Clima, aprile 2025 da record: è il secondo più caldo di sempre

Le temperature globali sono rimaste a livelli storicamente elevati nel mese di aprile, proseguendo una serie di quasi due anni di caldo senza precedenti sul pianeta che sta sconvolgendo la comunità scientifica sulla velocità del riscaldamento globale. A livello globale, aprile 2025 è il secondo mese più caldo dopo aprile 2024, come riferisce l’osservatorio europeo Copernicus, che si basa su miliardi di misurazioni provenienti da satelliti, stazioni meteorologiche e altri strumenti.

Il mese scorso ha così prolungato una serie ininterrotta di record o quasi record di temperature che dura dal luglio 2023, ovvero da quasi due anni. Da allora, con una sola eccezione, tutti i mesi sono stati almeno 1,5 °C più caldi rispetto alla media dell’era preindustriale (1850-1900).

Tuttavia, molti scienziati si aspettavano che il periodo 2023-2024, i due anni più caldi mai registrati al mondo, sarebbe stato seguito da una tregua, quando le condizioni più calde del fenomeno El Niño si sarebbero attenuate. “Con il 2025, la situazione avrebbe dovuto stabilizzarsi, invece continuiamo a rimanere in questa fase di riscaldamento accelerato”, spiega Johan Rockström, direttore dell’Istituto di Potsdam per l’impatto climatico in Germania. “Sembra che siamo bloccati” e la causa “non è del tutto chiara, ma è un segnale molto preoccupante”, aggiunge.

Gli ultimi due anni “sono stati eccezionali”, riferisce all’AFP Samantha Burgess, del centro europeo che gestisce Copernicus. “Rimangono nella fascia prevista dai modelli climatici per oggi, ma siamo nella parte alta”. Una delle spiegazioni risiede nel fatto che il fenomeno La Nina, opposto a El Nino e sinonimo di influenza rinfrescante, è in realtà solo di “debole intensità” da dicembre, secondo l’Organizzazione meteorologica mondiale, e potrebbe già diminuire nei prossimi mesi.

Una cinquantina di climatologi di fama mondiale, guidati dal britannico Piers Forster, stimano che il clima si sia già riscaldato in media di 1,36 °C nel 2024. È la conclusione di una versione preliminare del loro studio che aggiorna ogni anno i dati chiave dell’Ipcc, il gruppo di esperti sul clima incaricato dall’Onu. Copernicus ha una stima attuale molto simile, pari a 1,39 °C. La soglia di 1,5 °C di riscaldamento, la più ambiziosa dell’accordo di Parigi, sta per essere raggiunta in modo stabile, calcolata su diversi decenni, secondo molti scienziati. Copernicus ritiene che potrebbe avvenire entro il 2029. “Mancano quattro anni. La realtà è che supereremo 1,5 °C”, afferma Samantha Burgess.

“Al ritmo attuale, l’obiettivo di 1,5 °C sarà superato prima del 2030”, stima anche Julien Cattiaux, climatologo del Cnrs, intervistato dall’Afp. “Si dice che ogni decimo di grado conta”, perché moltiplica siccità, ondate di calore e altre catastrofi meteorologiche, “ma attualmente si susseguono rapidamente”, avverte lo scienziato. Ma “ora quello che bisogna cercare di fare è mantenere il riscaldamento globale il più vicino possibile” all’obiettivo iniziale, perché “non è la stessa cosa puntare a un riscaldamento di 2°C alla fine del secolo o di 4°C”, ricorda.

Che la combustione di energie fossili – carbone, petrolio e gas – sia responsabile della maggior parte del riscaldamento non è oggetto di dibattito tra i climatologi. Ma si moltiplicano le discussioni e gli studi per quantificare l’influenza climatica dell’evoluzione delle nuvole, della diminuzione dell’inquinamento atmosferico o della capacità della Terra di immagazzinare il carbonio in pozzi naturali come le foreste e gli oceani. Le rilevazioni annuali delle temperature globali risalgono al 1850. Ma le carote di ghiaccio, i sedimenti sul fondo dell’oceano e altri “archivi climatici” consentono di stabilire che il clima attuale non ha precedenti da almeno 120.000 anni.

Inondazioni, 335 vittime e caldo record: 2024 anno nero per il clima europeo

Il Danubio impetuoso che devasta tutto ciò che incontra sul suo cammino, centinaia di morti a Valencia travolti da torrenti di acqua e fango: nel 2024, l’Europa ha vissuto un caldo record ma anche le peggiori alluvioni degli ultimi dieci anni, rivelando il duplice volto estremo del cambiamento climatico. Quasi un terzo della rete fluviale europea ha registrato inondazioni l’anno scorso, uno dei 10 anni più umidi del continente dal 1950, colpendo circa 413.000 persone e causando 335 vittime, oltre a 18 miliardi di euro di danni. E’ quanto emerge dal rapporto ‘Stato Europeo del Clima 2024’ pubblicato oggi dal Servizio per il Cambiamento Climatico di Copernicus (Copernicus Climate Change Service – C3S) e dall’Organizzazione Meteorologica Mondiale (Omm), che ha coinvolto circa 100 collaboratori scientifici. Si tratta delle “inondazioni più estese” che l’Europa abbia sperimentato “dal 2013”, ha sottolineato durante una conferenza stampa Samantha Burgess del Centro europeo per le previsioni meteorologiche a medio termine (ECMWF), che fornisce il servizio climatico Copernicus.

Questi disastri si sono verificati durante l’anno più caldo mai registrato a livello globale e dimostrano che un pianeta più caldo, assorbendo più acqua dall’atmosfera, provoca precipitazioni e inondazioni più violente, una minaccia che grava in particolar modo sull’Europa. A settembre, in soli cinque giorni, la tempesta Boris ha scaricato a terra la pioggia di tre mesi, provocando inondazioni e danni massicci in otto Paesi dell’Europa centrale e orientale. Un mese dopo, potenti tempeste, alimentate dall’aria calda e umida proveniente dal Mediterraneo, hanno causato piogge torrenziali sulla Spagna, provocando inondazioni che hanno devastato la provincia orientale di Valencia, uccidendo 232 persone.

Secondo il rapporto, all’inizio del 2024 si sono verificate inondazioni di notevole entità in tutto il continente ogni mese: gennaio nel Regno Unito, febbraio nella Spagna settentrionale, marzo e maggio nella Francia settentrionale e giugno in Germania e Svizzera. E le portate dei fiumi sono state particolarmente elevate: in alcuni, come il Tamigi nel Regno Unito e la Loira in Francia, si sono registrati i livelli più alti degli ultimi 33 anni in primavera e in autunno. La causa? Piogge particolarmente intense nella parte occidentale dell’Europa, mentre le regioni orientali sono state, al contrario, mediamente più secche e calde. Secondo Burgess, questo “straordinario contrasto” non è direttamente correlato al cambiamento climatico, bensì ai sistemi di pressione opposti che influenzano la copertura nuvolosa e il trasporto dell’umidità. Ma le tempeste del 2024 sono state “probabilmente più violente a causa di un’atmosfera più calda e umida”, ha spiegato. “Con il riscaldamento globale, stiamo assistendo a eventi estremi sempre più frequenti”.

Questo conferma le proiezioni degli esperti climatici dell’Ipcc, secondo cui l’Europa sarà una delle regioni in cui si prevede un maggiore aumento del rischio di inondazioni a causa del riscaldamento globale. A partire dagli anni ’80, l’Europa si è riscaldata a un ritmo doppio rispetto alla media mondiale. È il “continente che si sta riscaldando di più” ed è diventato uno dei “punti caldi” del cambiamento climatico, sottolinea Florence Rabier, direttrice dell’ECMWF. Nel 2024 la temperatura sulla superficie del continente non è mai stata così elevata. Questo ha contribuito al riscaldamento dei mari e degli oceani, che lo scorso anno ha raggiunto livelli record, e allo scioglimento dei ghiacciai europei a un ritmo senza precedenti. “È necessario intervenire con urgenza, poiché si prevede che la gravità del rischio raggiungerà livelli critici o catastrofici entro la metà o la fine di questo secolo”, ha affermato Andrew Ferrone, coordinatore scientifico dell’Ue presso l’Ufficio delle Nazioni Unite per i cambiamenti climatici, sottolineando che ogni decimo di grado evitato è importante.

Solo la metà delle città europee dispone di piani di adattamento per far fronte a eventi climatici estremi, come alluvioni e caldo estremo. “Si tratta di un progresso incoraggiante rispetto al 26% del 2018”, si legge nel rapporto. “Ma alcuni Paesi dell’Europa sudorientale e del Caucaso meridionale sono in ritardo. Dobbiamo quindi procedere più rapidamente, più lontano e insieme”, ha sottolineato Celeste Saulo, segretaria generale dell’Omm.

caldo

Clima, a marzo mai così caldo in Europa: temperature da record

Le temperature globali si sono mantenute a livelli storicamente elevati a marzo, proseguendo quasi due anni di caldo straordinario sul pianeta, al limite superiore delle previsioni scientifiche sul riscaldamento globale. In Europa, marzo è stato di gran lunga il mese più caldo mai registrato, secondo il bollettino mensile dell’Osservatorio Copernicus pubblicato martedì.

Nel Vecchio Continente, quello che si sta riscaldando più rapidamente, questa eccezionale anomalia ha risparmiato il mese scorso la Penisola Iberica e il sud della Francia. In alcune regioni, come Spagna e Portogallo, il fenomeno è stato accompagnato da precipitazioni estreme, addirittura da record, mentre in altre, come i Paesi Bassi e la Germania settentrionale, si è registrato un mese particolarmente secco. Altrove, studi condotti dalla principale rete scientifica World Weather Attribution (WWA) hanno concluso che il cambiamento climatico ha esacerbato un’intensa ondata di calore in Asia centrale e alimentato piogge che hanno causato inondazioni mortali in Argentina.

A livello mondiale, marzo 2025 è il secondo mese più caldo, dopo marzo 2024, prolungando una serie ininterrotta di temperature record o quasi record da luglio 2023. Da allora, salvo una sola eccezione, ogni mese è stato più caldo di almeno 1,5 °C rispetto alla media preindustriale, sfidando gli scienziati a spiegare questa lunga e insolita serie.

“Il fatto che (marzo 2025) sia ancora di 1,6 °C al di sopra dei livelli preindustriali è davvero impressionante”, spiega Friederike Otto, climatologa dell’Imperial College di Londra, contattata dall’AFP. “Siamo saldamente intrappolati nella morsa del cambiamento climatico causato dall’uomo” e della conseguente combustione massiccia di combustibili fossili, ha affermato. “Siamo ancora a temperature estremamente elevate”, sottolinea Robert Vautard, copresidente del gruppo di lavoro sul clima dell’IPCC, composto da esperti incaricati dalle Nazioni Unite. “Si tratta di una situazione eccezionale”, dice all’AFP, “perché normalmente le temperature scendono bruscamente dopo due anni di El Niño”, il fenomeno naturale che fa aumentare temporaneamente le temperature globali, l’ultimo dei quali si è verificato nel 2023-2024.

Secondo Copernicus, marzo 2025, con una temperatura media di 14,06 °C, è stato quindi solo 0,08 °C più freddo rispetto al record di marzo 2024 e appena più caldo rispetto al 2016. Ma questi due estremi precedenti erano stati osservati durante un forte episodio di El Niño, mentre il 2025 flirta con La Niña, la fase inversa del ciclo, sinonimo di un’influenza rinfrescante. Tuttavia, “l’aumento delle temperature rimane entro i limiti superiori delle proiezioni, ma non al di fuori di esse”, sottolinea il funzionario senior dell’IPCC.

Il 2024 è stato comunque il primo anno solare a superare la soglia di 1,5°C, il limite di riscaldamento più sicuro adottato da quasi tutti i Paesi del mondo nell’accordo di Parigi. Ma il record attuale diventerà presto un fatto comune: “Data l’attuale concentrazione di gas serra nell’atmosfera, la probabilità che si verifichi un’anomalia del genere è di dieci anni”, ha spiegato all’AFP Christophe Cassou, autore dell’IPCC e direttore della ricerca al CNRS. In un anno con El Niño, come è accaduto nel 2024, la probabilità di riscontrare una temperatura annuale globale di questo tipo aumenta a “una volta ogni 4 o 5 anni”, ha calcolato il climatologo eseguendo i modelli numerici di riferimento.

Secondo l’IPCC, il mondo è sulla buona strada per superare definitivamente la soglia di 1,5°C entro l’inizio degli anni ’30. Secondo studi recenti, questo traguardo potrebbe essere raggiunto addirittura prima della fine del decennio. Ogni frazione di grado di riscaldamento è importante perché aumenta progressivamente l’intensità e la frequenza degli eventi meteorologici estremi (ondate di calore, forti piogge o siccità). I  dati annuali sulla temperatura globale risalgono al 1850. Ma carote di ghiaccio, sedimenti del fondale oceanico e altri “archivi climatici” stabiliscono che il clima attuale non ha precedenti negli ultimi 120.000 anni.

Clima, allarme di Copernicus: Calotte glaciali al minimo e temperature ai massimi

Calotte glaciali al minimo e temperature ancora ai massimi. L’allarme arriva da Copernicus, con il bollettino mensile. La superficie del ghiaccio marino artico ha raggiunto il minimo mensile per febbraio, con un valore dell’8% inferiore alla media, spiega l’istituto, aggiungendo che questo è il terzo mese consecutivo in cui la superficie del ghiaccio marino ha stabilito un record per il mese corrispondente.

È importante notare, spiega Copernicus, “che il nuovo minimo record per l’Artico a febbraio non è un minimo storico. Il ghiaccio marino artico si sta avvicinando alla sua massima estensione annuale, che di solito si verifica a marzo“.

Febbraio 2025 è stato il terzo febbraio più caldo a livello globale, con una temperatura media dell’aria superficiale di 13,36 °C, 0,63 °C al di sopra della media 1991-2020 per febbraio, e solo marginalmente più caldo, di 0,03 °C, rispetto al quarto più caldo del 2020. Il mese scorso, spiega Samantha Burgess, responsabile strategica per il clima presso l’ECMWF, “continua la serie di temperature record o quasi record osservate negli ultimi due anni. Una delle conseguenze di un mondo più caldo è lo scioglimento dei ghiacci marini, e la copertura minima record o quasi record dei ghiacci marini ad entrambi i poli ha spinto la copertura globale dei ghiacci marini al minimo storico”.

Febbraio 2025 è stato di 1,59 °C al di sopra della media stimata del periodo 1850-1900 utilizzata per definire il livello preindustriale ed è stato il 19° mese negli ultimi 20 mesi per il quale la temperatura media globale dell’aria in superficie è stata superiore di oltre 1,5 °C al livello preindustriale. La temperatura media globale per l’inverno boreale 2025 (da dicembre 2024 a febbraio 2025) è stata la seconda più alta mai registrata, con 0,71 °C al di sopra della media 1991-2020 per questi tre mesi, 0,05 °C più fredda del record stabilito per l’inverno boreale 2024. Il periodo di 12 mesi da marzo 2024 a febbraio 2025 è stato di 0,71 °C al di sopra della media 1991-2020 e di 1,59 °C al di sopra del livello preindustriale.
La temperatura media delle terre europee per l’inverno 2025 (da dicembre 2024 a febbraio 2025) è stata la seconda più alta mai registrata per la stagione, con 1,46 °C al di sopra della media 1991-2020, significativamente più fredda dell’inverno europeo più caldo del 2020 (2,84 °C).
La temperatura media sulle terre europee per febbraio 2025 è stata di 0,44 °C, 0,40 °C al di sopra della media 1991-2020 per febbraio, classificandosi ben al di fuori dei 10 mesi più caldi di febbraio per l’Europa. Le temperature europee sono state più al di sopra della media nella Fennoscandia settentrionale, in Islanda e nelle Alpi. Una vasta regione dell’Europa orientale ha registrato anomalie negative. Al di fuori dell’Europa, le temperature sono state sopra la media in gran parte dell’Artico. Sono state anche sopra la media nel nord del Cile e dell’Argentina, nell’Australia occidentale e nel sud-ovest degli Stati Uniti e del Messico. Le temperature sono state notevolmente sotto la media in alcune parti degli Stati Uniti e del Canada. Altre regioni con temperature inferiori alla media includono le regioni adiacenti al Mar Nero, al Mar Caspio e al Mediterraneo orientale, nonché una vasta regione dell’Asia orientale, che copre parti della Russia meridionale, della Mongolia, della Cina e del Giappone.

A febbraio 2025, in Europa si sono registrate precipitazioni prevalentemente inferiori alla media; ciò ha coinciso con un’umidità del suolo superficiale inferiore alla media in gran parte dell’Europa centrale e orientale, nella Spagna sud-orientale e in Turchia. Lo rende noto Copernicus nel suo bollettino mensile.
Islanda, Irlanda, Regno Unito meridionale, parte della Francia meridionale e dell’Italia centrale sono stati più umidi della media. Nel febbraio 2025, è stato più secco della media nella maggior parte del Nord America, nell’Asia sud-occidentale e centrale, nella Cina più orientale, nonché nella maggior parte dell’Australia e del Sud America, con incendi in Argentina. Condizioni più umide della media sono state osservate negli Stati Uniti orientali e occidentali, in Alaska e in alcune parti del Canada, nonché in alcune regioni della penisola arabica, della Russia centrale e dell’Asia centrale. L’Africa sud-orientale e il Pacifico meridionale hanno visto il transito di diversi cicloni, che hanno causato danni significativi.

La temperatura media della superficie del mare (SST) a febbraio 2025 tra 60°S e 60°N è stata di 20,88°C, il secondo valore più alto mai registrato per il mese, 0,18°C al di sotto del record di febbraio 2024. Lo rende noto Copernicus nel suo bollettino mensile. Le SST sono rimaste insolitamente elevate in molti bacini oceanici e mari, sebbene l’estensione di queste regioni sia diminuita rispetto a gennaio, specialmente nell’Oceano Antartico e nell’Atlantico meridionale. Alcuni mari, come il Golfo del Messico e il Mar Mediterraneo, al contrario, hanno visto aree record più ampie rispetto al mese scorso.

Caldo record

Clima, Copernicus conferma: il 2024 sarà l’anno più caldo di sempre

Ancora più caldo del record stabilito nel 2023: è ormai certo che il 2024 sarà il primo anno al di sopra della soglia di 1,5°C di riscaldamento rispetto al periodo preindustriale, il limite a lungo termine fissato dall’Accordo di Parigi. Dopo il secondo novembre più caldo mai registrato, “è di fatto certo che il 2024 sarà l’anno più caldo mai registrato e supererà il livello pre-industriale di oltre 1,5°C”, ha annunciato il Climate Change Service (C3S) dell’osservatorio europeo Copernicus.
Il mese di novembre, segnato da una serie di devastanti tifoni in Asia e dal perdurare di storiche siccità nell’Africa meridionale e in Amazzonia, è stato più caldo di 1,62°C rispetto al periodo in cui l’umanità non bruciava petrolio, gas o carbone su scala industriale.

Novembre scorso è il 16° degli ultimi 17 mesi a registrare un’anomalia di 1,5°C rispetto al periodo 1850-1900, secondo il database Copernicus ERA5. Questo sbarramento simbolico corrisponde al limite più ambizioso dell’Accordo di Parigi del 2015, che mira a mantenere il riscaldamento globale ben al di sotto dei 2°C e a proseguire gli sforzi per limitarlo a 1,5°C. Tuttavia, questo accordo si riferisce alle tendenze a lungo termine: il riscaldamento medio di 1,5°C dovrà essere osservato per almeno 20 anni perché il limite possa essere considerato superato.

In base a questo criterio, attualmente il clima si sta riscaldando di circa 1,3°C; l’IPCC stima che il limite di 1,5°C sarà probabilmente raggiunto tra il 2030 e il 2035. E questo indipendentemente dall’andamento delle emissioni umane di gas serra, che sono vicine al loro picco ma non ancora in declino.

Secondo gli ultimi calcoli delle Nazioni Unite, il mondo non è affatto sulla buona strada per ridurre l’inquinamento da carbonio, al fine di evitare un forte peggioramento delle siccità, delle ondate di calore e delle piogge torrenziali già osservate, che hanno un costo in termini di vite umane e di impatto economico. Il Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente spiega che il mondo si sta dirigendo verso un riscaldamento globale “catastrofico” di 3,1°C in questo secolo, o addirittura di 2,6°C se le promesse di fare meglio saranno mantenute. I Paesi hanno tempo fino a febbraio per presentare alle Nazioni Unite i loro obiettivi climatici rivisti per il 2035, noti come “contributi nazionali determinati” (NDC).

Ma l’accordo minimo raggiunto alla COP29 alla fine di novembre potrebbe essere usato per giustificare le basse ambizioni. Ai Paesi in via di sviluppo le nazioni ricche hanno promesso 300 miliardi di dollari di aiuti annuali da qui al 2035, meno della metà di quanto chiedono per finanziare la loro transizione energetica e l’adattamento ai danni climatici. Il vertice di Baku si è inoltre concluso senza alcun impegno esplicito ad accelerare la “transizione” dai combustibili fossili, approvata alla COP28 di Dubai.
Secondo le stime di Swiss Re, il gruppo svizzero che funge da assicuratore per gli assicuratori, nel 2024 i disastri naturali causati dal riscaldamento globale causeranno perdite economiche per 310 miliardi di dollari in tutto il mondo.

Clima, allarme dell’Onu: “Gli obiettivi dell’Accordo di Parigi sono a rischio”

Gli obiettivi definiti dall’Accordo di Parigi “sono in grave pericolo”. A lanciare l’allarme è l’Organizzazione meteorologica mondiale (WMO), agenzia delle Nazioni Unite, che in occasione dell’apertura della Cop29 a Baku, in Azeribaigian, ha confermato quanto annunciato la scorsa settimana dal servizio europeo Copernicus e cioè che il 2024 è sulla strada per essere l’anno più caldo mai registrato dopo una lunga serie di temperature medie mensili eccezionalmente elevate.

L’aggiornamento sullo stato del clima 2024 lancia ancora una volta un’allerta rossa per l’enorme ritmo del cambiamento climatico in una sola generazione, messo in moto dall’aumento dei livelli di gas serra nell’atmosfera. Il periodo 2015-2024 sarà il decennio più caldo mai registrato; la perdita di ghiaccio dai ghiacciai, l’innalzamento del livello del mare e il riscaldamento degli oceani stanno accelerando e le condizioni meteorologiche estreme stanno causando danni alle comunità e alle economie di tutto il mondo.

Secondo un’analisi di sei set di dati internazionali utilizzati dal WMO, la temperatura media globale dell’aria in superficie nel periodo gennaio-settembre 2024 è stata di 1,54 °C (con un margine di incertezza di ±0,13 °C) al di sopra della media preindustriale, favorita da un evento El Niño in fase di riscaldamento.

“Da gennaio a settembre 2024, la temperatura media globale dell’aria in superficie è stata di 1,54°C al di sopra della media preindustriale”, si legge nel rapporto, anche se, come precisa la segretaria generale del WMO, Celeste Saulo “ciò non significa che non abbiamo raggiunto l’obiettivo dell’Accordo di Parigi”, che “si riferisce a livelli di temperatura globale sostenuti come media nell’arco di decenni”. Le anomalie della temperatura globale registrate su scala giornaliera, mensile e annuale, infatti, “sono soggette a grandi variazioni, in parte a causa di fenomeni naturali come El Niño e La Niña”.

Eppure, come ricorda Saulo, “le piogge e le inondazioni da record, la rapida intensificazione dei cicloni tropicali, il caldo mortale, la siccità incessante e gli incendi selvaggi che abbiamo visto quest’anno in diverse parti del mondo sono purtroppo la nostra nuova realtà e un’anticipazione del nostro futuro”. Futuro che, per il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres ha l’aspetto di una “catastrofe climatica” che sta colpendo “la salute, ampliando le disuguaglianze, danneggiando lo sviluppo sostenibile e scuotendo le fondamenta della pace. I più colpiti sono i vulnerabili”.

Caldo record

Clima, 2024 è già l’anno più caldo si sempre: sarà superato limite +1,5°

Il 2024 sarà quasi certamente l’anno più caldo mai registrato e il primo in cui la temperatura media globale aumenterà di 1,5°C rispetto al periodo preindustriale. Lo rivela il servizio europeo Copernicus

A due mesi dalla fine “è ormai quasi certo che il 2024 sarà l’anno più caldo mai registrato e il primo con più di 1,5°C al di sopra dei livelli preindustriali”, secondo il database Copernicus ERA5, spiega Samantha Burgess, vicedirettrice del Servizio per il cambiamento climatico (C3S) di Copernicus, secondo il quale è addirittura “probabile” che il riscaldamento abbia superato gli 1,55°C durante l’anno solare. “Questo dato segna una nuova pietra miliare nei record di temperatura globale e dovrebbe servire da stimolo per una maggiore ambizione alla prossima conferenza sui cambiamenti climatici, la COP29”, sottolinea Burgess.

Questa COP, che si aprirà l’11 novembre a Baku, in Azerbaigian, sarà dedicata al delicato compito di trovare un nuovo obiettivo di finanziamento per consentire ai Paesi in via di sviluppo di ridurre le emissioni di gas serra e di adattarsi ai cambiamenti climatici. Si terrà anche all’ombra dell’imminente ritorno alla presidenza degli Stati Uniti di Donald Trump, che in passato ha definito il cambiamento climatico una “bufala”.

Secondo Copernicus, ottobre è stato il secondo mese più caldo al mondo, dopo l’ottobre 2023, con una temperatura media di 15,25 °C. Si tratta di 1,65°C in più rispetto ai livelli preindustriali del 1850-1900, prima che l’uso massiccio di combustibili fossili (carbone, petrolio, gas) provocasse un notevole riscaldamento dell’atmosfera e degli oceani. Si tratta anche del 15° mese – su un periodo di 16 – in cui la temperatura media è aumentata di oltre 1,5°C. Questa cifra simbolica corrisponde al limite più ambizioso dell’Accordo di Parigi del 2015, che mira a mantenere il riscaldamento globale ben al di sotto dei 2°C e a continuare gli sforzi per limitarlo a 1,5°C. Tuttavia, questo storico accordo si riferisce alle tendenze climatiche a lungo termine: la temperatura media dovrà rimanere al di sopra di 1,5°C per 20-30 anni prima che il limite sia considerato superato.

Secondo gli ultimi calcoli delle Nazioni Unite, tuttavia, il mondo non è affatto sulla buona strada per invertire la rotta: le politiche attuali porterebbero a un riscaldamento “catastrofico” di 3,1°C in questo secolo. E anche con tutte le promesse di fare meglio, la temperatura media globale aumenterebbe di 2,6°C. Gli effetti letali del riscaldamento globale sono stati illustrati di recente dalle inondazioni nel sud della Spagna, che hanno ucciso più di 200 persone, la maggior parte nella regione di Valencia. Copernicus osserva che le precipitazioni sono state superiori alla media nel mese di ottobre non solo nella penisola iberica, ma anche in Francia, Italia settentrionale e Norvegia.

Gli scienziati concordano sul fatto che nella maggior parte del pianeta gli eventi di precipitazione estrema sono diventati più frequenti e più intensi a causa del cambiamento climatico.

caldo record

Nuovo record climatico: giugno 2024 è il più caldo di sempre

Quello che si è appena concluso è stato il giugno più caldo mai registrato nella storia, battendo il record già eccezionale stabilito nello stesse mese dello scorso anno. Lo ha annunciato l’osservatorio europeo Copernicus. Dopo oltre un anno di record mensili ininterrotti, “la temperatura media globale degli ultimi 12 mesi (luglio 2023 – giugno 2024) è la più alta mai registrata”, ovvero “1,64°C al di sopra della media preindustriale del 1850-1900”, quando le emissioni di gas serra causate dall’uomo non avevano ancora riscaldato il pianeta.

Giugno 2024 “segna il 13° mese consecutivo di temperature globali record e il 12° mese consecutivo di 1,5°C al di sopra della media preindustriale” (1850-1900), spiega Carlo Buontempo, direttore del Servizio Cambiamenti Climatici di Copernicus (C3S). “Non si tratta di un’incongruenza statistica, ma di un cambiamento significativo e in corso nel nostro clima”, dice lo scienziato, al termine di un mese costellato da gravi ondate di calore in Cina, India, Messico, Grecia e Arabia Saudita, dove più di 1.300 persone sono morte durante il pellegrinaggio alla Mecca.

Mentre nell’Europa occidentale il termometro è stato vicino o al di sotto della norma stagionale (1991-2020), gran parte del mondo ha registrato temperature superiori alla media, se non addirittura eccezionali.

A seguito delle ondate di calore di giugno, migliaia di persone hanno sono state evacuate in California a causa di devastanti incendi, mentre nei Balcani, in Pakistan e in Egitto si sono verificate interruzioni di corrente, con conseguente spegnimento di ventilatori, condizionatori e frigoriferi essenziali.

“Anche se questa specifica serie di misure estreme prima o poi termina”, con la fine del fenomeno ciclico El Niño che da un anno accentua gli effetti del riscaldamento globale, “si batteranno nuovi record perché il clima continua a riscaldarsi” a causa delle emissioni di gas serra dell’uomo, sottolinea il direttore del C3S.
Con l’arrivo del fenomeno La Niña previsto entro la fine dell’anno, sinonimo di temperature globali più fresche, “possiamo aspettarci un calo della temperatura globale nei prossimi mesi”, spiega Julien Nicolas, scienziato del C3S.

La temperatura globale alla fine del 2024 dipenderà in larga misura dai cambiamenti nel calore degli oceani, che coprono il 70% del pianeta e la cui temperatura delle acque superficiali è stata ben al di sopra di tutti i record per più di un anno.

Aprile 2024 il più caldo della storia: temperature mai così alte

Quello appena concluso, è stato il mese di aprile più caldo mai registrato a livello globale, con una temperatura media dell’aria superficiale di 15,03°C, cioè 0,67°C al di sopra della media 1991-2020 per il mese di aprile e 0,14°C al di sopra del precedente massimo stabilito nell’aprile 2016. Lo rende noto il Copernicus Climate Change Service. Il mese è stato più caldo di 1,58°C rispetto alla stima della media di aprile per il periodo 1850-1900, cioè in epoca preindustriale.
In Europa, la temperatura media europea in aprile è stata di 1,49°C al di sopra della media 1991-2020, rendendo il mese il secondo aprile più caldo mai registrato nel continente. Le temperature sono state più alte della media nelle regioni dell’Europa orientale. La penisola finno-scandinava e l’Islanda hanno registrato temperature inferiori alla media.
Al di fuori dell’Europa, le temperature sono state maggiormente al di sopra della media nell’America settentrionale e nord-orientale, in Groenlandia, nell’Asia orientale, nel Medio Oriente nordoccidentale, in alcune parti del Sud America e nella maggior parte dell’Africa. El Niño nel Pacifico equatoriale orientale ha continuato a indebolirsi verso condizioni neutre, ma le temperature dell’aria marina in generale sono rimaste a un livello insolitamente alto.
Non solo. La temperatura media globale degli ultimi 12 mesi (maggio 2023 – aprile 2024) è la più alta mai registrata, con 0,73°C al di sopra della media 1991-2020 e 1,61°C al di sopra della media preindustriale 1850-1900.  E il mare non se la passa meglio. La temperatura media globale della superficie del mare (SST) per il mese di aprile 2024 è stata di 21,04°C, il valore più alto mai registrato per il mese, marginalmente inferiore ai 21,07°C registrati a marzo 2024. Questo è il tredicesimo mese consecutivo in cui la SST è stata la più calda nel record dei dati per il rispettivo mese dell’anno.
Secondo Carlo Buontempo, direttore del Copernicus Climate Change Service (C3S), “El Niño ha raggiunto il suo picco all’inizio dell’anno e le temperature della superficie del mare nel Pacifico tropicale orientale stanno ora tornando verso condizioni neutre. Tuttavia, mentre le variazioni di temperatura associate a cicli naturali come El Niño vanno e vengono, l’energia supplementare intrappolata negli oceani e nell’atmosfera dall’aumento delle concentrazioni di gas serra continuerà a spingere la temperatura globale verso nuovi record”.
Infine, ad aprile, l’estensione del ghiaccio marino artico è stata di circa il 2% inferiore alla media. Come a marzo, le anomalie della concentrazione di ghiaccio marino sono state contrastanti nell’Oceano Artico. Le concentrazioni sono rimaste al di sopra della media nel Mare di Groenlandia, una caratteristica persistente da ottobre.  L’estensione del ghiaccio marino antartico è stata del 9% al di sotto della media, la decima più bassa per il mese di aprile nella storia dei dati satellitari, continuando un modello di frequenti anomalie negative di grandi dimensioni osservate dal 2017.  Come a febbraio e marzo, le concentrazioni di ghiaccio marino sono state maggiormente inferiori alla media nel Mare di Weddell settentrionale e nel settore del Mare di Ross-Amundsen.

caldo record

Nel 2023 in Europa numero record di giorni di stress da caldo estremo

Nel 2023, l’Europa ha registrato un numero record di giorni in cui il calore percepito è stato “estremo” per i corpi umani, a causa di temperature superiori a 35°C o 40°C, i cui effetti sugli organismi sono stati accentuati dall’umidità, dall’assenza di vento o dal calore del cemento urbano. Secondo un rapporto dell’osservatorio europeo Copernicus e dell’Organizzazione meteorologica mondiale (Omm), il 2023 ha visto un numero record di giorni di “stress da caldo estremo”, ossia di giorni in cui la “temperatura percepita” ha superato l’equivalente di 46°C. Questo indice di “stress da caldo” tiene conto dell’effetto sul corpo umano della temperatura combinata con altri fattori (umidità, vento, radiazioni).

Oltre alle ondate di calore, nel corso dell’anno il continente ha vissuto una serie di eventi meteorologici estremi: due milioni di persone sono state colpite da inondazioni o tempeste, gravi siccità hanno interessato la penisola iberica e l’Europa orientale e il più grande incendio boschivo della storia del continente ha devastato 96.000 ettari in Grecia, secondo il rapporto annuale del Servizio per il cambiamento climatico (C3S) di Copernicus, realizzato in collaborazione con l’agenzia delle Nazioni Unite responsabile delle questioni meteorologiche, climatiche e idriche. Questi disastri sono costati 13,4 miliardi di euro, l’80% dei quali è stato attribuito alle inondazioni in un anno caratterizzato da precipitazioni ben al di sopra della media, sottolineano le due istituzioni.

Il rapporto presta particolare attenzione all’impatto sulla salute delle ondate di calore, in un momento in cui il riscaldamento globale rende le estati sempre più calde e mortali nel continente. “Stiamo osservando una tendenza all’aumento del numero di giorni di stress da caldo in Europa, e il 2023 non ha fatto eccezione” con questo nuovo record, che tuttavia non viene quantificato nel rapporto, ha dichiarato Rebecca Emerton, climatologa del Copernicus. Per misurare il comfort termico, il C3S e l’OMM fanno riferimento all’Indice Universale di Clima Termico (UTCI), che rappresenta il calore percepito dal corpo umano tenendo conto non solo della temperatura, ma anche dell’umidità, della velocità del vento, dell’insolazione e del calore emesso dall’ambiente, il cui effetto è più pronunciato nelle città dove i materiali (cemento, asfalto, ecc.) assorbono maggiormente la radiazione solare.

L’indice, espresso come l’equivalente di una “temperatura percepita” in gradi Celsius, comprende dieci diverse categorie: dallo stress da freddo estremo (superiore a -40) allo stress da caldo estremo (superiore a 46), fino all’assenza di stress da caldo (tra 9 e 26). L’esposizione prolungata allo stress da calore aumenta il rischio di malattie ed è particolarmente pericolosa per le persone vulnerabili.

Il 23 luglio, al culmine dell’ondata di calore, il 13% dell’Europa stava sperimentando almeno un grado di stress da caldo, un livello senza precedenti. Il caldo estremo ha colpito maggiormente l’Europa meridionale, con temperature dell’aria fino a 48,2°C in Sicilia, 0,6 gradi al di sotto del record continentale. Non sono ancora note le cifre relative all’eccesso di mortalità legata al caldo nel 2023, ma il rapporto sottolinea che decine di migliaia di persone sono morte in Europa durante le estati torride del 2003, 2010 e 2022. Causato dalle emissioni di gas serra prodotte dall’attività umana, il riscaldamento globale sta aumentando l’intensità, la durata e la frequenza delle ondate di calore.

Il fenomeno è particolarmente visibile in Europa, che si sta riscaldando a una velocità doppia rispetto alla media globale e il cui clima globale è già più caldo di almeno 1,2°C rispetto a prima dell’era industriale.

L’aumento del riscaldamento in Europa, unito all’invecchiamento della popolazione e al crescente numero di abitanti delle città, avrà “gravi conseguenze per la salute pubblica”, aggiunge il rapporto. E “le attuali misure per combattere le ondate di calore saranno presto insufficienti” per farvi fronte.

A livello globale, il 2023 è stato l’anno più caldo mai registrato, sotto l’effetto del cambiamento climatico accentuato dal ritorno del fenomeno ciclico El Niño. E la temperatura degli oceani, che assorbono il 90% del calore in eccesso causato dall’uomo, è rimasta a livelli senza precedenti nell’ultimo anno.