Nucleare, Pichetto: “Non previste nuove centrali ma Smr. Nessun impegno diretto dello Stato”

Per introdurre il nucleare nel mix energetico italiano non si passa dalle centrali di terza generazione. Si ragiona sugli small modular reactor, i piccoli reattori modulari definiti di “quarta generazione”, che dovrebbero essere sul mercato tra una decina d’anni. E lo Stato non avrà un impegno diretto nella costruzione degli impianti, ma solo una funzione di regolazione e autorizzazioni. Saranno poi i privati, i poli industriali, le comunità locali a decidere l’uso e la localizzazione dei piccoli reattori. E’ la strategia di Gilberto Pichetto, che vede nel percorso un passaggio obbligato per la decarbonizzazione al 2050.

Il governo non ha preso in considerazione la costruzione di alcuna centrale“, conferma il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, dal palco di un evento dell’AIN. E’ rientrato da Dubai, dove ha preso parte all’inizio dei lavori della Cop28, ed è pronto a ripartire per gli Emirati Arabi venerdì, fino al 12 dicembre, giorno di chiusura della Conferenza delle parti. Nella città emiratina il premier belga ha annunciato che organizzerà a marzo 2024, insieme all’Agenzia internazionale per l’energia atomica, il primo vertice mondiale sul nucleare: “Non escludo che l’Italia possa partecipare al vertice da osservatore”, annuncia il ministro. L’obiettivo sarebbe quello di seguire da vicino il confronto istituzionale sulle evoluzioni di questa tecnologia, riconosciuta come ‘green‘ dalla tassonomia europea.

Il contributo che il nucleare potrebbe dare al Paese avrebbe dunque una finalità ambientale e di indipendenza energetica, consentendo una piena autonomia e, sostiene Pichetto, “mettendo l’Italia al riparo dalle turbolenze della geopolitica che negli ultimi anni abbiamo vissuto e stiamo ancora vivendo”.

Sulle rinnovabili nessun passo indietro, garantisce: “Ci stiamo puntando al massimo, anche con gli stanziamenti del Pnrr, ma certamente una quota di nucleare aiuterebbe molto a raggiungere l’obiettivo di neutralità carbonica nel 2050“. Proprio alla Cop28, l’Italia ha aderito all’impegno di triplicare entro il 2030 la produzione di energia verde. Anche nel Pniec (Piano nazionale integrato per l’energia e il clima) si prevede che il solare crescerà da 21.650 MW (2020) a 79.921 MW nel 2030, con un incremento del 369,15% mentre l’eolico crescerà da 10.907 MW (2020) a 28.140 MW nel 2030, con un incremento del 258%. In totale, l’incremento (da 32,5 a 108 MW) sarà quindi di oltre il 300%.

Il ritorno economico intorno al nucleare sarebbe non da poco. Uno studio stima in 45 miliardi di euro l’impatto della realizzazione degli small e degli advanced modular reactor, con la creazione di 52mila posti di lavoro stabili a tempo pieno: “Al di là delle stime in ogni caso è evidente la spinta anche economica e occupazionale che un ritorno al nucleare implicherebbe per il nostro Paese”, afferma il titolare del dicastero di viale Cristoforo Colombo. “L’innovazione tecnologica degli Smr promette di far diventare la generazione da nucleare più conveniente, sicura e con tempi di realizzazione più brevi rispetto a oggi“, gli fa eco il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso.

La sfida, ora, è anche sul pensiero. “Bisogna spiegare, spiegare, spiegare cos’è il nuovo nucleare, rispetto a quello oggetto del referendum”, scandisce Pichetto, osservando come fra i giovani l’avversione sia meno marcata: “Voglio ricordare come la stessa Greta Thumberg abbia criticato la chiusura delle centrali in Germania visto che l’alternativa era il ritorno al carbone che inquina e emette gas serra al contrario dei reattori”.

Nucleare, presidente AIN: E’ energia più pulita e sicura. Ma servono infrastrutture

Nel mondo si torna a parlare di nucleare. Questa volta nella strategia ambientale, di decarbonizzazione necessaria a contenere il riscaldamento globale del Pianeta. Se in Italia siamo in grado di reggere una pianificazione, nonostante due referendum contrari e quasi quarant’anni di stop alle attività, è grazie alle tantissime imprese della Penisola che hanno continuato a occuparsene all’estero. “Sa quanta gente ci lavora in Italia? Ci sono cento industrie nucleari, sono quelle che hanno salvato il nostro parco nucleare”, spiega Stefano Monti, presidente dell’AIN (Associazione Italiana Nucleare).

Non è paradossale che se ne parli in ottica ecologica?

“No, il nucleare è un’energia pulita. Le emissioni di Co2 sono fra le più basse di tutte le possibili sorgenti, abbiamo un record di sicurezza che non ha nessuno. Se si considera tutta l’energia prodotta, il nucleare è quello che ha meno morti. Per il carbone muoiono cinquecentomila persone all’anno nel mondo. E poi attenzione, quando si parla di sicurezza, si parla di fatalità”.

Cioè del rischio di un’altra Fukushima?

“A Fukushima i morti li hanno fatti il terremoto e lo tsunami. Per colpa della centrale nucleare non è morto nessuno, perché le persone sono state rilocate. C’è stato senza dubbio un impatto, perché 150mila persone hanno dovuto abbandonare la loro casa, muoversi altrove per evitare la contaminazione. In questa maniera però non è morto nessuno per l’incidente. Nel Vajont invece sono morte quasi duemila persone in una notte. E c’è un incidente in un impianto idroelettrico cinese che ha fatto 20mila morti. Anche considerando Fukushima, il nucleare dimostra di essere più sicuro rispetto ad altri. Parliamo di reattori che sono ordini di grandezza più sicuri di Fukushima, che è stato progettato negli anni Cinquanta-Sessanta e in terza generazione tra il Novanta e il Duemila, in tutti questi anni le tecnologie sono avanzate. Non sottostimiamo la rilocazione di 150mila persone, ma così facendo non ci sono stati morti, vogliamo adottare una tecnologia ben superiore, che resista a uno tsunami eccezionale”.

Il ministro dell’Ambiente, Gilberto Pichetto, ha citato uno studio che parla di un ritorno sull’economia italiana da 45 miliardi e 42mila posti di lavoro. Sono numeri attendibili?

“Sono numeri attendibili. Bisogna poi concretizzarli nella situazione del nostro Paese. Possono diventare reali se iniziamo l’implementazione del nucleare il prima possibile. Diventeranno reali quando si creeranno le condizioni perché un’utility possa prendere la decisione di realizzare un impianto nucleare e vederne l’efficacia sul territorio e sull’economia. Ci sono metodi ben consolidati per fare queste valutazioni di impatto sull’economia e sulla forza lavoro, ma per poter concretizzare è ora di mettere a terra le cose concrete da fare”.

Quali sono le cose da mettere a terra?

“Sono condizioni indipendenti dalle tecnologie. Qualsiasi tecnologia richiede che vengano sviluppate le tecnologie materiali e immateriali nel rispetto dei più alti standard di sicurezza e di salvaguardia, perché bisogna difendersi dai problemi di non proliferazione. Sono quelle infrastrutture che l’International Atomic Energy Agency ha individuato in un milestone approach che accompagna i Paesi che intendono introdurre il nucleare nel proprio mix energetico e vanno sviluppati in maniera armonica durante il progetto. Sono 19, tra queste la legislazione, la regolamentazione di sicurezza e salvaguardia e poi l’infrastruttura principe, cioè le risorse umane. Ci vogliono risorse umane in tutti i campi”.

In quanto tempo in Italia potrebbe iniziare a funzionare una centrale?

“Io chiedo sempre alla politica di dirci quali sono i suoi tempi, quando ha bisogno di avere energia nucleare in quantità apprezzabile dal punto di vista della decarbonizzazione e della sicurezza degli approvvigionamenti. Invece di buttare sempre il cuore oltre l’ostacolo e affaticarlo per nulla, cerchiamo di mettere in fila le cose da fare in maniera che a un certo punto avremo le condizioni per poter produrre in quantità. Ovviamente al 2025 è impossibile. Ma ci reattori già molto avanzati”.

E’ la terza generazione?

“Questa questione delle generazioni è molto ‘misleading’, molto legata alla commercializzazione. Parliamo dei reattori esistenti che sono i più avanzati del mercato, collaudati, provati e operati, connessi alla rete per anni. Questi reattori, volendo si possono comprare oggi. Una utility può comprarla oggi? A mio parere no, perché mancano le infrastrutture di base”.

I tempi per costruirli quali sarebbero?

“Per mettere assieme un programma nucleare, che preveda le infrastrutture di base, la realizzazione di un impianto e la connessione in rete, un periodo di tempo dell’ordine di 10 anni è ragionevole. Lo hanno fatto gli emirati Arabi partendo da zero”.

Per i piccoli reattori di cui parla il governo invece?

“Quanto agli Smr, la Francia, che è il Paese più avanzato da questo punto di vista, ha detto che di quelli ne avrà uno all’orizzonte nel 2030-2032, dunque è ragionevole per noi averlo nel 2035. Ma servono sempre le infrastrutture. Poi se il reattore è piccolo probabilmente si riescono a trovare schemi di finanziamento più semplici. I possibili finanziatori aumentano e i tempi di realizzazione di riducono”.