Xi-Putin-Kim alla parata della vittoria a Pechino. Trump: “Cospirate contro gli Usa”

Basta un’immagine a raccontare la storia: il presidente cinese Xi Jinping, il suo omologo russo Vladimir Putin e il leader nordcoreano Kim Jong Un insieme a Pechino per assistere alla parata che celebra la vittoria sul Giappone e la fine della Seconda guerra mondiale. Un evento che si è trasofrmato in una dimostrazione di forza militare e diplomatica da parte di un Paese “inarrestabile”. Dall’altra parte del mondo, il presidente Usa, Donald Trump ha sfoggiato il suo sarcasmo: “Auguro al presidente Xi e al meraviglioso popolo cinese una splendida giornata di festeggiamenti. Porgete i miei più cordiali saluti a Vladimir Putin e Kim Jong Un mentre cospirano contro gli Stati Uniti d’America”, ha scritto su Truth. A stretto giro è arrivata la replica del Cremlino: “Nessuno stava complottando, nessuno stava tramando nulla”, ha dichiarato Yuri Ushakov, consigliere diplomatico di Vladimir Putin, a un media statale russo.

La geopolitica mondiale ha trovato nella capitale cinese un nuovo punto fermo: l’asse Russia-Cina-Corea del Nord esiste ed è sempre più compatto. I tre leader, con Xi al centro, prima hanno camminato sul tappeto rosso in piazza Tienanmen e poi, fianco a fianco, hanno assistito alla coreografia impeccabile dei soldati che marciavano al passo sotto le bandiere e all’intera gamma di armamenti aerei, terrestri e marittimi: droni sottomarini, carri armati, armi laser, aerei ed elicotteri che disegnano il numero 80 nel cielo leggermente velato. L’esercito cinese ha presentato per la prima volta nuovi missili anti-nave e quella che dovrebbe essere l’ultima versione del suo colossale missile balistico intercontinentale DF-5, il DF-5C, in grado di trasportare diverse testate nucleari in qualsiasi punto della Terra.

Migliaia di partecipanti hanno intonato canti patriottici sull’immensa piazza decorata con bandiere rosse. Xi, in piedi nella sua auto con tetto apribile mentre percorreva il viale della Pace Eterna, ha passato in rassegna le truppe rispondendo al loro saluto militare. “La rinascita della nazione cinese è inarrestabile e la nobile causa della pace e dello sviluppo dell’umanità trionferà sicuramente”, ha detto nel suo discorso. E in un periodo di tensioni geopolitiche e di guerra commerciale, ha avvertito: “L’umanità si trova nuovamente di fronte a una scelta tra pace o guerra, dialogo o confronto”. Xi ha invitato a prevenire il ripetersi di “tragedie storiche” come quella che ha visto morire milioni di cinesi di fronte alle truppe giapponesi più di 80 anni fa. Nessun riferimento esplicito agli Stati Uniti o a temi controversi come Taiwan o i dazi doganali.

Novità assoluta la presenza del leader nordcoreano, Kim Jong Un che da quando è salito al potere alla fine del 2011 ha sempre limitato le uscite dal suo paese isolato e soggetto a pesanti sanzioni occidentali e non si era mai mostrato in un incontro di questo tipo con leader stranieri. Poco prima dell’evento celebrativo ha incassato il ringraziamento di Vladimir Putin “per la partecipazione comune alla lotta contro il neonazismo contemporaneo”. Il leader del Cremlino ha voluto ricordare i soldati nordcoreani che hanno combattuto nella regione russa di Kursk, teatro per alcuni mesi di una massiccia incursione ucraina: “Non dimenticherò mai le perdite che avete subito”. “Negli ultimi tempi, le relazioni tra i nostri paesi sono diventate particolarmente amichevoli, basate sulla fiducia tra alleati”, ha dichiarato Putin all’inizio dell’incontro con Kim. La Russia e la Corea del Nord hanno intensificato la loro cooperazione militare negli ultimi anni e lo scorso anno hanno firmato un accordo di difesa reciproca

Ottima anche l’intesa di Putin con Xi, che si è concretizzata anche in una lunga serie di accordi siglati tra Russia e Cina, in particolare sul tema dell’energia. Via libera, infatti, all’intesa per la costruzione del tanto atteso gasdotto Power of Siberia 2 verso la Cina attraverso la Mongolia e a partenariati su temi cruciali come l’intelligenza artificiale, la ricerca, l’agricoltura, l’aerospazio e le terre rare.

Siti energetici russi sotto attacco dei droni. Putin accusa l’Ucraina: “Vogliono minare le elezioni”

I siti energetici russi sono sotto attacco per il secondo giorno consecutivo. L’ultimo, in ordine di tempo, ha preso di mira una raffineria di petrolio nella zona di Ryazan, che si trova a circa 200 chilometri a sud-est di Mosca, uno dei maggiori produttori di carburante per la Russia centrale e controllata dal gigante petrolifero Rosneft. L’attacco è stato portato ancora una volta con un drone, che ha provocato feriti e un incendio, riferisce France Presse citando le dichiarazioni del governatore della regione, Pavel Malkov.

Ma sono decine i droni che hanno puntato su siti strategici anche in altre zone della Russia, come Belgorod, Bryansk, Kursk e Voronezh. La caratteristica che hanno in comune è di trovarsi geograficamente al confine con l’Ucraina. Negli attacchi, comunque, non ci sono notizie di ferimenti, stando a quanto riportano le varie autorità regionali.

Un altro drone è stato abbattuto, invece, mentre si avvicinava a una raffineria di petrolio nella regione di Leningrado, vicino a San Pietroburgo (nord-ovest)

I raid erano iniziati già martedì 12 marzo, puntando come obiettivo sempre una raffineria di petrolio, ma nella zona industriale di Kstovo (regione di Nizhny Novgorod), a 800 chilometri dal confine ucraino. Così come sempre ieri un incendio è scoppiato in un impianto di carburante nella regione di Orel. Le autorità regionali riferiscono che più di trenta droni sono stati abbattuti nella regione di Voronezh, mentre l’attacco ha causato danni non rilevanti alle infrastrutture. Il computo sale sommando gli 8 droni abbattuti nella regione di Bryansk, quattro nella regione di Kursk, sei nella regione di Belgorod, dove però i danni alle linee elettriche hanno causato diverse interruzioni di corrente.

Il presidente Russo, Vladimir Putin, punta il dito contro l’Ucraina. “Non ho dubbi che l’obiettivo principale, se non riusciranno a minare le elezioni presidenziali in Russia, è almeno quello di cercare di impedire ai cittadini di esprimere la loro volontà in qualsiasi modo”.

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Putin a Teheran per vertice con Iran e Turchia: focus grano ed energia

Il presidente russo Vladimir Putin è oggi a Teheran per un incontro trilateriale con i suoi omologhi di Iran, Ebrahim Raisi e Turchia, Recep Tayyip Erdogan. Sul tavolo del vertice c’è il conflitto in Siria, ma anche la guerra in Ucraina e il suo impatto sulle economie globali, lo sblocco del grano bloccato nei porti ucraini e l’accesso all’energia. “In primo luogo, siamo pronti a continuare a lavorare in questa direzione e, in secondo luogo, la questione sarà discussa dai presidenti Putin ed Erdogan“, ha dichiarato ieri il consigliere diplomatico del Cremlino, Yuri Ushakov, citato dai media russi.

L’incontro arriva pochi giorni dopo il tour in Medio Oriente del presidente degli Stati Uniti Joe Biden, che ha visitato Israele e Arabia Saudita, due Paesi ostili all’Iran. Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan è arrivato a Teheran ieri sera ed è stato ricevuto questa mattina dal suo omologo iraniano nel Palazzo Saadabad, nel nord della capitale iraniana.

Il ministero della Difesa russo ha dichiarato venerdì che sarà presto pronto un “documento finale” per consentire l’esportazione di grano dall’Ucraina. L’accordo, mediato dalle Nazioni Unite, mira a trasferire attraverso il Mar Nero circa 20 milioni di tonnellate di grano bloccate nei silos ucraini a causa dell’offensiva della Russia in Ucraina. Dovrebbe inoltre facilitare le esportazioni russe di cereali e fertilizzanti, che sono state colpite dalle sanzioni occidentali sulle catene logistiche e finanziarie russe. I prodotti agricoli russi e ucraini sono essenziali per evitare che le crisi alimentari si diffondano nel mondo. I colloqui irano-russi affronteranno anche la questione dell’accesso all’energia.

(Photo credits: Mikhail KLIMENTYEV / SPUTNIK / AFP)

Draghi sente Putin: “Ho chiesto lo sblocco del grano ucraino. Spiragli per la pace? Nessuno”

Il presidente del Consiglio Mario Draghi prova a fare da ‘ponte’ fra Putin e Zelensky. Un ruolo difficile, che potrebbe portare a un nulla di fatto. Ma la gravità della crisi umanitaria lo spinge comunque a fare un tentativo. In primis, per sbloccare il grano che si trova nei depositi in Ucraina. Perché “la crisi alimentare che sta avvicinandosi, in alcuni Paesi dell’Africa è purtroppo già presente, avrà proporzioni gigantesche e conseguenze umanitarie terribili”. Draghi aspetta fine giornata per fare il punto della situazione, dopo avere sentito telefonicamente Putin nel pomeriggio, durante una conferenza stampa densa di argomenti: dagli esiti del Consiglio dei ministri sull’andamento del Pnrr, passando per l’incontro con il presidente algerino Abdelmadjid Tebboune, fino, appunto, al colloquio con il presidente della Federazione russa.

E se per il presidente del Consiglio il tentativo di fare da intermediario era doveroso, proprio per la “gravità della crisi umanitaria che può toccare i più poveri”, è lui per primo a sapere di non avere “alcuna certezza che vada a buon fine”. Per ora, però, c’è un cauto ottimismo, visto che da Putin “c’è stata effettivamente una disponibilità a procedere” nella verifica della possibilità di un accordo tra Mosca e Kiev per lo sblocco dei porti ucraini in cui sono bloccate le navi con i carichi di grano pronti a partire verso il resto del mondo. Anche se il presidente russo non ha mancato di sottolineare che “la crisi alimentare è colpa delle sanzioni, perché la Russia non può esportare il grano”. Il prossimo passo sarà una telefonata di Draghi al presidente ucraino Zelensky, per vedere se c’è un’analoga disponibilità a procedere con il dialogo su questo tema.

Secondo Draghi, in ogni caso, la prima iniziativa esplorabile “è vedere se si può costruire una possibile collaborazione tra Russia e Ucraina sullo sblocco dei porti sul Mar Nero, dove sono depositati questi molti milioni di quintali di grano”. Insufficiente, per Putin, perché i fabbisogni sono molti di più. Ma per l’inquilino di Palazzo Chigi sarebbe già qualcosa: “Ho risposto di sbloccare almeno questo, altrimenti il rischio è che marcisca tutto questo deposito di grano. Per Putin sono bloccati perché minati dagli ucraini per impedire alle navi russe di attaccarli. La collaborazione deve essere quella, da un lato di sminare i porti, dall’altra garantire che non vengano attacchi durante lo sminamento. Non abbiamo parlato a lungo delle garanzie, perché non è ancora detto che le cose vadano avanti”.

La telefonata è stata anche l’occasione di parlare delle forniture di gas. Su questo fronte, Putin ha confermato la determinazione da parte di Mosca “a garantire l’approvvigionamento ininterrotto di gas naturale all’Italia, ai prezzi concordati nei contratti”. Se, quindi, su grano e sicurezza energetica sembrano aprirsi dei piccoli sprazzi di positività, sul fronte della pace l’impressione di Draghi è tranchant: “Ho visto spiragli? No, nessuno”.

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Putin minaccia di dirottare gas e petrolio dall’Europa all’Asia

Per Vladimir Putin gli europei stanno “destabilizzando il mercato” (a causa della crisi causata dalla sua offensiva in Ucraina), per questo chiede uno spostamento delle esportazioni di energia russa dall’Europa all’Asia. “Presumiamo che in futuro le consegne all’Occidente diminuiranno“, ha detto il presidente russo in una riunione di governo dedicata al settore energetico, nel contesto delle sanzioni internazionali. È quindi necessario “riorientare le nostre esportazioni verso i mercati in rapida crescita del Sud e dell’Est“, ha aggiunto.

I paesi europei parlano costantemente di fare a meno delle forniture russe e così facendo rendono instabile il mercato e fanno salire i prezzi“, ha accusato il presidente russo. “I tentativi dei paesi occidentali di spremere i fornitori russi, di sostituire le nostre risorse energetiche con forniture alternative, colpiranno inevitabilmente l’intera economia mondiale“, ha avvertito Vladimir Putin, assicurando che “le conseguenze di una tale mossa possono diventare molto dolorose“.

L’appello del presidente russo a sviluppare nuovi sbocchi per i combustibili fossili russi – una “svolta verso l’Asia” iniziata diversi anni fa – arriva mentre gli europei considerano di espandere le loro sanzioni contro gli idrocarburi di Mosca in reazione al suo intervento militare in Ucraina. Il petrolio e il gas russo che continua a fluire verso l’Europa – il suo più grande mercato – fornisce a Mosca entrate significative. Putin non ha specificato quali paesi aveva in mente, ma la Cina, il cui appetito per gli idrocarburi è in crescita, confina con la Russia. Pechino, tuttavia, è noto come un negoziatore duro, e Mosca sta guardando oltre questo vicino.

Un possibile embargo sul gas russo è oggetto di un acceso dibattito tra gli stati membri dell’Ue, con la Germania uno dei principali oppositori di un arresto immediato delle importazioni da cui è fortemente dipendente. L’Ue, gli Usa e il Giappone hanno annunciato un embargo sul carbone russo e la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha detto che proporrà l’obiettivo dell’indipendenza dell’Ue dai combustibili fossili russi entro il 2027.