Clima, appello capi indigeni dopo pellegrinaggio intorno al mondo: Salvate la Terra

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I capi di 22 popoli indigeni dei cinque continenti hanno lanciato, dal Cile, un appello all’azione per proteggere il Pianeta, al termine di un pellegrinaggio di 46 giorni intorno al mondo. “La Terra urla, ma nessuno la ascolta. La giungla urla; non è rispettata dagli esseri umani. Proteggiamo la vita, salviamo la vita qui sul pianeta”, tuona il capo del popolo brasiliano Noke Koi, Yama Nomanawa, 37 anni, durante una cerimonia a Graneros. Chiede di porre fine alla “distruzione della Terra”, in particolare nel bacino amazzonico, dove una parte significativa della foresta potrebbe raggiungere un “punto di non ritorno” entro il 2050 a causa della siccità, degli incendi e della deforestazione, secondo uno studio pubblicato nel 2024 sulla rivista Nature.

La cerimonia ha riunito per la prima volta i capi indigeni dei cinque continenti. Ha concluso un pellegrinaggio di 46 giorni iniziato in Italia, con tappe in India, Australia e Zimbabwe, e conclusosi in Cile. Durante il pellegrinaggio, i rappresentanti dei popoli Khalkha della Mongolia, Noke Koi del Brasile e Kallawaya della Bolivia, tra gli altri, hanno cantato, ballato e pregato al ritmo dei tamburi intorno a un altare dove hanno acceso un fuoco.

Le piume rappresentano i continenti e oggi, per la prima volta, abbiamo i cinque continenti”, spiega Heriberto Villasenor, direttore di Raices de la Tierra, una ONG dedicata alla conservazione delle culture indigene. Al termine della cerimonia, i capi delle popolazioni indigene hanno lanciato un appello congiunto a favore di una maggiore protezione della natura. “Facciamo parte della natura. Non siamo separati da essa. Siamo in un momento cruciale in cui tante cose sono state distrutte, in gran parte dall’uomo”, comunica all’AFP Rutendo Ngara, 49 anni, rappresentante del gruppo sudafricano Oba Umbuntu. Ognuno ha anche fatto da portavoce delle preoccupazioni che agitano la propria regione. “Purtroppo, si sta cercando di estrarre l’uranio in Mongolia. È un elemento importante che dovrebbe rimanere sottoterra”, commenta Tsegi Batmunkh.

Nel gennaio 2025, il gruppo nucleare francese Orano ha firmato un accordo con Ulan Bator per lo sfruttamento di un importante giacimento di uranio nel sud-ovest del paese.

Trump cancella Biden: adesso negli Stati Uniti inquinare si può

Mercoledì il governo del presidente Donald Trump ha annunciato la revoca di una serie di misure ambientali adottate dall’amministrazione democratica di Joe Biden, che miravano in particolare a ridurre le emissioni delle automobili e delle centrali a carbone.

Il capo dell’Agenzia statunitense per la protezione dell’ambiente (Epa), Lee Zeldin, ha parlato del “giorno di deregolamentazione più importante e più significativo nella storia degli Stati Uniti”, promettendo di “liberare l’energia americana” e di “rivitalizzare l’industria automobilistica” del suo Paese.
Tra le circa trenta misure annunciate, il governo americano intende in particolare annullare una norma del 2024 che imponeva alle centrali a carbone di eliminare quasi tutte le loro emissioni di CO2, pena la chiusura, grazie alle tecnologie di cattura del carbonio, una pietra miliare della politica climatica di Joe Biden.

Salutata dalle organizzazioni ambientaliste come “una decisione colossale”, questa regola – che riguardava anche le centrali a gas da costruire in futuro – doveva essere applicata a partire dal 2032. Il governo precedente riteneva che avrebbe permesso di evitare l’emissione di quasi 1,4 miliardi di tonnellate di CO2 entro il 2047, l’equivalente delle emissioni annuali di 328 milioni di automobili.

Le aziende inquinanti sono ora felici perché l’Epa di Trump ha appena autorizzato loro a emettere inquinamento climatico illimitato, senza preoccuparsi delle conseguenze”, ha reagito Charles Harper, dell’associazione ambientalista Evergreen. Donald Trump, noto scettico del clima, definisce regolarmente ‘una truffa’ la transizione energetica. Il suo governo ha licenziato centinaia di dipendenti dell’Agenzia americana per l’osservazione degli oceani e dell’atmosfera (Noaa), che svolge un ruolo di primo piano nella ricerca sul clima negli Stati Uniti. Sono attesi anche licenziamenti di massa all’Epa, il cui budget dovrebbe essere ridotto del 65%.

Mercoledì l’agenzia ha dichiarato la sua volontà di rivedere gli standard relativi alle emissioni inquinanti delle automobili che dovevano entrare in vigore nel 2027 e che Donald Trump aveva criticato. Intende inoltre ridefinire il perimetro del Clean Water Act, che vieta di scaricare inquinanti nei “corpi idrici navigabili degli Stati Uniti”, pena una multa.
L’agenzia ritiene che l’amministrazione di Joe Biden non abbia tenuto conto di una decisione del 2023 della Corte Suprema, secondo la quale solo le “masse d’acqua relativamente permanenti, stagnanti o a flusso continuo”, come torrenti, fiumi, laghi e oceani, dovevano essere protette da questa legge.

L’associazione ambientalista Earthjustice ha avvertito che ciò esclude milioni di ettari di zone umide, ecosistemi vitali che filtrano l’acqua e forniscono protezione contro le inondazioni, nonché milioni di chilometri di piccoli corsi d’acqua che forniscono, tra le altre cose, acqua potabile. Lee Zeldin ha anche confermato la decisione di chiudere i servizi responsabili delle missioni di giustizia ambientale all’interno dell’agenzia, ponendo fine a decenni di sforzi federali per combattere l’inquinamento che colpisce le popolazioni svantaggiate negli Stati Uniti. “Il presidente Trump vuole che contribuiamo a inaugurare un’età dell’oro in America per tutti gli americani, indipendentemente dalla razza, dal sesso e dall’origine”, ha dichiarato Zeldin ai giornalisti.
Per Matthew Tejada, dell’ONG Natural Resources Defense Council, “l’Epa di Trump ci riporta a un’epoca di inquinamento senza restrizioni nel paese, esponendo ogni americano a sostanze chimiche tossiche, aria sporca e acqua contaminata”.

Gucci apre Milano Fashion Week. Proteste contro uso pelli rettile

Gucci apre la Milano Fashion Week senza il direttore creativo, dopo l’addio di Sabato De Sarno all’inizio di febbraio. Dalla Casa non una parola sulla nomina del successore, non sembra esserci fretta. Per ora, le collezioni che sfilano in passerella sono disegnate dal team creativo interno. Verde Gucci la passerella, forma di G intrecciata per il 50esimo anniversario, tributo al fondatore Guccio Gucci. Verdi gli abiti che indossano i modelli a fine défilé. “Continuum“, spiega la maison, per evidenziare come la collezione Autunno-Inverno 2025 si sviluppi con una sinergia di passato, presente e futuro. La sfilata è accompagnata da un’orchestra dal vivo, con una colonna sonora originale del compositore e direttore d’orchestra Justin Hurwitz.

La Milano Fashion Week, come sempre, inizia tra le polemiche. In Piazza Mercanti un’attivista di Peta (people for the ethical treatment of animals) si traveste da enorme ‘pitone’, per esortare lakermesse a vietare l’uso delle pelli di rettile. L’abito è lungo oltre tre metri, il tavolo su cui siede è “insanguinato” e un cartonato a forma dell’iconica Kelly di Hermes recita ‘Le pelli esotiche uccidono’. “Chiediamo alla settimana della moda di Milano di restare al passo con le tendenze, tenendo questa crudeltà estrema lontana dalle passerelle, come ha fatto il British Fashion Council alla settimana della moda di Londra, e sollecitando le persone compassionevoli di tutto il mondo ad abbracciare l’utilizzo di materiali vegani di lusso che lascino gli animali in pace“, scrive Mimi Bekhechi, vicepresidente di Peta per l’Europa. L’associazione elenca le case di moda di fascia alta, tra cui Altuzarra, Burberry, Chanel, Diane von Furstenberg, Jean Paul Gaultier, Paco Rabanne, Victoria Beckham e Vivienne Westwood, che hanno già vietato l’uso di pelle di rettili e di altri animali selvatici nelle loro collezioni. “Molti altri stanno offrendo opzioni di pelle vegana realizzata con ananas, funghi, mele, cactus e altri materiali innovativi“, ricorda Peta.

La Milano Fashion Week si dice intanto sempre più sostenibile. In risposta all’impegno crescente dei consumatori verso scelte più etiche, i brand cercano ridurre l’impatto ecologico. Energia verde, migliore gestione dei rifiuti tessili e materiali eco-compatibili sono solo alcuni dei progressi che il comparto sta compiendo. La sostenibilità è “uno dei pillar” della nostra strategia che, fin dal 2010, si è impegnata nel porla come valore fondante del sistema moda italiano, viene spiegato sul sito della Camera Nazionale della Moda Italiana. La sfida è ripensare il futuro del pianeta e della moda attraverso un percorso che conduca al raggiungimento degli standard di sostenibilità, tenendo conto dei fattori produttivi, ambientali e sociali. Per l’Italia, primo produttore di moda del lusso al mondo, la sostenibilità è una leva competitiva che permette di consolidare la sua leadership.

Cannucce, lampadine e soffioni della doccia: la crociata di Trump per tornare al passato

Fornelli a gas, manopole per doccia, lampadine a incandescenza, cannucce di plastica… Da quando è tornato alla Casa Bianca, Donald Trump ha nel mirino le norme ambientali che riguardano molti oggetti di uso quotidiano, con il leitmotiv: “Era meglio prima”. Martedì, ad esempio, ha ordinato al suo governo di “tornare immediatamente” alle norme del suo primo mandato su “lavandini, docce, servizi igienici, lavatrici, lavastoviglie”. Il miliardario 78enne si lamenta da molti anni dei soffioni doccia che, secondo lui, hanno una portata d’acqua troppo bassa. “Se siete come me, non potete lavare bene i vostri bei capelli”, aveva detto nel 2020.

Durante il suo primo mandato, la sua amministrazione aveva emanato norme per consentire ai soffioni doccia di utilizzare più acqua, poi revocate dal suo successore Joe Biden. Negli ultimi anni, Donald Trump ha anche fatto campagna sull’idea che i democratici volessero vietare i fornelli a gas o le auto a combustione interna, e ne aveva fatto una questione di libertà di scelta per gli americani. Si oppone spesso anche alle lampadine a LED, che hanno gradualmente sostituito quelle a incandescenza nell’ultimo decennio. “Non sono una persona vanitosa”, aveva dichiarato nel 2019, “ma ho un aspetto migliore sotto una lampada a incandescenza invece che sotto queste luci da pazzi”. Con le nuove lampadine, “sembro sempre arancione”, aveva scherzato il presidente americano. Da qui l’annuncio di martedì di voler firmare un decreto per tornare agli “standard di buon senso sulle lampadine”.

Per Andrew deLaski dell’associazione Asap, le preoccupazioni di Donald Trump “sembrano obsolete”. “Oggi esiste una vasta gamma di prodotti moderni ed efficienti che sono tra quelli che funzionano meglio”, ha dichiarato il responsabile esecutivo di questa organizzazione che si batte per gli standard di efficienza energetica dei prodotti di uso quotidiano. Asap sottolinea, ad esempio, che le lampadine a LED “limitano i costi energetici per le famiglie e le imprese e riducono l’inquinamento”. Allo stesso modo, “gli standard sui soffioni doccia fanno risparmiare denaro ai consumatori sulle bollette dell’acqua e dell’elettricità e aiutano a proteggere l’ambiente”.

Ma la crociata del settantenne presidente, noto scettico del clima, sembra meno legata a ragionamenti ecologici o economici che a un attaccamento malinconico agli oggetti del passato. Dal suo clamoroso ingresso sulla scena politica americana nel 2015, il miliardario usa la nostalgia come una potente arma elettorale. “Donald Trump sembra capire – e forse è lui stesso sensibile a – queste spinte nostalgiche”, ritiene Spencer Goidel, professore di scienze politiche all’Università di Auburn (Alabama). Il ricercatore, che ha studiato la questione della nostalgia in politica, fa un parallelo con i gusti musicali. “La maggior parte degli americani pensa che il periodo migliore nella musica sia stato quello in cui erano giovani adulti”, dice, ricordando le canzoni migliori e dimenticando quelle cattive. “Nella società è la stessa cosa: i grandi uomini e le grandi donne della storia sono immortalati; gli uomini e le donne mediocri (a volte corrotti o incompetenti) sono dimenticati”. Non sorprende quindi che i responsabili politici si approprino del sentimento nostalgico, perché “elaborare un messaggio orientato al futuro è difficile”, sottolinea Spencer Goidel. “È molto più facile invocare un ritorno” alle cose di un tempo, aggiunge il ricercatore.

Lo slogan preferito di Donald Trump, “Make America Great Again”, vuole essere un richiamo al passato, volendo “restituire la grandezza all’America”. Se, secondo Spencer Goidel, “la nostalgia non è intrinsecamente democratica o repubblicana”, il suo lavoro condotto con altri ricercatori mostra che il sentimento è più “associato ad atteggiamenti razzisti e sessisti, a uno stato d’animo autoritario e a un voto repubblicano”. E secondo la sua ricerca, le persone che mostrano forti sentimenti nostalgici tendono maggiormente a “sostenere un uomo forte che infrange le leggi e disgrega le istituzioni”.

In Groenlandia le correnti di ghiaccio si muovono a causa dei terremoti

Un team internazionale di ricerca, guidato dall’ETH di Zurigo, ha scoperto che all’interno dei ghiacciai della Groenlandia si verificano tante piccole scosse sismiche, che si innescano a vicenda e si propagano per centinaia di metri. I risultati dello studio, pubblicati su Science, migliorano la comprensione sullo scorrimento delle correnti di ghiaccio in Groenlandia e in Antartide, che, secondo gli esperti del clima, contribuiranno in modo significativo all’innalzamento del livello degli oceani.

Per stimare la portata del fenomeno, gli scienziati si affidano in genere a simulazioni al computer, basate sull’ipotesi che questi flussi – che trasportano il ghiaccio dalle aree interne al mare – si muovano in modo lento e costante, come il miele. Tuttavia, il confronto con dati satellitari ha rilevato imprecisioni in questo metodo, che rischiano di generare incertezze nelle previsioni elaborate. La nuova scoperta, secondo gli autori, aiuta a spiegare queste discrepanze.

L’ipotesi che le correnti di ghiaccio scorrano come miele viscoso non è più sostenibile – afferma Andreas Fichtner, che ha guidato lo studio -. Si muovono anche con un costante movimento a scatti”, dovuto proprio alle scosse sismiche. Per studiare i terremoti glaciali, i ricercatori svizzeri, in collaborazione con l’East Greenland Ice-core Project (EastGRIP), l’Istituto Niels Bohr e l’Istituto Alfred Wegener, hanno inserito un cavo in fibra ottica in un pozzo profondo 2.700 metri, registrando per la prima volta i dati sismici dall’interno della corrente di ghiaccio nord-orientale della Groenlandia (NEGIS), a circa 400 chilometri dalla costa. Il NEGIS è il più grande flusso glaciale dell’isola e il suo ritiro – che procede a una velocità di circa 50 metri all’anno – contribuisce in larga misura all’attuale innalzamento del livello del mare.

I terremoti hanno origine da tracce di solfati intrappolate nel ghiaccio, residui di eruzioni vulcaniche che, entrati in atmosfera, hanno fatto il giro del mondo prima di depositarsi sulla calotta glaciale della Groenlandia sotto forma di nevicate. Queste impurità riducono la stabilità del ghiaccio e favoriscono la formazione di microfessure.

Le scosse non erano mai state registrate prima d’ora a causa di uno strato di particelle vulcaniche localizzato a 900 metri di profondità, proveniente dall’eruzione del Monte Mazama, in Oregon, circa 7.700 anni fa, che impedisce la propagazione delle onde sismiche verso la superficie. “Siamo rimasti sbalorditi da questa relazione, fino ad allora sconosciuta, tra la dinamica di un flusso di ghiaccio e le eruzioni vulcaniche”, ha aggiunto Fichtner.

I terremoti, inoltre, spiegano l’origine di numerosi piani di faglia tra i cristalli di ghiaccio presenti nelle carote prelevate a grandi profondità, riconducibili a spostamenti tettonici e noti agli scienziati da decenni, ma rimasti fino ad oggi senza un perché. Come sottolinea Olaf Eisen, professore all’Istituto Alfred Wegener e coautore dello studio, “il fatto che ora abbiamo scoperto questi terremoti glaciali è un passo fondamentale verso una migliore comprensione della deformazione dei flussi di ghiaccio su piccola scala”. I ricercatori ipotizzano che gli eventi sismici si verifichino costantemente in tutti i flussi di ghiaccio. Per dimostrarlo, tuttavia, sono necessarie ulteriori misurazioni.

Terra dei Fuochi, Bonelli: “Ispra delegittimata, così precipitiamo nel baratro”

Dobbiamo constatare che c’è l’ennesima condanna della Cedu nei confronti dell’Italia, in particolar modo sulle questioni ambientali che attengono i diritti dei cittadini“. Il leader di Avs, Angelo Bonelli non sembra sorpreso della condanna della Corte europea dei diritti dell’uomo nei confronti dell’Italia, per non aver protetto i suoi cittadini dallo scarico di rifiuti tossici da parte di gruppi criminali nella ‘Terra dei Fuochi‘. Condanne di questo tipo erano già avvenute in passato, osserva intercettato da Gea alla Camera dei Deputati. Il deputato ecologista si riferisce, in particolare, all’Ilva: “L’inquinamento di Taranto è la conferma che purtroppo, non solo con questo governo, la questione degli interventi per bonificare le aree, per garantire il diritto alla salute e all’ambiente è estremamente dimenticato e non è un elemento centrale nell’azione politica del governo“, rileva.

La Cedu ha concesso due anni per mettere in atto una strategia correttiva. Basteranno?

Non lo so se si riuscirà a fare in due anni quello che non si è riuscito a fare in decenni. Il punto però è che lì c’è una situazione cronica, strutturale, di malaffare, di comportamenti illegali. I fuochi hanno continuato ad esserci, sappiamo da dove vengono: da un sottobosco di attività commerciali illegali, gestite da gruppi anche illegali e criminali e su questo non si è mai intervenuto alla radice del problema. C’è tutto un sistema economico e commerciale che ruota intorno alle illegalità. Penso che debba esserci la capacità di affrontarle con nettezza e con radicalità per estirpare queste attività e consegnarle a quell’economia sana che rispetta le regole. E’ chiaro che ci sono le bonifiche da fare, ma se si bonifica e poi i fuochi continuano a esserci avremo sempre quella diossina che si sviluppa e poi ricade sui terreni.

Sarebbe il caso di fare un’operazione sul modello Caivano, con lo Stato presente sul territorio e un monitoraggio sistematico?

Sì, ma anche Caivano ha rappresentato uno spot propagandistico, tranne il fatto che, per esempio, una palestra è stata riconsegnata alla collettività. Detto questo però lì c’è un problema che è proprio insito nel malfunzionamento della prevenzione nel nostro Paese. Sono stati depotenziati gli istituti di controllo e di prevenzione dell’inquinamento e dei controlli ambientali. L’Ispra, che è l’organismo che dovrebbe anche svolgere questa funzione e che coadiuva le agenzie regionali di protezione dell’ambiente è stato delegittimato dal punto di vista scientifico e ha continue bordate da parte di questo governo. Tutti quegli organismi che dovrebbero controllare e assicurare poi conseguentemente alla giustizia chi compie atti illegali sono stati delegittimati. In questo modo non si vince nessuna sfida, ecco perché il problema è capire che oggi noi abbiamo necessità di potenziali istituti di controllo e prevenzione, anche di repressione, e di avviare quelle bonifiche, ma solo se non c’è una sistematicità. Se invece tutto diventa solo il comunicato stampa del ministro di turno, la terra di fuochi sarà sempre sotto il controllo di organizzazioni più o meno criminali che pensano che inquinare sia del tutto lecito perché poi tanto ne traggono profitto.

L’ultima bordata agli organismi scientifici è stata data non tenendo conto del parere sul rischio sismico del Ponte sullo Stretto di Messina?

Noi stiamo vivendo una fase molto delicata nel nostro Paese per quanto attiene le politiche ambientali. La delegittimazione degli organismi scientifici significa il via libera allo sfondamento, al deturpamento dell’ambiente, al degrado. I pareri espressi dall’Ispra sulla questione del Ponte non sono stati minimamente considerati, a partire da quello sismico ma anche da quello delle zone di incidenza ambientale, dei siti di importanza comunitaria. Ma penso anche ad esempio a quello che sta accadendo con la modifica sulla legge dell’attività venatoria della deputata Bruzzone, che sta mettendo all’angolo l’Ispra perché non è gradita, i suoi pareri non sono graditi. E’ come quando noi andiamo dal medico che ci dice che dobbiamo fare delle analisi, non ci piace quello che ci dice e poi dopo ci ammaliamo. Non può funzionare così, così rischiamo di andare nel baratro molto rapidamente.

Jakala celebra la Giornata degli alberi e pianta 3500 mangrovie in Kenya

Piantumazione di 3500 mangrovie in Kenya, driver experience elettrica, solar farm in India, praterie di Posidonia e una spinta ulteriore verso la decarbonizzazione. In occasione della Giornata degli Alberi, che si svolge il 21 novembre, Jakala presenta una serie di iniziative che riflettono la volontà di un impegno a 360° nell’integrare principi e azioni di sostenibilità. Una giornata che diventa opportunità per riflettere sull’importanza di agire per il clima e sull’importanza di preservare l’ecosistema.

L’azienda, leader europeo in ambito data-driven transformation, ha scelto di supportare i progetti di di Green Future Project (GFP), una B-Corp italiana che sostiene le aziende nel raggiungimento dei loro obiettivi di sostenibilità. Questa collaborazione è parte della strategia di decarbonizzazione di Jakala, avviata nel 2021, con l’obiettivo di ridurre del 44% l’intensità delle emissioni entro il 2028. Un’ambizione che, come spiega Christian Guerrini, Hr, It&Operation transformation director, ha già portato nel 2023 a una riduzione dei consumi di energia del 10% rispetto all’anno precedente e al raggiungimento della neutralità carbonica per le emissioni dirette (Scope 1 e Scope 2) tramite progetti di compensazione. “La collaborazione – dice – ci aiuta a capire, da un lato, come compensare le nostre emissioni e, dall’altro, come mettere in pratica azioni concrete di sostenibilità”.

Ecco allora che per celebrare gli alberi è stato scelto il Kenya come partner. Jakala pianterà 3.550 nuove mangrovie nel delta del fiume Tana, un’area riconosciuta a livello mondiale per la sua ricca biodiversità. Le mangrovie sono essenziali per l’ecosistema perché sono in grado di assorbire grandi quantità di CO2. Queste piante compenseranno 3500 pieni virtuosi della new driver experience: si tratta di un progetto – lanciato un anno fa – che anticipa di ben sette anni i target europei in materia di mobilità sostenibile. “Per tutti i nuovi assunti e i dipendenti che hanno diritto all’auto aziendale – spiega Guerrini – la car list è composta esclusivamente da veicoli full electric. Inoltre, il passaggio ai mezzi elettrici è previsto per tutti gli altri dipendenti alla scadenza dei contratti di leasing”. Entro il 2028 l’intero parco auto sarà full electric. A sostegno di questa transizione, Jakala non solo ha installato colonnine di ricarica in alcune delle sue sedi, ma “all’interno di ogni auto si trova un arbre magique – dice ancora l’Hr, It&Operation transformation director – con un QR code che permette di accedere alla lista delle stazioni di servizio – sia per il carburante sia per la ricarica elettrica – con il prezzo più basso”. Ecco allora che “se i dipendenti effettuano il rifornimento alla loro auto a un prezzo inferiore a quello nazionale, Jakala pianterà un certo numero di alberi. Un modo per far sentire i ‘jakalers’ parte di un obiettivo comune”.

Obiettivo che passa anche dall’India. L’azienda contribuirà alla costruzione della solar farm nel Madhya Pradesh, attraverso l’installazione di pannelli solari che produrranno energia rinnovabile da distribuire alla rete locale. Attraverso l’investimento nel progetto, Jakala compenserà 1.100 tonnellate di CO2e, coprendo le emissioni dirette e parte delle emissioni indirette di tutto il gruppo, in particolare quelle legate agli spostamenti casa-lavoro dei dipendenti. Questo impegno renderà carbon neutral il commuting aziendale. Infine, proseguendo il suo impegno per la tutela degli ecosistemi, Jakala investirà nel progetto di rigenerazione marina ‘Portofino’. L’iniziativa prevede la piantumazione di 50 talee di Posidonia oceanica nel Mar Ligure. Questa pianta marina, fondamentale per l’ecosistema marino, produce 20 litri di ossigeno per metro quadro al giorno e assorbe anidride carbonica, contribuendo alla salute del mare e dell’atmosfera.

“I dipendenti – conclude Guerrini – hanno un’età media di 34 anni e il tema della sostenibilità viene preso in grande considerazione, che funge anche da attraction quando cerchiamo nuovi talenti e li rendono più ‘fidelizzati’ una volta che sono parte della squadra”.

 

 

 

 

 

 

 

Ponte Stretto, ok commissione Via-Vas. Emendamento Lega: 1,2 miliardi in più al progetto

Una buona notizia già acquisita per chi vuole il Ponte sullo Stretto di Messina e un’altra che potrebbe arrivare dalla Manovra. Mercoledì sera, infatti, è arrivato il via libera della commissione Via-Vas al progetto, mentre tra gli emendamenti alla legge di Bilancio 2025 ce n’è uno, della Lega, che aumenta i fondi di quasi 1,2 miliardi. Ma è meglio procedere con ordine.

Il sì della Commissione tecnica di valutazione sulla compatibilità ambientale del progetto arriva in virtù delle condizioni ambientali prescritte “che dovranno essere ottemperate perlopiù nella fase della presentazione del progetto esecutivo” e riguardano “non solo l’ambiente naturale, terrestre, marino ed agricolo, ma anche aspetti relativi a progettazione di dettaglio per le opere a terra, relativi a cantierizzazione, gestione delle materie, approvvigionamenti, rumore e vibrazioni”, fa sapere il Mase. La decisione, ovviamente, fa esultare Matteo Salvini: “L’Italia può guardare al futuro”, dice il ministro delle Infrastrutture e dei trasporti. Che ritiene “infondato” anche l’allarme sismico: “Qualora si ripetesse a Messina un terremoto disastroso, i tecnici spiegano che l’unica cosa che rimane in piedi è il Ponte”.

Il disco verde della commissione attiva anche il Cipess: “Stiamo già lavorando sul dossier per rispettare i tempi del cronoprogramma e dare al Paese l’opera più straordinaria del secolo”, fa sapere infatti il sottosegretario, Alessandro Morelli, ricordando che “si stanno già fissando i primi incontri tra il Dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica economica e i tecnici della Società Stretto di Messina per accelerare i tempi e contestualmente avviare una approfondita valutazione delle proposte progettuali e finanziarie”. Perché “l’obiettivo – sottolinea sempre Morelli – è approvare il progetto definitivo prima possibile, permettendo così l’avvio dei lavori nel 2025”.

Per il viceministro al Mit, Edoardo Rixi, l’opera è “fondamentale per riprendere credibilità a livello internazionale”. Mentre il sottosegretario al ministero delle Infrastrutture, Tullio Ferrante, la definisce “un’infrastruttura prioritaria per lo sviluppo economico e sociale” oltre che “simbolo di una nuova fase per il Sud e per tutto il Paese”. Opinioni diametralmente opposte a quelle di Verdi e Cinquestelle: “Il parere espresso dalla Commissione Via, che è stata modificata pochi giorni prima dell’emanazione del parere con la nomina di esponenti muniti di tessere di partito, alcuni dei quali esperti in installazione di ascensori e ristrutturazioni di appartamenti, avrebbe previsto 60 nuove prescrizioni che modificano sostanzialmente il progetto presentato. Un parere favorevole che sembrerebbe una bocciatura”, interviene Angelo Bonelli (Avs). Sulla stessa linea il M5S: “Un via libera della commissione Via-Vas scontato ma che odora di buffonata, visto che la commissione stessa è stata ridotta a caminetto per consiglieri comunali vecchi e nuovi di area centrodestra”.

Attacchi che non scalfiscono la Lega. “Il progetto del Ponte va avanti e, smontando man mano tutte le fake news di certa sinistra, compie passi fondamentali”, commenta il senatore siciliano e commissario regionale del Carroccio, Nino Germanà. Dal suo partito Salvini riceve anche altro supporto, visto che il capogruppo alla Camera, Riccardo Molinari, verga un emendamento alla legge di Bilancio che, di fatto, ridurrebbe il contributo delle casse dello Stato (dai 9,3 miliardi del 2023 a 6,9), aumentando quello dei fondi europei di Coesione del programma 2021-2027 (che leviterebbero da 718 milioni a 6,1 miliardi), ai quali vanno aggiunti altri 1,6 miliardi (cifra invariata). Il totale, però, arriva a quasi 14,7 miliardi di euro, dunque circa 1,2 in più rispetto a quelli stanziati al momento della riattivazione del progetto. Una decisa ‘boccata d’ossigeno‘ per il Ponte, sempreché la proposta passi il vaglio del Parlamento.

A Baku si apre la Cop29: finanza climatica focus della Conferenza. Assenti von der Leyen e Macron

Defezioni, ong sul piede di guerra, accuse di corruzione e, nemmeno troppo sullo sfondo, due conflitti, quello in Ucraina e quello in Medioriente. Senza dimenticare che il 2024 è già l’anno più caldo della storia e che con l’elezione di Donald Trump gli Stati Uniti potrebbero nuovamente abbandonare gli accordi internazionali sul clima. Parte sottotono, ma con un’agenda fitta, la Cop29, che si apre lunedì 11 novembre a Baku (Azerbaigian) e si chiuderà il 22.

La Conferenza delle parti della Convenzione delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici chiama a raccolta 197 Paesi più l’Unione europea e punta su due pilastri paralleli, cioè l’ambizione e l’azione, con l’obiettivo di ottenere riduzioni profonde, rapide e durature delle emissioni per mantenere le temperature sotto controllo e rimanere al di sotto della soglia di 1,5°C, così come previsto dall’Accordo di Parigi. In mezzo ci sono le politiche climatiche nazionali, il tema energetico – in particolare legato ai combustibili fossili e al ‘phasing out’- e quello della finanza, che con molta probabilità sarà il nodo cruciale del vertice. E, ancora, agricoltura, salute, industria, biodiversità, oceani.

IL PROGRAMMA DELLA CONFERENZA. La cerimonia ufficiale di apertura della Cop29 si terrà l’11 novembre, mentre martedì 12 si svolgerà il Vertice dei leader mondiali sull’azione per il clima. Il giorno successivo, il 13, sarà dedicato al tema della finanza, degli investimenti e del commercio e venerdì 14 a quello dell’energia, della pace, della ripresa e della resilienza. Sabato 16, invece, saranno la scienza, la tecnologia, l’innovazione e la digitalizzazione il focus dei colloqui, a cui seguiranno, lunedì 17, i temi del capitale umano, dei bambini e giovani, della salute e dell’istruzione. Cibo, agricoltura e acqua domineranno i dialoghi di martedì 19 e, il giorno successivo, cioè mercoledì 20, il tema sarà quello dell’urbanizzazione, del turismo e dei trasporti. Infine, giovedì 21 il tema principale sarà quello della biodiversità, delle popolazioni indigene, degli oceani e zone costiere. La Conferenza si chiuderà il 22 e, almeno sulla carta, dovrà portare alla conferma degli obiettivi energetici globali concordati lo scorso anno a Dubai per abbandonare i combustibili fossili, triplicare gli investimenti nelle rinnovabili e raddoppiare le misure di efficienza energetica entro il 2030.

FINANZA CLIMATICA AL CENTRO. Ma non solo. La parola chiave sarà NCQG, cioè ‘Nuovo Obiettivo Quantificato Collettivo’ che sostituirà quello adottato nel 2009 e raggiunto nel 2022, che chiedeva ai Paesi ricchi di fornire 100 miliardi di dollari all’anno per aiutare i Paesi in via di sviluppo a limitare le emissioni di gas serra e ad adattarsi ai cambiamenti climatici. Questa cifra comprende finanziamenti pubblici bilaterali e multilaterali, crediti all’esportazione e finanziamenti privati. In sostanza, quindi, si tratterà di mettere sul piatto più risorse, molte più risorse e i negoziati si concentreranno sullo sblocco dei trilioni di dollari necessari ai Paesi in via di sviluppo per affrontare la crisi climatica. Quanto uscirà dalle tasche dei Paesi più ricchi sarà il vero banco di prova della Cop.

I GRANDI ASSENTI. Nonostante la posta in gioco sia altissima, a pochi giorni dall’apertura le annunciate defezioni stanno già facendo sentire il loro peso. Non saranno a Baku il presidente francese, Emmanuel Macron, e quello brasiliano Lula, così come il cancelliere tedesco Olaf Scholz, impegnato a gestire la crisi di governo e, ovviamente, il presidente russo Vladimir Putin. Ma, soprattutto, non parteciperà la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, “impegnata – fanno sapere da Bruxelles – nella fase di transizione tra l’uscente e l’entrante esecutivo Ue”. Un’assenza, la sua, che da più parti viene vista come il tentativo di tirare il freno a mano sulle politiche climatiche e ambientali del Vecchio continente e, più in generale, sulle ambizioni del Green Deal.

LA DELEGAZIONE EUROPEA. Della delegazione Ue, invece, faranno parte il commissario per l’azione per il clima Wopke Hoekstra, la commissaria per l’Energia, Kadri Simson, (14 e 15 novembre) e quella per per l’innovazione, la ricerca, la cultura, l’istruzione e la gioventù, Iliana Ivanova (12 novembre). Il primo ministro britannico Keir Starmer e lo spagnolo Pedro Sánchez, invece, dovrebbero partecipare al vertice dei leader del 12-13 novembre, così come la premier Giorgia Meloni, il cui intervento dovrebbe svolgersi mercoledì 13.

LA DELEGAZIONE ITALIANA. La delegazione italiana sarà guidata dal ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin e il padiglione del nostro Paese ospiterà decine di eventi organizzati dai ministeri (oltre al Mase ci sarà anche quello degli Esteri), da Ice, enti e istituzioni di ricerca, associazioni di categoria, fondazioni, ong e imprese.

Si apre Ecomondo: a Rimini oltre 200 appuntamenti per la transizione green e l’economia circolare

Oltre 200 appuntamenti – di cui 25 internazionali – distribuiti in quattro giornate, una superficie espositiva lorda di 166.000 mq, operatori da oltre 100 Paesi e di 72 organizzazioni, istituzioni e associazioni di settore a livello globale. Ma anche 650 buyer provenienti da 65 Paesi del Nord Africa, Europa, Nord America, America Latina, con un notevole incremento di presenze dall’Asia. L’obiettivo? Una panoramica completa e aggiornata sulle ultime innovazioni, tendenze e sfide nel campo della sostenibilità ambientale. Si apre a Rimini il 5 novembre Ecomondo 2024, l’ormai tradizionale evento di Italian Exhibition Group, che porta sulla Riviera Romagnola una 27esima edizione dal layout rinnovato e ampliato, riflettendo la crescente importanza della transizione ecologica e dell’economia circolare.

Il taglio del nastro avverrà alle 10.30 presso l’Innovation Arena, nell’area sud. Parteciperanno, oltre al ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, anche Maurizio Renzo Ermeti, presidente di Italian Exhibition Group, Anna Montini, assessora alla Transizione Ecologica (Ambiente, Sviluppo Sostenibile, Pianificazione e Cura del Verde Pubblico), Blu Economy, Statistica del Comune di Rimini, Irene Priolo, presidente facente funzioni della Regione Emilia-Romagna, Fabio Fava, presidente del comitato tecnico scientifico di Ecomondo, Fabrizio Lobasso, vicedirettore generale per la Promozione del sistema Paese e direttore centrale per l’internazionalizzazione economica del Ministero Affari Esteri e Cooperazione Internazionale.

Il 5 novembre alle 11.15 il Sala Neri, si aprirà anche la 13esima edizione anche gli Stati generali della Green economy, dedicati a ‘L’economia di domani: il Green Deal all’avvio della nuova legislatura europea’. Sono promossi dal Consiglio Nazionale, composto da 66 organizzazioni di imprese della green economy in Italia, in collaborazione con il Mase, con i patrocini della Commissione europea e del Mimit. Interverranno, tra gli altri, il ministro Pichetto, Irene Priolo, Fabrizia Lapercorella (vice segretaria generale dell’Ocse), Edo Ronchi (presidente della Fondazione per lo sviluppo sostenibile) e i deputati Chiara Braga e Mauro Rotelli. Il 6 novembre parteciperanno alla sessione di apertura del mattino (alle 10 in Sala Neri 1), il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso e, in collegamento video, il presidente della Commissione ambiente, sanità e sicurezza alimentare al Parlamento Europeo, Antonio Decaro. Nell’ambito del dialogo sul Grean Deal e sulle opportunità per le imprese europee interverranno Luca Dal Fabbro, presidente del gruppo Iren, Marco Codognola, ad di Itelyum, Nicola Lanzetta, direttore Italia di Enel, Fabrizio Palermo ad di Acea.

Molti i temi al centro della discussione a Ecomondo: si va dal monitoraggio dei cambiamenti climatici alla Blue Economy, dal recupero degli scarti tessili alle strategie per un’industria sostenibile, dalla finanza green alla comunicazione della transizione ecologica. In mezzo si svolgerà la quarta edizione del Forum Africa Green Growth (7 novembre), che si concentra sulle opportunità di sviluppo sostenibile nel continente africano. Con la partecipazione del Ministero degli Affari Esteri e RES4Africa, il Forum esplora le possibilità di cooperazione nei settori dell’acqua, dell’energia, dell’agroalimentare e della bioeconomia circolare. Spazio anche al Premio Lorenzo Cagnoni per l’Innovazione Green, assegnato alla tecnologia più all’avanguardia nei diversi settori espositivi​.