul clima, dall’altro per far sì che la “Russia affronti le sue responsabilità”. La guerra di Putin in Ucraina e la dipendenza europea “dai combustibili fossili russi significa che dobbiamo essere ancora più ambiziosi sul clima, dobbiamo investire di più nelle energie rinnovabili e nel nucleare, dobbiamo andare verso la sobrietà energetica e continuare a proteggere di fronte all’aumento dei prezzi”, ha sottolineato Macron. Il presidente francese, presente a Strasburgo in qualità di presidente di turno dell’Unione europea (fino alla fine di giugno) ha a cuore i temi della sicurezza alimentare europea e globale. “Dobbiamo anche riconquistare la nostra indipendenza alimentare. La guerra sta destabilizzando profondamente le catene di approvvigionamento e i mercati mondiali”, ha messo in guarda, sottolineando la necessità di ripensare “le nostre strategie di produzione per difendere la nostra sovranità alimentare e proteica”. Uno sguardo all’Europa e uno al resto del mondo. “Se vogliamo evitare carestie, destabilizzazioni geopolitiche alle nostre frontiere e drammi in tutto il bacino del Mediterraneo è una nostra responsabilità come europei”, ha concluso.

Greenwashing, il diritto della verità per i consumatori

Le istituzioni comunitarie scavano sotto lo strato dell’ambientalismo di facciata per mettere al bando il greenwashing. All’interno dell’ampio pacchetto sull’economia circolare presentato dalla Commissione europea lo scorso 30 marzo, il gabinetto guidato da Ursula von der Leyen ha proposto una serie di linee-guida per la tutela dei consumatori e della transizione verde. I concetti-chiave sono due: diritto di fare scelte informate al momento dell’acquisto e rispetto dell’ambiente, anche per quanto riguarda i messaggi che vengono veicolati dalle pubblicità delle aziende e dal confezionamento dei beni di consumo.

Non è un caso se il greenwashing – la strategia di comunicazione finalizzata a costruire un’immagine ingannevolmente positiva sotto il profilo ambientale, per nascondere gli effetti negativi delle pratiche e delle attività industriali – viene classificato come “pratica commerciale sleale” dall’esecutivo UE, che ha promesso di condurre una lotta senza quartiere per la sua estirpazione. A questo proposito, la proposta di direttiva mette nero su bianco che un commerciante o un produttore non può ingannare il consumatore con dichiarazioni ambientali “senza impegni e obiettivi chiari, oggettivi e verificabili, e senza un sistema di monitoraggio indipendente”. L’obiettivo è stato tracciato con particolare chiarezza dal commissario europeo per la Giustizia, Didier Reynders. “Se non iniziamo a consumare in modo più sostenibile, non raggiungeremo gli obiettivi del Green Deal europeo”, ha avvertito il commissario, sottolineando però che il problema sta a monte: “La maggior parte dei consumatori è disposta a contribuire in modo significativo, ma in questi anni abbiamo anche assistito a un aumento del greenwashing”. È per questo motivo che “serve protezione contro le pratiche commerciali sleali che abusano dell’interesse a comprare verde”, ha puntualizzato il titolare della Giustizia.

Nella pratica, tutto ciò avrà un impatto concreto sulle abitudini di acquisto dei consumatori dell’Unione, se la proposta della Commissione sulla sostenibilità dei prodotti sarà approvata e adottata integralmente durante la fase di negoziati tra i co-legislatori del Consiglio dell’UE e del Parlamento Europeo: la direttiva recepita nella legislazione nazionale di ciascuno Stato membro metterà al bando affermazioni ambientali generiche come “ecologico”, “eco” o “verde” sulle etichette dei prodotti e nelle pubblicità, qualora non possano essere dimostrate con evidenze scientifiche. Si andranno così a colpire sia i messaggi che “suggeriscono erroneamente o creano l’impressione di eccellenti prestazioni ambientali”, sia quelli che estendono l’affermazione all’intero prodotto, quando in realtà riguarda uno solo dei suoi aspetti. Allo stesso modo, non potranno essere esposte etichette di “sostenibilità volontaria” che non siano certificate da autorità pubbliche o indipendenti.

La proposta da Bruxelles arriva a pochi mesi dalla relazione sulla Finanza sostenibile pubblicata dalla Corte dei conti europea, che ha rilevato come – nonostante gli impegni e le premesse – l’UE non faccia ancora abbastanza per indirizzare i fondi disponibili verso attività realmente “sostenibili” che possano guidare la transizione verde verso un’economia a zero emissioni. La criticità maggiore nell’indirizzare gli investitori verso le opportunità di investimento più sostenibili risiede proprio nel fatto che per il momento manca un’azione specifica per definire con chiarezza e trasparenza cosa è sostenibile e cosa non lo è sul piano ambientale e sociale. Come conseguenza, “ancora troppi fondi finiscono in attività da considerare non sostenibili”, ha commentato Eva Lindström, responsabile della relazione della Corte dei conti pubblicata il 20 settembre 2021. “Esistono troppe interpretazioni diverse sulla sostenibilità e questo crea un vero ostacolo nel cambiare l’atteggiamento degli investitori”, ha aggiunto, ribadendo che l’assenza di un quadro comune “alimenta l’ambientalismo di facciata di molte aziende”, che spacciano per sostenibile ciò che non lo è “perché mancano criteri scientifici per definirlo”. Scavando sotto lo strato del finto verde del greenwashing, le istituzioni comunitarie sono chiamate ora a proteggere la transizione verde anche da chi ne sfrutta l’attrattività per continuare a mettere in pericolo l’ambiente.

smart city

L’Ue sceglie 9 città italiane per portarle a emissioni zero nel 2030

Bergamo, Bologna, Firenze, Milano, Padova, Parma, Prato, Roma e Torino. Sono le nove città italiane che si impegnano a azzerare le emissioni entro il 2030 e che sono state inserite fra le 100 europee che parteciperanno a ‘Mission Cities‘. Si tratta di un hub di sperimentazione e innovazione in ambito climatico. La missione ‘Cities’ riceverà 360 milioni di euro di finanziamento attraverso Horizon Europe per il periodo 2022-23, per avviare i percorsi di innovazione verso la neutralità climatica entro il 2030. In Europa, “la transizione verde sta avvenendo proprio ora. E c’è sempre bisogno di pionieri, che fissino obiettivi ancora più alti”, scrive su Twitter la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, annunciando la selezione delle 100 città. E aggiunge: “Queste città ci stanno mostrando la strada per un futuro più sano. Li sosterremo in questo. Iniziamo il lavoro oggi”.

La Commissione Europea ha seguito una procedura molto rigorosa per selezionare le 100 città climaticamente neutre entro il 2030 e il risultato è una lista molto forte e diversificata di città e Paesi Europei coinvolti. La candidatura alla call europea prevedeva la compilazione di un questionario di descrizione della situazione della Città a livello di emissione di gas serra e le misure adottate per contrastarle in campo energetico, nei rifiuti, nel trasporto e in ambito smart city. Le cento città europee selezionate saranno sostenute e guidate in questa sfida dal Mission Board for climate-neutral and smart cities della Commissione Europea, attraverso un processo multilivello e co-creativo che sarà formalizzato in un Climate City Contract, adattato ad ogni città. Le azioni riguarderanno la mobilità sostenibile, l’efficienza energetica e la pianificazione urbana verde.

Fra i primi a festeggiare il risultato, il sindaco di Torino Stefano Lo Russo: “È stata premiata la capacità di Torino di avanzare proposte di valore e di grande qualità. Appena insediati ci siamo messi subito al lavoro per non farci sfuggire l’opportunità di poter avere risorse disponibili sull’ambiente e sulla qualità della vita dei cittadini. È una grande sfida quella della sostenibilità ambientale e le Città ricoprono un importante ruolo per costruire comunità più green. Questo riconoscimento è motivo di grande orgoglio per Torino e per i tutti i torinesi“. A livello locale, la Città piemontese sta già iniziando il dialogo con le principali istituzioni e partner strategici del territorio per portare avanti in maniera congiunta le azioni che potranno permettere di raggiungere l’ambizioso traguardo della neutralità climatica. “Roma sarà protagonista di una grande rivoluzione green“, festeggia il sindaco di Roma, Roberto Gualtieri. Che aggiunge: “Oltre ai numerosi interventi che stiamo mettendo in campo attraverso i fondi del Pnrr, siamo stati selezionati tra centinaia di candidature europee perché abbiamo un progetto ambizioso ma realistico di transizione ecologica e rigenerazione urbana. Ora, grazie al programma Horizon potremo portare avanti questi interventi coinvolgendo tutti gli attori sociali ed economici in un percorso che vuole rendere la città protagonista nelle sfide del terzo millennio. Ringrazio la Commissione Europea per questa straordinaria opportunità di trasformarci in un vero e proprio laboratorio di una transizione ecologica giusta e di una innovazione diffusa che migliora la qualità della vita dei cittadini, crea nuove opportunità di lavoro, riduce le disuguaglianze sociali“. Ed è il sindaco di Firenze, Dario Nardella, a lanciare un’idea: “Ho proposto al ministro Cingolani di organizzare al più presto un incontro con le 9 città italiane selezionate per condividere le strategie e mettere a punto anche un sostegno economico del governo che si sommerebbe a quello già previsto dall’Unione Europea al fine di garantire il più possibile il raggiungimento degli obiettivi che ci siamo dati“.

European Chips Act

L’enorme costo ambientale della sovranità digitale dell’Ue

Sovranità digitale, ma con un costo ambientale ed energetico non trascurabile. La Commissione europea ha presentato lo scorso 8 febbraio l’European Chips Act, la strategia sui microchip per prevenire, preparare, anticipare e rispondere rapidamente a qualsiasi futura crisi nella catena di approvvigionamento dei semiconduttori, come quella che da mesi ha travolto l’Europa e il resto del mondo. L’European Chips Act rappresenta il pilastro imprescindibile della tanto agognata sovranità digitale dell’Unione Europea – “senza il quale non esisterebbe alcuna autonomia”, secondo le parole della presidente dell’esecutivo comunitario, Ursula von der Leyen – e prevede il raddoppio della quota di mercato entro il 2030, oltre a 43 miliardi di euro in investimenti pubblici e privati mobilitati.

Ma l’aumento della quota di produzione europea dei semiconduttori, le piccole componenti essenziali per tutti i sistemi elettronici, dagli smartphone alle automobili, rischia di lasciare scoperto sul breve e medio periodo più di un fianco vitale per l’agenda verde dell’UE: quello della transizione verde, il Green Deal europeo, ma anche l’approvvigionamento energetico nel pieno di una crisi globale aggravata dalle conseguenze della guerra russa in Ucraina. Nel Chips Act è stata trascurata la questione del costo ambientale della produzione dei semiconduttori, sul piano dell’inquinamento idrico e atmosferico e del consumo di acqua ed energia, per uno dei settori manifatturieri più energivori.

In verità, nel testo della strategia UE si legge che “le tecnologie digitali hanno un’impronta ambientale che va dal rilascio di gas fluorurati a effetto serra al significativo consumo di energia per la loro produzione e durante il loro utilizzo”. Tuttavia, quello che emerge con evidenza dal testo è che la proposta legislativa si concentra quasi esclusivamente sulle prestazioni delle nuove generazioni di microchip, che renderanno più efficienti dal punto di vista dell’efficienza energetica i dispositivi elettronici e le infrastrutture dell’informazione e della comunicazione. È però sull’impatto ambientale e sul costo energetico della produzione che sembra esserci un buco nelle valutazioni del sistema di scambio di quote di emissione (ETS), per quanto riguarda gli obiettivi climatici del settore della manifattura dei semiconduttori.

Se è vero che il consumo energetico operativo dei dispositivi connessi è costantemente in calo, non va dimenticato che quanto più sofisticato è il chip, maggiore è l’impatto ambientale. Per esempio, la produzione di microchip avanzati a 2 nanometri richiede più del doppio di acqua e tre volte l’elettricità rispetto a quelli a 28 nanometri e diverse ricerche indipendenti hanno rivelato che i principali produttori di microchip hanno superato in termini di impronta di carbonio e rifiuti pericolosi i settori tradizionalmente più inquinanti, come quello automobilistico.

È chiaro che, per quanto riguarda la produzione dei semiconduttori, la sovranità digitale dell’UE potrebbe non essere conciliabile con l’agenda verde, almeno non sul breve periodo. Nel 2020, il primo produttore di microchip, TSCM, ha emesso 15 milioni di tonnellate di anidride carbonica equivalente, quasi il doppio rispetto all’anno precedente, mentre il secondo produttore, Samsung, ne ha emesse quasi 13 milioni. “La creazione di impianti industriali può avere un impatto negativo sull’ambiente, ma questo può essere compensato dal loro contributo alla transizione verso la sostenibilità a lungo termine”, ha confessato alla stampa di Bruxelles un portavoce del gabinetto guidato dalla presidente von der Leyen.

putin

Putin minaccia di dirottare gas e petrolio dall’Europa all’Asia

Per Vladimir Putin gli europei stanno “destabilizzando il mercato” (a causa della crisi causata dalla sua offensiva in Ucraina), per questo chiede uno spostamento delle esportazioni di energia russa dall’Europa all’Asia. “Presumiamo che in futuro le consegne all’Occidente diminuiranno“, ha detto il presidente russo in una riunione di governo dedicata al settore energetico, nel contesto delle sanzioni internazionali. È quindi necessario “riorientare le nostre esportazioni verso i mercati in rapida crescita del Sud e dell’Est“, ha aggiunto.

I paesi europei parlano costantemente di fare a meno delle forniture russe e così facendo rendono instabile il mercato e fanno salire i prezzi“, ha accusato il presidente russo. “I tentativi dei paesi occidentali di spremere i fornitori russi, di sostituire le nostre risorse energetiche con forniture alternative, colpiranno inevitabilmente l’intera economia mondiale“, ha avvertito Vladimir Putin, assicurando che “le conseguenze di una tale mossa possono diventare molto dolorose“.

L’appello del presidente russo a sviluppare nuovi sbocchi per i combustibili fossili russi – una “svolta verso l’Asia” iniziata diversi anni fa – arriva mentre gli europei considerano di espandere le loro sanzioni contro gli idrocarburi di Mosca in reazione al suo intervento militare in Ucraina. Il petrolio e il gas russo che continua a fluire verso l’Europa – il suo più grande mercato – fornisce a Mosca entrate significative. Putin non ha specificato quali paesi aveva in mente, ma la Cina, il cui appetito per gli idrocarburi è in crescita, confina con la Russia. Pechino, tuttavia, è noto come un negoziatore duro, e Mosca sta guardando oltre questo vicino.

Un possibile embargo sul gas russo è oggetto di un acceso dibattito tra gli stati membri dell’Ue, con la Germania uno dei principali oppositori di un arresto immediato delle importazioni da cui è fortemente dipendente. L’Ue, gli Usa e il Giappone hanno annunciato un embargo sul carbone russo e la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha detto che proporrà l’obiettivo dell’indipendenza dell’Ue dai combustibili fossili russi entro il 2027.