Auto, nel 2023 Ue ha importato il 48% di mezzi elettrici da Cina

Nel 2023 i primi 3 Paesi extra-Ue da cui l’Ue ha importato auto elettriche sono stati la Cina, con 9,7 miliardi di euro (corrispondenti al 48% del totale delle importazioni di auto elettriche), seguita dalla Corea del Sud (4,3 miliardi di euro) con una quota percentuale del 21% e dal Regno Unito (2,1 miliardi di euro) con una quota del 10%. I primi 3 principali Paesi extra-Ue per esportazioni sono stati invece il ​​Regno Unito e gli Stati Uniti, con una quota ciascuno del 24% (rispettivamente 7,1 miliardi di euro e 6,9 ​​miliardi di euro), seguiti dalla Norvegia con l’11% (3,1 miliardi di euro). Lo riferisce uno studio di Eurostat riportato nell’infografica INTERATTIVA di GEA.

I costruttori si ribellano allo stop endotermico: adelante elettrico, ma con juicio

L’ultimo, in ordine di tempo, è stato Oliver Zipse, gran capo della Bmw. Senza mezzi termini ha detto che lo stop ai motori endotermici fissato dalla Ue per il 2035 appartiene praticamente alla sfera dell’iperuranio. Insomma, si tratta ormai di qualcosa che ha contorni vagamente inverosimili. In fondo, le auto elettriche non si vendono perché – citiamo qua e là Carlos Tavares, ad di Stellantis – costano troppo al produttore, figurarsi ai potenziali clienti; non offrono adeguate garanzie di tenuta (le batterie, già); si imbattono in evidenti problemi infrastrutturali, le fantomatiche colonnine di ricarica. Ergo, il cuscinetto tra la fine dell’utilizzo delle vetture ‘tradizionali’ e l’inizio dell’era elettrica ha bisogno di essere più ampio e flessibile. Da una certa prospettiva, il 2035 sembra lontano ma in realtà è vicino.

Il punto è che ci vuole più tempo per arrivare a una transizione indolore e che dieci anni abbondanti possono non essere sufficienti per un atterraggio senza scossoni. Riflessioni mirate mentre le ombre cinesi si allungano sul futuro dell’occidente, tra dazi e screzi. Del resto, la crisi dell’automotive non può essere curata sempre e solo con le iniezioni di denaro dei governi ma deve trovare una soluzione strutturale. E definitiva. Senza arrivare alle posizioni rigidissime di Sergio Marchionne, all’epoca della gestione di Fca apertamente contrario all’elettrico in termini di costi produttivi e di guadagni ambientali, la fretta che ha messo l’Europa sicuramente non ha giovato. Tanto che adesso, con i numeri in rosso e con un europarlamento sulla carta meno oltranzista, la maggior parte dei costruttori ha innestato la retromarcia. Sintetizzando: adelante sì, anzi elettrico sì, ma con juicio. Si puedes.

Se da un lato le preoccupazioni della maggior parte delle case automobilistiche sono condivisibili, se i cinesi (e Tesla) sono effettivamente in vantaggio anni luce sull’industria europea, dall’altro va anche detto che gli sforzi economici degli ultimi anni per riconvertire gli impianti da benzina/diesel a elettrico non possono essere vanificati. E le gigafactory dove le mettiamo?, domanderebbe qualcuno. Non le mettiamo proprio e facciamo prima. Ma, al di là delle battute, è questo clima di incertezza che non giova, è questa zona grigia, quasi nebbiosa, in cui si procede a strappi che zavorra qualsiasi tipo di iniziativa. E che, a ben guardare, frena l’utente finale, cioè l’acquirente. Che non cambia macchina, che si tiene il vecchio, caro, superinquinante diesel piuttosto di avventurarsi in un acquisto oneroso e posticcio. Tanto più che, passato l’idillio green, le Regioni cominciano a stringere la cinghia. Prova ne sia il Piemonte del governatore Alberto Cirio: dal 1° gennaio dell’anno che verrà, le vetture ibride benzina-elettrico saranno soggette al 50% della tassa di proprietà per cinque anni. E pagheranno tutto il balzello dal sesto anno. Così, alla faccia dell’ambiente, l’ente locale di Cirio intende incassare quattro milioni di euro annui.

Quindi, sempre cercando di sintetizzare, a tendere scompariranno quelle piccole agevolazioni che potevano far pendere la bilancia dalla parte dell’elettrico. Nel mentre Leapmotor, assemblata negli stabilimenti polacchi di Stellantis, si prepara a sbaragliare la concorrenza…

Il mercato cinese al centro della rivoluzione globale delle auto elettriche

La Cina è il più grande mercato al mondo per le auto elettriche, settore altamente competitivo, conteso tra produttori affermati e nuovi arrivati come il gigante dell’elettronica Xiaomi, che questa settimana ha lanciato il suo primo veicolo elettrico. Di tutti i nuovi veicoli elettrici acquistati nel mondo lo scorso dicembre, il 69% è stato venduto in Cina. Secondo Ryastad quest’anno il mercato globale raggiungerà 17,5 milioni di auto elettriche, di cui 11,5 milioni in Cina, ovvero il 65%. La spettacolare ascesa di questi produttori ha alimentato la sfida di Pechino alle potenze automobilistiche tradizionali: l’anno scorso, ad esempio, la Cina ha superato il Giappone come primo esportatore mondiale di automobili.

BYD – ‘Biyadi’ in cinese e acronimo di ‘Build Your Dreams’ in inglese – è il principale produttore cinese nella nicchia dei veicoli elettrici. Fondata nel 1995, si è specializzata nella progettazione e produzione di batterie, prima di diventare il campione indiscusso in Cina e il principale concorrente di Tesla. Lo scorso anno è stato il primo produttore al mondo a superare il traguardo simbolico dei 5 milioni di veicoli elettrici prodotti. Nel quarto trimestre del 2023, ha superato il gruppo di Elon Musk come maggior venditore di veicoli elettrici al mondo. BYD gode di vantaggi in termini di costi grazie alle sue forti capacità nella catena di fornitura, in particolare nell’immagazzinamento dell’energia. Molti colossi automobilistici stranieri, tra cui Tesla e BMW, dipendono da BYD per le loro batterie.

Chi sono gli altri attori? Dei 129 marchi cinesi di auto elettriche, solo 20 sono riusciti a raggiungere una quota di mercato nazionale pari o superiore all’1%, secondo i dati compilati da Bloomberg. BYD ha una quota di mercato di quasi il 33%, seguita da Tesla con oltre l’8%. Al terzo posto, con il 5,8% del mercato, si trova Wuling, che produce il modello elettrico più venduto in Cina fino ad oggi, una piccola auto a due porte chiamata Hongguang Mini. Completano il gruppo Geely e il produttore di SUV elettrici Li Auto, oltre a XPeng e NIO. L’offerta per i clienti cinesi è altrettanto variegata: dagli autobus alle berline e roadster di lusso, passando per le city car entry-level e di fascia media. Ma anche i giganti tecnologici cinesi vogliono una fetta della torta delle auto elettriche, un mercato che vale miliardi di dollari. Huawei, che è soggetta a sanzioni statunitensi a causa dei suoi presunti legami con le agenzie di sicurezza cinesi, negli ultimi anni ha sviluppato auto elettriche che fanno ampio uso delle tecnologie sviluppate dal gruppo. Anche il gigante cinese di internet Baidu sta lavorando a un modello, con particolare attenzione alla guida autonoma. E giovedì Xiaomi, il terzo produttore di smartphone al mondo, entra nella mischia.

L’abbondanza di modelli offerti da produttori che hanno investito somme considerevoli nel corso degli anni ha portato a una guerra dei prezzi in Cina. Secondo gli analisti, tuttavia, è probabile che il processo di consolidamento del mercato continui, dato che alcune aziende falliscono, si fondono o cercano acquirenti per le loro tecnologie e i loro asset. Inoltre, i sussidi all’acquisto sono stati gradualmente eliminati dal governo, dopo che un sostegno significativo aveva incoraggiato la crescita del settore.

Come hanno reagito le potenze tradizionali? L’ascesa fulminea dell’industria cinese dei veicoli elettrici ha sollevato preoccupazioni a Bruxelles e a Washington, in particolare per quanto riguarda i sussidi cinesi alle auto elettriche. A settembre, la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha annunciato l’apertura di un’indagine sulla questione, impegnandosi a difendere l’industria europea dalla concorrenza sleale. Pechino, da parte sua, ha presentato questa settimana una denuncia all’Organizzazione mondiale del commercio (OMC) contro i sussidi concessi dagli Stati Uniti al settore dei veicoli a nuova energia, accusando Washington di concorrenza sleale.

autostrade

Nel 2024 un auto elettrica su 4 venduta in Europa sarà prodotta in Cina

Secondo una nuova analisi di Transport & Environment (T&E), quasi un quinto (19,5%) dei veicoli elettrici venduti in Europa l’anno scorso è stato prodotto in Cina (in Italia il 23%); la quota è destinata a raggiungere un quarto (25%) nel 2024. La previsione giunge mentre l’Ue sta valutando l’opportunità di imporre una maggiorazione sulle tariffe per l’import di auto made in China, col fine di bilanciare i sussidi che l’industria cinese già riceve da Pechino. Secondo T&E, l’aumento della produzione di auto elettriche di massa e maggiori investimenti per creare una supply chain di batterie in Europa sono l’unico modo, per le case automobilistiche dell’Ue, di competere con i marchi cinesi. Ma un aumento delle tariffe avrebbe come ulteriore effetto quello di stimolare i competitor internazionali a localizzare in Europa la loro produzione.

Mentre le importazioni in Europa dalla Cina sono state in gran parte costituite da auto Tesla, Dacia e BMW, T&E prevede che i marchi cinesi potrebbero raggiungere l’11% del mercato europeo dei veicoli elettrici nel 2024 e il 20% nel 2027. Questa proiezione conservativa presuppone una crescita lineare della quota di mercato degli OEM cinesi sulla base delle vendite degli ultimi due anni, anche se BYD da sola punta al 5% del mercato europeo delle auto elettriche entro il 2025.

Andrea Boraschi, direttore di T&E Italia, ha dichiarato: “I dazi spingeranno le case automobilistiche a localizzare la produzione di veicoli elettrici in Europa, e questo è potenzialmente un bene per l’occupazione e le competenze che vogliamo far crescere tra i lavoratori. Ma non proteggeranno a lungo l’industria dell’automotive europea. Le aziende cinesi costruiranno fabbriche nel vecchio continente e quando ciò accadrà la nostra industria dovrà essere pronta a raccogliere la sfida“.

L’aumento al 25% delle tariffe Ue su tutte le importazioni di veicoli dalla Cina, secondo l’analisi di T&E, renderebbe le berline e i SUV di medie dimensioni di Pechino più costosi dei loro equivalenti europei, favorendo la produzione locale. I SUV compatti e le auto più grandi importate dalla Cina, con tale tariffa, dovrebbero rimanere leggermente più economici. Tuttavia, secondo T&E, l’Ue in prospettiva non dovrebbe puntare a proteggere le proprie case automobilistiche da una concorrenza significativa, limitando così l’offerta di auto elettriche a prezzi accessibili per gli europei. È fondamentale che una tariffa più elevata sia accompagnata da una spinta normativa per aumentare la produzione di veicoli elettrici in Europa; e di questa spinta dovrebbero essere parte gli obiettivi di elettrificazione delle flotte di auto aziendali entro il 2030, oltre all’obiettivo concordato del 100% di auto zero emissioni nel 2035.

Ma anche gli investimenti nelle batterie agli ioni di litio sono a rischio, poiché le celle prodotte in Cina costano almeno il 20% in meno rispetto all’Europa e i produttori di batterie cinesi sono in vantaggio sia in termini di tecnologia che di catene di fornitura. Anche gli Stati Uniti stanno attirando gli investimenti nella produzione di batterie grazie a generosi sussidi. T&E ritiene che siano necessarie misure industriali – come sussidi per la produzione pulita e circolare e obiettivi ‘Made in EU’ – per stimolare la produzione locale di celle. Poiché nessuna di queste misure è attualmente in vigore, si dovrebbe prendere in considerazione un aumento anche per le tariffe relative all’import di celle delle batterie. Rispetto agli Stati Uniti e alla Cina, l’UE ha attualmente le tariffe più basse.

Andrea Boraschi ha dichiarato: “Le batterie sono i nuovi pannelli solari. La Cina è in vantaggio e le sue aziende statali hanno un’enorme sovraccapacità produttiva. Se vogliamo davvero avere una catena di fornitura di batterie diversificata e resiliente in Europa, dobbiamo svilupparla ora o potremmo non avere una seconda possibilità“.

Stellantis Ventures investe in batterie agli ioni di sodio

La strada per l’indipendenza strategica da altri Paesi nella produzione di auto elettriche prova a tracciarla Stellantis, che con Ventures investe in Tiamat e nelle sue batterie agli ioni di sodio. Il costo per chilowattora è inferiore e non possiedono litio e cobalto, materie prime critiche, a differenza del sodio, che è disponibile in grandi quantità.
L’investimento supporta Stellantis nell’offerta di una mobilità pulita, sicura ed economicamente accessibile ai clienti, perché la tecnologia agli ioni di sodio promette un accumulo di energia più conveniente rispetto all’attuale tecnologia delle batterie agli ioni di litio.

Trovare nuove opzioni per disporre di batterie più sostenibili ed economicamente accessibili che utilizzino materie prime con ampia disponibilità è una delle ambizioni chiave del nostro piano strategico Dare Forward 2030, secondo cui azzereremo le nostre emissioni nette di carbonio entro il 2038“, conferma Ned Curic, Chief Engineering and Technology Officer di Stellantis. “I nostri clienti si aspettano veicoli a emissioni zero capaci di offrire autonomia, prestazioni e convenienza. Questo è l’obiettivo di Stellantis e dei nostri partner. Lavoriamo insieme per sviluppare le tecnologie innovative del futuro”.

Il passaggio alla propulsione elettrica è un pilastro fondamentale del piano strategico Dare Forward 2030, che include l’obiettivo di raggiungere il 100% del mix di vendite di autovetture BEV in Europa e il 50% del mix di vendite negli Stati Uniti di autovetture e veicoli commerciali leggeri BEV entro il 2030. Per raggiungere questi obiettivi, Stellantis si sta assicurando circa 400 GWh di capacità di batterie. In questo modo Stellantis procede nella giusta direzione per diventare un’Azienda a zero emissioni di anidride carbonica entro il 2038 in ogni suo ambito, con una compensazione a una cifra percentuale delle emissioni rimanenti.

A sostegno di questa ambizione, Stellantis si è assicurata la fornitura di materie prime per veicoli elettrici fino al 2027 firmando accordi strategici a livello globale. Il gruppo sta inoltre investendo nello sviluppo di tecnologie alternative per l’accumulo di energia, come le batterie allo stato solido con Factorial Energy, la chimica litio-zolfo con Lyten Inc. e gli ioni di sodio con Tiamat.

Tiamat invece è uno spin-off del Centre National de la Recherche Scientifique (CNRS) francese. Utilizzerà i proventi del piano di ricerca dei fondi, di cui fa parte anche Stellantis Ventures, per avviare la realizzazione di un impianto di batterie agli ioni di sodio in Francia. In un primo momento saranno destinate ad apparecchi elettrici e ad applicazioni di accumulo stazionarie e, successivamente, la produzione sarà aumentata con prodotti di seconda generazione specifici per veicoli BEV.

Nissan investe oltre 1mld sterline in 2 nuove auto elettriche nel Regno Unito

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La giapponese Nissan investe fino a 1,12 miliardi di sterline (1,29 miliardi di euro) per costruire due nuovi modelli di auto elettriche nello stabilimento di Sunderland, nel Regno Unito, mentre l’investimento totale salirà a 2 miliardi di sterline con il progetto di una nuova fabbrica di batterie.

L’ultimo investimento di Nissan include fino a 1,12 miliardi di sterline per le sue attività nel Regno Unito e una più ampia catena di fornitura per la ricerca e lo sviluppo e la produzione dei due nuovi modelli“, annuncia la casa automobilistica in un comunicato.

L’investimento di Nissan è un enorme voto di fiducia nell’industria automobilistica del Regno Unito, che già contribuisce per 71 miliardi di sterline all’anno alla nostra economia“, commenta il primo ministro britannico, Rishi Sunak. “Con le versioni elettriche dei nostri principali modelli europei in arrivo, ci stiamo dirigendo verso una nuova era per Nissan“, spiega l’amministratore delegato del gruppo, Makoto Uchida, in una dichiarazione all’AFP.

Il produttore giapponese sta progettando versioni elettriche dei suoi modelli Qashqai e Juke, e sta anche pianificando una nuova generazione della sua Leaf, un’auto elettrica uscita circa dieci anni fa e già prodotta a Sunderland. Il gruppo aveva già investito molto nel Paese e “i piani di Nissan per le future versioni elettriche della Qashqai, della Juke e per la sostituzione della Leaf consentiranno un investimento fino a 3 miliardi di sterline nel Regno Unito“, dichiara il gruppo con sede a Yokohama. Secondo Nissan, il governo britannico “ha fornito un finanziamento di 15 milioni di sterline per un progetto di collaborazione da 30 milioni di sterline guidato da Nissan” a Cranfield, nel Bedfordshire. In occasione della dichiarazione di bilancio autunnale di mercoledì, il cancelliere britannico Jeremy Hunt ha stanziato 4,5 miliardi di sterline in aiuti per i settori industriali strategici, tra cui l’industria automobilistica. Il Regno Unito vuole consolidare la propria posizione nella corsa globale all’elettrificazione dell’industria automobilistica, nel bel mezzo della transizione energetica.

Un’auto su 5 venduta nel 2023 sarà green. Boom elettrico ridurrà domanda petrolio

Le vendite di auto elettriche continueranno a registrare una “crescita esplosiva” quest’anno, espandendo la loro quota del mercato automobilistico complessivo fino a quasi un quinto e guidando un’importante trasformazione dell’industria automobilistica che ha implicazioni per il settore energetico, in particolare il petrolio. La nuova edizione del Global Electric Vehicle Outlook annuale dell’Aie, l’Agenzia Internazionale dell’Energia mostra che più di 10 milioni di auto elettriche sono state vendute in tutto il mondo nel 2022 e che le vendite dovrebbero crescere di un altro 35% quest’anno per raggiungere i 14 milioni. Questa crescita definita “esplosiva” implica che la quota delle auto elettriche nel mercato automobilistico complessivo è passata da circa il 4% nel 2020 al 14% nel 2022 ed è destinata ad aumentare ulteriormente fino al 18% quest’anno, sulla base delle ultime proiezioni dell’Aie. Per l’Agenzia, questa tendenza di fondo delle auto elettriche finirà per ridurre la domanda di petrolio di circa 5 milioni di barili al giorno entro l’orizzonte del 2030. Nel 2023 la domanda di greggio è prevista attorno a 101,9 milioni di barili al giorno.

I veicoli elettrici sono una delle forze trainanti della nuova economia energetica globale che sta rapidamente emergendo e stanno determinando una trasformazione storica dell’industria automobilistica in tutto il mondo“, ha affermato Fatih Birol, direttore esecutivo dell’Aie. “Le tendenze a cui stiamo assistendo hanno implicazioni significative per la domanda globale di petrolio – ha spiegato – Il motore a combustione interna non ha rivali da oltre un secolo, ma i veicoli elettrici stanno cambiando lo status quo. Entro il 2030 eviteranno la necessità di almeno 5 milioni di barili al giorno di petrolio. Le auto sono solo la prima ondata: autobus e camion elettrici seguiranno presto”.

I veicoli elettrici sono venduti prevalentemente nei mercati mondiali dove sono maggiori i volumi di nuove auto, ovvero in Cina, Usa ed Europa. La Cina è in testa, con il 60% delle vendite globali di auto elettriche nel 2022: ad oggi, più della metà di tutte le auto elettriche in circolazione nel mondo si trova in Cina. L’Europa e gli Stati Uniti, il secondo e il terzo mercato più grande, hanno entrambi registrato una forte crescita con un aumento delle vendite rispettivamente del 15% e del 55% nel 2022. L’Aie prevede che gli ambiziosi programmi politici delle principali economie, come il pacchetto ‘Fit for 55’ nell’Unione Europea e l’Inflation Reduction Act negli Stati Uniti, aumenteranno ulteriormente la quota di mercato dei veicoli elettrici in questo decennio e oltre: entro il 2030, si stima, la quota media di auto elettriche sul totale delle vendite in Cina, Ue e Stati Uniti dovrebbe salire a circa il 60%.

Nonostante la concentrazione delle vendite e della produzione di auto elettriche solo in pochi grandi mercati, l’Aie nota segnali promettenti in altre regioni. Le vendite di auto elettriche, ad esempio sono più che triplicate in India e Indonesia lo scorso anno, anche se la base di partenza era modesta, e sono più che raddoppiate in Thailandia: la quota di auto elettriche sul totale delle vendite è salita al 3% in Thailandia e all’1,5% in India e Indonesia. È probabile, sottolinea l’Agenzia, che una combinazione di politiche efficaci e investimenti del settore privato aumenti queste quote in futuro. In India, il programma di incentivi del governo da 3,2 miliardi di dollari, che ha attratto investimenti per un valore di 8,3 miliardi di dollari, dovrebbe aumentare sostanzialmente la produzione di batterie e il lancio di veicoli elettrici nei prossimi anni. Infine, segnala l’Aie, nelle economie emergenti e in via di sviluppo, l’area più dinamica della mobilità elettrica è quella dei veicoli a due o tre ruote, che sono più numerosi delle automobili. Ad esempio, oltre la metà delle immatricolazioni di veicoli a tre ruote in India nel 2022 era elettrico, a dimostrazione della loro crescente popolarità. In molte economie in via di sviluppo, inoltre, i veicoli a due o tre ruote offrono un modo economico per accedere alla mobilità, il che significa che la loro elettrificazione è importante per sostenere lo sviluppo sostenibile.

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Stellantis, Tavares e l’elettrico: “Pronti per il 2035, ma così si perde creatività”

In un mondo decarbonizzato, la mobilità sarà libera e accessibile solo a pochi fortunati? E’ la domanda che si è posto il primo Freedom of Mobility Forum, promosso da Stellantis e gestito da Wavestone. Un gruppo diversificato di rappresentanti del mondo imprenditoriale, dei giovani, degli esperti del clima, della società civile, del lavoro e del dialogo sociale si sono confrontati in un dibattito aperto su fatti, sfide e soluzioni per preservare la libertà di movimento per tutti nel contesto del cambiamento climatico e di un mondo decarbonizzato.

A rappresentare il mondo dell’automobile, il ceo di Stellantis Carlos Tavares. Perché, per parlare di mobilità libera, è impossibile non prendere in considerazione quella individuale. Che secondo il ‘manager portoghese è imprescindibile, soprattutto per chi vive nelle aree rurali. Ma, in assoluto, “l’umanità non vi rinuncerà, per questo bisogna trovare il modo di renderla sicura, pulita e economicamente accessibile”. E come farlo? Per il ceo di Stellantis il presupposto è “risolvere il problema energetico, che è alla base della mobilità pulita per il futuro. Bisogna avere energia pulita. Senza energia pulita non ci saranno i benefici attesi”.

L’elettrificazione, però, non risolve tutti i problemi, secondo Tavares. Se per lo stop alla vendita di auto a diesel e benzina dal 2035 Stellantis “sarà pronta”, l’amministratore delegato non nasconde il fatto che “le decisioni andavano prese prima, nel 2014-2015, non nel 2023”. Il tutto con un approccio pragmatico e non dogmatico, con soluzioni concrete e non utopiche, tenendo in considerazione che sarà una “grande trasformazione dell’industria con un grande impatto sulla società e la gente dovrà essere preparata”.

Tavares tira in ballo, come già fatto dal Governo italiano, il principio della neutralità tecnologica. Sottolineando che si sta “perdendo del potenziale”, con “una grande perdita di creatività e di potere scientifico nell’imporre una sola tecnologia invece di creare una sana competizione”. Infine, non si può trascurare il tema dell’accessibilità economica. “Le scarse risorse e la frammentazione del mondo hanno un impatto sui costi delle materie prime. La grande sfida è l’accessibilità economica che non c’è. Le materie prime sono costose, c’è una significativa sfida del litio ma non solo. La ricerca è all’inizio. Non sappiamo oggi quali materie prime serviranno alla fine del decennio. Ora serve il litio e non ne produciamo quanto ne serve. La frammentazione mondiale renderà più difficile l’accessibilità economica”.

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Auto, nel 2030 -42% occupati. Ma per Motus-E boom filiera elettrica porterà saldo positivo

Motus-E ha presentato alla fiera K.EY 2023 di Rimini il primo volume di ricerca dell’Osservatorio sulle trasformazioni dell’ecosistema automotive italiano (Osservatorio Tea), realizzato insieme al Cami (il Center for Automotive and Mobility Innovation del Dipartimento di Management dell’Università Ca’ Foscari Venezia). Lo studio analizza le possibili evoluzioni delle quattro ruote verso l’elettrificazione, spinta anche dalla direttiva europea che dal 2035 vorrebbe mettere fuori mercato i motori endotermici. Un obiettivo che già nel 2030 potrebbe avere effetti tangibili su produzione e occupazione in Italia.

Secondo il report Boston Consulting Group su dati Ihs Markit/Standard & Poor, fra 7 anni gli occupati legati ai motori endotermici diminuiranno di circa il 42%, mentre cresceranno quelli operanti nel mondo elettrico di circa il 10% “includendo il rischio di contrazione del mercato e di automazione tecnologica”, si legge nel volume presentato da Motus-E. La produzione europea si ridurrà poi del 4% e le vendite dell’8%. Infine la quota di Bev (cento per cento elettriche) prodotte in Europa sarà del 59%.

Nel dettaglio, “volendo analizzare in dettaglio la composizione dei circa 43.000 occupati in aziende che producono almeno un componente specifico per l’endotermico si nota una concentrazione, come prevedibile, per i 2/3 in Piemonte e Lombardia”, si legge nello studio. Poi, “analizzando le 199 imprese coinvolte, dal punto di vista dimensionale, risulta che quasi il 40% degli occupati afferisce a quelle con fatturato superiore ai 250 milioni”. Di quanto valore aggiunto parliamo? “Per quanto riguarda il fatturato, le 199 aziende che producono almeno un componente specifico per i veicoli endotermici hanno generato al 2020 un fatturato complessivo di quasi 11 miliardi”.

Scendendo ulteriormente nel dettaglio, e analizzando i 14mila occupati in aziende attualmente esposte unicamente, per via della loro attività, al powertrain endotermico – spiega lo studio – si nota una forte riduzione percentuale della concentrazione degli occupati impattati in Lombardia compensata da un incremento più omogeneo nelle restanti regioni e, soprattutto, da quello del Piemonte che raccoglie la metà degli occupati a rischio. Gli occupati a rischio in questo perimetro sono impiegati per oltre il 60% in imprese con fatturato superiore ai 100 milioni; questa distribuzione è molto simile a quella mostrata per il raggruppamento precedente mostrando solo una riduzione nella fascia 50-100 milioni”.

Considerando le due dimensioni aziendali, “le imprese considerate a rischio in Piemonte, pur essendo numericamente il 30% in meno rispetto a quelle della Lombardia”, generano un “fatturato 8 volte superiore con 3,5 volte il numero degli occupati di quest’ultima”. Nello specifico sono 19 le aziende piemontesi a rischio, imprese che danno lavoro a 7.070 impiegati per un giro d’affari di 2,9 miliardi.

Tuttavia, sottolinea Motus-E, “con i tre quarti degli occupati della filiera dedicati oggi a produzioni non esclusive per i powertrain endotermici, dall’analisi emerge che sarebbe sufficiente al 2030 un marginale incremento di queste attività trasversali per compensare anche un dimezzamento dei lavoratori destinati unicamente ai motori tradizionali”. Inoltre, “approfondendo il ragionamento con ipotesi di reattività” del sistema economico, l’impatto occupazionale complessivo al 2030 risulta addirittura positivo, con un incremento del 6% degli occupati totali della filiera. Numeri a cui si potrebbero peraltro sommare i circa 7mila nuovi posti di lavoro al 2030 stimati da Bcg per il comparto infrastrutture ed energia al servizio della mobilità elettrica, che per chiarezza si è deciso però di contabilizzare a parte”.

Il futuro di Cassino è elettrico. Tavares: “Qui piattaforma Large”

Sarà lo stabilimento di Cassino, dove attualmente vengono prodotti veicoli dei marchi premium e di lusso come Alfa Romeo e Maserati, a ospitare la produzione di veicoli basati sulla piattaforma BEV flessibile STLA Large. Ad annunciarlo è stato il Ceo di Stellantis Carlos Tavares proprio nel corso di una visita allo stabilimento ad alta tecnologia dove vengono prodotti i modelli Alfa Romeo Giulia e Stelvio e Maserati Grecale. Ancora non si sa quali saranno i modelli prodotti, i dettagli verranno annunciati successivamente.

Cassino non è il primo stabilimento Stellantis ad annunciare la produzione su piattaforma BEV STLA Large. Prima c’era già stato il Windsor Assembly Plant in Canada. La STLA Large è una delle quattro piattaforme BEV altamente flessibili su cui si fonda il piano di elettrificazione di Stellantis Dare Forward 2030. La piattaforma, che rappresenterà la base per svariati modelli di prossima produzione dei marchi Stellantis, è progettata per offrire un’autonomia fino a 800 chilometri/500 miglia in elettrico in abbinamento con i moduli di propulsione elettrica (EDM) e i pacchi batteria modulari di Stellantis. Progettisti e ingegneri sono in grado di adeguare le dimensioni della piattaforma e la configurazione del propulsore per rispondere a specifiche esigenze di progetto.

Lo stabilimento di Cassino vanta una lunga tradizione di innovazione e tecnologia”, ha detto Tavares. “I veicoli basati sulla piattaforma STLA Large che stiamo progettando rivoluzioneranno l’esperienza di guida grazie a funzionalità e caratteristiche all’avanguardia e per questo, confidiamo nella grande competenza dei nostri dipendenti e nel team manageriale di Stellantis per riuscire a raggiungere i nostri audaci obiettivi legati al costo e alla qualità. Il supporto dei dipendenti di Cassino e la lungimiranza delle autorità locali e nazionali sono per noi un grande stimolo per sviluppare veicoli in grado di conquistare i clienti con una mobilità pulita, sicura e accessibile”, ha concluso.