Crisi energetica meno intensa, ma mercati tesi. Aumenta platea bonus, parola d’ordine: risparmio
La tempesta è passata, ma le turbolenze restano. Dalla relazione annuale di Arera arrivano indicazioni importanti sul mercato dell’energia. “La crisi dei prezzi morde con meno intensità, ma i mercati energetici sono ancora tesi, esposti a forti oscillazioni e pronti a reagire negativamente al mancato sviluppo di quelle iniziative di riallineamento strutturale del bilancio domanda-offerta”, è il primo messaggio lanciato dal presidente dell’Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente, Stefano Besseghini. L’unico strumento che conserva sempre “il suo valore per agibilità e immediatezza dell’efficacia nel contenimento della domanda”, avvisa, è “il risparmio energetico”. I dati, in questo senso, sono confortanti. Perché nel 2022 i consumi di energia elettrica si sono ridotti dell’1,1% (nel dettaglio: industria -3,9%, residenziale -2,8 e agricoltura -1,7), così come anche il consumo netto di gas naturale è diminuito di 7,5 miliardi di metri cubi, attestandosi a 67,3 miliardi di metri cubi, il 10% in meno rispetto al 2021.
Un buon rimedio per fronteggiare l’aumento dei prezzi medi, che per l’energia elettrica per uso domestico (senza considerare gli effetti dei bonus per il nostro Paese), lo scorso anno, hanno fanno registrare un balzo in avanti del 40% nel nostro Paese, un dato nettamente più alto del 13 percento della media dell’Area euro. Stesso discorso vale anche per i prezzi del gas naturale per i consumatori domestici italiani, comprensivi di oneri e imposte, al netto dell’effetto dei bonus. Che, peraltro, sono in aumento, secondo i dati di Arera: quelli erogati nel 2022, infatti, si attestano complessivamente oltre i 6,2 milioni, con un allargamento della platea dei beneficiari nel periodo tra il 1 aprile e il 31 dicembre 2022, in virtù delle modifiche alle soglie Isee per richiedere l’accesso.
Nell’analisi dell’Authority c’è anche il beneficio comportato dalla modifica al metodo di calcolo per la fissazione del prezzo del servizio di tutela gas. Un cambiamento che “nel semestre invernale 2022-2023 ha comportato un vantaggio, per il consumatore in tutela, che possiamo stimare in circa 3 miliardi di euro”, ma “considerando l’elevata quota di contratti nel mercato libero, indicizzati al prezzo di tutela, il vantaggio complessivo è ben più elevato”. Sul mercato dell’energia elettrica, invece, i dati indicano i punti domestici serviti nel mercato libero dell’energia elettrica sono saliti al 64,8% nel 2022, con un incremento al 69,3 percento nell’aggiornamento di marzo scorso. Altro dato rilevante è quello sulle fonti rinnovabili, in calo del 13,9%, sebbene il fotovoltaico risulti in crescita del 12,3%. A pesare è soprattutto il crollo dell’idroelettrico (-37,8%) a causa dell’emergenza siccità che ha messo a dura prova il Paese dalla scorsa estate. Più contenuti i cali di bioenergie (-8,5%), eolico (-1,8) e geotermico (-1,7%). Nel complesso, le rinnovabili hanno contribuito per circa il 35% al mix della produzione elettrica nazionale, il 5 percento in meno rispetto al 2021.
Per quanto concerne, poi, le forniture di gas, l’Italia “rallenta ma non arresta la discesa della produzione nazionale” che nel 2022 registra un -2,7%. Il grado di dipendenza dalle forniture estere, però, “è salito alla quasi totalità 99%”: restano stabili le importazioni lorde a 72,6 miliardi di metri cubi, ma aumenta si dimezza a poco meno del 20% (era il 40 solo un anno fa) la dipendenza da Mosca. Oggi è l’Algeria il primo fornitore (36%), seguono Russia e Azerbaigian (15), Qatar (10), Norvegia (che balza all’8,6) e Libia (4,3). In attesa delle “nuove rotte di Gnl dall’Africa, in fase di negoziazione a livello governativo”.
Nella relazione di Arera ci sono anche altri capitoli di vitale importanza, come acqua e rifiuti. Per capire la portata, basta leggere un passaggio della relazione di Besseghini: “Si suole dire che le future guerre si combatteranno per l’acqua e non per il petrolio”. Il presidente dell’Authority ribadisce che “avere acqua non vuol dire avere ingenti risorse idriche, ma vuol dire avere acqua nella quantità e qualità che serve, nel momento in cui serve”. I numeri del report dicono che la spesa per investimenti ammonta complessivamente a 13,5 miliardi di euro per il quadriennio 2020-2023, ma la spesa media sostenuta da una famiglia di tre persone, con consumo annuo pari a 150 metri cubi, a livello nazionale è di 326 euro l’anno. Restano, però, le criticità infrastrutturali, perché le perdite idriche si attestano in media al 41,8%, pari a 17,9 metri cubi per chilometro al giorno, con un miglioramento solo del 12% rispetto al 2021. I problemi principali sono al Sud e nelle isole, soprattutto per le interruzioni del servizio. Anche il sistema fognario, nonostante alcuni miglioramenti, presenta ancora segnali di inadeguatezza degli scaricatori di piena: a livello nazionale il 20% è da adeguare alle normative, mentre gli allagamenti e sversamenti sono 4,6 ogni 100 km di rete fognaria.
Sull’economia circolare, infine, si conferma la significativa parcellizzazione del servizio, perché i gestori iscritti sono 8.101, ma nel 66,6% dei casi si tratta di soggetti accreditati per una singola attività e solo raramente (1,9 percento) per tutte le attività del ciclo. Di contro, però, il metodo tariffario copre il 90% degli abitanti. Infine, continua il trend di crescita di teleriscaldamento e teleraffrescamento, che tra il 2000 e il 2021 conserva una volumetria allacciata in aumento a un tasso medio annuo del 5,9%, anche se Lombardia, Piemonte, Trentino-Alto Adige, Emilia-Romagna e Veneto rappresentano, da sole, oltre il 95% dell’energia termica erogata.