decarbonizzazione

Cop27, piano d’azione per accelerare decarbonizzazione in 5 settori chiave

I governi che rappresentano oltre la metà del Pil mondiale lanciano un piano d’azione di 12 mesi per contribuire a rendere le tecnologie pulite più economiche e più accessibili ovunque. Il palco è quello della Cop27, in corso a Sharm el-Sheikh, in Egitto, ma il progetto è supportato anche dalle presidenze della Cop26 (avvenuta a Glasgow, l’anno scorso) e Cop28, che si terrà nel 2023 negli Emirati Arabi Uniti. Si tratta di un pacchetto di 25 nuove azioni da realizzare entro la COP28 per accelerare la decarbonizzazione nell’ambito di cinque innovazioni chiave in materia di energia, trasporto su strada, acciaio, idrogeno e agricoltura.

Tali azioni sono rivolte a settori che rappresentano oltre il 50% delle emissioni globali di gas serra e sono anche progettate per ridurre i costi energetici e migliorare la sicurezza alimentare, con l’aggiunta del settore delle costruzioni all’interno della Breakthrough Agenda dell’anno prossimo.

Nell’ambito della Breakthrough Agenda, i Paesi che rappresentano oltre il 50% del Pil globale hanno definito “azioni prioritarie specifiche del settore per decarbonizzare energia, trasporti e acciaio, aumentare la produzione di idrogeno a basse emissioni e accelerare il passaggio all’agricoltura sostenibile entro la COP28. Queste misure sono progettate per ridurre i costi energetici, ridurre rapidamente le emissioni e aumentare la sicurezza alimentare per miliardi di persone in tutto il mondo.

Le azioni nell’ambito di ciascuna ‘svolta’ saranno realizzate attraverso cooperazioni di paesi impegnati – dal G7, Commissione europea, India, Egitto, Marocco e altri, supportati da importanti organizzazioni e iniziative internazionali e guidati da un gruppo centrale di governi di primo piano. Questi sforzi saranno rafforzati con finanziamenti privati ​​e iniziative industriali e altri paesi saranno incoraggiati ad aderire.

Le azioni prioritarie comprendono accordi per: Sviluppare definizioni comuni per acciaio, idrogeno e batterie sostenibili a basse e ‘quasi zero’ emissioni per aiutare a dirigere miliardi di sterline in investimenti, appalti e commercio per garantire credibilità e trasparenza; Accelerare la diffusione di progetti infrastrutturali essenziali, tra cui almeno 50 impianti industriali su larga scala a zero emissioni, almeno 100 valli di idrogeno e un pacchetto di importanti progetti infrastrutturali di rete elettrica transfrontaliera; Stabilire una data obiettivo comune per eliminare gradualmente le automobili e i veicoli inquinanti, coerentemente con l’accordo di Parigi. Un sostegno significativo per le date del 2040 a livello globale e del 2035 nei principali mercati sarà annunciato da paesi, aziende e città durante il Solutions Day; Usare miliardi di sterline di appalti pubblici e privati ​​e spese per infrastrutture per stimolare la domanda globale di beni industriali ecologici; Rafforzare sistematicamente l’assistenza finanziaria e tecnologica ai paesi in via di sviluppo e ai mercati emergenti per sostenere le loro transizioni, supportata da una serie di nuove misure finanziarie, compreso il primo grande programma di transizione industriale dedicato al mondo nell’ambito dei Fondi di investimento per il clima; Guidare gli investimenti in ricerca, sviluppo e dimostrazione in agricoltura (RD&D) per generare soluzioni per affrontare le sfide dell’insicurezza alimentare, dei cambiamenti climatici e del degrado ambientale.

L’Italia è in ritardo sulla decarbonizzazione delle città

L’Italia è in ritardo sulla decarbonizzazione delle città. La tecnologia c’è, le risorse pure. Ma ancora una volta il Belpaese sconta una lentezza (dettata in particolare dalla burocrazia) rispetto agli altri Paesi europei. Anche la recente situazione di incertezza politica non aiuta di certo. Purtroppo però il pianeta non aspetta e gli impegni presi a Bruxelles dovranno essere onorati. Anche perché 9 città italiane sono state selezionate dalla Commissione Ue per la missione ‘100 Climate-Neutral and Smart Cities’, impegnandosi a raggiungere la neutralità climatica (vale a dire, zero emissioni nette) entro il 2030. Sono Bergamo, Bologna, Firenze, Milano, Padova, Parma, Prato, Roma e Torino. C’è da dire che gli enti locali si sono attivati introducendo svariate misure di restrizione del traffico inquinante anche se prevalentemente nei mesi invernali e durante specifiche fasce orarie.

Sono ancora poche le vere zone a basse emissioni sul modello di Area C e Area B a Milano”, denuncia la campagna Clean Cities, nel rapporto lanciato oggi (‘The development trends of low- and zero-emission zones in Europe’). Perché la maggior parte delle zone italiane a basse emissioni (in inglese Lez, low-emission zone) “non sono sottoposte a controlli sistematici, ad esempio tramite varchi elettronici, o almeno regolari da parte della polizia locale. Inoltre mancano una comunicazione efficace rivolta ai cittadini e piani per il rafforzamento nel tempo delle restrizioni”.

LA CLEAN CITIES CAMPAIGN

La Clean Cities Campaign è una coalizione europea di oltre 70 Ong, associazioni ambientaliste e movimenti di base che ha come obiettivo una mobilità urbana a zero emissioni entro il 2030. E nell’ultimo rapporto segnala il gap tra le diverse realtà europee. Oltre 300 città hanno una zona a basse emissioni e si stima che saranno oltre 500 nel 2025. Quasi 30 città europee (tra Paesi Bassi, Regno Unito, Francia e Paesi scandinavi) si sono impegnate a trasformare le loro zone a basse emissioni in zone a zero emissioni tra il 2030 e il 2035, di fatto impedendo alle auto inquinanti di accedere alla propria area urbana. L’Italia è in ritardo anche su questo, perché al momento non c’è un Consiglio comunale che stia pianificando di trasformare la Lez in una zona a zero emissioni, entro il 2030. Eppure un sondaggio del 2021 commissionato dalla stessa Clean Cities Campaign ha dimostrato che l’84% dei cittadini italiani interpellati “vogliono che i loro sindaci facciano di più per proteggerli dall’inquinamento dell’aria”.

COSA SONO LE LEZ

Si potrebbe considerare le Lez come delle Ztl rafforzate in ottica ambientale. Specifiche misure infatti vietano la circolazione a determinate categorie di veicoli inquinanti all’interno di un’area urbana. Ma a differenza della Zona a traffico limitato, la zona a basse emissioni restringe l’accesso prevalentemente sulla base del tipo di veicolo e della sua classe di inquinamento con riferimento alla normativa europea (Euro 0 – Euro 6). La Ztl invece restringe l’accesso a tutte le categorie di veicoli, salvo eccezioni (generalmente applicate a residenti e operatori commerciali). “Nel corso dell’ultimo decennio – spiega il dossier di Clean Cities – le zone a basse emissioni sono diventate uno strumento sempre più diffuso di regolazione del traffico e riduzione degli inquinanti dell’aria, inclusi il biossido di azoto (NO2) derivato dalle emissioni di NOx, e i particolati, Pm10 e Pm2,5”.

CAMPANELLO D’ALLARME

Le zone a basse emissioni hanno anche un impatto positivo sul clima. Ad esempio a Londra le emissioni di gas a effetto serra sono diminuite del 13% nei primi 6 mesi della Ultra Low-emission zone (Ulez) e a Milano sono scese del 22% dopo l’introduzione dell’Area C. Insomma, spiega Claudio Magliulo, responsabile italiano della campagna Clean Cities. “le zone a basse emissioni funzionano, ma è essenziale che i sindaci comunichino efficacemente e per tempo, e che siano presenti misure di supporto alla transizione, quali ad esempio schemi che diano un accesso gratuito ai servizi di trasporto pubblico e di sharing mobility a fronte della rottamazione dei veicoli inquinanti”. Da qui il campanello d’allarme di Clean Cities: “È evidente – spiega Magliulo – che se le città italiane fanno sul serio, non potranno raggiungere la neutralità climatica senza eliminare dalle proprie aree urbane i veicoli inquinanti nell’arco di questo decennio. Si tratta di una sfida complessa, ma tecnologicamente alla nostra portata. Servono lungimiranza, coraggio politico e attenzione al creare una transizione giusta che non lasci indietro nessuno”.

Il dossier della coalizione delle Ong inoltre chiede maggiori sforzi sui piani di mobilità: non basta aumentare le linee di tram e metro o i chilometri di ciclabili, ma “servono anche misure restrittive ben governate che producano non solo una riduzione dell’inquinamento dell’aria e delle emissioni di CO2, ma anche un complessivo restringimento del parco veicolare privato, per il quale l’Italia ha il triste primato in Europa: 67 auto per 100 abitanti”.

Ue clima

Ue si prepara a inverno senza gas russo. “Situazione grave”

Ci si prepara ad un inverno senza il gas russo”. Data la situazione questa possibilità non può essere ignorata, e “bisogna essere pronti” a tutto. Thierry Breton riassume con pragmatismo le incertezze e le tensioni che investono il mercato dell’energia, e il commissario per l’Industria spiega con la crisi potenziale le misure di risposta della Commissione europea, inclusa l’estensione delle deroghe sugli aiuti di Stato. L’esecutivo comunitario autorizza gli Stati a sostenere la produzione di energie da fonti rinnovabili e le misure utili a ridurre le emissioni di CO2 del settore industriale.

C’è la consapevolezza che staccarsi dal gas russo è una scelta non più rinviabile e per questo da attuare il più rapidamente possibile, e Bruxelles decide di agevolare questo processo allentando ulteriormente le maglie sulle regole di sostegno pubblico. Si prosegue lungo le scelte compiute dopo la crisi sanitaria, per puntellare ancora di più la tenuta dell’economia a dodici stelle.

Il quadro temporaneo di crisi modificato amplia dunque i tipi di sostegno esistenti che gli Stati membri possono fornire alle imprese che ne hanno bisogno. Ad esempio, consente ora agli Stati membri di concedere aiuti di importo limitato alle imprese colpite dalla crisi attuale o dalle successive sanzioni e controsanzioni fino all’importo aumentato di 62 mila euro e 75 mila rispettivamente nei settori dell’agricoltura, della pesca e dell’acquacoltura, e fino a 500 mila euro in tutti gli altri settori. Una finestra che per ora resterà aperta fino al 30 giugno 2023 , e che riguarderà anche il gas. Qui si procederà a valutazioni “caso per caso”, ma possibili a determinate condizioni, spiega Margrethe Vestager, la vicepresidente esecutiva responsabile per la Concorrenza. Con le nuove modifiche e l’estensione delle deroghe agli aiuti di Stato si prevede la possibilità di sostegno per le imprese interessate dalla riduzione obbligatoria o volontaria del gas, e sostegno per il riempimento degli stoccaggi di gas.

La situazione è grave”, riconosce anche Vestager, come già ammesso dal collega Breton. Per cui “dobbiamo intensificare i nostri sforzi per eliminare gradualmente i combustibili fossili su cui abbiamo fatto grande affidamento fino ad ora”. Il capo dell’Antitrust comunitario sa bene che “la guerra ingiustificata della Russia contro l’Ucraina continua a farsi sentire, anche sull’economia dell’Ue”, e per questo, con la proposta che permette di sostenere la produzione di energia da fonti rinnovabili e la decarbonizzazione delle industrie, “ aiuteremo ad accelerare” la transizione verde e rispondere a questo momento di difficoltà e incertezze. Il tutto, “ in linea con gli obiettivi di REPowerEU”, la strategia per affrancarsi dalla dipendenza da Gazprom.

(Photo credits: JOHN THYS / AFP)

Aereo

Carburanti sostenibili soluzione per decarbonizzare industria aerea

Sottoposta a pressioni per ridurre la sua impronta ambientale, l’industria aerea si è impegnata ad abbattere drasticamente le sue emissioni di CO2 ma ha ancora molta strada da fare per rispettare i suoi impegni. Secondo l’Organizzazione Internazionale dell’Aviazione Civile (ICAO), un’agenzia delle Nazioni Unite, l’aviazione rappresenta tra il 2 e il 3% delle emissioni globali di CO2. Anche se indebolito dalla pandemia, si prevede che il traffico aereo globale raggiungerà i 10 miliardi di passeggeri nel 2050, più del doppio del livello del 2019. Questo significa altrettante emissioni in più se non si fa nulla.

L’Associazione Internazionale del Trasporto Aereo (Iata), che rappresenta la stragrande maggioranza delle compagnie aeree, e l’industria aeronautica si sono impegnati a ridurre le emissioni nette di CO2 a zero entro il 2050. Quarantadue Paesi, tra cui l’UE, il Regno Unito e gli Stati Uniti, nella ‘Dichiarazione di Tolosa’ di febbraio hanno chiesto ai Paesi di tutto il mondo di approvare questo obiettivo in occasione della prossima assemblea dell’ICAO a fine settembre.

L’impatto delle scie degli aerei sul riscaldamento globale, tuttavia, non è stato oggetto di alcun impegno per la loro riduzione in questa fase. Anche se ancora poco valutato, sembra essere “importante almeno quanto le emissioni di CO2“, secondo uno studio dell’Agenzia europea per la sicurezza aerea (EASA). L’industria conta sui miglioramenti tecnologici e infrastrutturali – nuovi materiali, motori più parsimoniosi, migliore gestione del sistema di traffico aereo – per fare un po’ di strada. Il produttore di motori CFM, una joint venture tra GE e Safran, sta lavorando con il suo progetto Rise per un futuro motore disponibile nel 2035 che ridurrà il consumo di carburante di oltre il 20%.

Secondo il settore aeronautico europeo (compagnie aeree e produttori), tutti questi miglioramenti tecnologici permetteranno di raggiungere quasi la metà dei guadagni previsti. La Iata ritiene che essi contribuiranno solo al 14% dello sforzo necessario. Una parte di questo sforzo – l’8% secondo gli europei, il 19% secondo la Iata – proverrà da un sistema di cattura e commercio del carbonio.

I carburanti sostenibili per l’aviazione (SAF) rappresentano la maggior parte degli sforzi per la decarbonizzazione dell’aviazione – due terzi degli sforzi secondo la Iata, un terzo secondo l’industria aerea europea. Si ottengono da biomasse, oli di scarto e persino, in futuro, dalla cattura della CO2 e dall’idrogeno verde per la produzione di carburanti sintetici. Hanno il vantaggio di poter essere utilizzati direttamente negli aerei di oggi e di poter ridurre le emissioni di CO2 fino all’80% rispetto alla paraffina durante il loro intero ciclo di vita. Airbus e Boeing si sono impegnati a far volare i loro aerei con il 100% di SAF entro il 2030, ma questi carburanti rappresentano attualmente meno dello 0,1% del carburante bruciato dall’aviazione e sono da due a quattro volte più costosi della paraffina. Per incoraggiare la loro produzione, l’UE sta valutando l’obbligo graduale di incorporare il FAS nella paraffina, mentre gli Stati Uniti stanno valutando crediti d’imposta.

La propulsione elettrica è attualmente limitata a piccoli aerei e ai futuri taxi volanti nelle aree urbane. Il peso delle batterie necessarie per immagazzinare l’energia la rende inadatta agli aerei di linea. Un’area di sviluppo è la propulsione ibrida elettrica: durante alcune fasi del volo, come il decollo, un motore elettrico fornisce energia supplementare al motore a combustione. A lungo termine, sono in corso ricerche sulle celle a combustibile per alimentare un motore elettrico senza bisogno di batterie: l’elettricità verrebbe prodotta a bordo da una reazione chimica tra l’ossigeno prelevato dall’aria e l’idrogeno liquido contenuto in serbatoi. Questa ricerca differisce da quella sugli aerei alimentati a idrogeno, dove l’idrogeno verrebbe bruciato direttamente in un motore a combustione. Il progetto guidato da Airbus mira ad avere un primo aereo in servizio entro il 2035, probabilmente un velivolo a corto raggio con meno di 100 posti, secondo il suo presidente Guillaume Faury. Ma l’idrogeno è quasi quattro volte più ingombrante della paraffina, rendendo impossibile il suo utilizzo per le tratte a lungo raggio, per le quali il SAF rimarrà l’unico carburante.

malpensa

Gli aeroporti Malpensa-Linate accelerano sulla sostenibilità

La strada verso una mobilità più sostenibile passa anche attraverso gli aeroporti. Collaborare allo sviluppo di una gestione più efficiente e sostenibile delle operazioni aeroportuali negli scali milanesi è l’obiettivo della lettera di intenti firmata pochi giorni fa da Sea (Società Esercizi Aeroportuali) ed easyJet, che prosegue sulla rotta tracciata per la decarbonizzazione del settore. Un accordo che nasce anche dalla convinzione comune che raggiungere l’obiettivo di un volo a zero emissioni entro il 2050 richieda “lo sforzo congiunto di tutta la filiera, dalle compagnie aeree ai gestori aeroportuali“. Il patto tra easyJet (compagnia numero uno negli aeroporti milanesi) e Sea (gruppo che gestisce i sistemi di Milano Malpensa e Linate), definisce le aree su cui le due società lavoreranno insieme, ovvero l’uso di Saf (Sustainable aviation fuel), i requisiti infrastrutturali collegati alla propulsione a idrogeno, il miglioramento nella gestione e nel riciclo dei rifiuti, oltre all’utilizzo a terra di mezzi a zero emissioni.

L’accordo, peraltro, giunge nel momento più opportuno, dato che con il piano ReFuelEU Aviation inserito nel pacchetto sul ‘Fit for 55’, la Commissione Ue intende aumentare almeno all’85% la quota di combustibili sostenibili entro il 2050, includere idrogeno ed elettricità nei mix di biocarburanti e dar vita a un fondo per l’aviazione sostenibile così da incoraggiare gli investimenti in tecnologie a zero emissioni.

Spinti dal desiderio di imprimere un vero cambiamento nel settore dell’aviazione, non vediamo l’ora di iniziare a lavorare insieme a progetti innovativi in grado di rendere gli aeroporti di Malpensa e Linate ancora più efficienti e sostenibili“, annuncia Lorenzo Lagorio, country manager di easyJet Italia, secondo cui “la decarbonizzazione dell’aviazione rappresenta uno sforzo trasversale all’intero settore che tutte le parti coinvolte devono intraprendere in maniera congiunta“.

L’accordo tra Sea e la compagnia aerea prevede inoltre la creazione di un gruppo di lavoro che si incontrerà regolarmente e monitorerà il progresso delle singole iniziative sviluppate nell’ambito di questa collaborazione. Il progetto è ambizioso, soprattutto in relazione agli obiettivi Ue entro metà secolo. “Siamo consapevoli che se si vuole centrare l’obiettivo di un trasporto aereo a emissioni zero entro il 2050, occorre accelerare le iniziative e moltiplicare le collaborazioni – chiarisce Armando Brunini, amministratore delegato di Seae questo accordo con easyJet, prima compagnia aerea per voli e passeggeri a Malpensa, permetterà di fare un salto di qualità su vari fronti impattanti la sostenibilità ed in particolare sulla progressiva introduzione di carburanti sostenibili.

La decarbonizzazione dell’industria aeronautica è uno degli obiettivi dell’Agenda Onu e aderendo alla campagna ‘Race to Zero’, easyJet ha confermato il proprio impegno di voler raggiungere le zero emissioni nette entro il 2050. La compagnia ha inoltre recentemente annunciato un target intermedio di riduzione delle emissioni di CO2 del 35% rispetto all’anno fiscale 2020, da raggiungere entro il 2035. La compagnia sta collaborando con partner del settore, tra cui Airbus, Rolls-Royce, GKN Aerospace, Cranfield Aerospace Solutions e Wright Electric, per accelerare lo sviluppo di tecnologie a zero emissioni di anidride carbonica e delle relative infrastrutture necessarie. Nel breve termine, easyJet si sta concentrando anche sull’efficienza, facendo volare i propri mezzi al pieno della loro capienza e integrando la flotta con aerei sempre più innovativi. Tra questi gli aeromobili Airbus NEO che vantano un’efficienza di carburante superiore di almeno il 15% rispetto agli aerei da sostituire e riducono il rumore del 50%. Dal 2000 easyJet sarebbe riuscita a ridurre di un terzo le proprie emissioni di anidride carbonica per passeggero al chilometro.

La Nato si allinea al Green Deal Ue, verso la neutralità climatica al 2050

Ridurre le emissioni di gas serra civili e militari di almeno il 45% entro il 2030, per arrivare alla neutralità climatica entro la metà del secolo. La Nato si allinea agli obiettivi ‘verdi’ del Green Deal europeo e ha annunciato martedì (28 giugno) i primi target di riduzione delle emissioni di gas serra dell’Alleanza Atlantica che oggi conta 30 Paesi membri.

Ad annunciarli dal palco di Madrid, dove fino al 30 giugno è in corso il Vertice Nato, è il segretario generale Jens Stoltenberg, avvertendo del fatto che “non sarà facile, ma si può fare“. Spiega di aver “condotto analisi approfondite su come farlo” e una grande parte di questo percorso sarà la transizione verso l’indipendenza dai combustibili fossili, di cui oggi sono dipendenti la gran parte dei Paesi che ne fanno parte. “Tutti i nostri Paesi alleati si già sono impegnati a ridurre le proprie emissioni per essere in linea con gli obiettivi del Patto di Parigi”. L’adattamento delle loro forze armate “contribuirà a questo” obiettivo, inclusa una tecnologia più verde, come le energie rinnovabili, “i combustibili sintetici rispettosi del clima e soluzioni più efficienti dal punto di vista energetico“, ha menzionato.

Alla tre giorni di vertice di Madrid, l’Alleanza Atlantica aggiornerà il suo ‘Strategic Concept’, il programma di azione aggiornato l’ultima volta dieci anni fa, che guarderà al prossimo decennio della Nato fondandosi sul concetto di ‘Resilienza’, che questa volta riguarderà anche la resilienza ai cambiamenti climatici, considerandoli “un moltiplicatore di crisi“. Stoltenberg ha spiegato che il documento definirà il cambiamento climatico come “una sfida decisiva nel tempo, che per gli alleati significherà tre cose: “aumentare la nostra comprensione, adattare le nostre alleanze e ridurre le nostre emissioni“.

Sulla riduzione delle emissioni, il segretario Nato presenterà ai Paesi alleati in questi giorni la prima metodologia per calcolare le emissioni di gas serra, sia civili che militari, provenienti dalla Nato. Comprensiva di un indicatore su “cosa contare e come contarlo”, e “lo renderò disponibile a tutti gli alleati per fare in modo che possano calcolare il loro impatto ambientale delle emissioni che vengono prodotte”. Partendo dal presupposto che tutto ciò che può essere quantificato”, come le emissioni di gas a effetto serra “può essere anche ridotto.

Stoltenberg ha parlato della necessità di riduzione dell’uso dei combustibili fossili anche in chiave strategica. La guerra in Ucraina “mostra i rischi di essere troppo dipendenti da materie prime che sono importati da regimi autoritari” e il modo con cui Mosca usa il gas come arma ci rende chiaro che dobbiamo “bisogna abbandonare presto il petrolio e il gas russi“, ha detto mettendo in guardia sul fatto che “non dobbiamo però finire per dipendere da un altro regime autoritario“. Il riferimento esplicito è proprio alla Cina da cui arrivano “molte materie prime che sono necessarie alle tecnologie verdi“. Imperativo per l’Unione europea come anche per la NATO “diversificare fonti e fornitori” di energia.

(Photo credits: JAVIER SORIANO / AFP)

cina

Decarbonizzazione, tante promesse ‘facili’ e i casi di India e Cina

Secondo un’analisi gli Stati, le autorità locali e le aziende stanno moltiplicando gli impegni per la “neutralità delle emissioni di carbonio, ma molti di essi presentano “gravi difetti“. Tra i grandi inquinatori, la maggior parte dei Paesi sviluppati ha assunto l’impegno di essere neutrale dal punto di vista delle emissioni di carbonio entro il 2050. Cina e India puntano rispettivamente al 2060 e al 2070. “L’uso di questo concetto è esploso“, afferma Frederic Hans, esperto di politica climatica presso l’ONG NewClimate Institute e autore principale di questa analisi per il Net Zero Tracker. “Ma se si fissa un obiettivo senza comunicare le riduzioni di emissioni che esso comporta, non si può essere ritenuti responsabili delle proprie azioni“, afferma.

Lo studio analizza i dati relativi a 4.000 governi, città, regioni e grandi aziende, concentrandosi sulla qualità degli obiettivi e sul fatto che siano accompagnati da una chiara tabella di marcia. Gli impegni degli Stati coprono circa il 90% del Pil globale, sei volte di più rispetto a tre anni fa. E 235 grandi città hanno ora il loro. Anche un terzo delle maggiori società quotate in Borsa nel mondo ha assunto impegni di carbon neutrality (702 rispetto a 417 nel dicembre 2020). “Siamo in un momento decisivo in cui la pressione dei pari a prendere impegni rapidamente, in particolare nel mondo degli affari, potrebbe portare o a un greenwashing di massa o a un cambiamento fondamentale verso la decarbonizzazione” dell’economia, analizza un altro autore dello studio, Takeshi Kuramochi, anch’egli del NewClimate Institute.

Per quanto riguarda i governi, il 65% degli impegni nazionali è ora oggetto di una legislazione o di documenti ufficiali, rispetto a solo il 10% alla fine del 2020. Ma delle 702 aziende intervistate, solo la metà ha obiettivi intermedi, un livello “inaccettabilmente basso“, secondo lo studio. E solo il 38% delle aziende include tutte le emissioni, sia dirette (produzione) che indirette (fornitori e utilizzo), nei propri impegni di neutralità. Il rapporto osserva anche che i maggiori inquinatori privati, in particolare nel settore dei combustibili fossili, sono tra quelli che hanno più probabilità di avere obiettivi: “Questo riflette senza dubbio la pressione sociale su questi settori, ma è forse più simbolico, o addirittura puro greenwashing, che una vera leadership sulle questioni climatiche“.

Ma l’effetto potrebbe anche essere virtuoso, incoraggiando “le aziende ad aumentare le proprie ambizioni e anche i regolatori“, sostiene Frederic Hans. A marzo, l’Onu ha investito un gruppo di esperti per sviluppare standard e una valutazione degli impegni di carbon neutrality degli attori non statali, in particolare delle aziende. Secondo gli esperti climatici delle Nazioni Unite, le emissioni devono raggiungere il picco entro il 2025 e dimezzarsi entro il 2030 rispetto al 2010 per avere una possibilità di raggiungere l’obiettivo più ambizioso dell’accordo di Parigi.

Astypalea

L’isola greca di Stampalia diventa il paradiso della mobilità sostenibile

La mobilità del futuro sta già diventando realtà sull’isola greca di Stampalia (Astypalea), poco meno di 100 km quadrati, 1200 abitanti e 36mila turisti all’anno in mezzo all’Egeo. Da un paio di anni è in corso un progetto per trasformare questo territorio roccioso bagnato dall’acqua in un esempio di mobilità sostenibile e produzione di energia verde per renderla completamente indipendente. A guidare la sfida, insieme al governo greco, c’è Volkswagen. Con il progetto Smart & Sustainable Island entro il 2026 Stampalia sarà in gran parte convertita alla mobilità e all’energia sostenibile, con veicoli 100% elettrici, servizi di mobilità intelligenti e un sistema energetico ibrido green.

Nei giorni scorsi, alla presenza del primo ministro greco, Kyriakos Mitsotakis, e del Ceo del Gruppo Volkswagen, Herbert Diess, sono stati attivati il servizio di ride sharing Astybus e il servizio di sharing astyGO (auto, scooter e biciclette elettriche). Entrambi si basano esclusivamente su veicoli 100% elettrici e garantiscono un notevole miglioramento della mobilità sull’isola rispetto al precedente sistema di trasporto pubblico.

Il progetto congiunto del Gruppo Volkswagen e della Repubblica Ellenica è un laboratorio per la decarbonizzazione in Europa. “Il dibattito sul passaggio dai combustibili fossili alle energie rinnovabili – spiega Herbert Diess – ha guadagnato nuovamente slancio in Europa. Il Gruppo Volkswagen è un motore del cambiamento e guida la transizione verso la mobilità elettrica in Europa. Qui a Stampalia stiamo introducendo nuovi servizi di mobilità, compiendo un ulteriore passo verso il futuro dei trasporti. È entusiasmante vedere il progetto crescere, con persone disposte a cambiare le proprie abitudini. È la dimostrazione che una rapida transizione verso mobilità ed energia green è possibile, se le aziende e i governi lavorano fianco a fianco”.

L’iniziativa, ricorda afferma Kostas Fragogiannis, viceministro degli Affari Esteri per la diplomazia economica, “riflette tutti i vantaggi comparati della Grecia di oggi, ovvero come la tradizionale ricchezza naturale e il prezioso capitale umano possano, con il sostegno di una leadership politica che affronta il futuro e le sue sfide con sguardo aperto e lungimirante, portare la Grecia in prima linea nel mondo“.

STOP A SERVIZI DI MOBILITÀ TRADIZIONALE

I servizi di mobilità prendono così il posto di una linea di autobus tradizionale, che finora ha coperto un’offerta di trasporto pubblico limitata a Stampalia. A differenza di questa, i nuovi servizi saranno attivi tutto l’anno e collegheranno molte più località dell’isola. Astybus sarà operativo con cinque Volkswagen ID. Buzz1 una volta che il modello arriverà su strada, nell’autunno del 2022. Fino ad allora, il servizio sarà gestito con una flotta di ID.42. Tramite astyGO, invece, i clienti possono noleggiare auto elettriche Volkswagen, scooter elettrici e biciclette elettriche Ducati. Tutti i veicoli sono prenotabili tramite smartphone, con l’applicazione astyMOVE. Il numero di veicoli elettrici a Stampalia è in crescita costante. Dopo il passaggio alla mobilità elettrica della polizia, delle autorità aeroportuali e dell’amministrazione comunale, avvenuto lo scorso anno, ora è la volta della prima ambulanza elettrica di tutta la Grecia. Un primo e-taxi trasporta i clienti su tutta l’isola e, di recente, il primo cliente privato ha ricevuto la propria ID.33.

FOTOVOLTAICO PER ALIMENTARE FLOTTA ELETTRICA

Il sistema energetico sarà gradualmente convertito all’energia rinnovabile proveniente da fonti locali. La scorsa settimana è stato messo in funzione un secondo impianto fotovoltaico, che alimenterà l’attuale flotta elettrica con energia verde. Inoltre, il governo greco ha pubblicato un bando per l’ulteriore trasformazione del sistema energetico. Entro il 2023, un nuovo parco solare fornirà circa 3 megawatt di elettricità green, coprendo il 100% del fabbisogno per la ricarica di veicoli elettrici e oltre il 50% della domanda complessiva dell’isola. Entro il 2026, il nuovo sistema energetico sarà ulteriormente ampliato per arrivare a coprire più dell’80% del fabbisogno energetico complessivo. Finora sono stati utilizzati generatori Diesel.

PROGETTO PROMOSSO DAI RESIDENTI

Secondo i risultati preliminari di un primo sondaggio, gli abitanti di Stampalia sono molto interessati ai veicoli elettrici e ai servizi di mobilità. Oltre il 65% degli intervistati ha dichiarato di essere generalmente disposto a passare a un veicolo elettrico, potendo usufruire di incentivi all’acquisto. Se il rispetto dell’ambiente è il vantaggio principale dei veicoli elettrici, le barriere riguardano costi e l’infrastruttura di ricarica. Il ride sharing e il servizio di sharing dei veicoli potrebbero cambiare in modo significativo le abitudini di mobilità. Quasi il 50% degli intervistati ha dichiarato che, a determinate condizioni, prenderà in considerazione l’idea di abbandonare il proprio veicolo di proprietà e passare all’utilizzo dei nuovi servizi di mobilità.

Roberto Cingolani

Cingolani: “Indipendenza dal gas russo? Dal prossimo anno”

Ormai è imperativo togliersi dai piedi il carbone, con cui si fanno funzionare le vecchie turbine, e quantomeno sostituirlo col gas da subito. Cosa che l’Italia ha già fatto da molto tempo, però altri Paesi purtroppo non lo hanno fatto“. Il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, non usa mezzi termini e nemmeno giri di parole per esprimere ciò che gli sta a cuore. “Per avere un’idea: 1 kilowattora prodotto bruciando carbone oggi produce all’incirca 1.000 grammi di Co2, lo stesso kilowattora prodotto da gas, in termini di Co2 ne produce circa 300-350 grammi. Se si va con le rinnovabili, a seconda se sia solare o eolico, si va dai 30 ai 10 grammi di Co2. Poi c’è il nucleare, che ne produce dai 5 agli 8 grammi. Questo è il livello di sporcizia, di Co2, prodotta dai vari sistemi per kilowattora. L’equazione è facile si dovrebbe andare verso le rinnovabili immediatamente e quando ci saranno delle fonti sicure, forse, si potrà ragionare. Questa è la strada per avere elettricità pulita“, la riflessione tutta d’un fiato.

Ospite a ‘Green and Blue’, l’appuntamento sull’ambiente organizzato da Repubblica, il ministro della transizione ecologica affronta molti temi, compreso quello dell’indipendenza dalle forniture energetiche dalla Russia: “Indipendenza? L’anno prossimo è un po’ presto“, la constatazione di Cingolani. “Abbiamo accordi con sei Stati africani dove ci sono giacimenti in cui la nostra Oil&Gas nazionale ha investito – spiega -. Sono circa 25 miliardi di metri cubi che vanno a rimpiazzare, sostanzialmente, i 29-30 miliardi russi. La curva di queste nuove forniture parte quest’anno con qualche miliardo di metri cubi, 18 miliardi l’anno prossimo e circa 25 miliardi quando andrà a regime dal 2024“. L’orizzonte temporale è abbastanza definito: “Dovremmo essere in grado per il secondo semestre del 2024, ovvero l’inverno 2024-2025, di poter dire che non prendiamo più il gas dalla Russia“.

Queste nuove forniture sono diversificate, quindi ci danno un po’ più di respiro“, aggiunge Cingolani. Il ministro spiega poi che “consistono per circa la metà in gas immesso direttamente nei nostri gasdotti (che vanno da sud verso nord) e un’altra metà di gas liquefatto, che viene portato via nave. Per usare questo Gnl porteremo al 100% gli attuali 3 rigassificatori italiani, che lavorano al 60%. Poi ne installeremo due nuovi, galleggianti, dunque reversibili“. Inoltre, “è importante, vorrei far notare, che rimpiazziamo 30 miliardi metri cubi con 25 miliardi – afferma ancora Cingolani – La differenza è risparmiata sin d’ora grazie all’aumento delle rinnovabili, che in questo momento stanno salendo molto rapidamente, e a una politica di risparmio assolutamente non draconiana. Questo ci consente di dire che se riusciremo a finire gli stoccaggi di quest’anno secondo programma, saremo indipendenti dalla fornitura russa nell’arco di 30 mesi, mantenendo una rotta di decarbonizzazione al 55%: cosa non scontata e che credo, in questo momento, solo l’Italia in Europa può dire di essere in grado di fare“.

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Rinnovabili

PoliMi: “Il 2021 un anno sprecato per le rinnovabili”

1,3 Gigawatt. È la capacità di rinnovabili installata in Italia nel 2021. Tanto? Poco? Dipende. È molto più rispetto all’anno precedente, e allo stesso tempo è un tasso di installazione troppo debole per gli obiettivi di decarbonizzazione al 2030 e al 2050. Ma 1,3 Gigawatt – e qui viene il dato più curioso – equivale anche alla potenza che abbiamo perso fino ad oggi a causa dell’invecchiamento di impianti fotovoltaici installati oltre dieci anni fa, e mai rinnovati. In altre parole: installiamo oggi per colmare una perdita che potrebbe essere evitabile.

La proiezione è calcolata all’interno del Renewable Energy Report del Politecnico di Milano, appena pubblicato. Un report che, non a caso, ha parlato del 2021 come ennesimo “anno sprecato” per il mercato delle rinnovabili. Ma che indica il tema del revamping e del repowering delle installazioni esistenti come una delle leve per investire sul futuro in maniera integrata.

Anche perché il patrimonio di impianti ormai datati è grande. Il 75% delle potenza fotovoltaica oggi a disposizione in Italia è stata installata tra il 2010 e il 2013, nell’ambito degli incentivi del Conto Energia. Una stagione importante quella, “che ha avuto il pregio di farci prendere coscienza sul ruolo e sul potenziale delle rinnovabili nel mix energetico” spiega Davide Chiaroni, cofondatore dell’Energy&Strategy del Politecnico di Milano, “anche se, col senno di poi, un sistema di incentivazione forse troppo generoso”, che aveva portato in pochissimi anni a una corsa all’installazione improvvisa.

Una delle eredità di quella stagione”, continua Chiaroni, “è stata una diffusione sul territorio di progetti non sempre ben ottimizzati, spesso realizzati da imprese che installavano per la prima volta. Impianti che oggi producono tra il 6,2% e 8,5% in meno”. Diventa allora fondamentale intervenire per non perdere gli sforzi fatti. Con ricostruzioni, rifacimenti, riattivazioni e potenziamenti. “Anche perché dal punto di vista tecnologico” continua Chiaroni, “un impianto fotovoltaico oggi, a parità di superficie coperta, riuscirebbe a produrre oltre il 20% in più”.

Certo, non è semplice attivare una campagna di riqualificazione efficace. Soprattutto per stimolare chi, dieci anni fa, ha investito su taglie di impianti né troppo grandi né troppo piccole, e che quindi può non avere un interesse economico importante nell’intervenire nuovamente. “Un punto di partenza possono essere proposte che invitano i proprietari a sentirsi responsabili verso la comunità” conclude Chiaroni. Il futuro energetico ci riguarda da vicino.