Stellantis prepara post-Tavares e semplifica organizzazione. Elkann: “Saremo più agili”

Stellantis affronta l’era post Tavares adottando una serie di misure per semplificare la sua organizzazione. Secondo il Gruppo queste decisioni consentiranno il giusto equilibrio tra responsabilità regionali e globali, facilitando la rapidità delle scelte e la loro esecuzione, oltre a rafforzare ulteriormente l’impegno di Stellantis nell’ascoltare i propri clienti e porre le basi per una rinnovata crescita.

Ecco, quindi, che le regioni disporranno da ora di maggiori capacità decisionali ed esecutive a livello locale per la pianificazione e lo sviluppo dei prodotti, le attività industriali e commerciali, mantenendo il coordinamento con le funzioni globali dell’azienda per servire al meglio i clienti. Oltre al suo attuale ruolo di COO delle Regioni d’America, Antonio Filosa assume la leadership globale dell’ente Quality, il fulcro della promessa dell’azienda ai clienti. Gli enti Corporate Affairs e Communications sono stati uniti sotto la guida di Clara Ingen-Housz per supportare al meglio il costante impegno dell’azienda nei confronti di tutti i suoi stakeholder. Viene creato un nuovo Marketing Office, guidato da Olivier François, per raggruppare il marketing dei brand e supportarli al meglio, in particolare attraverso la pubblicità, gli eventi globali e le sponsorizzazioni. Le attività software sono ora integrate in un’organizzazione di sviluppo e tecnologia del prodotto guidata da Ned Curic allo scopo di semplificare il processo di immissione sul mercato di prodotti e servizi innovativi per tutti i brand in tutti i mercati in cui l’azienda è presente.

Secondo il presidente John Elkann, gli annunci odierni “semplificheranno ulteriormente la nostra organizzazione e aumenteranno la nostra agilità e il rigore dell’esecuzione a livello locale. Non vediamo l’ora di guidare la crescita fornendo ai nostri clienti una scelta ancora più ampia di straordinari veicoli a combustione, ibridi ed elettrici”. Il tutto mentre il processo di nomina del nuovo Ceo è in corso, gestito da un Comitato Speciale del Consiglio d’Amministrazione, e si concluderà entro la prima metà del 2025.

Gli altri cambiamenti di leadership includono la nomina di Bob Broderdorf alla guida del brand Jeep, Alain Favey responsabile del brand Peugeot, Xavier Peugeot alla guida del brand DS Automobiles e Anne Abboud a capo dell’unità veicoli commerciali di Stellantis Pro One.

Stellantis, maxipiano per l’Italia da 2 mld. Urso: “Cambiamo rotta, ma battaglia è in Ue”

Prende forma il nuovo piano industriale di Stellantis per l’Italia. Un progetto che promette di rimettere il Paese al centro delle strategie con l’aumento dei modelli in produzione, elettrici e ibridi, e la salvaguardia dei livelli occupazionali, in linea con gli investimenti produttivi. Da parte sua, il governo mette a disposizione del comparto auto oltre un miliardo di euro nel 2025, per supportare le imprese nella transizione in corso, con gli strumenti di politica industriale. Lo annuncia Adolfo Urso durante il tavolo al Mimit consapevole, confessa, che “il settore auto è in una fase di profondi cambiamenti“. La ratio è governare una transizione “senza traumi“. Per questo l’esecutivo chiede a Stellantis di “assumersi la piena responsabilità sociale” e di collaborare con tutti gli attori.

La collaborazione sembra esserci. “Il treno della storia non si ferma due volte. Il tempo è venuto per noi di fare squadra con l’Italia per affrontare le sfide esistenziali che affrontiamo e sottovalutate da alcuni in Europa“, spiega Jean Philippe Imparato, Responsabile europeo di Stellantis. “Odio le promesse non mantenute e non voglio essere smentito dai fatti“, garantisce.

Due anni di lavoro “intenso“, osserva Urso, “ci permettono finalmente di segnare una svolta, in Italia e in Europa“. Due anni di confronto con l’azienda “serrato, continuo, nel merito“. Il ministro delle Imprese crede in un cambio di rotta, per rimettere sulla giusta strada l’auto italiana ed europea, “possiamo farlo da oggi in Italia, dobbiamo farlo insieme in Europa. È il momento delle decisioni”.

Al tavolo, con lui, ci sono il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, la ministra del Lavoro Marina Calderone, i presidenti delle Regioni in cui insistono gli stabilimenti, i segretari generali dei sindacati, l’Anfia, le confederazioni di impresa. “Il Sistema Italia può agire insieme per il rilancio del settore automotive nella difficile fase di rinnovamento tecnologico e transizione industriale“, afferma. Ma la battaglia per la sopravvivenza dell’automotive, mette in chiaro il ministro, si deve fare soprattutto a Bruxelles, dove Roma è “in prima linea per superare le ideologie del green deal e realizzare finalmente un approccio pragmatico e realistico, capace di coniugare la sostenibilità ambientale con le esigenze produttive e sociali del nostro sistema industriale”. Di fronte al collasso dell’industria auto del continente, il ministro chiede “un grande sforzo di sistema” per tutelare la produzione e salvaguardare l’occupazione. A questo punta il ‘non paper’ presentato al Consiglio competitività che, ricorda, “ha subito raccolto un ampio consenso tra i Paesi dell’Unione, oltre al sostegno esplicito delle associazioni imprenditoriali di Italia, Germania e Francia, delle maggiori associazioni europee delle Pmi e dell’Acea“. Tanto che anche il gruppo parlamentare del PPE, maggioritario a Strasburgo, ha elaborato un documento in sintonia la linea italiana.

Tutti gli stabilimenti italiani rimarranno attivi“, tranquillizza Imparato, che promette, già dal 2026, una crescita delle produzioni grazie ai nuovi modelli. Il piano Italia di Stellantis non prevede aiuti pubblici: tutti gli investimenti sono finanziati con risorse proprie. Per il Paese c’è un “forte impegno“, garantisce: 2 miliardi di investimenti nel solo 2025, oltre a 6 miliardi di acquisti da fornitori che operano in Italia. Stellantis, precisa Imparato “è il gruppo industriale che ha investito di più in Italia: 10 miliardi nel 2021-2025, che salgono a 40 miliardi considerati anche gli acquisti da fornitori operanti nel Paese“. Ogni stabilimento ha un piano di produzione di modelli che coprono i prossimi anni e arrivano al 2032. Tra le novità più significative c’è l’installazione, a Pomigliano, dal 2028, della nuova piattaforma (STLA-SMALL), sulla quale è prevista la produzione di due nuovi modelli compatti. E ancora la nuova 500, la nuova Pandina, nuovi modelli ibridi ed elettrici.

La sfida che abbiamo davanti è non per i prossimi tre mesi, ma per i prossimi 15 giorni“, ammette Imparato. “Per noi è una giornata seria, di alto livello. Non abbiamo presentato un piano di difesa, ma di sviluppo in Italia. Il 2025 sarà tosto, non lo nascondiamo, ma tutti gli stabilimenti in Italia – ripete – saranno attivi“. La produzione nel 2025 sarà più o meno come nel 2024, ma nel 2026, sostiene, “vedo un +50%“.

C’è cambio passo importante, vigileremo su attuazione piano“, garantisce il governatore del Piemonte, Alberto Cirio. Bene anche per Vito Bardi, presidente della Basilicata: “Melfi resta strategico nello scacchiere produttivo dell’azienda e il piano di rilancio industriale apre interessanti scenari per il futuro dello stabilimento lucano”, afferma.

I sindacati chiedono di passare dalle parole ai fatti. Senza, avverte Rocco Palombella di Uilm, “non ci sono le condizioni per parlare di una nuova fase“. Per la Fiom-Cgil quello di oggi “è un primo confronto di ripartenza“, ma Michele De Palma e Samuele Lodi comunicano che la mobilitazione non si ferma: “L’Ue dovrà prevedere un pacchetto straordinario di risorse per garantire i livelli occupazionali, la produzione e la rigenerazione dell’occupazione. È ora che a Palazzo Chigi siano convocate imprese e sindacati”.

Soddisfatta l’Anfia per gli impegni presi dall’azienda sulle produzioni nei diversi stabilimenti nazionali. La previsione di portare a Pomigliano una nuova piattaforma small oltre alla nuova Pandina o anche di produrre modelli ibridi a Melfi e a Cassino sono per il presidente Roberto Vavassori “novità importanti, che offrono alla filiera italiana delle opportunità sia in termini di volumi più significativi rispetto agli ultimi anni, che in termini di pluralità tecnologica“.

Stellantis, commessa indotto prorogata di un anno: stop a 249 licenziamenti

Dramma scongiurato, almeno per ora. I licenziamenti annunciati nell’indotto di Stellantis per 249 lavoratori vengono ritirati e la commessa dell’azienda verso la componentistica italiana prorogata di 12 mesi.

L’accordo si chiude al Ministero delle Imprese e del Made in Italy tra Stellantis e Trasnova, con i sindacati confederali e di categoria, i rappresentanti delle Regioni in cui insistono gli stabilimenti e degli enti locali dove opera l’azienda dell’indotto. Un “segnale concreto di responsabilità in un momento cruciale per il settore automobilistico“, festeggia Adolfo Urso al termine del tavolo, assicurando che la bussola che orienta il governo è “la tutela del lavoro e della produzione italiana, gestendo nel modo più condiviso possibile la transizione in atto”. Per il ministro l’intesa segna “l’inizio di un nuovo e fattivo percorso anche con Stellantis”.

L’accordo nasce “nel solco del senso di responsabilità di Stellantis“, rivendica il gruppo che, nei giorni scorsi, aveva dato la propria disponibilità a supportare Trasnova per risolvere la situazione. “È stata la stessa Stellantis – spiega l’azienda – che ha proposto questo tipo di soluzione che permetterà a Trasnova, nell’arco dei prossimi 12 mesi, di poter intervenire per realizzare una soluzione complessiva e definitiva nei confronti dei lavoratori coinvolti con gli appositi strumenti che regolano le situazioni di crisi e trovare, secondo l’accordo, anche misure di diversificazione della clientela“. L’azienda riferisce che l’accordo di oggi è una “soluzione specifica” per Trasnova e che le problematiche della filiera del settore auto saranno comunque affrontate nel tavolo al Mimit che sarà la “sede naturale in cui tutti gli attori coinvolti dovranno definire le strategie per superare questa difficile fase di transizione“. Stellantis comunica comunque che proseguirà con i piani finalizzati a “valorizzare i propri asset e le proprie risorse all’interno dei singoli stabilimenti” per “tutelare il lavoro delle proprie persone e ridurre il ricorso agli ammortizzatori sociali nel processo di transizione verso la mobilità elettrica”.

I licenziamenti dei lavoratori di Trasnova, Logitech, Teknoservice e Csa dopo la comunicazione di recesso di tutte le commesse da parte di Stellantis, sono stati scongiurati grazie alla proroga di 12 mesi dei contratti di servizio “richiesta dai sindacati”, rivendicano Fim, Fiom, Uilm, Fismic, Uglm e Aqcfr. Ma anche, ricordano, “grazie alle iniziative dei lavoratori in presidio da giorni“. Il tempo conquistato dovrà però insistono le parti sociali “essere utile per trovare soluzioni strutturali per Trasnova e per l’intero settore, adottando le giuste politiche industriali“.

Occhi puntati sui prossimi appuntamenti: l’incontro a Torino del 12 dicembre tra il responsabile Stellantis Europa Jean Philippe Imparato e i sindacati e, soprattutto, al tavolo ministeriale del prossimo 17 dicembre. In vista dell’appuntamento, Urso ha incontrato al ministero i presidenti dell’Abruzzo Marco Marsilio, dell’Emilia-Romagna Michele de Pascale, della Basilicata Vito Bardi, del Lazio Francesco Rocca, del Molise Francesco Roberti, del Piemonte Alberto Cirio, dell’Umbria Stefania Proietti e della Campania Vincenzo De Luca.

Stellantis, pioggia di licenziamenti nell’indotto. Schlein a Pomigliano: “Tavolo passi a Chigi”

Arrivano come una scure i licenziamenti di Trasnova, azienda che fornisce la componentistica a Stellantis. Fuori dallo stabilimento di Pomigliano D’Arco, gli operai si mobilitano con un albero di Natale decorato con i nomi di chi resta a casa. Ma le lettere arrivano anche a Melfi, Cassino e Torino.

La situazione è grave, tanto che il tavolo al ministero delle Imprese su Trasnova, che doveva tenersi il 17 dicembre nello stesso giorno del tavolo generale su Stellantis, viene anticipato al 10 dicembre. Tra le due date, il 12 dicembre, i sindacati incontreranno il responsabile Europa di Stellantis, Jean-Philippe Imparato, che guiderà la delegazione aziendale al Mimit.

Diventa fondamentale non solo la presenza di Stellantis al Mimit il 10 dicembre, ma c’è bisogno di una concreta disponibilità a rivedere le scelte fatte e trovare soluzioni per dare continuità lavorativa al lavorativa di Trasnova“, spiegano Samuele Lodi e Ciro D’Alessio di Fiom-Cgil. Quella di Trasnova, ricordano, “è solo una delle tante aziende della filiera che rischiano di chiudere se il Governo non interviene in maniera decisa perché il gruppo riveda le proprie strategie per l’Italia“. I sindacati chiedono investimenti in ricerca e sviluppo, nuovi modelli per rilanciare gli stabilimenti e la tutela dell’occupazione per i lavoratori diretti e indiretti. “E’ per questo che ribadiamo la richiesta alla Presidente del Consiglio a convocare a Palazzo Chigi il presidente di Stellantis”, insistono.

La richiesta è la stessa che fanno le opposizioni. La segretaria del Pd, Elly Schlein, raggiunge i lavoratori in presidio a Pomigliano: “Siamo qui per bloccare questa procedura, abbiamo chiesto e ottenuto l’anticipazione del tavolo a martedì prossimo, abbiamo chiesto che ci fosse la presenza di Stellantis, che si deve assumere le proprie responsabilità davanti ai lavoratori e davanti al Paese, chiediamo che sia bloccata la procedura di licenziamento di questi operai e che sia assicurato loro un futuro“, perché si tratta di “400 famiglie che rischiano di essere lasciate per strada: non lo possiamo accettare“, tuona. Insiste perché il tavolo Stellantis si sposti a Palazzo Chigi, perché “quello al Mimit si è rivelato inutile“, denuncia.

Dove sta Giorgia Meloni? Perché l’incapacità di Urso l’abbiamo vista, ma c’è tutta Italia che sta chiedendo a Meloni di intervenire, lei ascolta o fa finta di niente anche qui e scappa?“, domanda la vicepresidente del Movimento 5 Stelle Chiara Appendino. Tre le mosse che suggerisce: “Convocare il tavolo automotive presso la Presidenza dei Consiglio, rimettere subito i 4,6 miliardi che hanno tolto al fondo automotive e aiutare i lavoratori. Siccome chi è in cassa integrazione risulta tra gli occupati di cui Meloni ama riempirsi la bocca, li aiuti: noi abbiamo fatto un emendamento alla legge di bilancio con le coperture per aiutare chi è in cassa integrazione a mettere insieme il pranzo con la cena“, rivendica l’ex sindaca di Torino.

In vista del 17 dicembre, il governatore del Piemonte, Alberto Cirio, vede il ministro delle Imprese, Adolfo Urso. Al centro dell’incontro le prospettive e le sfide dell’automotive italiano, con particolare attenzione a Mirafiori. Cirio si dice “molto soddisfatto dell’incontro“, che, sostiene, “conferma l’attenzione e in lavoro congiunto con il governo e in particolare con il ministro con il quale abbiamo condiviso il convincimento che questa situazione possa davvero aprire ad una fase nuova e possa essere l’occasione per il rilancio della produzione in Italia e in particolare in Piemonte, garantendo la centralità dei nostri stabilimenti e la salvaguardia dei posti di lavoro“.

Dal governo, il ministro dei Trasporti Matteo Salvini addossa la responsabilità della crisi di Stellantis all’Europa: “Il mercato dell’elettrico è fermo, ma non per colpa della politica, perché il cittadino non ha tutti quei soldi da spendere e non abbiamo, neanche facessimo miracoli, la possibilità di riempire in pochi anni di colonnine di ricarica elettrica tutta la strada italiana“, osserva. E’ una battaglia che il vicepremier porta avanti da anni a Bruxelles: “Fino a poco tempo fa ero da solo. Se voi andate a leggere i giornali, tre o quattro anni fa, quando la Lega diceva che convertirsi al solo elettrico è un suicidio, gridavano al negazionismo, mi davano del matto, dell’inquinatore, adesso sono in buona compagnia“, assicura, ripetendo che “mettere fuori legge dal 2035 l’auto a benzina e a diesel è una follia“. La linea è opposta a quella francese: “Mi spiace aver sentito ieri il collega che forse vive sulla luna e dice che va tutto bene, dice di andare avanti con il consumo elettrico. Probabilmente non si accorge che stanno licenziando migliaia di operai“.

Arrivano sul mercato le prime batterie di Acc prodotte nella gigafactory francese

A quattro anni dalla sua creazione, ACC ha iniziato a commercializzare le sue batterie per autoveicoli – le prime prodotte in Francia – e nonostante le difficoltà di avvio, l’azienda punta a diventare un “campione della sovranità europea” in un mercato dominato dalla Cina. Automotive Cells Company (ACC), joint venture tra Stellantis, TotalEnergie Saft e Mercedes, ha inaugurato in pompa magna nel maggio 2023 a Billy-Berclau (Pas-de-Calais), vicino a Lens, la prima delle quattro fabbriche di batterie francesi, tutte situate nella regione Hauts-de-France.

Entro il 2024, dalla fabbrica dovrebbero uscire 2.000 pacchi batteria, una cifra che sembra ancora minima rispetto all’immensità del sito e ai quattro miliardi di euro raccolti dall’azienda quest’anno. Ma ACC conta su un rapido incremento, con l’obiettivo di 150.000 auto equivalenti nel 2025, 250.000 nel 2026 e da 2 a 2,5 milioni nel 2030, per una quota del 20% del mercato Ue.

La regione la considera una “terza rivoluzione industriale”, sulla scia dell’industria tessile e mineraria, con il potenziale di creare migliaia di posti di lavoro. La posta in gioco è alta: l’Ue prevede di vietare la vendita di nuovi veicoli a combustione entro il 2035, il che comporta la rapida creazione di un settore industriale per recuperare il ritardo rispetto ai produttori asiatici.

Dei tre blocchi di produzione pianificati da ACC, il primo è già operativo e produce batterie da installare nei veicoli venduti nelle concessionarie Opel e Peugeot, spiega Matthieu Hubert, segretario generale di ACC, all’AFP. Basate sulla tecnologia NMC (nichel-manganese-cobalto), equipaggiano l’E-3008. Un secondo blocco dovrebbe entrare in servizio nel 2025.

Di fronte a un impianto di motori a combustione Stellantis, la gigafactory Billy-Berclau impiega 800 persone. Nei corridoi, un ronzio continuo emana da una gigantesca galleria del vento che rinnova l’aria nelle officine 40 volte all’ora. Nei laboratori asettici, operatori mascherati in tuta bianca controllano la produzione altamente tecnica delle “strisce” di alluminio e rame che compongono le celle delle batterie, srotolate su presse rotanti. La polvere e l’umidità sono ridotte al minimo: “il foglio di alluminio ha uno spessore di 12 micron”, cinque volte inferiore a quello di un rotolo domestico, spiega Cédric Souillart, direttore di produzione ed ex dirigente di acciaieria. “La curva di apprendimento, cioè la nostra capacità di padroneggiare il processo di produzione, è piuttosto lunga”, il che spiega i risultati che “possono ancora sembrare non all’altezza delle nostre aspettative”, ammette Hubert.

Come dice l’esperto, “abbiamo dovuto fare i conti con le macchine importate dalla Cina e installate da partner cinesi”. Ma i progressi sono rapidi, assicura, stimando che il 98% delle batterie alla fine della linea di produzione sono attualmente commercializzabili.

In Francia, ACC “è l’unica azienda ad avere una gigafactory operativa per le celle delle batterie”, sottolinea Pierre Paturel, direttore della ricerca di Xerfi. Delle quattro previste in Francia, due sono principalmente francesi e due asiatiche. Ma la concorrenza è agguerrita, soprattutto sui prezzi, e i sussidi governativi per l’acquisto di veicoli sono stati ridotti. “L’idea è di diventare molto competitivi, perché la batteria rappresenta oggi il 40% del prezzo di un veicolo”, sottolinea Matthieu Hubert. Un’altra sfida è rappresentata dalla rapida evoluzione delle tecnologie, quindi ACC ha annunciato a settembre di “mettere in pausa” la costruzione di altri stabilimenti, a Termoli in Italia e a Kaiserslautern in Germania.

Stellantis

Stellantis, tre nomi per il dopo Tavares. Ma il titolo crolla in Borsa

Dopo una domenica sera concitata, con le dimissioni improvvise e con effetto immediato del ceo di Stellantis Carlos Tavares, il lunedì del Gruppo si apre in maniera peggiore rispetto alle attese. L’addio dell’amministratore delegato avrebbe potuto spingere il titolo in Borsa, ma la scelta di rimandare a metà del 2025 la decisione sulla sua successione crea instabilità sui mercati. Tanto che, in apertura a Milano, il titolo non fa prezzo, per poi toccare punte negative di oltre -8% durante la giornata e chiudere a – 6,30%. L’azienda però assicura: “Il processo di nomina del nuovo Amministratore Delegato è in fase avanzata, gestito da un Comitato Speciale del Consiglio di Amministrazione, e si concluderà entro la prima metà del 2025”. In attesa della conclusione del processo per la selezione del nuovo ceo, il Comitato esecutivo ad interim sarà responsabile della direzione e della supervisione della Società per conto del Consiglio di amministrazione e sarà presieduto da John Elkann. Richard Palmer è stato nominato Special Advisor del Presidente e parteciperà al CEI come consulente per il gruppo dirigente. Il Comitato è composto da Xavier Chéreau, Ned Curic, Arnaud Deboeuf, Antonio Filosa, Béatrice Foucher, Jean-Philippe Imparato, Douglas Ostermann, Philippe de Rovira. A supporto dell’Iec e alle dirette dipendenze del Presidente ci saranno i vicepresidenti esecutivi Bertrand Blaise, Olivier Bourges, Giorgio Fossati, Santo Ficili, Olivier Francois, Clara Ingen-Housz.

Una giornata nera, insomma, considerando anche che il totonomi per il post Tavares non trova, al momento, alcun riscontro. Tre sono le candidature che circolano insistentemente in queste ore, ma per la verità sono le stesse che si facevano già prima, quando si pensava che il portoghese sarebbe rimasto in carica fino a fine mandato, l’inizio del 2026. Due sono manager già interni al Gruppo: Olivier Francois, attualmente già ceo di Fiat e global chief marketing officer di Stellantis, e Jean-Philippe Imparato, amministratore delegato di Alfa Romeo. Entrambi, però, potrebbero svolgere il ruolo solo ad interim, in attesa dell’arrivo di Luca De Meo. Uomo di Marchionne, attualmente in Renault e presidente di Acea, potrebbe rientrare in Stellantis e prendere le redini del colosso franco-italiano proprio dalle mani di quel Tavares con cui si è più volte scontrato rispetto alla possibilità di posticipare le regole sullo stop alle auto a motore endotermico.

Intanto, però, mentre internamente fervono i lavori sulla successione e per capire come affrontare le sfide del 2025, con la spada di Damocle delle multe CAFE dell’Ue che fissano una soglia media di emissioni di CO2 per tutti i veicoli venduti, l’Italia torna a chiedere conto a Stellantis delle sue politiche industriali. L’addio di Tavares è la classica goccia che fa traboccare il vaso e che, incredibilmente, mette dalla stessa parte della barricata sindacati, maggioranza e opposizione. Tutti compatti nel chiedere che ora, dopo la gestione del portoghese, sia il presidente John Elkann a riferire in Parlamento. Tanto che il presidente della Commissione Attività produttive della Camera, Alberto Gusmeroli, ha già inviato una lettera di richiesta di audizione: “Credo che sia assolutamente necessaria – ha sottolineato – e credo che la richiesta possa essere accettata visto il cambiamento nel Consiglio di amministrazione di Stellantis. È un momento difficile per l’automotive”.

Per il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, “si apre una nuova fase, ci auguriamo che l’Italia torni centrale nel piano industriale di Stellantis, nella piena consapevolezza di quanto importante sia la forza del Made in Italy”. E, per sottolineare questo nuovo corso, subito, nel corso della visita di Stato in India a Nuova Delhi, sente telefonicamente Elkann. Rimane confermato, secondo fonti, il tavolo Stellantis, convocato per il prossimo 17 dicembre al Mimit, con l’intenzione di chiudere in modo positivo così come da mandato parlamentare, con un ‘Piano Italia’ che riaffermi la centralità del nostro Paese nei progetti di sviluppo di Stellantis. Al tavolo il Gruppo automobilistico sarà rappresentato da Jean Philippe Imparato, responsabile Europa, che ha avuto dal presidente, nonché guida del comitato esecutivo, il mandato di chiudere in modo positivo le interlocuzioni.

Intanto il segretario della Cgil, Maurizio Landini, da Lecce chiede “che la presidenza del Consiglio convochi il gruppo dirigente di Stellantis e i sindacati per fare una discussione che riguarda quali politiche industriali e quali investimenti si fanno nel nostro Paese”. Anche perché gli occhi rimangono tutti puntati sulla buonuscita che riceverà Tavares. Anche qui, nessuna conferma ufficiale, ma si parla di 100 milioni di euro. Cosa che, se confermata, secondo Landini sarebbe “uno schiaffo in faccia ai lavoratori”. Ma, per il momento, sulla eventuale cifra bocche cucite.

Stellantis

Tavares dà l’addio a Stellantis: nuovo ceo entro metà 2025. Appello bipartisan: “Elkann in Parlamento”

L’amministratore delegato di Stellantis, Carlos Tavares, ha rassegnato le sue dimissioni con effetto immediato, accettate dal Consiglio di Amministrazione, riunitosi domenica sotto la presidenza di John Elkann. Ad annunciarlo è il Gruppo stesso, spiegando che il processo per la nomina di un nuovo ceo permanente è già in corso, gestito da un Comitato Speciale del Consiglio, e si concluderà entro la prima metà del 2025. Nel frattempo, sarà istituito un nuovo Comitato Esecutivo presieduto da John Elkann. Stellantis conferma la guidance presentata alla comunità finanziaria il 31 ottobre 2024 in relazione ai risultati dell’intero anno 2024.

La notizia arriva domenica sera con una nota nella quale il Senior Independent Director di Stellantis, Henri de Castries, parla di “vedute differenti” emerse nelle ultime settimane. Mentre il presidente John Elkann esprime la sua gratitudine a Tavares per “il suo impegno costante in questi anni e per il ruolo che ha svolto nella creazione di Stellantis, in aggiunta ai precedenti rilanci di PSA e di Opel, dando avvio al nostro percorso per diventare un leader globale nel settore”. L’addio di Tavares era comunque previsto a fine 2025, ma è stato anticipato di oltre un anno.

E, per una volta, la reazione è unanime. Dai sindacati a tutto l’arco politico, si festeggia l’addio di Tavares ma si chiede che ora il presidente Elkann si presenti immediatamente in Parlamento. I sindacati chiedono un cambio di passo e Rocco Palombella, segretario generale Uilm, fa appello all’arrivo di un nuovo management “che dia discontinuità rispetto al passato sugli impegni occupazionali, produttivi e industriali“. Stessa posizione per la Fiom che vuole “un piano industriale e occupazionale subito“. Dal mondo della politica il primo a commentare è il leader di Azione, Carlo Calenda, che spiega come “non rimpiangeremo Tavares”, ma ritiene ora “ancora più urgente riconvocare John Elkann in Parlamento”. La stessa posizione la esprimono Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni di Avs, così come Antonio Misiani del Pd. Ma anche Giuseppe Conte del M5S e Tommaso Foti di Fdi pretendono una convocazione immediata del presidente del Gruppo.

Urso: Stop ecobonus, fondo auto in Manovra a 400 mln. Stellantis: Lotteremo per leadership

Stop a ecobonus e fondo automotive in Manovra aumentato da 200 a 400 milioni. Adolfo Urso porta sul tavolo Stellantis al ministero delle Imprese e del Made in Italy la posizione del governo e i piani futuri per il settore. Ma anche l’impegno in Europa, dove comunica che Roma cercherà di scongiurare la “follia delle euromulte“, che scatteranno dal 1 gennaio prossimo e che si tradurranno in sanzioni sulle case automobilistiche dai 15 ai 17 miliardi di euro.

Nel complesso, fa sapere il ministro, al comparto auto in Italia saranno destinati 1,64 miliardi per il 2025-26. Ma la convocazione di Stellantis a Palazzo Chigi non ci sarà ancora. Almeno finché non si avranno le condizioni per arrivare a un accordo di “alto profilo“. Per il momento, il prossimo tavolo è convocato al Mimit il 16 dicembre. “L’industria automobilistica europea è al collasso“, ammette Urso, che cita il report sulla competitività di Mario Draghi chiedendo di fare squadra per “intervenire subito, subito, subito“. Pensa agli annunci fatti in questi mesi da Volkswagen, che prevede la chiusura di 3 stabilimenti in Germania, di Audi, che dismetterà le attività in Belgio e di importanti aziende della componentistica europea che cesseranno le proprie attività, con il licenziamento di decine di migliaia di dipendenti. “È il momento delle scelte – insiste -, altrimenti nei prossimi mesi, senza un cambio di rotta in Europa, dopo gli agricoltori anche gli operai bloccheranno le capitali europee e imporranno un cambio di rotta“.

Stellantis, dal canto suo, garantisce che non intende chiudere gli stabilimenti in Italia né fare licenziamenti collettivi. Ribadisce che il Piano per l’Italia c’è. Che a Melfi arriveranno cinque modelli (nel 2025 uscirà nel primo trimestre la prima Ds e, nel terzo, la nuova Jeep Compass elettrica. Nel 2026 arriverà nel primo trimestre la seconda vettura Ds, nel secondo la Jeep Compass Ibrida e nel terzo la nuova Lancia Gamma). Che, per lo stabilimento di Atessa di Pro One, la divisione dei veicoli commerciali del gruppo, ci saranno novità nel 2030, nonostante l’impianto abbia appena rinnovato interamente la gamma dei van. “Lo stabilimento storico in cui si producono i furgoni di grandi dimensioni del gruppo e il più grande impianto europeo di veicoli commerciali leggeri continua a essere centrale per Stellantis”, assicura Giuseppe Manca, responsabile Risorse Umane. “Lotteremo per difendere la nostra leadership“, aggiunge Daniela Poggio, vicepresidente Communication & Public Affairs Italia, ricordando che Fiat, primo marchio all’interno del Gruppo, è “leader in Brasile, Turchia, Algeria, e in Italia”. Ma la transizione verso l’elettrificazione è stata indicata dalle istituzioni europee: “La politica fa le leggi, noi le rispettiamo“, commenta Poggio, precisando che la riconversione comporta un maggiore costo dei veicoli elettrici del 40%, e che la concorrenza cinese ha il 30% di vantaggio sulla competitività dei costi. “Modificare la regolamentazione in corsa non è una buona idea perché il mondo non tornerà indietro sulla elettrificazione e l’Italia è un Paese esportatore“, avverte.

Ai sindacati però tutto questo non basta. Chiedono di spostare immediatamente il confronto a Palazzo Chigi, “oppure ci autoconvocheremo“, minaccia Fiom. “Oggi al Mimit non c’è stato nessun passo in avanti né da parte del Governo, né da parte dell’azienda“, osservano Samuele Lodi, segretario nazionale, e Maurizio Oreggia, coordinatore nazionale automotive, al termine del confronto fiume, durato oltre cinque ore. Il rischio, mettono in guardia, è quello di un “contro effetto domino“: “Stanno tutti fermi ad aspettare gli impegni degli altri; ma si avranno effetti negativi, in particolare sulle lavoratrici e sui lavoratori di Stellantis e delle aziende della componentistica, se non si interviene nel breve periodo“, affermano, considerando i 200 milioni di euro ripristinati in manovra per il 2025 come “del tutto insufficienti“.

Bisogna “alzare il livello di interlocuzione“, fa eco Ferdinando Uliano, segretario di Fim, perché il piano industriale presentato da Stellantis “lo conoscevamo già“. Serve, afferma, “una spinta in più“, cioè il tavolo alla presidenza del Consiglio, e un “intervento forte di potenziamento delle risorse a disposizione in Europa”. Fim chiede quindi una “partita europea a tutto campo, perché quello che sta succedendo in Germania dimostra che da soli non andiamo da nessuna parte“.

Il tavolo auto aperto da oltre un anno al Mimit si è dimostrato “non solo inefficace, ma addirittura controproducente” per Gianluca Ficco, segretario nazionale Uilm responsabile del settore auto. L’aggiornamento al 16 dicembre al ministero, chiosa, “rischia di rappresentare una ennesima pericolosa dilazione, né si può pensare di coinvolgere Palazzo Chigi solo in caso di esito positivo di una discussione che invece sembra in procinto di naufragare”. La richiesta è di intraprendere con il governo un “confronto effettivo” e di ripristinare nella sua interezza il fondo automotive. A Stellantis la richiesta è di ottenere lanci di vetture non esclusivamente elettriche, la conferma degli investimenti a Termoli, l’assegnazione della vettura small a Pomigliano e garanzie su tutti gli stabilimenti italiani, con specifici contratti di sviluppo e la valorizzazione del proficuo lavoro svolto con alcune delle Regioni interessate. Così come misure straordinarie per supportare la filiera dell’indotto “ridotta allo stremo“. “Dobbiamo unire le forze per contrastare quel processo di deindustrializzazione dell’Italia e della Europa – scandisce Ficco -, che è partito proprio dall’automotive”.

JOHN ELKANN

Il ‘no’ di Elkann fa infuriare il Parlamento. Meloni: “Mancanza di rispetto”. Tavolo Stellantis al Mimit il 14 novembre

Il Parlamento non ci sta. Poche ore dopo il rifiuto del presidente di Stellantis, John Elkann, di presentarsi davanti alla commissione della Camera, adducendo come motivazione il fatto di non avere “nulla da aggiungere rispetto a quanto già illustrato dall’amministratore delegato” lo scorso 11 ottobre, tutto l’arco politico insorge. A partire dalla presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, che a ‘Porta a Porta’ sottolinea come “John Elkann non ha detto solo di no, ha detto ‘No perché aspetto il tavolo del governo’. Temo che a Elkann sfuggano i fondamentali della Repubblica italiana, una non esclude l’altra, noi siamo una Repubblica parlamentare e questa mancanza di rispetto per il Parlamento me la sarei evitata. Noi abbiamo fatto diversi tavoli con Stellantis, ma non hanno portato agli accordi di sviluppo”. E aggiunge: “Quando il governo mette dei soldi, sono soldi degli italiani, che si possono spendere se questi ultimi ne traggono beneficio. Il 70% delle risorse per gli incentivi sono servite a comprare auto non prodotte in Italia, anche questa è una riflessione da fare, fermo restando che dovrebbe andare ad ascoltare quello che il Parlamento ha da chiedergli“.

Una “vergognosa offesa alle istituzioni”, la definisce la Lega, sottolineando come la presenza di Elkann “è un obbligo, non solo morale, per rendere conto al Paese di una gestione scellerata nonostante gli enormi contributi pubblici”. Sempre dalla maggioranza, per Tommaso Foti di Fratelli d’Italia è “gravissimo” e “sconcertante” che il presidente di Stellantis non riferisca in Parlamento. E i toni non cambiano spostandosi dalla parte dell’opposizione, con la segretaria Pd Elly Schlein che sottolinea come “occorre stigmatizzare l’atteggiamento” di Elkann e il leader di Azione Carlo Calenda che lo definisce addirittura un “grave sgarbo istituzionale”. “Inaccettabile” il modo di rivolgersi al Parlamento per Nicola Fratoianni di Avs, un “atto di arroganza e di offesa a un’istituzione democratica” per il collega Angelo Bonelli. E va ancora oltre il leader dei Pentastellati, Giuseppe Conte, che non percepisce “nessuna reale strategia imprenditoriale, nessun piano industriale concreto, nessun rispetto degli impegni presi” e vede all’orizzonte “un declino ormai irreversibile del settore automotive“.

A poco quindi, sembrerebbe, servirà la lettera con cui il deputato della Lega Alberto Luigi Gusmeroli, presidente della commissione Attività produttive, Commercio e Turismo della Camera, rinnova a Elkann la richiesta di audizione davanti alle commissioni riunite di Camera e Senato: “Reputo la sua presenza ancora più necessaria, alla luce anche della disponibilità a un ‘dialogo franco e rispettoso’ da lei rappresentata” e “considerato il delicato periodo storico che stiamo vivendo“, spiega Gusmeroli. La replica di Elkann arriva con una telefonata pomeridiana con il presidente della Camera, Lorenzo Fontana, al quale ribadisce il rispetto del Parlamento spiegando che “la risposta al presidente della commissione attività produttive Gusmeroli nasce dall’osservanza della decisione della Camera di impegnare il Governo – attraverso le mozioni approvate dall’Aula – a identificare politiche industriali in linea con l’evoluzione del settore automotive” e “l’apertura al dialogo con tutte le Istituzioni, come da sempre il gruppo fa in tutti i paesi in cui è presente, Italia in primis”. Il presidente di Stellantis però ci tiene anche a mettere i puntini sulle i e spiega che “in questi anni non c’è stato nessun disimpegno in Italia; c’è stato solo un grande sforzo per orientare la nostra attività verso il futuro con prodotti competitivi e innovativi”. Anzi, sottolinea a Fontana, negli ultimi decenni “gli stipendi, gli oneri fiscali e previdenziali versati, la bilancia commerciale, gli investimenti fatti e le competenze cha abbiamo formato, hanno superato di gran lunga i contributi ricevuti in Italia. E lo rivendichiamo con orgoglio, essendo la più importante realtà industriale che opera in Italia. Stellantis da quando è nata (2021) ha investito in Italia 2 miliardi di euro all’anno”.

Di sicuro il dialogo, anche nelle intenzioni del presidente di Stellantis, proseguirà al tavolo di confronto istituito presso il ministero delle Imprese e del Made in Italy, convocato per giovedì 14 novembre a Palazzo Piacentini. Invitati a partecipare i rappresentanti dell’azienda, delle Regioni sede di stabilimenti produttivi, delle organizzazioni sindacali e dell’Anfia.

Una soluzione che non soddisfa completamente i sindacati che auspicano, a partire dal segretario della Cgil Maurizio Landini, una convocazione dell’azienda direttamente a Palazzo Chigi. “La Fiat non c’è più da anni. E anche davanti alla nuova società, non comanda più la famiglia Agnelli. Dove sono stati tutti in questi anni? Noi diciamo che è il momento di prenderla sul serio questa discussione”, spiega Landini. Insiste per spostare il tavolo a Chigi anche il segretario della Uilm Gianluca Ficco “per mettere fine alle sterili polemiche e per provare davvero a salvare il settore automotive”. Sulla stessa linea Michele De Palma della Fiom, che chiede anche di avviare una discussione su “un pacchetto straordinario di interventi“, e Ferdinando Uliano, segretario generale Fim Cisl, per cui “è importante mettere una dotazione specifica sugli ammortizzatori sociali perché stanno finendo in tutti gli stabilimenti Stellantis tranne due nel 2025”. Per il momento, intanto, il confronto è in stand by fino al 14 novembre.

Urso: Nuovo tavolo Stellantis. Orsini: Impensabile aspettare modifiche Green Deal

Il confronto tra il governo e Stellantis non si ferma. Adolfo Urso, convoca un nuovo tavolo con l’azienda: “Ci vogliamo confrontare con la nostra multinazionale“, spiega, assicurando che farà capire al gruppo che “deve restare in Italia, perché l’ecosistema che c’è qui non c’è da nessun’altra parte nel mondo“.

Il ministro si dice soddisfatto dell’unità d’intenti che si è trovata in Parlamento, in occasione dell’audizione dell’ad Carlos Tavares: “Cancelliamo il passato, è nata unità nel Parlamento nelle condizioni da porre a Stellantis. Questa unità va mantenuta e crediamo sia un bene prezioso del Paese”, scandisce.

Urso parla dal palco dell’assemblea generale di Assolombarda. Spiega che da due anni tutta la politica industriale messa in campo è stata “assertiva” e che l’Italia in Europa ha guidato la battaglia contro l’Euro 7 (“sarebbe stata una tagliola impossibile”) e quella sul regolamento del packaging (“sempre a tutela dell’industria”).

Oggi, soprattutto sull’anticipo della revisione sullo stop ai motori endotermici a partire dal 2035, ancora una volta, la parola d’ordine è “velocità“. Per questo motivo il ministro italiano ha presentato in Europa un non-paper sull’auto. “Se vogliamo mantenere gli obiettivi del green deal, dobbiamo creare le condizioni per raggiungerli“, sostiene Urso. Si tratta, per l’inquilino di Palazzo Piacentini, di “cambiare le condizioni” per raggiungere questi obiettivi. La ricetta di Roma passa per un fondo con risorse comuni regolato da un piano automotive europeo, una piena visione di neutralità tecnologica (“perché nessuno aveva previsto la pandemia, la rottura degli approvvigionamenti, l’aggressione della Russia in Ucraina e l’escalation in Medio Oriente“, ricorda Urso) e per l’indipendenza sulle materie prime critiche, estraendo dal sottosuolo europeo quello che serve al Continente.

Anche gli industriali chiedono di non concentrarsi solo sull’elettrico. Propongono una riflessione molto più ampia sull’energia, considerata il problema numero uno dell’Italia, dove i costi sono di molto superiori agli altri Paesi competitor, anche europei.
La via individuata è quella del nucleare, con gli small modular reactor. Entro fine dell’anno, assicura Urso, sarà predisposto un quadro legislativo per garantire che anche in Italia si possano installare “reattori di terza generazione avanzata e di quarta generazione“: “Il nucleare deve tornare a essere l’orgoglio del Made in Italy“, afferma. L’impegno del Mimit è anche quello di realizzare una newco italiana con partnership tecnologica straniera per i reattori di terza generazione.
L’energia per noi significa indipendenza strategica. Gli smr sono la via, lo hanno detto anche Google e Amazon”, osserva il presidente di Confindustria, Emanuele Orsini. E l’energia nucleare, precisa il presidente di Assolombarda, Alessandro Spada, “è un esempio concreto” del “cambio di passo necessario” per la futura politica industriale europea in un’ottica di transizione green. Per gli industriali lombardi è una “fonte imprescindibile“, insieme al gas naturale, alle rinnovabili, all’idrogeno, per assicurare una “equilibrata e sostenibile strategia di transizione energetica“. L’investimento porterebbe anche un incremento significativo in termini di crescita e di posti di lavoro. Secondo alcuni studi, 20 impianti small modular reactor porterebbero a più di 50 miliardi di euro di Pil aggiuntivi, attivando fino a 117mila occupati dal 2030 al 2050. “Non possiamo rischiare di ritrovarci nel 2030 a vedere i risultati degli altri – mette in guardia Spada – mentre noi stiamo ancora discutendo“.