Il confronto tra il governo e Stellantis non si ferma. Adolfo Urso, convoca un nuovo tavolo con l’azienda: “Ci vogliamo confrontare con la nostra multinazionale“, spiega, assicurando che farà capire al gruppo che “deve restare in Italia, perché l’ecosistema che c’è qui non c’è da nessun’altra parte nel mondo“.
Il ministro si dice soddisfatto dell’unità d’intenti che si è trovata in Parlamento, in occasione dell’audizione dell’ad Carlos Tavares: “Cancelliamo il passato, è nata unità nel Parlamento nelle condizioni da porre a Stellantis. Questa unità va mantenuta e crediamo sia un bene prezioso del Paese”, scandisce.
Urso parla dal palco dell’assemblea generale di Assolombarda. Spiega che da due anni tutta la politica industriale messa in campo è stata “assertiva” e che l’Italia in Europa ha guidato la battaglia contro l’Euro 7 (“sarebbe stata una tagliola impossibile”) e quella sul regolamento del packaging (“sempre a tutela dell’industria”).
Oggi, soprattutto sull’anticipo della revisione sullo stop ai motori endotermici a partire dal 2035, ancora una volta, la parola d’ordine è “velocità“. Per questo motivo il ministro italiano ha presentato in Europa un non-paper sull’auto. “Se vogliamo mantenere gli obiettivi del green deal, dobbiamo creare le condizioni per raggiungerli“, sostiene Urso. Si tratta, per l’inquilino di Palazzo Piacentini, di “cambiare le condizioni” per raggiungere questi obiettivi. La ricetta di Roma passa per un fondo con risorse comuni regolato da un piano automotive europeo, una piena visione di neutralità tecnologica (“perché nessuno aveva previsto la pandemia, la rottura degli approvvigionamenti, l’aggressione della Russia in Ucraina e l’escalation in Medio Oriente“, ricorda Urso) e per l’indipendenza sulle materie prime critiche, estraendo dal sottosuolo europeo quello che serve al Continente.
Anche gli industriali chiedono di non concentrarsi solo sull’elettrico. Propongono una riflessione molto più ampia sull’energia, considerata il problema numero uno dell’Italia, dove i costi sono di molto superiori agli altri Paesi competitor, anche europei.
La via individuata è quella del nucleare, con gli small modular reactor. Entro fine dell’anno, assicura Urso, sarà predisposto un quadro legislativo per garantire che anche in Italia si possano installare “reattori di terza generazione avanzata e di quarta generazione“: “Il nucleare deve tornare a essere l’orgoglio del Made in Italy“, afferma. L’impegno del Mimit è anche quello di realizzare una newco italiana con partnership tecnologica straniera per i reattori di terza generazione.
“L’energia per noi significa indipendenza strategica. Gli smr sono la via, lo hanno detto anche Google e Amazon”, osserva il presidente di Confindustria, Emanuele Orsini. E l’energia nucleare, precisa il presidente di Assolombarda, Alessandro Spada, “è un esempio concreto” del “cambio di passo necessario” per la futura politica industriale europea in un’ottica di transizione green. Per gli industriali lombardi è una “fonte imprescindibile“, insieme al gas naturale, alle rinnovabili, all’idrogeno, per assicurare una “equilibrata e sostenibile strategia di transizione energetica“. L’investimento porterebbe anche un incremento significativo in termini di crescita e di posti di lavoro. Secondo alcuni studi, 20 impianti small modular reactor porterebbero a più di 50 miliardi di euro di Pil aggiuntivi, attivando fino a 117mila occupati dal 2030 al 2050. “Non possiamo rischiare di ritrovarci nel 2030 a vedere i risultati degli altri – mette in guardia Spada – mentre noi stiamo ancora discutendo“.