Asvis: Prevenzione dissesto troppo scarsa. Musumeci: Testo unico entro l’anno

Un testo unico di prevenzione al dissesto idrogeologico, scritto dal ministero per la Protezione civile con tutti gli altri dicasteri interessati, entro la fine del 2024. Il governo punta così a superare il caos in cui naviga la materia complicatissima della prevenzione delle catastrofi in Italia, sempre più necessaria davanti ai continui eventi estremi dovuti al cambiamento climatico, ma anche a quelli strutturali di un territorio fragile.

L’obiettivo è quello di “pianificare prima ancora di intervenite, spiega il ministro per la Protezione civile, Nello Musumeci. E non pianificare “14mila interventi” (tanti sono quelli considerati urgenti nel Paese), ma cento. “Cento interventi, cento infrastrutture strategiche di carattere nazionale, definendo le risorse per intervenire. Cento interventi che per essere strategici diventano fondamentali. Chi li individua? Le autorità di bacino, che sono quelle che hanno la banca dati“, precisa il ministro, che parla poi di una sub-pianificazione di infrastrutture meno rilevanti di interesse locale, che può essere invece affidata alle Regioni.

Quella delle opere strategiche, invece, deve essere materia della Protezione civile: “Non può non essere così, mi batterò per difendere questo principio incontestabile“, assicura. Perché, affonda: “Non si gioca sulla vita delle persone difendendo gelosie dei capi dipartimenti, non è consentito”.

Sulla mancata tempestività su alcuni interventi, punta il dito sulla Tesoreria di Stato, senza mezze misure: “Non può essere un ostacolo all’azione di governo, soprattutto quando promossa dalla Protezione civile, che per alcune iniziative conta i giorni, non i mesi, come per i Campi Flegrei“, afferma. Sulla sua condotta, arriva a dire, “sarebbe il caso di chiamare in causa il Colle, spero non sia necessario“. Si riferisce a un caso specifico, riguardante proprio il territorio bradisismico: “Lo dico non perché io sia prevenuto nei confronti di un organismo importante, ma per un fatto vissuto personalmente – racconta -. Se una norma prevede l’intesa con il Mef e devo intervenire ad applicarla in tempi rapidi e nel frattempo mi arrivano notizie di sciami sismici costanti, ho il dovere non solo di non dormire la notte, ma di dover chiedere urgenza. Se, dopo averlo fatto e aver presentato sollecito, fanno passare due mesi per la risposta, è chiaro che non va bene“. La soluzione sarà chiedere una corsia preferenziale per alcuni interventi. “Investirò del problema il presidente del Consiglio e se necessario il capo dello Stato“, insiste.

Il problema si pone perché sulla prevenzione, tra il 2013 e il 2019, sono stati spesi solo due miliardi di euro, appena un decimo del costo sostenuto per fronteggiare le emergenze nello stesso periodo. Lo mette in luce l’Asvis nel policy brief sul dissesto idrogeologico. Per ridurre le morti e i danni provocati dalle catastrofi e mitigare le conseguenze devastanti della crisi climatica sui territori e sulle persone che lo abitano è “urgentissimo adeguare in via straordinaria la pianificazione di bacino tramite i Piani per l’Assetto Idrogeologico (Pai) alle nuove mappe di pericolosità”, sottolinea Asvis. Una pianificazione che deve essere sovraordinata rispetto a quella urbanistica comunale e tenere conto delle mappe dei rischi contenute nei Piani Gestione Rischio Alluvioni (Pgra) delle Autorità di bacino distrettuali.

Il Policy Brief sottolinea che il 93,9% dei comuni italiani è a rischio frane, alluvioni ed erosione costiera, un fattore che rende vulnerabile almeno 1,3 milioni di abitanti per le frane e 6,8 milioni per le alluvioni, come indicato dall’Ispra.

Il costo dell’inazione è “nettamente superiore a quello da sostenere per affrontare seriamente i rischi derivanti dalla crisi climatica“, scandisce il direttore scientifico dell’ASviS, Enrico Giovannini, che chiede di rafforzare gli investimenti, ma anche, appunto, “il ruolo di coordinamento della Presidenza del Consiglio in modo da avere una visione integrata delle azioni sul ciclo idrologico“. La pianificazione nazionale deve essere “pluriennale” e affidata al testo unico anche per Asvis. La resilienza dei territori, osserva Giovannini, “passa dalla volontà politica di investire nella prevenzione e nella gestione sostenibile delle risorse idriche“. E’ quello che, d’altra parte, indicano gli impegni che l’Italia deve perseguire per realizzare l’Agenda 2030 dell’Onu ed è quello che prevede il Piano Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici approvato a dicembre.

Giovannini

Obiettivo sviluppo veicoli a zero emissioni: +10% entro 2030

Aumentare del 10% la quota di spostamenti effettuati con forme di mobilità sostenibile, come mezzi pubblici, sharing, micro-mobilità elettrica e mobilità attiva (in bicicletta o a piedi): è questo l’obiettivo principale con orizzonte 2030 fissato di recente dal ministero delle Infrastrutture e della Mobilità sostenibile. Un traguardo da raggiungere attraverso “un approccio organico e integrato, e aumentando la potenza d’urto degli interventi“, spiega il Mims nel report “Verso un nuovo modello di mobilità locale sostenibile“. “È necessario stimolare l’uso del trasporto pubblico, ancora molto basso soprattutto nel Mezzogiorno e nelle aree suburbane e periurbane dove la qualità del servizio è insoddisfacente e c’è una maggiore propensione a ricorrere all’auto privata”, ha spiegato il ministro Enrico Giovannini, illustrando il piano predisposto dal ministero.

Il dossier fa luce sulle problematiche che oggi frenano lo sviluppo di un modello di mobilità più sostenibile. Partendo da una considerazione: negli ultimi due decenni non è aumentata la percentuale di italiani che si serve dei mezzi pubblici. Secondo i dati dell’Osservatorio Audimob, su 100 spostamenti medi giornalieri (feriali) il trasporto pubblico ha mantenuto la propria quota attorno al 10 per cento. L’auto regna ancora incontrastata, con il 62,5% degli spostamenti con la propria vettura nel 2019 a fronte del 20,8 a piedi, del 10,8 con mezzi pubblici e del 3,3 in bicicletta. Non solo: i dati mostrano anche la forte abitudine a usare mezzi privati non solo per tragitti di ampio raggio, ma anche per quelli in contesto urbano (tra 2 e 10 km), dove si arriva al 78%. Quali sono i fattori che tarpano le ali a un maggior utilizzo del trasporto pubblico locale? Il documento nel Mims ne elenca diversi. Il primo riguarda l’offerta di trasporto pubblico, considerando che i posti-km complessivi nei comuni capoluogo di provincia nel 2019 erano il 4,5% in meno rispetto al 2010. Evidente anche il gap con il resto d’Europa per quanto riguarda le reti urbane su ferro (metro, tram e ferrovie urbane): secondo Legambiente, in Italia si arriva a 1.400 km contro i 1.900 della Francia, i 2.300 della Spagna e i 4.700 della Germania.

Altro fattore penalizzante è l’età del parco mezzi, che si traduce in una minore qualità del servizio e in un maggiore inquinamento dell’aria. Sui circa 44mila bus pubblici circolanti in Italia nel 2019, il 45% circa aveva oltre 15 anni. E, secondo i dati dell’Osservatorio sul trasporto pubblico locale, nel 2021 circa il 40% dei bus per i trasporto urbano e extraurbano era di una categoria inferiore a Euro 5, con appena l’1% elettrico. Nonostante i miglioramenti degli ultimi anni, poi, resta ancora modesta la digitalizzazione dei servizi del Tpl. Ad esempio, nel 2019 solo il 31% dei comuni capoluogo disponeva di servizi di informazione via sms e il 35,8% offriva la possibilità di acquistare i biglietti online. Altro dato interessante contenuto in un’indagine Istat del 2019: una famiglia su tre segnala, nella zona in cui abita, abbastanza o molta difficoltà di collegamento con i mezzi pubblici. Il combinato disposto di tutti questi elementi porta a un basso grado di soddisfazione verso i trasporti pubblici in Italia e, di conseguenza, a un utilizzo limitato. L’indagine Eurobarometro del 2019 mostra come il 54% degli italiani si dichiari per nulla o poco soddisfatto del Tpl, valore molto più elevato di quelli di Spagna e Francia (attorno al 20%) e soprattutto Germania (circa 15%).

Per cercare di superare queste (e altre) criticità, il Mims ha definito una strategia decennale basata su obiettivi di sostenibilità di tipo economico (miglioramento della mobilità locale ed efficientamento del servizio pubblico), sociale (miglioramento dell’accessibilità e della qualità del servizio) e ambientale (cambiamento modale e riduzione delle emissioni). Da un lato, il piano mira a aumentare la domanda di mobilità sostenibile attraverso incentivi (monetari e non) per favorire l’utilizzo del trasporto pubblico locale, disincentivi all’utilizzo dell’automobile e programmazione urbana e dei trasporti integrata. Dall’altro, si punta a migliorare l’offerta di mobilità pubblica, anche in termini infrastrutturali, di innovazione tecnologica e di impatto ambientale. Da questo punto di vista, è prevista la sostituzione dell’intero parco autobus del Tpl con classe ambientale inferiore a Euro 5 e transizione green verso l’elettrico e l’idrogeno, in vista della decarbonizzazione del settore al 2050. Tra le azioni già previste nel Pnrr c’è l’acquisto entro il 2026 di circa 3.400 bus a basse emissioni e la realizzazione di infrastrutture di ricarica dedicate. Mentre, a livello di infrastrutture, spicca la realizzazione di circa 570 km di piste ciclabili urbane e metropolitane e di circa 1.250 km di piste ciclabili turistiche.

Le risorse? L’allegato ‘Infrastrutture, mobilità e logistica’ al Def 2022 prevede circa 280 miliardi di euro (+8,1% rispetto a quanto stanziato l’anno scorso) per interventi selezionati e finanziati sulla base di piani strategici redatti tenendo conto della strategia economica del Governo, degli Obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 dell’Onu e del Green Deal europeo. Tra gli obiettivi dichiarati c’è quello di rendere più sostenibile dal punto di vista ambientale il sistema della mobilità. Nel dettaglio, gli investimenti riguardano strade e autostrade (83,5 miliardi), ferrovie e nodi urbani (147,4 miliardi), porti (10,1 miliardi), aeroporti (3,2 miliardi), trasporto rapido di massa nelle città metropolitane (32,6 miliardi) e ciclovie (2,6 miliardi).

Bicicletta

Un italiano su due pedala. Ma l’Italia non è (ancora) un Paese per bici

Se c’è un mezzo di trasporto che di fronte alla parola ‘emissioni’ può ritenersi al sicuro da ogni responsabilità, quello è la bicicletta. Amata e utilizzata regolarmente – ogni giorno o, almeno, una volta alla settimana – dal 50% degli italiani, può contare su 4700 chilometri di piste ciclabili (in crescita di oltre il 15% dal 2015). I dati, contenuti nel rapporto del Mims ‘Verso un nuovo modello di mobilità locale sostenibile’, raccontano che la densità è molto maggiore nelle città del nord (57,9 km per 100 km2, contro 15,7 del centro e 5,4 del Mezzogiorno). Tra i capoluoghi metropolitani, Torino e Milano presentano i valori più elevati (166,1 e 123,3 km per 100 km2), seguiti da Bologna e Firenze (poco meno di 100). E proprio il Piemonte punta a diventare la prima regione in Europa per chilometri ciclabili attrezzati. Per farlo sono stati messi in campo 40 milioni di euro di fondi europei per attuare il Piano regionale della mobilità ciclistica. Il Pnrr, poi, a livello nazionale, prevede investimenti per 600 milioni di euro per finanziare la realizzazione delle ciclovie turistiche (400 milioni) e delle ciclovie urbane (200 milioni), per un totale di 1.800 chilometri.

Recentemente il ministro dei Trasporti e della Mobilità sostenibili, Enrico Giovannini, ha ricordato che nel 2022 le Regioni si sono “azzuffate” sulle risorse da destinare alle piste ciclabili, “proprio come hanno sempre fatto su strade e ferrovie“. “Segnale – ha detto – che la mentalità è cambiata“. Della stessa opinione anche Alessandro Tursi, presidente della Fiab (Federazione italiana ambiente e bicicletta), che ricorda come la bici sia “una soluzione climatica, energetica, sociale e urbanistica fondamentale, e come tale deve diventare una priorità”. E anche l’Europa, come spiega la commissaria per l’Energia, Kadri Simson, “fa riferimento alla sostenibilità della mobilità ciclabile per aumentare l’indipendenza a livello energetico“.

I capoluoghi italiani con servizi di bike sharing sono 53 (di cui solo 8 nel Mezzogiorno). L’offerta pro capite è più che triplicata nel corso degli ultimi anni, passando da 6 a 19 biciclette ogni 10.000 abitanti tra il 2015 e il 2019. Anche in questo caso l’offerta è più elevata nei comuni capoluogo di provincia del Centro (17) e del Nord (32), a fronte di valori modesti nel Mezzogiorno (2). Il fenomeno è concentrato prevalentemente nei comuni capoluogo delle città metropolitane come Firenze (109 biciclette ogni 10.000 abitanti), Milano (96), Bologna (68) e Torino (35).

Sul fronte economico i dati sono incoraggianti. La mancanza di prodotto, le difficoltà globali di approvvigionamento e i ritardi nelle consegne, che interessano la filiera del pedale negli ultimi anni, non frenano il desiderio di bici degli italiani. Secondo i dati di Confindustria Ancma, dopo i numeri record del 2020, con oltre 2 milioni di pezzi venduti – merito anche del bonus bici – il mercato 2021 sfiora infatti il dato dell’anno precedente, fermandosi a 1.975.000, pari a un -2%. Eppure, nonostante i dati positivi, “non siamo ancora davvero un Paese ciclabile”, dice Piero Nigrelli, responsabile comparto bici di Ancma. “I cittadini lo stanno dicendo: ‘È bello avere la bici, ma è ancora più bello poterla usare al meglio’. I due anni di pandemia lo hanno dimostrato”. Ecco allora che, ancora una volta, il Pnrr potrebbe venire in soccorso. “È tutto pronto”, afferma Nigrelli, per far partire i cantieri delle nuove ciclovie, “ma mancano i tecnici per seguirli. Ci auguriamo che i soldi vengano utilizzati e spesi beni. Per farlo ci va coraggio”.

Intanto dal 16 al 22 settembre si svolgerà la ‘Settimana europea per la mobilità’. Per l’edizione 2022 la Commissione Europea ha scelto di sottolineare l’importanza di una maggiore sinergia per aumentare la consapevolezza verso la mobilità sostenibile e per promuovere un cambiamento degli stili di vita in favore di una mobilità attiva.

strada

Dal Mims il nuovo ‘Centro per l’innovazione e la sostenibilità’

Il ministero delle Infrastrutture e della Mobilità sostenibili ha istituito – con decreto del ministro, Enrico Giovannini – il nuovo ‘Centro per l’innovazione e la sostenibilità in materia di infrastrutture e mobilità‘ (Cismi). Questa novità è volta a promuovere e realizzare attività di studio, ricerca e sviluppo legati all’innovazione tecnologica, organizzativa e dei materiali e avviare specifiche attività formative all’interno del ministero e nelle altre Pubbliche amministrazioni, anche locali.

Il Cismi è una vera e propria struttura di missione composta da venti unità, tra ricercatori e tecnologi, che va ad integrare il sistema di governance per l’attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr) e del Piano Nazionale Complementare (Pnc) e che è a supporto delle Direzioni per la definizione di scenari utili alle scelte di policy.

Nello specifico, il Centro elabora aggiornamenti e informative tecniche nei settori di competenza del Mims e a supporto delle attività di pianificazione e programmazione e di valutazione dei risultati prodotti, e promuove la collaborazione con università e centri di ricerca nazionali e internazionali. Lo stesso decreto istituisce il Comitato Scientifico per l’innovazione e la sostenibilità in materia di infrastrutture e mobilità, composto da dieci unità individuate tra esponenti del mondo scientifico, accademico, culturale e della società civile. Il Comitato fornisce pareri e proposte sul piano triennale di attività del Cismi.

ENRICO GIOVANNINI MINSTRO

Giovannini: “Nuovi sviluppi per la mobilità sostenibile”. Previsti interventi per 300 miliardi

Il Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili ha presentato il ‘Documento di Economia e Finanza (Def) 2022‘. Al suo interno l’allegato ‘Infrastrutture, mobilità e logistica‘ prevede quasi 300 miliardi di euro per interventi selezionati e finanziati sulla base di piani strategici redatti tenendo conto della strategia economica del Governo, degli Obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 dell’Onu e del Green Deal europeo.

Il ministro delle Infrastrutture e della Mobilità sostenibili, Enrico Giovannini, ha illustrato il documento strategico nel corso di una conferenza stampa online. Al cuore del progetto il recupero del gap infrastrutturale che frena la competitività delle imprese, aumenta le disuguaglianze territoriali e sociali, determina costi ambientali insostenibili. “Il documento descrive il nuovo approccio allo sviluppo di infrastrutture e sistemi di mobilità sostenibili, in linea con i principi del Next Generation Eu. Le riforme approvate in questo anno assicureranno non solo la realizzazione di nuovi impianti meno impattanti sull’ecosistema e in linea con i principi della transizione ecologica, ma anche la riduzione dei tempi di realizzazione, il coinvolgimento delle comunità locali nelle decisioni, l’aumento della resilienza delle infrastrutture esistenti, anche grazie all’uso delle tecnologie digitali. I fondi già stanziati e quelli aggiuntivi che verranno da fonti nazionali ed europee consentono di proseguire gli investimenti legati al Pnrr, attuando la visione di medio-lungo termine descritta nell’Allegato”, ha dichiarato il ministro, ponendo particolare attenzione alla necessità di colmare il persistente divario tra Nord e Sud Italia.

Entrando più nel dettaglio, nel documento è possibile osservare quali sono le opere considerate prioritarie per il settore delle infrastrutture per la mobilità e la logistica. Si tratta di interventi necessari per il completamento, la messa in sicurezza, anche rispetto alla crisi climatica, e l’adeguamento tecnologico del Sistema Nazionale Integrato dei Trasporti (Snit). Tali investimenti riguardano strade e autostrade (83,5 miliardi), ferrovie e nodi urbani (147,4 miliardi), porti (10,1 miliardi), aeroporti (3,2 miliardi), trasporto rapido di massa nelle città metropolitane (32,6 miliardi) e ciclovie (2,6 miliardi).

FERROVIE

Gli ingenti investimenti sul settore ferroviario sono orientati al potenziamento dei servizi passeggeri a lunga percorrenza, all’integrazione e al potenziamento delle linee dedicate al trasporto regionale, nonché al forte sviluppo del traffico merci, anche al fine di ridurre le emissioni di gas climalteranti e delle sostanze inquinanti, in un’ottica di interconnessione con i porti, gli aeroporti e gli interporti, e di integrazione con le altre modalità di trasporto (auto, mobilità dolce, ecc.).

RETE AUTOSTRADALE

Gli investimenti sulla rete stradale e autostradale sono finalizzati alla messa in sicurezza, al potenziamento tecnologico e digitale, e alla valorizzazione del patrimonio esistente anche nell’ottica della transizione ecologica, alla riduzione dell’incidentalità, al decongestionamento delle tratte metropolitane, extraurbane e autostradali, all’integrazione della rete disponibile con quella dedicata alla mobilità ciclistica.

PORTI

Anche la portualità e la logistica sono destinatari di ingenti investimenti, finalizzati al potenziamento delle infrastrutture portuali e retroportuali, alla loro trasformazione in senso ecologico, all’interconnessione ferroviaria, in linea con i piani sviluppati con la collaborazione delle autorità portuali e delle organizzazioni del settore.

MOBILITÀ URBANA

Analogamente, gli investimenti destinati alla mobilità urbana sostenibile e allo sviluppo della ciclabilità urbana e turistica sono finalizzati ad un significativo rafforzamento del trasporto pubblico locale, al rinnovo del materiale rotabile in senso ecologico e ad accompagnare i cambiamenti nelle preferenze e nelle abitudini delle persone a favore delle diverse forme di mobilità dolce.

tram

L’Italia è in ritardo sul trasporto pubblico. Mims: “Si va verso un’evoluzione green”

L’Italia è in ritardo su mobilità condivisa e ciclabile, sia per quanto riguarda l’uso del trasporto pubblico, soprattutto nelle grandi città come Roma, Palermo e Torino, sia per la scarsa qualità del servizio urbano offerto, caratterizzato da collegamenti scarsi, vetustà del parco mezzi e basso livello di digitalizzazione.

Il Mims ha presentato oggi il rapporto ‘Verso un nuovo modello di mobilità locale sostenibile’, che, come ha spiegato il ministro delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili, Enrico Giovannini, “mira a far evolvere il trasporto pubblico in un sistema di mobilità locale sostenibile, per migliorare i servizi ai cittadini, ridurre l’inquinamento e la congestione delle città” . I temi, che verranno approfonditi nei prossimi mesi insieme a “enti territoriali, imprese del settore, organizzazioni sindacali e associazioni degli utenti”, riguardano la diffusione delle tecnologie digitali, il ricorso a diversi mezzi di trasporto, gli investimenti sul lato della domanda e dell’offerta dei servizi e la maggiore efficienza degli operatori e integrazione tra i servizi offerti.

Oltre all’aumento di almeno 10 punti percentuali sul ricorso a sistemi di mobilità sostenibile e al calo del tasso di motorizzazione entro il 2030, gli obiettivi strategici del Piano includono anche:

  • la riduzione della congestione nelle principali aree urbane;
  • il dimezzamento del divario territoriale in termini di accessibilità, efficienza e qualità del trasporto pubblico;
  • il miglioramento dell’accesso ai mezzi pubblici e della soddisfazione dell’utenza;
  • la sostituzione totale degli autobus di classe inferiore a Euro 5 e transizione verso veicoli a emissioni zero, in linea con gli impegni di decarbonizzazione del settore;
  • la riduzione delle emissioni di gas climalteranti e di inquinamento dell’aria;
  • la diffusione dell’approccio Mobility as a Service (MaaS).

 

Tra gli strumenti per raggiungere gli obiettivi indicati, il Rapporto distingue quelli per stimolare la domanda e quelli che mirano a rendere più efficiente e sostenibile l’offerta.

I primi includono incentivi (monetari e non) per favorire il ricorso al trasporto pubblico locale o altre forme di mobilità sostenibile, nonché disincentivi (monetari e non) all’utilizzo del mezzo privato. Sul lato dell’offerta di mobilità, gli strumenti comprendono maggiori finanziamenti al Traporto Pubblico Locale (TPL), investimenti infrastrutturali (tram, metropolitane e ferrovie urbane) per aumentare l’offerta di modalità su ferro, nodi di trasporto rafforzati per favorire l’intermodalità, ciclovie e percorsi ciclopedonali, sostituzione dei mezzi più inquinanti con quelli elettrici o a idrogeno, interventi per integrare, anche grazie a piattaforme digitali, i servizi di mobilità a livello locale, miglioramento della regolamentazione, rafforzamento del ruolo del mobility manager, miglioramento delle modalità di affidamento e di gestione del servizio.

mims

ENRICO GIOVANNINI MINISTRO

In arrivo Piano mobilità ciclistica. Giovannini: “Evoluzione culturale”

È in via di “finalizzazione” il Piano della mobilità ciclistica, che contiene “proposte di governance che verranno discusse con le associazioni per avere il loro parere prima dell’approvazione“. Ad annunciarlo è stato il ministro delle Infrastrutture e della Mobilità sostenibili, Enrico Giovannini, alla presentazione di Appennino Bike Tour, campagna organizzata da Legambiente e Vivi Appennino insieme a Misura, che dal 21 giugno al 21 luglio farà conoscere e vivere in bici 3100 chilometri, da Altare (Savona) ad Alia (Palermo). “ Qualche mese fa – ha ricordato il ministro – mi è stato presentato il Piano, ma l’ho rimandato indietro perché non coglieva in pieno il cambiamento culturale in atto. Ora il documento, atteso da molto tempo, è in via di finalizzazione, ci lavoreremo questo weekend e dedica maggiore attenzione a sicurezza e integrazione tra infrastrutture“.

Il “cambiamento culturale” è uno dei punti su cui ha insistito di più Giovannini. “Gli investimenti nelle ciclovie – ha detto – non sono più un divertimento, ma sono ormai parte integrante della politica degli enti locali“. Scherzando, ha ricordato che le Regioni si sono “azzuffate” sulle risorse da destinare alle piste ciclabili, “proprio come hanno sempre fatto su strade e ferrovie“. Parallelamente, ha aggiunto, “nel 2021, pur senza incentivi, è aumentato il numero di biciclette vendute“. Il boom, ha spiegato, è paragonabile a quello del 2020, quando in piena pandemia era stato introdotto il Bonus Bici. “Segnale – ha detto Giovannini – che la mentalità è cambiata“, a tal punto che “abbiamo un progetto di ministero sostenibile” che, comprende ad esempio, stalli per le bici nelle diverse sedi e una convenzione per il car sharing dei dipendenti.

E ancora, parlando di biciclette, il ministro si è lasciato andare a una battuta. “Dovreste – ha detto rivolgendosi alle associazioni presenti – invitare il ministro Colao. Lui sì che è un grande ciclista. Io invece non tanto, ma ho una scusante: mi hanno rubato la bici durante una domenica a piedi della crisi energetica del ’73. L’ho preso come un segno del destino”.

Dal tavolo di presentazione dell’Appennino Bike Tour, Giovannini, infine ha lanciato una proposta. “Il Gruppo Ferrovie dello Stato – ha detto – sta sperimentando un enorme interesse per le ferrovie storiche e i treni storici. È un altro segnale molto importante di attenzione a un turismo diverso“, più sostenibile. “Forse vale la pena – ha aggiunto il ministro rivolgendosi al tavolo dei relatori – vedersi con Trenitalia per cercare di capire” come integrare l’app CicloAPPennino – che consente di avere informazioni su oltre 300 punti di interesse che si incontrano lungo il tracciato – proprio con le iniziative di Fs. Ad esempio, ha suggerito Giovannini, “l’app potrebbe essere pubblicizzata sui treni” delle linee locali, in modo da raccontare ai viaggiatori nuovi modi per “scoprire il nostro territorio“. “Anche perché – ha concluso – sempre di più i nuovi treni prevedono nuovi spazi dedicati alle biciclette“.

Dell’efficienza e della capillarità del sistema di mobilità, con le sue reti, vettori e nodi di interscambio, si parlerà mercoledì 11 maggio nel corso di un evento online, durante il quale il ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili presenterà il Rapporto ‘Verso un nuovo modello di mobilità locale sostenibile’, che descrive la situazione della mobilità locale in Italia, con particolare riferimento al trasporto pubblico.

Trasporti, Giovannini: “Progettare sistemi di mobilità sostenibili”

Durante il Consiglio dell’Ocse, tenutosi oggi a Parigi, Enrico Giovannini, ministro delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili (Mims), ha presentato la strategia del Mims in linea con gli impegni che l’Italia ha assunto a livello internazionale ed europeo sulla giusta transizione ecologica e digitale e sull’urgente necessità di ridurre le disuguaglianze, anche territoriali. L’obiettivo è quello di creare migliori connessioni ferroviarie e stradali tra i territori riducendo il gap infrastrutturale tra il Nord e il Sud del Paese e con le aree interne, riqualificare l’edilizia pubblica, rinnovare i sistemi di mobilità urbana in senso ecologico con l’acquisto di mezzi non inquinanti, migliorare le connessioni ferroviarie con porti e aeroporti, accelerare e incentivare la decarbonizzazione dei trasporti.

L’Unione europea indica la strada e mai come ora è importante perseguire i programmi di decarbonizzazione, puntando a una maggiore diversificazione energetica e a una rapida transizione orientata alle fonti rinnovabili”, ha affermato il Ministro sottolineando l’importanza di impiegare tutte le energie per sfruttare al meglio le risorse disponibili. Il Ministro ha però chiarito che per riuscire in questa missione è necessario “programmare gli investimenti seguendo una logica sinergica e integrata”.

La transizione verde – ha proseguito Giovannini – è un’opportunità per ripensare il modo di realizzare le infrastrutture e di progettare sistemi di mobilità sostenibili”. Infatti, grazie ai nuovi criteri sviluppati dal ministero lo scorso anno, gli investimenti futuri saranno basati su nuove regole che puntano a migliorare “ la qualità della vita delle persone, il benessere sociale e la qualità dell’ambiente” perché, ora più che mai, “lo sviluppo sostenibile è l’unico modello perseguibile“, così Giovannini ha concluso il suo intervento.

Enrico Giovannini

Giovannini: “Treni e bus green cambieranno la vita degli italiani”

Nel Next generation Eu la transizione ecologica si appoggia su diversi piani e la mobilità sostenibile, con le reti e le infrastrutture, è uno di questi. Il titolare del ministero, Enrico Giovannini, ha presentato recentemente i risultati conseguiti nell’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza.

Ministro, finora road map rispettata e alcune opere già in fase di realizzazione. Ci spiega a che punto siamo?

“La nostra quota del Piano prevede 61 miliardi di euro di investimenti articolati in tanti progetti e alcune riforme. Nel 2021 abbiamo conseguito tutti gli obiettivi sia per gli investimenti sia per le riforme, per le quali ci siamo anche avvantaggiati rispetto a quelle previste per il 2022. Quest’anno abbiamo appena raggiunto il primo target per il ‘Programma innovativo nazionale qualità dell’abitare’, che prevede la firma di 158 convenzioni con gli Enti locali per progetti di riqualificazione urbana in tutta Italia, per un valore di 2,8 miliardi, quasi sei volte quello previsto in origine dal precedente Governo. Più in generale, l’attuazione riguarda non solo atti formali ma l’assegnazione delle risorse: i progetti stanno andando avanti compresi quelli delle gare ferroviarie previste nel corso del 2022”.

Di 61 miliardi citati, il 55 per cento andrà al Sud per reti ferroviarie, l’alta velocità, le altre infrastrutture. Davvero cambierà il sistema della mobilità del Mezzogiorno sempre penalizzato nel passato?

“Capisco lo scetticismo, giustificato dal passato, ma io credo che il cambiamento della mobilità al Sud sia necessario e possibile. L’alta velocità Napoli-Bari è già in fase di costruzione, così come la Palermo-Catania-Messina. La Salerno-Reggio Calabria non può essere realizzata tutta entro il 2026, ma il primo lotto consente di collegarsi verso Potenza e verso Taranto. Quindi c’è una visione basata non solo sugli assi verticali, ma anche orizzontali, di connessione tra Adriatico e Tirreno: poi ci sono gli investimenti sui treni green, sulle ferrovie regionali e sugli autobus ecologici, con bandi già sperimentati nel passato. Tutto questo cambierà la vita dei cittadini, anche al Sud. Peraltro, Rete ferroviaria italiana, che dovrà realizzare i grandi interventi ferroviari, è affidabile e perfettamente in grado di farlo”.

Avere pochi enti attuatori facilita la realizzazione del Pnrr?

“Non c’è dubbio, così come accade per le autorità portuali con gli investimenti per l’elettrificazione delle banchine. Le difficoltà che incontrano alcune amministrazioni locali sono meno rilevanti per il nostro settore, dove ci sono relativamente pochi enti attuatori qualificati. D’altra parte, per mesi, ci siamo sentiti dire che eravamo in ritardo e pochi pensavano che avremmo centrato tutti gli obiettivi del 2021. E allora uso le parole di John Maynard Keynes: quando i fatti cambiano, io cambio opinione. E lei signore?”

A proposito delle infrastrutture, l’incremento dei prezzi può mettere a rischio il Pnrr?

“Sappiamo che alcune catene di fornitura si sono interrotte a causa degli alti prezzi dell’energia, del ferro e dell’acciaio. Il governo ha fatto la scelta di prepararsi a compensare i maggiori costi delle opere pubbliche senza però accettare l’idea di fermarle. Fronteggeremo i costi maggiori e per le opere che devono ancora essere bandite abbiamo già stanziato 280 milioni di extracosti. Il regolamento del Next generation Eu prevede che in condizioni eccezionali, specifici progetti possano essere rivisti. L’aumento dei prezzi dei materiali riguarda tutti i paesi europei e noi stiamo già facendo tutto ciò che è in nostro potere per procedere con rapidità, rendendo i progetti coerenti con le dinamiche di mercato e compensare gli enti appaltanti”.

Davanti alla crisi energetica, la spinta forte dovrebbe arrivare dalle rinnovabili ma restiamo ancorati al gas ed è tornata la parola ‘carbone’. Stiamo tornando indietro?

“No, come ha detto Draghi la transizione ecologica resta la prospettiva da cui non si torna indietro. Stiamo fronteggiando una crisi come la guerra, con tutti i drammi che sta producendo e le catene logistiche interrotte a causa del Covid. Ma una cosa sono gli interventi emergenziali, un’altra è la prospettiva di medio termine, su cui stiamo accelerando come sulle rinnovabili. Distinguiamo dunque un’azione di brevissimo termine, necessaria per assicurare le forniture regolari di gas e di altre materie prime, dal fatto che noi vogliamo procedere verso la transizione ecologica per essere più indipendenti e autonomi, e così essere meno esposti a futuri shock”.

Fonti alternative e progressivo abbandono del motore termico. Per la mobilità privata e pubblica quando si vedranno i veri cambiamenti?

“Il cambiamento è già in atto e in parte i cittadini lo stanno già vedendo. Le aziende del trasporto pubblico locale hanno deciso di investire su autobus ecologici, a idrogeno o elettrici. Quello che ancora non si vede è un approccio generalizzato in questa direzione e qui il Pnrr fa la differenza, con migliaia di autobus ecologici che verranno acquistati e lo sviluppo di piattaforme digitali che consentono di integrare l’offerta di trasporto pubblico locale con la micromobilità, il car sharing, ecc. Analogamente, il cambiamento si vedrà con l’investimento sulle metropolitane e sulle tranvie che annunceremo tra poco con la distribuzione dei fondi della legge di bilancio, fondi che si sommano agli altri per le metropolitane nelle grandi città”.

Treni e navi a idrogeno: in quanto tempo?

“L’idrogeno per le navi non è immediatamente disponibile e per la transizione il settore marittimo si sta orientando su altro. Grazie alle banchine elettrificate le navi spegneranno i motori in porto, e si conta di sperimentare l’uso dell’ammoniaca, oltre al gas liquido come soluzione transitoria. Per i treni sperimenteremo la propulsione a idrogeno su alcune linee, ma nel frattempo il settore sta camminando molto rapidamente sull’ibrido (diesel, batterie, elettrico), e Trenitalia sta già acquistando questi nuovi mezzi. Ma l’idrogeno che vogliamo usare nelle ferrovie deve essere green, cioè prodotto con energia elettrica da fonte rinnovabile, il che richiede produzione e stoccaggio vicino agli impianti. È un sistema complesso”.

Non basta cambiare solo le fonti energetiche. La vera transizione passa per un diverso modello produttivo e di sviluppo?

“È evidente che la transizione ecologica e digitale, per favorire un’economia sostenibile da tutti i punti di vista, richieda un profondo cambiamento del sistema socio-economico. Questo passa per le nuove tecnologie, per comportamenti diversi e per politiche pubbliche orientate in questa direzione. La buona notizia è che anche il settore privato sta facendo fortissimi investimenti verso la transizione ecologica e digitale, con un’attenzione al rispetto dell’ambiente sempre più generalizzata. Pensiamo alle aziende di trasporto merci che per l’ultimo miglio hanno deciso di passare alle motorizzazioni elettriche. Sono scelte importanti perché le risorse pubbliche da sole non basterebbero a completare la transizione e la collaborazione con il privato è necessaria per la trasformazione di cui stiamo parlando”.

ENRICO GIOVANNINI

Giovannini: “Transizione ecologica già in atto. Mobilità investe sul green”

Nel 2021 abbiamo conseguito tutti gli obiettivi sia per gli investimenti sia per le riforme, per le quali ci siamo anche avvantaggiati rispetto a quelle previste per il 2022”. Lo ha detto il ministro delle infrastrutture e dei trasporti, Enrico Giovannini, in un’intervista rilasciata a GEA, Green Economy Agency, facendo il punto sui primi risultati conseguiti nell’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza.

Tra gli argomenti affrontati dal Ministro, oltre agli investimenti riguardanti alta velocità, autostrade e mezzi green, che incideranno positivamente sulla “vita dei cittadini al Sud”, anche il rischio derivante dal recente incremento dei prezzi fronteggiato dal governo con lo “stanziamento di 280 milioni di extracosti” e con il regolamento del Next generation Eu “che prevede che in condizioni eccezionali specifici progetti possano essere rivisti”.

La transizione ecologica resta, tuttavia, punto centrale dal quale “non si torna indietro” nonostante la forte dipendenza dell’Italia da fonti energetiche derivanti da altri Paesi. “Il cambiamento è già in atto e in parte i cittadini lo stanno già vedendo”, ha affermato Giovannini. Inoltre, “le aziende del trasporto pubblico locale hanno deciso di investire su autobus ecologici, a idrogeno o elettrici”.

Il Ministro ha lanciato un’ultima “buona notizia” sui passi avanti del settore privato che “sta facendo fortissimi investimenti verso la transizione ecologica e digitale, con un’attenzione al rispetto dell’ambiente sempre più generalizzata”.