Legambiente, mappa i 112 cantieri della transizione: “Il Paese si muove, il governo faccia la sua parte”

La transizione ecologica passa anche dai cantieri. Lo sa bene Legambiente, che dedica al tema il suo congresso nazionale (da oggi 1 dicembre a domenica 3 dicembre a Roma) e mappa i 112 cantieri della transizione made in Italy.

Centododici storie e progetti, in 10 aree tematiche – rivoluzione energetica, adattamento alla crisi climatica, agroecologia, rigenerazione urbana, mobilità sostenibile, riconversione industriale, economia circolare, lotta alle illegalità, aree protette e biodiversità, giovani e università -, che puntano sempre di più su innovazione e sostenibilità ambientale, che creano nuovi posti di lavoro e che per Legambiente meritano di essere replicati, a partire dai quei primi venti cantieri che l’associazione ambientalista ha raggruppato sotto la voce “cantieri nazionali”.

Si va, ad esempio, dalla 3Sun gigafactory di Catania, che diventerà il più grande impianto di pannelli fotovoltaici d’Europa, all’impianto di biometano di Schiavon (VI), in Veneto, il più importante e grande d’Europa nel suo genere che, grazie ad un consorzio di 117 allevatori locali, trasforma i reflui zootecnici in energia rinnovabile e fertilizzante; da Cartiere di Guarcino Spa, in provincia di Frosinone, una delle aziende associate ad Assocarta, e che autoproduce energia elettrica, gestisce in maniera sostenibile l’acqua e il riciclo della carta, al parco tessile chierese – PACTH – di Torino, esempio di contrasto al consumo al consumo di suolo. Qui al posto di una scuola abbandonata da 15 anni, dove si dovevano realizzare nuovi edifici, è stata creata una nuova area verde di circa 6mila mq, che si collega con un altro parco, per un totale di 11mila mq di verde. Tra gli altri cantieri nazionali, c’è poi il repowering degli impianti eolici esistenti in provincia di Benevento in Campania, l’ex discarica di Matera “La Martella” dove sono stati ultimati da poco i lavori di bonifica che hanno consentito la chiusura della procedura di infrazione europea. E ancora dal lavoro avviato dal Consorzio Nazionale degli Oli minerali Usati (CONOU), con la raccolta e il riciclo di un rifiuto pericoloso come l’olio minerale usato, al percorso di sostenibilità e innovazione della filiera bieticolo-saccarifera italiana avviato da COPRO-B, al nuovo sistema di collettamento fognario e depurazione di Gavardo, Villanuova sul Clisi e Vallio Terme, in provincia di Brescia, con A2A.

La grande sfida è accelerare il passo: “La transizione ecologica non rappresenta un bagno di sangue per il nostro Paese come alcuni vogliono far credere. È invece innovazione e futuro, ed esiste già in centinaia di luoghi della nostra Penisola anche con importanti leadership internazionali“, osserva il presidente nazionale, Stefano Ciafani. Quello che chiede è “più concretezza e azioni tangibili per accelerare la decarbonizzazione”.

Un percorso che secondo il ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica, Gilberto Pichetto, è segnato: “Siamo nel mezzo di una tempesta mondiale che scuote il Pianeta, assistiamo a fatti drammatici che impattano pesantemente in reparti chiave. Il timore è che si rallenti sulla transizione ma sarebbe sbagliato, continuiamo sulla strada indicata dal Pniec“, garantisce in un videomessaggio inviato al Congresso, mentre è impegnato a Dubai con la Cop28. Proprio la conferenza delle parti, denuncia Ciafani, “sarà il primo banco di prova per il nostro Paese, che deve ancora eliminare i sussidi alle fonti fossili e si trova sempre impreparato di fronte alla crisi climatica“.

La crisi climatica, l’emergenza pandemica, le speculazioni dei produttori delle fossili, tra la ripresa dell’economia dopo le prime ondate del Covid-19, l’aggressione militare russa in Ucraina e la rapida e violenta ripartenza del conflitto israelo-palestinese che sta coinvolgendo anche altri Paesi del Medio-Oriente, hanno fatto entrare il tema della transizione energetica in modo prepotente anche nel dibattito politico degli ultimi anni ma “non nel modo che speravamo”, fa eco Giorgio Zampetti, direttore generale di Legambiente. Da qui, spiega, “l’idea di raccontare con la campagna sui cantieri della transizione ecologica le esperienze di chi ha deciso con concretezza di affrontare la crisi climatica e la transizione ecologica”.

Impronta idrica tra le più alte in Ue. Legambiente: Insostenibile

La siccità era un problema che prima sperimentavamo solo in alcuni mesi dell’anno, oggi la carenza idrica va avanti. L’emergenza è iniziata nell’inverno scorso, di fatto dura da un anno“. La denuncia è di Giorgio Zampetti, direttore generale di Legambiente.

Nel corso del Forum Acqua 2022, l’associazione chiede misure strutturali per gestire meglio la risorsa idrica, sempre più preziosa.
L’acqua che preleviamo per agricoltura, industria e uso civile, in Italia, è di 33 miliardi di metri cubi ogni anno. Ma l’acqua che effettivamente consumiamo ammonta a 26 miliardi di metri cubi. Abbiamo il 22% di perdite tra quello che preleviamo e quello che consumiamo. Perdite che non sono solo negli acquedotti, ma anche sulle reti di irrigazione“, spiega Zampetti.
Il 55% circa della domanda proviene dal settore agricolo, il 27% da quello industriale e il 18% da quello civile. I consumi rappresentano poco meno del 78% dei prelievi. Quanto alle perdite, il 17% di queste si verificano nel settore agricolo e il 40% in quello civile.

Il dato più eclatante, però, è quello dell‘impronta idrica del nostro Paese: 130 miliardi di metri cubi all’anno, una delle più alte d’Europa. Il 60% è relativo all’acqua utilizzata per prodotti o ingredienti importati dall’estero. “Numeri non più sostenibili su cui bisogna intervenire rapidamente“, commenta l’associazione.

Per far fronte all’eccessivo spreco di acqua in Italia, Legambiente propone di adottare un approccio integrato e multi-sistemico, basato proprio sull’impronta idrica, per assumere, lungo tutto il ciclo dell’acqua, un atteggiamento “più responsabile e sostenibile“.

Si tratta dunque di raccontare al consumatore, tramite un’etichetta sui prodotti, l’impatto che hanno sulle risorse idriche, indirizzandolo verso consumi più consapevoli. Utile per il Cigno verde anche inserire tra le norme richieste dai criteri ambientali minimi la Water Footprint, soprattutto nell’ambito dell’acquisto di prodotti, contribuendo a tenere sotto controllo gli impatti idrici. Necessario poi pianificare gli usi dell’acqua arrivando ad avere una visione d’insieme sull’impatto che, la “somma” delle attività, genera in un territorio.

Per quanto riguarda l’uso potabile, l’associazione propone di agire su prelievi e consumi, riducendo le perdite degli acquedotti e dando priorità alla rete di distribuzione cittadina. A livello urbanistico occorre una riqualificazione idrica degli edifici e degli spazi urbani, promuovendo il recupero e riutilizzo dell’acqua in tutti gli interventi edilizi, diffondendo i principi di efficienza idrica degli edifici, lavorando sull’adeguamento degli impianti esistenti implementando il risparmio idrico. Diffondere il ricorso ai Regolamenti Edilizi comunali che indirizzano verso il risparmio idrico, il recupero delle acque meteoriche e/o di quelle grigie. Completare la rete fognaria e realizzare interventi volti alla separazione delle acque reflue civili da quelle industriali e di prima pioggia. A livello industriale occorre ridurre i consumi di acqua “nuova”, progettare impianti e processi che minimizzino l’utilizzo di acqua, monitorare per individuare perdite e sistemarle, rendere per le fabbriche obbligatorio il calcolo dell’impronta idrica e pubblici i bilanci di massa rispetto all’acqua utilizzata e scaricata, oltre i dati relativi alla sua qualità.

Completare la rete di depurazione, ancora oggi incompleta e riqualificare gli impianti di depurazione esistenti, spesso inefficienti, sottodimensionati e in difficoltà, e costruire gli impianti nuovi. Infine, innovare il sistema agroalimentare italiano con finanziamenti fortemente orientati a favorire il minor consumo di acqua, la diffusione di colture e sistemi produttivi meno “idroesigenti”, misure mirate all’incremento della funzionalità ecologica dei suoli agrari e della loro capacità di trattenere l’acqua e a contenere i consumi irrigui entro la soglia dei 2.500 metri cubi ettaro anno.