ambiente

Ambiente e animali stanno a cuore agli italiani: a loro il 5XMille 2020

In pieno periodo di dichiarazione dei redditi e possibilità dei destinare il 5XMille a enti di volontariato, il sito del ministero del Lavoro e delle politiche sociali ha pubblicato l’elenco dei beneficiari del 5XMille del 2020 (i fondi sono già stati pagati, mentre quelli del 2021 sono ancora in via di definizione). La parte del leone la fanno associazioni e Ong impegnate nel sostegno delle persone in difficoltà, degli anziani o enti di ricerca contro le malattie. Ma c’è anche una buona quota di enti impegnati sul fronte ambientale e della tutela degli animali che hanno ricevuto importanti finanziamenti decisi dai contribuenti al momento della compilazione del proprio 730.

Gli italiani, oltre a sostenere le persone in difficoltà, non si dimenticano quindi degli amici animali e dell’ambiente, la ‘casa’ di tutti. Sono infatti questi due i settori che assorbono i maggiori finanziamenti derivanti dalla destinazione del 5XMille. Nell’elenco dei beneficiari di quote superiori a 500mila euro ci sono, ad esempio, l’Enpa, ente nazionale per la protezione degli animali, con oltre un milione e 800mila euro, la Lav, Lega anti vivisezione, con quasi un milione e 400mila euro, e il Fai, fondo ambiente italiano, con un milione e 159mila euro. Poco sotto il milione di euro, invece, ci sono il Wwf (999.181) e Greenpeace (942mila euro). All’Oipa (Organizzazione internazionale protezione animali) sono andati 581mila euro, mentre a Fondazione Campagna Amica sono stati corrisposti 574mila euro. A chiudere l’elenco dei beneficiari over500mila euro c’è la Lipu, lega italiana protezione uccelli, con 515mila euro.

COS’È IL 5XMILLE

Il 5xMille è una misura fiscale, introdotta in via sperimentale con la legge finanziaria del 2006 e poi successivamente prorogata di anno in anno, che permette ad ogni contribuente di devolvere una quota della propria Irpef (pari appunto al 5 per mille del totale) per sostenere le realtà del terzo settore, il cosiddetto no-profit, che svolgono attività di volontariato, assistenza, e tutela di animali e territorio che non perseguono fini di lucro. E’ quindi una forma di sostentamento diretto agli enti che stanno più a cuore agli italiani e anche un modo di partecipazione sociale al bene comune.

Jovanotti

La musica di Jovanotti ‘ripulisce’ spiagge, laghi e fiumi

Lo sapevate che il mare emette un suono diverso a seconda del suo grado di salute? E che se cantate davanti al mare le sue condizioni migliorano? Anche da queste considerazioni parte il Jova beach Party 2022. Jovanotti ha infatti deciso di replicare la grande festa che nell’estate 2019, pre pandemia, portò in giro per le spiagge d’Italia. Questa volta, però, abbinando una grande iniziativa ambientale per pulire e recuperare 20 milioni di metri quadri di spiagge, laghi, fiumi e fondali in tutta Italia con il progetto Ri-Party-Amo, grazie alla collaborazione del Wwf e di Intesa Sanpaolo.

Il concetto alla base è semplice ed è anche quello su cui si fonda ‘GREENdez-vous’: “Per la mia esperienza di fan della musica – racconta Jovanotti – ho ben chiaro quanto i concerti siano stati importanti per me. Mi hanno cambiato la vita perché durante i live la mia capacità di percepire informazioni veniva moltiplicata dalle emozioni. Ho imparato tante cose mentre mi divertivo come un pazzo, immerso nella musica”. Il concerto, quindi, come veicolo di informazioni e come efficace sensibilizzatore sulle tematiche ambientali. Certo, il ‘Jova’ sa che il suo pubblico è già estremamente vicino alle questioni della sostenibilità. Tanto che, durante il Beach Tour del 2019, “alla fine delle giornate abbiamo lasciato le spiagge meglio di come le avevamo trovate. Non credevo fosse possibile, quando l’ho visto mi sono commosso”.

jovanotti

Da questo presupposto, Lorenzo ha deciso di spingersi oltre, tanto da arrivare a raccogliere 3 milioni di euro che verranno utilizzati per pulire 20 milioni di metri quadri di spiagge, laghi, fiumi e fondali; per realizzare 6 macro azioni di ripristino degli habitat; organizzare 8 incontri nelle università italiane e numerosi workshop nelle scuole capaci di coinvolgere un totale di 100.000 studenti. Un lavoro imponente che – Jovanotti non nasconde – ha necessariamente bisogno di denaro: “La transizione ecologica è una bella parola, ma ha dei costi enormi. Non ci sarà senza impegno da parte di tutti e senza la consapevolezza che questi costi prevedono rinunce che si fanno per ottenere un mondo migliore, una qualità della vita migliore. C’è bisogno di soldi e di chiederli a chi li sa organizzare e generare”. E, forse anche per questo, sul greenwashing, Lorenzo ha un’idea precisa: “È sicuramente un problema. Ma non bisogna buttare via il bambino con l’acqua sporca. Anche in quel tipo di comunicazione ci può essere una ricaduta positiva. Perché la cosa peggiore che oggi si possa fare è tenere ‘il ditino alzato’: quelli che sono sempre lì a criticare, ma che da parte loro mettono in campo poco”.

Insomma, le parole d’ordine sono “intenzione e attenzione”. Partendo dall’eliminazione totale della plastica durante i live, per finire con gli interventi di recupero delle spiagge. Un progetto ampio e serio, ci tiene a sottolineare Jovanotti. Precisando che, addirittura, nel 2019 neanche il programma televisivo ‘Report’ riuscì a trovare una nota stonata nella gestione del piano ambientale del Jova Beach Party. E sperando di riuscire a ripetere l’esperimento positivo, perché “a me le cose piace farle bene”. Che poi, come nel suo stile, la sintesi di tutto il progetto per Lorenzo è solo una: “È una figata”.

uova pasqua

I sette consigli del WWF per una Pasqua sostenibile

Con l’arrivo della Pasqua aumentano i consumi, ma ci sono alcune semplici scelte che in questo periodo possiamo fare per festeggiare alleggerendo il nostro impatto sul Pianeta. A dettare la linea per una Pasqua sostenibile è il WWF con 7 consigli.

infografica pasqua

1. DECORAZIONI FAI DA TE

Non c’è bisogno di acquistare troppe decorazioni, possiamo crearne alcune con uova dipinte, nastri, fiori di carta e altri materiali di riciclo. Se non abbiamo i colori per dipingere le nostre uova, ricordiamoci che si possono realizzare anche con cibi e spezie: la curcuma per tingere di giallo, la paprika per l’arancione, le rape rosse per il fucsia, il caffè per il marrone, gli spinaci per il verde, il vino rosso per il viola. E soprattutto non dimentichiamoci di utilizzare l’interno delle uova per preparare le nostre ricette tradizionali con prodotti locali.

2. PRODOTTI A KM 0 E DI STAGIONE

Scegliere prodotti a chilometro zero, locali e di stagione non aiuta solo l’economia locale, messa a dura prova dalla situazione attuale, ma anche l’ambiente, perché contribuisce a ridurre l’impatto delle produzioni fuori stagione e del trasporto, che spesso gravano anche sul portafoglio. A questo si affianca l’importanza dal punto di vista nutrizionale. La natura, infatti, fa crescere gli alimenti in periodi specifici per sopperire a carenze che dobbiamo affrontare mese dopo mese. Nel periodo di Pasqua, per esempio, via libera agli asparagi ricchi di vitamine e antiossidanti, agretti e fave.

3. FARE LA SPESA IN MODO CONSAPEVOLE

Mai come oggi è importante fare la spesa in modo consapevole, non solo evitando imballaggi inutili e acquisti eccessivi, ma anche con lista alla mano per acquistare solo il necessario, ridurre gli sprechi e i viaggi verso il supermercato. Infine, è importante prestare molta attenzione alle date di scadenza, così da non acquistare cibi che deperiranno prima del loro effettivo utilizzo ma soprattutto portiamo in tavola pasquale tanti prodotti sfusi e freschi, dalla frutta e verdura ai latticini, passando per le uova.

4. E PER LE UOVA DI PASQUA?

Per Pasqua è importante acquistare cioccolato con la garanzia che non provenga da coltivazioni legate a pratiche di deforestazione: scegliamo se possibile la certificazione biologica per il cioccolato o certificazioni che attestino il rispetto di criteri di sostenibilità ambientale e sociale quali ad esempio Rainforest Alliance, o Fairtrade. Per fare del buon cioccolato occorre un buon cacao. E un cacao è davvero buono se viene prodotto nel rispetto della natura, della biodiversità, dei lavoratori e della salute di tutti.

5. CONGELARE O RIUTILIZZARE IN MODO CREATIVO IL CIBO AVANZATO

Congelare gli alimenti in freezer è un metodo comodo e semplice per mantenere più a lungo in buono stato molto alimenti, evitando sprechi. Il congelamento è fondamentale, quando, ad esempio, vogliamo conservare prodotti stagionali (come i funghi) per averli a disposizione anche nei mesi in cui non sono di stagione, oppure quando si vuole fare scorta. Per congelare utilizziamo quanto più possibile contenitori riutilizzabili (idonei al contatto con alimenti e all’uso nel freezer) invece di sacchetti, fogli e pellicole monouso. Ricordiamoci di appuntare la data e il contenuto dei nostri contenitori in modo da avere una visione delle scorte. Se abbiamo tanti avanzi e il congelatore pieno, allora via libera alla creatività: una torta salata come la classica pasqualina, per esempio, può essere tagliata a cubetti, riscaldata e riproposta come aperitivo durante il pranzo di Pasquetta.

6. IMPARARE A LEGGERE LE ETICHETTE E EVITARE SPRECHI

Lo spreco alimentare oltre a essere insostenibile dal punto di vista ambientale, rappresenta una perdita economica per le famiglie. Eppure tutto questo dispendio può essere ridotto drasticamente imparando a riconoscere la differenza tra la data di scadenza – ‘Consumare entro’ e quindi non oltre quella data perché può essere rischioso per la salute e ‘Da consumare preferibilmente entro’, che significa quel cibo sarà sicuro da consumare anche dopo la data che figura in etichetta (a patto che la confezione sia integra), ma potrebbe non essere nelle condizioni ottimali. Ad esempio il sapore e la consistenza potrebbero non essere dei migliori. Oltre alle scadenze c’è anche da ricordarsi quanto sia importante la buona conservazione degli alimenti: insomma, se li conserviamo bene ci daranno tutto il tempo di venir consumati.

7. DOVE LO BUTTO?

Spesso lo smaltimento di oggetti e prodotti tipici delle feste può essere complicato o sconosciuto. Ad esempio: non tutti sanno che per gli imballaggi della colomba la scatola esterna va nella carta, il sacchetto interno in plastica trasparente nella plastica, mentre lo stampo di cottura se ha residui di cibo ed è compostabile va nell’organico; se ha residui di cibo e non è compostabile va nell’indifferenziato. Lì vanno anche le candele consumate, i gusci di cozze e vongole (a meno che nel vostro comune non sia diversamente indicato), le carte lucide o argentate delle uova di Pasqua, i tovaglioli di carta colorati e i tappi di finto sughero di vini e spumanti. I consigli del WWF tendono sia a ridurre il più possibile il consumo materiali usa e getta, proponendo alternative riutilizzabili (sono di moda per esempio i servizi da tavola spaiati), sia a incoraggiare l’acquisto di oggetti sfusi o con imballaggi ridotti, evitando l’overpackaging. Una regola generale che vale per plastica, vetro e metalli è che si riciclano solo gli imballaggi, oggetti in plastica, vetro e metallo che non siano imballaggi per esempio, giocattoli, un bicchiere una lastra metallica vanno nell’indifferenziata. Altra regola importante è quella di ‘ridurre il volume’ dei rifiuti, cioè schiacciare gli imballaggi prima di metterli nel bidone della differenziata. Per quanto riguarda le bottiglie, per esempio, va appiattita la superficie laterale piuttosto che schiacciarle dal tappo verso il fondo, questo per facilitarne l’identificazione in fase di riciclo.

orso

L’orso Juan Carrito è tornato in libertà nel Parco della Maiella

L’orso Juan Carrito è tornato in libertà. L’animale è stato trasportato oggi dall’area faunistica di Palena sul massiccio della Maiella, attraverso un’operazione svolta dal personale del Parco Nazionale della Maiella in collaborazione con il Raggruppamento Aeromobili Carabinieri, il Reparto Carabinieri Parco Nazionale Maiella, e con il Reparto Carabinieri Biodiversità di Pescara. Il ritorno dell’orso in natura rappresenta la seconda fase dell’intervento di emergenza, eseguito dal Parco Nazionale della Maiella a supporto della Regione Abruzzo, che era iniziato con la cattura di Juan Carrito a Roccaraso e il suo temporaneo trasferimento in area faunistica in attesa di un miglioramento delle condizioni meteorologiche che, finora, avevano impedito l’attuazione della traslocazione sulla Maiella.

Durante il periodo trascorso in area faunistica l’orso Juan Carrito non ha avuto contatti con l’uomo e si è alimentato esclusivamente di cibi di origine naturale ma, al contrario di quanto riportato da molti organi di stampa e da fonti ufficiali di altri enti, allo stato attuale non è stato effettuato nessun percorso di ‘rieducazione’. In questa fase, infatti, come riportato chiaramente nel precedente comunicato ufficiale del Parco Nazionale della Maiella, la permanenza temporanea in area faunistica era mirata al solo allontanamento urgente dell’orso da Roccaraso in attesa, appunto, di poter effettuare la traslocazione in Maiella.

L’obiettivo dell’intervento di traslocazione è stato discusso nell’ambito di specifiche riunioni di coordinamento tecnico-istituzionale, richiesto dall’ente competente, Regione Abruzzo, e autorizzato dal Ministero per la Transizione Ecologica (Mite) su parere favorevole di Ispra, è quello di allontanare l’orso dalle aree antropizzate che frequentava per tentare di indurlo a vivere lontano dai paesi e dal cibo di provenienza antropica. La presenza di Juan Carrito nei centri abitati, infatti, non era più tollerabile soprattutto perché l’animale si alimentava ormai da troppo tempo quasi esclusivamente di rifiuti, un comportamento che, oltre a creare situazioni potenzialmente pericolose e di conflitto con le persone, danneggiava l’orso stesso mettendo a repentaglio la sua salute. È difficile prevedere cosa farà l’orso Juan Carrito nelle prossime settimane e nei prossimi mesi poiché sono molte le variabili che influenzano l’esito di operazioni complesse come le traslocazioni e, purtroppo, il ritorno dell’orso all’interno di centri abitati è un’eventualità che potrebbe verificarsi anche nel breve termine. Per questo motivo Il Parco Nazionale della Maiella ha già predisposto un piano di intervento nel quale sono proposte ulteriori attività, anche sperimentali, mirate a tenere l’orso lontano dai paesi e a tentare tutto quanto possibile per eliminare o quanto meno ridurre la sua dipendenza dal cibo di origine antropica.

Il Parco Nazionale della Maiella – spiega Luciano Di Martino, Direttore del Parco – sta operando con estrema professionalità supportando le operazioni di gestione della complessa situazione creatasi a Roccaraso sia attraverso azioni concrete, sia attraverso proposte di possibili attività da sperimentare, tra le quali il già citato percorso di ‘rieducazione’, per agire sul comportamento dell’orso, che tuttavia non è ancora iniziato, e anzi deve essere ancora espressamente autorizzato”.

Naturalmente – aggiunge Lucio Zazzara, Presidente del Parco – gli interventi da mettere effettivamente in campo saranno stabiliti attraverso interlocuzioni tra tutti gli enti coinvolti e, comunque, sempre sottoposti ad autorizzazione da parte del MITE. Il Ministero è stato aggiornato sull’esito delle nostre attività e sulla nostra volontà di fare tutto quanto sia nelle nostre possibilità e nella compatibilità delle valutazioni scientifiche del caso, per garantire a Juan Carrito una vita ‘da orso’ in natura.”

Proprio il coordinamento tra Enti, la ricerca e l’applicazione di metodi sperimentali e la consapevolezza che la dipendenza dal cibo di origine antropica sia un fenomeno deleterio per l’orso sono i tre punti cardine della strategia di intervento nella quale si incastrano le attività portate avanti e proposte dal Parco Nazionale della Maiella, anche nell’ambito del Progetto Life internazionale ARCPROM del quale il Parco è partner congiuntamente al Wwf Italia con cui sono in corso diverse collaborazioni, con la finalità ultima di permettere a questo animale di continuare a vivere in libertà nei territori montuosi a cui appartiene.

Deforestazione

La deforestazione amplifica la crisi climatica

Le 36 miliardi di tonnellate di anidride carbonica (Co₂) immesse ogni anno nell’atmosfera a causa delle attività umane, ad oggi hanno portato all’aumento di circa 1,1°C della temperatura media globale, rispetto al periodo preindustriale. È quanto si legge nel report del Wwf ‘Deforestazione e cambiamento climatico: l’impatto dei consumi sui sistemi naturali’, pubblicato in occasione della Giornata internazionale delle foreste.

Le conseguenze sui meccanismi che regolano il clima e di conseguenza tutto il funzionamento del Pianeta, spiega il Wwf, sono evidenti e pericolose, come l’aumento di eventi meteo estremi, l’innalzamento del livello del mare, la diminuzione del ghiaccio marino in Artico. Un riscaldamento di oltre 1,5°C rispetto ai livelli preindustriali (soglia limite sui cui puntare, secondo nell’Accordo di Parigi) aumenta il rischio associato a cambiamenti di lunga durata o irreversibili, come, ad esempio, la perdita di alcuni ecosistemi, “con conseguenze devastanti sul funzionamento della biosfera e delle nostre società”.

Le foreste – afferma l’associazione ambientalista – catturano enormi quantità di carbonio: assorbono ogni anno 1/3 delle emissioni antropiche di Co2 da combustibili fossili, evitandone l’accumulo in atmosfera. Dopo gli oceani, le foreste (in particolare quelle tropicali e boreali) sono a livello globale il secondo maggior serbatoio di carbonio trattenendo complessivamente ben 861 miliardi di tonnellate di carbonio.

Questo, spiega l’associazione ambientalista, viene però compromesso quando ecosistemi naturali, come le foreste, sono distrutti o degradati. Considerando che gli alberi sono costituiti per circa il 20% del proprio peso da carbonio, parte della Co2 assorbita dalle foreste tramite la fotosintesi viene riemessa in atmosfera quando gli alberi vengono tagliati. “In questo modo – si legge nel report – da essere parte della soluzione le foreste diventano parte del problema: la deforestazione rappresenta infatti la seconda fonte umana di Co2, con ben 8 miliardi di tonnellate di Co2 emesse ogni anno dal 2000 ad oggi, periodo in cui è stato perso ben il 10% della superficie forestale mondiale“. Oltre ai problemi legati al clima, la deforestazione mette a rischio la sopravvivenza delle popolazioni indigene che dipendono strettamente da questi ecosistemi e provoca la perdita dell’habitat di molte specie animali e vegetali, causandone spesso l’estinzione.

Secondo il report del Wwf quasi il 90% della deforestazione a livello globale è dovuto all’espansione dell’agricoltura. Gli allevamenti di bovini insieme alle coltivazioni di palma da olio, soia, cacao, gomma, caffè e legno sono stati responsabili del 57% della deforestazione connessa con l’agricoltura tra il 2001 e il 2015, portandoci via un’area di foreste grande quanto la Germania.

Deforestazione

 

Gli ambientalisti al Governo: più rinnovabili per uscire dalla crisi

Dieci proposte al Governo Draghi per uscire dalla dipendenza dal gas, a partire da quello russo. Le hanno stilate Greenpeace Italia, Legambiente e WWF, spiegando che “l’esplosione della drammatica guerra in Ucraina e la preoccupazione di molte persone per l’aumento delle bollette impone di accelerare la transizione energetica del nostro Paese”. Si tratta, precisano, di “interventi normativi e autorizzativi da mettere in campo da qui ai prossimi mesi e che permetterebbero di ridurre i consumi di gas di 36 miliardi di metri cubi all’anno entro fine 2026, sviluppando l’eolico offshore e a terra, il fotovoltaico sui tetti, anche nei centri storici, e sulle aree compromesse (discariche, cave, etc), il moderno agrovoltaico che garantisce l’integrazione delle produzioni agricole con quella energetica, la produzione del biometano (sviluppata in un chiaro contesto di riduzione del numero complessivo di capi allevati e senza sottrazione di terreno alla produzione di cibo), gli accumuli, i pompaggi e l’ammodernamento delle reti”.

In particolare le tre associazioni, chiedono in primis di autorizzare, entro marzo 2023, nuovi impianti a fonti rinnovabili per 90 GW di nuova potenza installata, pari alla metà dei 180 GW in attesa di autorizzazione, da realizzare entro fine 2026; aggiornare entro giugno 2022 il PNIEC, valutando l’obiettivo di produzione del 100% di energia elettrica da fonti rinnovabili entro il 2035; fissare subito un tetto ai profitti delle aziende che estraggono e trasportano gas fossile o petrolio; attivare entro giugno 2022 il dibattito pubblico sugli impianti a fonti rinnovabili al di sopra dei 10 MW di potenza installata; sviluppare la produzione di biometano da FORSU, scarti agricoli, reflui zootecnici e fanghi di depurazione. E poi di escludere entro aprile 2022 l’autorizzazione paesaggistica per il fotovoltaico integrato sui tetti degli edifici non vincolati dei centri storici; rivedere entro dicembre 2022 i bonus edilizi, cancellando gli incentivi per la sostituzione delle caldaie a gas. Infine è importante anticipare al 2023 l’eliminazione dell’uso delle caldaie a gas nei nuovi edifici; istituire entro giugno 2022 un fondo di garanzia per la costituzione delle comunità energetiche; attivare entro maggio 2022 una strategia per efficienza e innovazione nei cicli produttivi e sulla mobilità sostenibile.

Il problema evidente del salasso per famiglie e aziende è urgente da affrontare, ma le soluzioni adottate o prospettate dal Governo – spiegano Greenpeace Italia, Legambiente e WWF Italia – sono anacronistiche e in controtendenza con l’urgente lotta alla crisi climatica: si va dall’aumento della produzione nazionale di gas fossile all’approvvigionamento di idrocarburi gassosi non provenienti dalla Russia, dalla possibile ripartenza di gruppi termoelettrici a carbone a quelli a olio combustibile, dal raddoppio di gasdotti operativi alla realizzazione di nuovi rigassificatori, fino ai nuovi finanziamenti alla ricerca del nucleare di quarta generazione”. “Il governo – aggiungono – per contenere gli aumenti in bolletta, ha pensato bene infine di tagliare gli extracosti relativi solo alla produzione di elettricità da fonti rinnovabili, senza interessare minimamente quelli vertiginosi delle aziende delle fonti fossili o in modo strutturale tutti gli oneri di sistema in bolletta. Il blackout nazionale del 2003 portò al varo in fretta e furia dell’infausto decreto sblocca centrali del governo Berlusconi che fece realizzare le centrali termoelettriche a gas che allora sostituirono quelle a carbone e olio; oggi la guerra in Ucraina dovrebbe portare l’Esecutivo Draghi a varare subito un ben più necessario e fausto decreto sblocca rinnovabili per sostituire gli impianti a gas con 90 GW di nuovi impianti a fonti rinnovabili da autorizzare entro 12 mesi e da realizzare nei prossimi 5 anni”.

Per le tre associazioni quelle prese fino ad oggi dall’esecutivo Draghi sono “decisioni che non entrano nel merito dell’unica soluzione efficace che ci può permettere di affrontare questo problema in modo strutturale e senza lasciare indietro nessuno: la riduzione dei consumi di gas. Un obiettivo che si può raggiungere intervenendo soprattutto sulle prime tre voci di consumo: domestico e terziario (33 miliardi di m3 nel 2021), la produzione di elettricità (26 miliardi di m3) e l’industria (14 miliardi di m3), su cui bisogna operare con un forte sviluppo delle fonti rinnovabili, concrete politiche di risparmio energetico ed efficienza energetica in edilizia, l’innovazione tecnologica nelle imprese”.
Pensare di riattivare gruppi termoelettrici a carbone o a olio combustibile è un’opzione irrilevante: se pure ripartissero 1.000 MW di potenza installata, aggiuntivi a quelli già in attività, con questi due combustibili fossili, ad esempio per 5mila ore all’anno, si potrebbero produrre 5 TWh all’anno che nei fatti permetterebbero di risparmiare solo 1 miliardo di m3 di gas fossile all’anno. Praticamente nulla al confronto del contributo strutturale e rispettoso degli obiettivi climatici e di lotta all’inquinamento atmosferico che garantirebbe lo sviluppo strutturale e convinto delle fonti rinnovabili, dell’efficienza energetica, del sistema di pompaggi e accumuli e della rete di trasmissione e distribuzione”, concludono le associazioni.

Salvare pianeta

Come contribuire a salvare il pianeta? Ecco alcuni consigli

Quali piccole azioni possiamo compiere ogni giorno per salvaguardare il Pianeta? In occasione dell’Earth Hour 2022, in programma per il 26 marzo, il Wwf ha stilato una lista di consigli per risparmiare energia e contribuire alla lotta al cambiamento climatico: dal consumo efficiente di acqua ed elettricità alla raccolta differenziata fino alla mobilità ecosostenibile.

infografica azioni wwf

“Oggi, a livello mondiale, consumiamo l’equivalente di quasi due Pianeti. Andando avanti a questi ritmi, nel 2050 l’umanità potrebbe consumare tre volte la capacità ecologica del Globo: questo è evidentemente assurdo e fisicamente impossibile”, spiega il Wwf.

“Le nostre abitudini alimentari sono responsabili del 70% della perdita di biodiversità, dell’80% della perdita di foreste nel mondo, di un terzo delle emissioni di gas serra e del 70% del consumo di acqua dolce nel mondo”, aggiunge l’organizzazione ambientale. “L’umanità immette ogni anno nell’atmosfera circa 36 miliardi di tonnellate di anidride carbonica” con conseguenze come l’aumento di eventi meteo estremi, l’innalzamento del livello del mare e lo scioglimento dei ghiacciai.