supermercato

Waitrose annuncia lo stop al ‘da consumarsi preferibilmente entro il’

Eliminare la dicitura ‘da consumarsi preferibilmente entro il‘ dai prodotti in modo da evitare gli sprechi alimentari. È, in sintesi, l’annuncio di Waitrose, importante catena di supermercati del Regno Unito, che da settembre rimuoverà la dicitura su quasi 500 prodotti freschi, tra cui ortaggi e frutta. La rimozione della data è stata pensata per ridurre il volume degli sprechi alimentari nelle famiglie del Regno Unito, invitando i clienti ad usare il proprio giudizio. C’è, infatti, una netta differenza tra un prodotto scaduto e quindi rischioso per la saluta (da consumarsi entro il) e uno che invece ha solo perso alcune delle sue qualità specifiche. Il ‘da consumarsi preferibilmente entro il’ è stato concepito per evidenziare la qualità degli alimenti per i clienti, piuttosto che la loro sicurezza, vale a dire che gli alimenti danno il meglio di sé prima di questa data, ma possono ancora essere consumati dopo. I clienti sono quindi invitati ad usare il proprio giudizio per verificare la qualità degli alimenti prima di consumarli. Le date di scadenza saranno invece ancora in vigore per tutti i prodotti a rischio deperibilità. Il consumo di alimenti dopo la data di scadenza (a meno che non siano stati congelati entro la data di scadenza o prima) potrebbe causare un’intossicazione alimentare.

Lo spreco di cibo continua a essere un problema importante e solo nel Regno Unito il 70% di tutto il cibo viene sprecato dalle persone nelle proprie case. Ogni anno le famiglie britanniche buttano via 4,5 milioni di tonnellate di cibo commestibile, il che significa che tutta l’energia e le risorse utilizzate nella produzione vengono sprecate”, commenta Marija Rompani, director of Sustainability & Ethics, John Lewis Partnership. Per questo, aggiunge, “eliminando le date di scadenza dai nostri prodotti, vogliamo che i nostri clienti usino il loro giudizio per decidere se un prodotto è buono da mangiare o meno, il che a sua volta aumenterà le possibilità che venga consumato e non diventi un rifiuto. Utilizzando gli alimenti freschi già presenti nelle nostre case, possiamo anche risparmiare sulla spesa settimanale, che sta diventando una preoccupazione sempre più pressante per molti”.

Una azione in linea con quella del WRAP, programma di azione britannico che si occupa di sprechi e risorse. Catherine David, Direttrice della Collaborazione e del Cambiamento del WRAP, afferma: “Lo spreco di cibo alimenta il cambiamento climatico e costa ai cittadini. Le date di scadenza su frutta e verdura non sono necessarie e creano sprechi alimentari perché impediscono alle persone di valutare quando il cibo è ancora buono da mangiare. Siamo assolutamente soddisfatti di questa iniziativa di Waitrose, che contribuirà a evitare che il cibo buono finisca nella spazzatura. Stimiamo che l’eliminazione delle date su frutta e verdura fresche potrebbe salvare l’equivalente di 7 milioni di cestini di cibo dalla spazzatura, una quantità enorme”.

(Photo credits: HOLLIE ADAMS / AFP)

Piante grasse

In Sudafrica piante grasse minacciate da siccità e traffico illegale

Il riscaldamento globale e i collezionisti stanno decimando le piante grasse in Sudafrica. L’allarme arriva dal South African National Biodiversity Institute (SANBI), ente pubblico di ricerca, secondo il quale le succulente che crescono nelle regioni semi-aride del Paese stanno vivendo un declino senza precedenti a seguito di un rapido aumento della domanda mondiale, spinta dall’Asia. “Negli ultimi tre anni, le piante confiscate ai trafficanti dalle forze dell’ordine sono aumentate ogni anno di oltre il 250%“, ha affermato l’istituto in una nota.

Più di 200 piante grasse sono state aggiunte alla ‘lista rossa’ delle specie minacciate dell’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN), aggiornata la scorsa settimana. Sono particolarmente ricercate alcune specie uniche che crescono nel Karoo, un’ecoregione condivisa tra Sud Africa e Namibia che comprende alcune delle aree desertiche e semi-desertiche più ricche di biodiversità al mondo. “La maggior parte delle persone che li acquista non ha idea di infrangere la legge“, spiega Craig Hilton-Taylor dell’IUCN. “Ignoranti o ingenui, dicono a loro stessi semplicemente che questa pianta starà bene nella loro casa o nel loro giardino“, aggiunge.

Come spiega l’esperto, la raccolta illegale, la siccità a lungo termine legata ai cambiamenti climatici e il continuo degrado del suolo dovuto al pascolo eccessivo del bestiame e all’attività mineraria “creano insieme una tempesta devastante che sta causando una perdita di biodiversità senza precedenti nell’ecosistema del deserto, il più ricco del mondo“.

Il traffico illegale di piante, insieme a quello di animali selvatici e, ovviamente, alla droga, è uno dei più redditizi. Nemmeno due anni fa nelle Marche erano stati sequestrati quasi mille cactus a causa di un trafficante che le aveva importate illegalmente dal Cile e dell’Argentina. Se la propagazione di numerose succulente è relativamente semplice e quindi è possibile trasformarle in un prodotto commerciale, ci sono decine di piante grasse che, invece, possono crescere solo nel deserto del Sudafrica. Ed è proprio qui che i trafficanti agiscono, arginando la legge.

(Photo credits: RIJASOLO / AFP)

Orso polare

Il futuro degli orsi polari dell’Artico dipende da noi

Il cambiamento climatico sta mettendo in serio pericolo gli orsi polari dell’Artico. Negli ultimi 50 anni, infatti, il ghiaccio marino in Artico, ovvero quella parte di mare ghiacciato su cui l’animale abitualmente vive e caccia, “nel periodo estivo è diminuito del 40%. Inoltre è aumentata la frequenza di episodi estremi di aumenti di temperatura come avvenuto questo maggio, in cui si è passati da -20°C a + 13°C in un mese“. A lanciare l’allarme è Marco Casula, tecnico dell’Istituto di scienze polari del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Isp) di Venezia e station leader della base artica Dirigibile Italia del Cnr, attualmente a Ny-Alesund, centro internazionale di ricerca nelle Isole Svalbard a circa 1000 km dal Polo Nord.

In quest’area al momento si contano circa 3000 orsi e di questi almeno 800 vivono sulle isole. “L’orso polare – dice Casula – è un animale attivo tutto l’anno, molto intelligente, silenzioso ed astuto, estremamente adattato all’ambiente in cui vive: ad esempio la sua pelliccia è formata da singoli peli trasparenti e vuoti, che nel loro insieme risultano bianchi perché al loro interno disperdono e riflettono la luce visibile“.

Nonostante riesca a cacciare e a nutrirsi di renne, uova e tutto ciò che riesce a trovare, l’orso fa sempre più fatica a reperire le foche, ovvero l’alimento base della sua dieta caratterizzata da una carne grassa, in grado di fornirgli le giuste energie per sopravvivere in salute nelle varie stagioni. “Il timore – spiega Casula – è che questa difficoltà possa mettere a rischio questo animale maestoso, all’apice della rete alimentare, un tempo il padrone indiscusso dell’Artico“.

La causa di questa fragilità, che rende l’orso polare così vulnerabile, è stata nei decenni passati una caccia sconsiderata da parte dell’uomo ma oggi è soprattutto il cambiamento climatico a metterlo in serio pericolo.

Proprio a Ny-Alesund, grazie a diversi strumenti e sensori montati su una torre alta 35 metri, i ricercatori del Cnr hanno registrato un aumento della temperatura media annua in Artico di circa 3 gradi centigradi in soli 10 anni. L’Artico, spiega Casula,è vittima di quello che stiamo facendo a livello globale, e quello che succede in Artico a sua volta ha un impatto anche sul clima di tutto il pianeta“. Già, perché “le correnti atmosferiche e oceaniche connettono questa regione polare con altre zone della terra, con un potenziale effetto sulle stagioni come le abbiamo conosciute finora“.

Per tutti questi motivi, spiega il ricercatore, “dobbiamo impegnarci tutti per ridurre le nostre emissioni di gas climalteranti. Con le nostre scelte possiamo fare molto, perché la transizione verso un sistema più sostenibile sia il più veloce possibile. Ricordarcelo è ancora più importante in questi giorni in cui i giovani dei Fridays for future si stanno riunendo a Torino, è soprattutto da loro, dalle nuove generazioni, che attendiamo l’impegno e l’energia per guardare con fiducia al nostro futuro“.

E proprio di clima di parlerà a Torino il 26 luglio nel corso della conferenza ‘8 anni per fermare la crisi climatica’, che vede coinvolti, tra gli altri, il direttore dell’Istituto di geoscienze e georisorse (Cnr-Igg) Antonello Provenzale ed Elisa Palazzi, ricercatrice associata dell’Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima (Cnr-Isac). L’evento, in programma dalle 17.30 presso l’aula magna del Campus Einaudi, è moderato dal fondatore di Torino Respira Roberto Mezzalama: partecipano attivisti, esperti, e ha lo scopo di aumentare la sensibilizzazione verso l’intera cittadinanza sul fronte del contrasto all’emergenza climatica.

(Photo credits: Ekaterina ANISIMOVA / AFP)

Cop27 e Cop15 vicine. Il Papa: “Esiste ‘debito ecologico’”

Papa Francesco guarda con ansia e speranza ai prossimi due appuntamenti internazionali sul clima: il Cop27 in Egitto a novembre e il Cop15 sulla Biodiversità in Canada a dicembre. Si appella ai leader, ma avverte: gli impegni siano proporzionali.

Esiste un ‘debito ecologico’ impossibile da ignorare, ricorda, delle nazioni economicamente più ricche, che “hanno inquinato di più negli ultimi due secoli. Questo significa, scrive nel messaggio per la Giornata Mondiale di Preghiera della Cura del creato (1 settembre), che i ricchi dovranno compiere “passi più ambiziosi” nei propri confini e sostenere finanziariamente e tecnicamente le i poveri, che “stanno già subendo il peso maggiore della crisi climatica“, puntualizza.

Anche i Paesi meno ricchi hanno responsabilità significative, ma “diversificate”, è la posizione del Pontefice: “I ritardi degli altri non possono mai giustificare la propria inazione“. Esorta ad agire, tutti, “con decisione” prima del “punto di rottura“.

L’obiettivo di Parigi di limitare l’aumento della temperatura a 1,5°C è “impegnativo” da raggiungere, riconosce, ma proprio per questo richiede la collaborazione tra tutte le nazioni a presentare piani climatici, o contributi più ambiziosi, per ridurre a zero le emissioni nette di gas serra “il più urgentemente possibile“. A livello pratico, si tratta di ‘convertire’ i modelli di consumo e di produzione, ma anche gli stili di vita, in una direzione “più rispettosa nei confronti del creato e dello sviluppo umano integrale di tutti i popoli presenti e futuri, uno sviluppo fondato sulla responsabilità, sulla prudenza/precauzione, sulla solidarietà e sull’attenzione ai poveri e alle generazioni future“.

Va ascoltato quindi il coro di grida che si leva dal Pianeta: quello di “sorella madre terra“, che geme in balia dei “nostri eccessi consumistici” e implora di “fermare i nostri abusi e la sua distruzione“; quello dei “nostri figli“, adolescenti “minacciati da miope egoismo” che chiedono aiuto e si appellano continuamente agli adulti; quello dei popoli nativi, i cui territori, a causa di “interessi economici predatori“, vengono “invasi e devastati“. “Dobbiamo pentirci e modificare gli stili di vita“, esorta, perché lo stato di degrado della nostra casa comune “merita la stessa attenzione di altre sfide globali quali le gravi crisi sanitarie e i conflitti bellici“.

Farfalle

Tigri selvatiche in aumento, a rischio farfalla monaca e storioni

Le tigri selvatiche sono il 40% più numerose in tutto il mondo di quanto si pensasse in precedenza e la popolazione di Panthera tigris “sembra stabilizzarsi o addirittura aumentare“, sebbene rimanga una specie minacciata, come ha rivelato l’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura. Al contrario, la monarca migratrice, una maestosa farfalla in grado di percorrere migliaia di chilometri ogni anno per riprodursi, è entrata a far parte della Lista Rossa dell’Iucn, soprattutto a causa dei cambiamenti climatici e della distruzione dell’habitat.

L’ultima valutazione della popolazione mondiale di tigri in libertà risale al 2015 e il nuovo conteggio stima il numero di questi eleganti felini dalla pelliccia a strisce arancioni e nere tra i 3.726 e i 5.578 esemplari. Il balzo del 40% “si spiega con i miglioramenti nelle tecniche di monitoraggio, che dimostrano che ci sono più tigri di quanto si pensasse in precedenza e che il numero globale di tigri sembra essere stabile o in aumento“, ha scritto l’Iucn nell’aggiornamento della sua storica Lista Rossa delle Specie Minacciate.

Le tendenze della popolazione indicano che progetti come il Programma Integrato di Conservazione dell’Habitat della Tigre dell’Iucn sono efficaci e che la ripresa è possibile fintanto che gli sforzi di conservazione continuano“, osserva l’Iucn, che conta più di 1.400 organizzazioni associate. Tuttavia, la tigre non è fuori pericolo e rimane una specie minacciata. “Le principali minacce includono il bracconaggio delle tigri, la caccia e il bracconaggio delle loro prede, la frammentazione e la distruzione dell’habitat a causa della crescente pressione esercitata dall’agricoltura e dagli insediamenti umani“, ha dichiarato l’Iucn.

farfalla

Al contrario, la farfalla monarca migratrice, una sottospecie della farfalla monarca (Danaus plexippus), ha visto la sua popolazione in Nord America diminuire “tra il 22% e il 72% nell’ultimo decennio“, osserva la Iucn. “Questo aggiornamento della Lista Rossa evidenzia la fragilità di meraviglie naturali come lo spettacolo unico delle farfalle monarca che migrano per migliaia di chilometri“, ha dichiarato Bruno Oberle, direttore generale dell’Iucn. Il disboscamento, la deforestazione, i pesticidi e gli erbicidi “uccidono le farfalle e l’alga, la pianta ospite di cui si nutrono le larve della farfalla monarca“, ha dichiarato l’Iucn. “È doloroso vedere le farfalle monarca e la loro straordinaria migrazione sull’orlo del collasso“, ha dichiarato Anna Walker della New Mexico BioPark Society, che ha condotto la valutazione della farfalla monarca.

La popolazione occidentale è diminuita di circa il 99,9% dagli anni Ottanta. La popolazione orientale più numerosa è diminuita dell’84% tra il 1996 e il 2014. Anche la situazione degli storioni – anch’essi migratori – è andata di male in peggio, compreso il beluga, noto per le uova e la carne di caviale, secondo l’elenco.

cambiamento climatico

Il grande Rinascimento o il grande deserto? A noi la scelta, ancora per poco

Ve li ricordate quelli che davano dei catastrofisti agli scienziati? C’erano quelli che, ancora 4-5 anni fa, ironizzavano sul fatto che facesse freddo a maggio a Milano fregandosene del fatto che la media della temperatura annuale continuasse a salire. Oggi invocano aiuti per l’agricoltura italiana, stremata.

In Gran Bretagna ci sono 40 gradi. Incendi devastanti nella Penisola Iberica. Siccità mai vista e zero termico a 4800 metri in Italia. La natura ce lo sta dicendo in maniera evidente: ‘Avete di fronte l’opportunità di avviare un grande Rinascimento globale. Oppure proseguire verso il disastro. Potete ancora scegliere, ma non per molto’.

Vanno fatte scelte immediate, con ricadute in tempi stretti (entro il 2030), oltre a quelle strategiche, per sostenere il cambiamento a medio e lungo termine. No, non basta quello che i governi hanno fatto sinora: significa trascurare la portata di quello che sta accadendo. Siamo in ritardo di molti anni e quindi non basta fare scelte normali, ma sono necessarie scelte più che straordinarie. Bisogna innanzi tutto agire sulla produzione energetica (subito, non tra 20-30 anni), anche favorendo con forti incentivi le comunità energetiche di autoproduzione (soprattutto solare) tra inquilini, condomini e piccole comunità. È possibile, a portata di mano. Soddisfare il fabbisogno civile in tempi brevi per concentrarsi sulla trasformazione più complessa del sistema produttivo (che deve comunque cambiare strutturalmente).

Ci sono alternative per la produzione di energia, così come per l’urbanistica (decisiva per adattamento e riduzione dell’impatto), per l’industria, per la gestione del territorio e di tutti gli ambienti, anche per l’agricoltura (quella intensiva contribuisce in maniera consistente alle emissioni): come ha ricordato Carlin Petrini, il fondatore di Slow Food, produciamo ogni anno cibo sufficiente per 12,5 miliardi di persone e siamo meno di 8 miliardi; significa che un terzo del cibo viene gettato nell’immondizia e senza avere comunque risolto il problema della fame del mondo.

Non c’è bisogno di inventare granché. La maggior parte delle possibili soluzioni sono note, anche nel campo delle scienze economiche, per altre bisogna sostenere con forza la ricerca. E ridurre l’enorme spreco, in ogni settore.

Perché il cambiamento climatico uccide e distrugge l’economia. Lo dimostrano i fatti di questi giorni, inequivocabili. Ma allargando lo sguardo possiamo apprezzare l’intero, precipitoso evolversi dei fatti che in questi anni ci hanno (noi umani) colpiti come fortissimi schiaffi in pieno volto: incendi e caldo insopportabile in tutta Europa; siccità e carestie terribili in tutto il globo; inondazioni o trombe d’aria a ripetizione, come accaduto anche in Sicilia nel novembre 2021.

Sono fatti drammatici che mettono a rischio le vite umane e l’economia, ma anche la sicurezza globale, perché accelerano le tensioni geopolitiche per le risorse, a partire da cibo e acqua.

Sono, però, fatti che sono stati ampiamente previsti dagli scienziati delle varie discipline, dall’economia alla climatologia. Previsioni che vengono ripetute da decenni e che ovviamente non riguardano il singolo evento ma la tendenza, il quadro che va realizzandosi. Inascoltati a lungo, addirittura irrisi in alcuni casi, gli scienziati hanno anche indicato la via: li ascoltiamo, finalmente?

(Photo credits: THIBAUD MORITZ / AFP)

Gas australia

Il cambiamento climatico minaccia le isole del Pacifico

Le isole del Pacifico minacciate dai cambiamenti climatici hanno chiesto un arbitrato della Corte internazionale di giustizia sugli obblighi legali dei Paesi nella lotta ai cambiamenti climatici, per aumentare la pressione sulle nazioni inquinanti.

In una dichiarazione rilasciata dopo un vertice tenutosi a Suva la scorsa settimana, i leader del Pacifico hanno lanciato un appello congiunto affinché la Corte dell’Aia chiarisca gli obblighi degli Stati “per proteggere i diritti delle generazioni presenti e future dagli effetti negativi del cambiamento climatico“. La regione sta affrontando una “emergenza climatica” che rappresenta una minaccia “esistenziale” per la loro sopravvivenza.

Le isole, molte delle quali sono basse, sono già colpite dal cambiamento climatico e sperano che questa iniziativa rafforzi i rischi legali che corrono i principali emettitori e li sproni ad agire. Il piano avrà bisogno del sostegno della maggioranza dei Paesi all’Assemblea generale delle Nazioni Unite a settembre per essere sottoposto al più alto tribunale internazionale. “Sono stato chiaro e coerente nella nostra richiesta di impegni climatici più ambiziosi“, ha dichiarato il Primo Ministro delle Figi Frank Bainimarama dopo il vertice, che si è chiuso giovedì. “Dobbiamo porre fine alla nostra dipendenza dai combustibili fossili, soprattutto dal carbone. Questo è ciò che chiediamo all’Australia, alla Nuova Zelanda” e a tutti i Paesi ad alta emissione, ha aggiunto. L’Australia, membro del Forum delle Isole del Pacifico, è uno dei maggiori esportatori di carbone e gas al mondo.

Greenpeace ha accolto con favore il sostegno dell’Australia alla Corte internazionale di giustizia per decidere sui cambiamenti climatici, sottolineando che Canberra dovrebbe anche “perseguire un’azione climatica più ambiziosa impegnandosi a non realizzare nuovi progetti per il carbone e il gas“.

L’irrequietudine dei Marlene Kuntz per il clima

Si può incidere un disco e fare un tour in giro per l’Italia rimanendo sostenibili? Pare di sì, o almeno ci si può provare. Parola dei Marlene Kuntz, band che ha deciso di sposare i principi ‘green’ nel suo nuovo progetto: ‘Karma Clima Experience‘. Il gruppo ha iniziato il percorso lo scorso ottobre registrando l’album in tre comunità cuneesi (Viso a Viso a Ostana, il Birrificio Baladin di Piozzo e la borgata Paraloup nel comune di Rittana) che riflettono la visione sei Marlene sul grande male del nostro tempo: il cambiamento climatico e l’insostenibilità della nostra società. A raccontarci la nascita del progetto è Cristiano Godano, voce e autore del gruppo. “L’irrequietudine nei confronti del clima cova in me e in noi da tempo, stiamo accogliendo i segnali che la scienza ci indica e che le evidenze ci fanno notare: ghiacciai che si sciolgono, eventi climatici estremi in estate. Ne patiamo le conseguenze anche noi musicisti con bombe d’acqua che a volte fanno annullare i concerti. In Francia ci sono stati addirittura dei concerti annullati per il troppo calore. Tutta una serie di cose che solo i negazionisti sanno negare. Questo approdo è stati particolarmente spontaneo e del tutto inevitabile”.

Da qui, appunto, l’idea di creare il disco che si sposasse con i principi alla base del progetto. Non tutto è così semplice, però, come racconta il bassista Lagash: “Secondo noi siamo arrivati al di sopra delle aspettative. E’ evidente che delle difficoltà ci sono state, ma non ci siamo spaventati. Affrontare un percorso in cui si pone la sostenibilità al centro crea delle problematiche. In fondo, siamo abituati a non essere sostenibili. Ma è importante definire un processo lungo: da ottobre 2021 a oggi quanto abbiamo impattato? Quanto c’è ancora da fare? Naturalmente di più di quanto fatto. Ma continuiamo a darci da fare”.

Una visione meno ottimista, o più pragmatica, ce l’ha Godano. Che riflette la sua idea nel testo del nuovo singolo ‘La fuga’ dove parla di ‘socialità Inquinante, inquinata’. “Si dice che ogni messaggio che mandiamo, ogni mail o post abbia un impatto neanche troppo banale – riflette -. Nel testo mi è stato semplice giocare con le parole. Questo tipo di socialità è inquinata in maniera lampante ed è problematico. Sul fatto che sia anche inquinante, invece, non sono in molti a saperlo: sono gli inevitabili paradossi che fanno riflettere sull’essere virtuosi in questo mondo. È molto difficile avere dei comportamenti virtuosi dall’inizio alla fine nella quotidianità, nessuno di noi è esente da qualcosa che non va bene. Da qui il mio pragmatismo che a volte sembra pessimismo: siamo tutti talmente immersi in una realtà così problematica nei confronti del riscaldamento climatico che credo che siamo al cospetto di un problema molto grande e difficile da risolvere. Spesso non lo sappiamo neanche che quel che facciamo inquina”.

Il tour che porterà la band in giro per l’Italia, però, cercherà di rispettare il più possibile i principi della sostenibilità. Per esempio, racconta Lagash, “andando in strutture plastic free, che abbiano forniture energetiche da rinnovabili, spostandoci in alcune tappe in bici”. Certo, considera, “ci saranno comunque tante contraddizioni anche in questo viaggio”. E forse anche per questo i Marlene non si ergeranno a professori di sostenibilità: “Può darsi che durante i live, ogni tanto, abbia desiderio di raccontare qualcosa – conferma Godano – ma senza moralismi fuori luogo. Il compito di un artista può essere quello di suscitare riflessioni e questo è un compito che mi accollo volentieri”. Fra le tappe estive anche quella a Messina, al Parco Horcynus Orca il 1 agosto, dove i Marlene Kuntz riceveranno il premio per essersi distinti per il proprio impegno civile. “Un premio che ritireremo con grande orgoglio”, commenta Lagash.

Insomma, un tour che mixerà musica, spettacolo e sostenibilità. Senza ideologie, ma cercando di fare riflettere. Perché, conclude Godano, “un musicista dovrebbe fare quello che può, cioè usare la sua voce come cassa di risonanza per dire qualcosa che riguarda tutti”.

Marmolada, Mattarella: Simbolo cambio clima non governato

A tre giorni dalla tragedia del crollo di parte del ghiacciaio della Marmolada, proseguono le ricerche dei dispersi, che sono scesi a cinque. Mentre il bilancio delle vittime rimane a 7, sono sempre più flebili le speranze di trovare delle persone in vita sul posto. Le ricerche stanno andando avanti solo con l’aiuto di droni e elicotteri, visto che c’è forte rischio di ulteriori crolli del ghiacciaio. Nessun soccorritore ha potuto recarsi sul posto a piedi e l’intera area è chiusa per motivi di sicurezza. Le operazioni via terra saranno effettuate solo per il recupero di eventuali ritrovamenti effettuati dai droni, per garantire l’incolumità degli operatori. “Il pericolo è che altri seracchi (blocchi, ndr) di ghiaccio possano staccarsi. L’intera area continua a essere off-limits“, ha spiegato l’unità di crisi di Canazei.

Il collegamento diretto fra cambiamento climatico e salute delle persone è “sempre più evidente, ha sottolineato il ministro della Salute Roberto Speranza introducendo il seminario ‘Cambiamento climatico e salute: un’emergenza’. E quanto avvenuto sulla Marmolada “è segno di una ferita sempre più profonda che richiama tutti noi ad avere la massima attenzione“.

La vicenda ha scosso il mondo intero, tanto che il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ne ha parlato con il presidente del Mozambico Filipe Jacinto Nyusi in occasione della sua visita a Maputo. E l’ha portata come “elemento simbolico delle tante tragedie che il mutamento climatico non governato sta comportando in varie parti del mondo“. Per il capo dello Stato è diventata anche l’occasione di ampliare il discorso e parlare in generale dell’emergenza climatica in atto. Che non può essere risolta senza collaborazione e senza che tutti i Paesi rispettino i propri impegni. “Senza collaborazione – ha tuonato Mattarella – non c’è speranza“. Quello del clima, come tanti altri problemi fra cui sanità, sviluppo economico e migrazioni, “sono fenomeni globali che nessun Paese può affrontare da solo. La pandemia dovrebbe averci insegnato che l’umanità ha nemici comuni che deve affrontare insieme collaborando. Questo del clima richiede una forte collaborazione, è un problema comune. Senza una piena collaborazione di tutti non potrà essere governato”. E Mattarella ha lanciato anche una stoccata a quei Paesi che “non si impegnano su questo fronte che riguarda l’avvenire di ciascuno, di tutti nel mondo”. Alcuni impegni sul clima presi nelle convenzioni internazionali, infatti, secondo il capo dello Stato “non sempre vengono rispettati. Ma “senza affrontare sistematicamente, seriamente e a fondo i problemi che pone il cambiamento climatico contrastandolo sarà difficile garantire alle future generazione una vita accettabile sulla Terra“.

Marmolada, una tragedia annunciata: la colpa è del cambiamento climatico

Sei morti accertati, almeno 17 dispersi e otto feriti: il bilancio – provvisorio – di quanto accaduto domenica sul ghiacciaio sommitale di Punta Rocca, in cima alla Marmolada, è destinato a crescere. Una tragedia che, da subito, è apparsa molto lontana dalla fatalità. Il cambiamento climatico è entrato a gamba tesa nei fatti di cronaca, trasformandosi nel fatto più concreto e tangibile che l’uomo sia in grado di riconoscere: la morte.

Oggi a Canazei (Trento) arriveranno il premier Mario Draghi e il capo della protezione civile, Fabrizio Curcio, per fare il punto della situazione e incontrare chi da ieri, senza sosta, lavora alla centrale operativa allestita per coordinare le operazioni di ricerca dei dispersi. Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha telefonato al governatore trentino, Maurizio Fugatti per esprimere cordoglio e vicinanza

Le cause del crollo, però, sono lì, sotto gli occhi di tutti. Da settimane le temperature in quota sulle Alpi sono molto al di sopra dei valori normali, mentre l’inverno scorso c’è stata poca neve, che ormai quasi non protegge più i bacini glaciali. E allora cosa è accaduto? “Il caldo estremo di questi ultimi giorni, con questa ondata di calore dall’Africa spiega il glaciologo Renato Colucci dell’ Istituto di scienze polari del Consiglio nazionale delle ricerche, Cnr-Ispha verosimilmente prodotto una grossa quantità di acqua liquida da fusione glaciale alla base di quel pezzo di ghiacciaio che in realtà è una “pancia”: infatti è, o era, una via che si chiama proprio Pancia dei Finanzieri”. Siamo quindi proprio nelle condizioni peggiori per distacchi di questo tipo, quando c’è tanto caldo e tanta acqua che scorre alla base. “Non siamo ancora in grado di capire se si tratti di un distacco di fondo del ghiacciaio o superficiale – spiega l’esperto – ma la portata sembra molto importante, a giudicare dalle prime immagini e informazioni ricevute”. L’atmosfera e il clima, soprattutto al di sopra dei 3.500 metri di quota, sono in totale disequilibrio “a causa del “nuovo” clima che registriamo e quindi, purtroppo, questi eventi sono probabilmente destinati a ripetersi nei prossimi anni e anche per questa estate dobbiamo mantenere la massima attenzione”.

Nel 2019 era stato lo stesso Colucci a lanciare l’allarme attraverso uno studio che aveva mostrato come tra il 2004 e il 2015, il ghiacciaio avesse ridotto il suo volume del 30%, mentre la diminuzione areale era stata del 22%. Ne era emerso che il ghiacciaio, un tempo massa glaciale unica, era frammentato e suddiviso in varie unità, dove in diversi punti affioravano masse rocciose sottostanti. La ricerca aveva inoltre evidenziato che, con quel tasso di riduzione, nel giro dei prossimi 25-30 anni il ghiacciaio sarebbe praticamente scomparso, lasciando il posto solo a piccole placche di ghiaccio e nevato, alimentate dalle valanghe e protette dall’ombra delle pareti rocciose più elevate, non più dotate di crepacci e di movimento. “Il ghiaccio, quindi – aveva spiegato Colucci – non esisterà più. E se, come da scenari climatici, la temperatura nei prossimi decenni dovesse aumentare a ritmo più accelerato, questa previsione potrebbe essere addirittura sottostimata e la scomparsa del ghiacciaio potrebbe avvenire anche più rapidamente”.

Ma la situazione di tutti i ghiacciai italiani non è migliore. Nel 1965, quelli censiti nel catasto italiano erano 1.397, nel 2015 soltanto 900. In 50 anni hanno perso il 40% del loro volume.

 

(Photo by Pierre TEYSSOT/AFP)