commissione ue

Sì o no alla tassonomia? C’è tensione per l’esito della plenaria

Una smorfia che dice tutto. Quell’omone alto, candidamente barbuto, dall’aria simpatica di un babbo Natale, usa tutto il suo corpo per dire che sì, la sconfitta è vicina, forse quasi certa. Frans Timmermans, vice presidente della Commissione europea con delega al Clima fosse, nel suo intimo, è anche contento che la tassonomia verde messa a punto dal Team von der Leyen venga bocciata dal Parlamento europeo la prossima settimana.

Quando gli abbiamo chiesto se ritiene possibile una bocciatura da parte dei deputati resta qualche istante con gli occhi fissi sull’interlocutore, poi gira un poco la testa sulla destra e la fa seguire da un accenno di torsione del busto e sorride, e sospira, e sorride ancora, ma non parla. La posizione della Commissione è quella e lui sa che i deputati ne hanno un’altra, e si rassegna.

La tassonomia è un affare in sostanza tutto finanziario, definisce quali investimenti sono “verdi” e dunque possono giovarsi di aiuti pubblici. È, come spiega bene la collega Fabiana Luca su Eunews, testata sorella di Gea sulla quale anche abbiamo raccontato la storia, il sistema europeo di classificazione degli investimenti economici sostenibili con cui Bruxelles vuole fissare criteri comuni per assicurarsi che grandi somme di capitale (soprattutto privato) vadano nella direzione del Green Deal e della transizione. Il problema è su due punti: l’inclusione del gas e del nucleare tra le attività economiche sostenibili con cui realizzare il Green Deal europeo.

A Bruxelles i lobbisti del settore sono in fibrillazione, a seconda di chi rappresentano sono felici o sono disperati, soprattutto quelli che da un anno organizzano il loro lavoro, e quello delle aziende che rappresentano, dando per scontato che alla fine la tassonomia sarebbe passata, con dentro nucleare e gas.

Invece le commissioni riunite degli Affari economici (detta ‘Econ’) e dell’Ambiente (‘Envi’) del Parlamento europeo hanno approvato il 14 giugno (con 76 voti favorevoli, 62 contrari e 4 astenuti) un’obiezione sull’atto delegato con cui la Commissione europea vuole considerare gas e nucleare tra gli investimenti sostenibili dal punto di vista climatico. Se l’obiezione sarà approvata anche dalla maggioranza assoluta dei deputati (353) in seduta plenaria, la Commissione UE sarà costretta a rivedere la sua idea di tassonomia.

E questa volta è possibile che finisca così, perché se è vero che spesso la Envi si lancia su posizioni che poi la plenaria ribalta, la Econ (presieduta dall’italiana Irene Tinagli, PD), no, è molto influente e difficilmente l’Aula si discosta dalle sue decisioni.

Il voto sarà nella plenaria del 4-7 luglio. Saranno momenti intensi.

transizione verde

Fondo sociale clima, la proposta Ue contro i costi della transizione

Per ammortizzare i costi sociali della transizione verde e in particolare dell’introduzione del secondo sistema Ets per edifici e trasporti, la Commissione Europea ha proposto nel pacchetto ‘Fit for 55’ di introdurre un ‘Fondo sociale per il clima‘ (‘Climate action social facility’), per sostenere le famiglie e cittadini più vulnerabili a investire nell’efficienza energetica, in mobilità più green e nuovi sistemi di raffreddamento e riscaldamento delle case.

Si tratta di un fondo di compensazione sociale, dal valore di 72,2 miliardi di euro tra 2025 e 2032 che la Commissione europea pensa di co-finanziare attraverso il 25% delle entrate previste dal nuovo sistema Ets (il sistema europeo di scambio di quote di emissioni di CO₂) dedicato alle emissioni dell’edilizia e dei carburanti per il trasporto su strada. Il resto (75%) è assegnato attraverso i bilanci degli Stati membri. Secondo le stime provvisorie della Commissione, l’Italia sarebbe il terzo Paese per quantità di finanziamenti con quasi 8 miliardi di euro tra 2025 e 2032. Prima di Roma, la Polonia (12 miliardi di euro) e la Francia (8 miliardi di euro), segue la Spagna con quasi 8 miliardi.
Il Parlamento europeo riunito a Strasburgo dal 6 al 9 giugno è chiamato a finalizzare la sua posizione su otto dossier del pacchetto ‘Fit for 55’, proposto a luglio 2021 dalla Commissione Ue con l’obiettivo di portare il Continente a tagliare le emissioni di gas serra del 55% (rispetto ai livelli registrati nel 1990) entro il 2030, come tappa intermedia per l’azzeramento delle emissioni entro il 2050 (la neutralità climatica). Tra le otto proposte all’ordine del giorno della plenaria, l ’Aula di Strasburgo voterà sulla relazione, elaborata congiuntamente dalle commissioni Ambiente (Envi) e Occupazione e affari sociali (Empl) del Parlamento, a prima firma dell’eurodeputata del Partito popolare europeo, Esther de Lange, che mira a stabilire definizioni comuni in tutta l’Ue su cosa sia la povertà energetica e la povertà da mobilità, perché il Fondo vada a beneficio delle famiglie, delle microimprese e degli utenti dei trasporti più vulnerabili e particolarmente colpiti dall’impatto della transizione.

Dal momento che il Parlamento nota che ci sono ancora molte differenze tra Stati membri nella definizione, chiede alla Commissione europea di valutare entro il primo luglio 2026 come queste vengono interpretate nei diversi Stati membri e, se necessario, presentare una proposta per un approccio unitario. Per accedere alle risorse del Fondo, gli Stati membri dovranno presentare dei “piani sociali per il clima”, ovvero dei piani formulati con le autorità locali e regionali, le parti economiche e sociali e la società civile in cui i governi dovranno indicare quali misure intendono introdurre per affrontare la povertà energetica e della mobilità. Secondo i deputati, tra queste misure i governi dovrebbero includere misure temporanee di sostegno diretto al reddito (come una riduzione delle tasse e delle tasse sull’energia), purché siano limitate a un massimo del 40% del costo totale stimato di ciascun piano nazionale per il periodo 2024-2027 e gradualmente eliminate entro la fine del 2032.

Parlamento Ue

Nel ‘Fit for 55’ i nuovi sviluppi su Ets e tassa CO2 frontiere

Il Parlamento europeo voterà tra martedì 7 e mercoledì 8 giugno su otto proposte del pacchetto sul clima ‘Fit for 55’, presentato dalla Commissione lo scorso 14 luglio.

La revisione del sistema Ets

L’Aula di Strasburgo dovrà adottare la sua posizione sulla riforma del sistema di scambio di quote di emissione dell’Ue, l’Ets (emission trading system), tra le componenti più importanti del pacchetto sul clima ‘Fit For 55’. Il mercato europeo del carbonio è operativo dal 2005 e copre il settore energetico, industriale e i voli commerciali dentro la Ue. Obbliga poco più di 10mila centrali elettriche e fabbriche ad alta intensità energetica a comprare un permesso per ogni tonnellata di CO₂ emessa, come disincentivo finanziario per far inquinare di meno: meno inquini, meno paghi. Le quote sono acquistabili tramite aste, ma il sistema conserva un numero annuale di permessi che vengono assegnati gratuitamente alle industrie.

Con il sistema attuale, stima Bruxelles, le emissioni di CO₂ nei settori coperti dall’Ets dovrebbero diminuire del 43% entro il 2030. Per questo, nel pacchetto ‘Fit for 55’ ha previsto una revisione del sistema Ets arrivare a ridurle del 62% entro il prossimo decennio. Prevede di aumentare il cosiddetto fattore di riduzione lineare (LRF) dal 2,2 al 4,2%: questo significa, in sostanza, che ogni anno verranno immessi sul mercato il 4,2% in meno di certificati di CO₂. Secondo la proposta della Commissione, i certificati gratuiti che vengono assegnati alle aziende scadranno entro il 2036, ma già a partire dal 2026 le indennità saranno ridotte del 10% all’anno. Parte centrale della proposta dell’Esecutivo è l’inclusione del settore marittimo e l’introduzione di un nuovo mercato del carbonio complementare esteso a partire dal 2026 anche a trasporti ed edifici, due settori particolarmente difficili da decarbonizzare.

L’Aula di Strasburgo voterà sulla proposta principale del relatore Peter Liese, eurodeputato tedesco del Partito popolare europeo (Ppe), approvata in commissione per l’Ambiente (Envi) lo scorso 17 maggio. La relazione votata in Envi chiede un’ulteriore riduzione del numero di quote annuali disponibili fino al 2030 e l’inclusione dell’incenerimento dei rifiuti urbani nell’Ets a partire dal 2026. La relazione chiede l’abolizione delle quote gratuite per le industrie già entro il 2030, ma un accordo trovato tra i gruppi di Renew Europe e Socialdemocratici (S&D) potrebbe portare la data al 2032 (quindi oltre la soglia fissata dalla commissione Envi). Quanto al secondo sistema Ets per edifici e trasporti, i deputati chiederanno di non inserirlo prima del 2029, quindi tre anni dopo rispetto alla proposta della Commissione Europea e soprattutto spingeranno perché sia applicato solo a trasporti ed edifici pubblici e aziendali, non a quelli privati.

Tassa sul carbonio alle frontiere

Nel ‘Fit for 55’ la Commissione europea ha proposto anche l’introduzione di un meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere (acronimo CBAM – Carbon Border Adjustment Mechanism) dell’UE, uno strumento complementare all’Ets perché obbligherà gli importatori ad acquistare certificati di CO₂, come fanno le industrie europee. Porterà a eliminare definitivamente tutte le quote gratuite che vengono rilasciate oggi per non svantaggiare troppo le imprese europee dalla concorrenza internazionale. Per l’Esecutivo europeo dovrebbe applicarsi non prima del 2026 ai settori dell’energia elettrica, fertilizzanti, acciaio, ferro e alluminio, dopo una fase transitoria tra 2023 e il 2025 in cui alle aziende sarà richiesto di fare dei test.

Successivamente, il CBAM sarà introdotto gradualmente e le quote gratuite del sistema Ets saranno ridotte tra il 2026 e il 2035, con l’abolizione totale dei certificati gratuiti al 2036. L’Aula di Strasburgo voterà invece sulla relazione votata in Envi il 17 maggio, a prima firma dell’eurodeputato olandese Mohammed Chahim (S&D), che chiede di fare entrare in vigore il CBAM un anno prima rispetto alla proposta della Commissione, vale a dire dal 2025. Per gli eurodeputati, è necessario estenderne il campo di applicazione ai prodotti chimici organici, la plastica, l’idrogeno e l’ammoniaca, nonché alle emissioni indirette. Chiedono, infine, un’autorità indipendente per il monitoraggio delle regole CBAM, per monitorare il funzionamento del meccanismo.