Il sistema di etichette su alcolici è legge in Irlanda. Italia insorge: “Dà false informazioni”

Nuovo passo sulla strada dell’entrata in vigore del contestato sistema di etichettatura delle bevande alcoliche in Irlanda e nuova ondata di polemiche in Italia contro quella che viene letta come una misura che impatterà negativamente il commercio di vino nazionale nel mercato di uno dei 27 Paesi membri dell’Unione Europea. Il ministro della Salute irlandese, Stephen Donnelly, ha firmato il Regolamento 2023 sulla salute pubblica, introducendo così ufficialmente le disposizioni sull’indicazione di informazioni sanitarie sui prodotti alcolici venduti su tutto il territorio nazionale. “Questa legge è stata concepita per dare a tutti noi consumatori una migliore comprensione del contenuto alcolico e dei rischi per la salute associati al consumo di alcol“, ha commentato lo stesso ministro annunciando l’entrata in vigore delle nuove misure dal 22 maggio 2026.

Dopo un periodo di transizione di tre anni per dare alle aziende un tempo “significativo” per prepararsi al cambiamento, la legge prevederà una serie di indicazioni in materia di salute pubblica: non solo che le etichette indichino il contenuto calorico e i grammi di alcol presenti nei prodotti alcolici, ma anche i rischi di malattie epatiche, tumori mortali e per la gravidanza dovuti al consumo di alcol. “Le confezioni di altri prodotti alimentari e bevande contengono già informazioni sulla salute e avvertenze sanitarie, questa legge mette in linea anche i prodotti alcolici”, ha precisato il ministro, esortando “altri Paesi a seguire il nostro esempio“.

L’Irlanda aveva notificato il 21 giugno 2022 alla Commissione Europea e agli altri 26 Paesi membri l’intenzione di introdurre le nuove norme. La proposta di Dublino si basa sul fatto che, per quanto riguarda la prevenzione oncologica, “il livello più sicuro di consumo di alcol non esiste”, come rileva l’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms). Nel periodo di sei mesi previsto dal Regolamento Ue 1169 del 2011 sulla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori sono emersi i “pareri circostanziati sfavorevoli” di nove Stati membri, tra cui Francia e Italia, ma il silenzio-assenso dell’esecutivo comunitario è durato fino alla scadenza del periodo di moratoria di sei mesi previsto dalla normativa. Il 22 dicembre è arrivato il via libera all’Irlanda ad apporre etichette con ‘health warning’ sulle bottiglie di alcolici.

E l’Italia insorge: “Abbiamo già chiesto di intervenire, perché è in contrasto con le regole del Mercato interno”, ha commentato il ministro degli Esteri, Antonio Tajani:Riteniamo che le informazioni contenute nel bollino rosso irlandese siano fuorvianti”. La questione aveva già sollevato a gennaio aspre polemiche in particolare in Italia, capofila di un gruppo di Stati membri che ha provato a spingere l’Irlanda a fare un passo indietro e trovare una soluzione di compromesso. “Non condividiamo assolutamente queste false informazioni che vengono date ai consumatori globali”, è l’attacco ancora più duro del ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso. Secondo la Coldiretti “l’entrata in vigore della legge sulle etichette allarmistiche del vino in Irlanda è un precedente pericoloso che mette a rischio il record nelle esportazioni di vino Made in Italy di 7,9 miliardi realizzati lo scorso anno“. In attesa che la misura possa essere ridiscussa nel comitato barriere tecniche dell’Organizzazione mondiale del commercio (Oms) il prossimo 21 giugno, il consigliere delegato di Filiera Italia, Luigi Scordamglia, ha definito quello dell’Irlanda un “comportamento inaccettabile” e un “aperto gesto di sfida“.

Parmigiano reggiano

Consorzio Parmigiano Reggiano: Impossibile sintetizzare con semaforo complessità alimenti

Nel cantiere della Commissione Europea alcuni provvedimenti sono destinati ad avere importanti ricadute sulle nostre abitudini alimentari. È il caso del Nutriscore, un sistema di etichettatura elaborato in Francia che utilizza l’immagine di un semaforo per assegnare un colore, e dunque il ‘via libera’ oppure lo ‘stop’, a ciascun alimento a seconda del suo livello di zuccheri, grassi e sale, calcolati su una base di riferimento di 100 grammi di prodotto. Secondo le intenzioni dell’ideatore, il consumatore in questo modo avrebbe modo di capire immediatamente quali cibi sono più salutari e quali meno. Di fatto, le indicazioni semaforiche potrebbero penalizzare prodotti che stanno alla base della dieta mediterranea Made in Italy, perché una valutazione che prende in considerazione unicamente l’apporto di grassi, zuccheri e sale su una quantità fissa di nutrimento non tiene conto delle dosi consigliate e in genere consumate. Ne consegue che a prodotti come l’olio extravergine di oliva, verrebbe assegnato un Nutriscore rosso. E persino formaggi come il Grana, da sempre considerati così salutari da essere inseriti nelle diete dei bambini, finirebbero nella categoria ‘dei cattivi’. Quale soluzione adottare, allora? GEA ne ha parlato con Riccardo Deserti, direttore generale del Consorzio Parmigiano Reggiano.

Qual è la posizione del vostro Consorzio sull’adozione dell’etichettatura Nutriscore?

“Il tema del Nutriscore nasce dal bisogno giusto, fortemente sostenuto dall’Italia e dai suoi produttori, di aiutare i consumatori europei a seguire un’alimentazione sana e corretta. Le informazioni, però devono essere trasmesse in modo appropriato. Per esempio, le campagne di informazione europee, condotte in tanti paesi tramite informatori medici o nelle scuole, sono fondamentali. Naturalmente, anche le etichette posizionate sui prodotti sono utili per comunicare dati che il consumatore può sfruttare per compiere le sue scelte alimentari”.

Allora, dove nasce il problema?

“Un’etichetta a semaforo che sintetizza con i colori rosso, giallo e verde semplifica troppo. Noi del Consorzio del Parmigiano Reggiano e molti altri produttori della filiera agroalimentare italiana sosteniamo che non è corretto indicare il contenuto di zuccheri, sale e grassi su 100 grammi di prodotto, perché la dose giornaliera giusta da assumere varia da alimento ad alimento. Ci sono cibi ricchi di grassi, destinati però a essere consumati in porzioni piccole, come l’olio di oliva; altri, invece, sono abitualmente e quotidianamente mangiati in quantità maggiori, come la pasta. Partendo da una base di 100 grammi, allora, si rischia di indicare come poco salutari alimenti che in realtà sono consumati in porzioni minime e viceversa. Così, per assurdo, le patatine fritte potrebbero ricevere il semaforo verde, mentre cibi come il Parmigiano, che hanno una dose giornaliera consigliata attorno ai 30 grammi al giorno, verrebbero indicati come poco salutari. Il vero problema è educare a un bilanciato comportamento alimentare e questo vuol dire anche far conoscere anche le dosi da assumere”.

Il Nutriscore prende in considerazione il sale, i grassi e gli zuccheri presenti nei cibi. Ritiene che siano parametri sufficienti per stabilirne la salubrità?

“Certamente no. Un ulteriore tema legato al Nutriscore è infatti quello della completezza. Parlare solo di zuccheri, sale e grassi, ancora una volta, è semplificatorio. Non si fa cenno, infatti, a vitamine, probiotici o altri nutrimenti. Per quanto riguarda i grassi, non si entra nel merito di quelli saturi o insaturi”.

Pare che, se sarà adottato, il Nutriscore non verrà apposto sui prodotti Dop o Igp, quindi forse il Parmigiano Reggiano non corre il rischio di ricevere questa etichetta.

“Sì, la questione è dibattuta. D’altronde, i prodotti Dop e Igp sono per legge trasparenti nelle loro etichette, che devono riportare tutti gli ingredienti della loro composizione. Anche i loro sistemi di produzione sono noti. Per questi alimenti il Nutriscore non avrebbe dunque molto senso”.

In alternativa al Nutriscore l’Italia ha proposto l’adozione del Nutriinform, etichetta che non valuta i singoli cibi, quanto piuttosto quanto incidono nell’ambito della dieta.

“Il Nutrinform è migliore rispetto al Nutriscore perché consente di superare il problema del mettere a confronto prodotti che tra di loro non sono paragonabili, considerando la dose giornaliera dei nutrienti. Ma in generale, non basta un’etichetta per dare tutte le necessarie indicazioni relative a un prodotto. Ci vogliono programmi di educazione alimentare, come quelli previsti dalla ‘Next Generation’ europea. Soluzioni come quella del Nutriscore avvantaggiano una parte dei produttori, creando uno scontro, per esempio tra chi opera nel mondo delle proteine vegetali e chi invece in quello delle proteine animali”.

Le etichette sono, per definizione, piccole e sintetiche. Secondo lei quindi bisognerebbe rinunciare a inserire informazioni utili su questi cartellini?

“Qualche informazione, naturalmente, va inserita anche sull’etichetta, dal momento che è sensato indicare i rischi collegati all’abuso di determinati alimenti. Il tema di fondo però è quello di non criminalizzare alcuni alimenti senza che ci siano basi oggettive”.

Che cosa proponete, quindi, come consorzio?

Il sistema delle etichette deve essere supportato da una reale politica per l’educazione alimentare. Nelle scuole, sul retro delle confezioni, sui siti web legati al prodotto, nei punti vendita, occorre innescare un circuito positivo che faccia conoscere i danni che una cattiva alimentazione può arrecare alla salute. Sarebbe corretto assegnare il semaforo ad ogni cittadino in base al suo comportamento alimentare. Come Consorzio siamo da tempo impegnati a comunicare i valori positivi del Parmigiano Reggiano, utile per la crescita, per contrastare l’osteoporosi e per mille altri motivi. Abbiamo un programma che ci porta nelle scuole, organizziamo visite per far conoscere questo formaggio, far vedere come nasce, insegnare la sua tradizione”.

Alla fine pensa che il Nutriscore verrà adottato?

“Credo che difficilmente sarà approvato. Il dibattito attorno a questo provvedimento, però, deve essere un’opportunità da cogliere, per discutere e avviare una reale politica informativa”.

Il Nutriscore, l’etichettatura ‘francese’ nutrizionale a colori

Cinque lettere per cinque bollini colorati. Si chiama ‘NutriScore’ il sistema francese di etichettatura nutrizionale a colori da apporre sulla parte anteriore della confezione dei prodotti (Front-of-pack) che da anni ormai divide l’Unione europea e i suoi stati membri. Inventato in Francia, dove è stato adottato dal 2017 su base volontaria insieme al Belgio, la Germania, il Lussemburgo e i Paesi Bassi.

L’etichetta è composta da colori e da lettere, in una combinazione generata da un algoritmo sviluppato da un team di ricerca francese sull’epidemiologia nutrizionale che mette in relazione le proprietà positive dei cibi o dei prodotti (contenuto di proteine, fibre e frutta, verdura, noci) e le proprietà negative (contenuto di energia, zuccheri, grassi saturi, sodio (parte del sale da cucina) per arrivare a un punteggio compreso tra -15 (scelta migliore) e +40 (il peggior malsano).

Il ‘bollino’ colorato francese sulla qualità nutrizionale dei prodotti si basa su una scala di 5 colori dal verde scuro all’arancione scuro e viene associato a lettere che vanno dalla A alla E per facilitarne la comprensione da parte del consumatore. Il colore e la lettera vengono assegnati sulla base di un punteggio che tiene conto, per 100 g o 100 ml di prodotto, del contenuto: in nutrienti e alimenti da favorire (fibre, proteine, frutta, verdura, legumi, noci, colza, noci e olio d’oliva), e nutrienti da limitare (energia, acidi grassi saturi, zuccheri, sale).

Il nutriscore e il packaging saranno peraltro gli argomenti oggetto del focus di uno dei quattro panel del convegno “L’evoluzione dell’agroalimentare italiano ed europeo tra sostenibilità e benessere”, organizzato da Gea, Eunews – testate di Withub – e Fondazione Art. 49 in collaborazione con il Parlamento europeo e con il patrocinio della Commissione europea. L’appuntamento del 9 marzo a Roma, presso Europa Experience, darà la stura al ciclo di sei eventi Withub previsti per il 2023: un momento di scambio e confronto tra esponenti di primo piano delle istituzioni nazionali ed europee con esperti, operatori di settore, organizzazioni di categoria e portatori di interesse. Gli altri argomenti che saranno affrontati durante i panel del convegno saranno gli insetti e le carne sintetiche, le avvertenze sanitarie sulle etichette degli alcolici; l’innovazione e il PNRR per l’agricoltura sostenibile.

Nel quadro della sua politica agroalimentare, la strategia ‘Farm to Fork’ (Dal campo alla tavola) pubblicata a maggio 2020, la Commissione europea ha promesso di rivedere tutta la legislazione europea relativa alla cosiddetta ‘Informazione alimentare ai consumatori’ con una proposta legislativa al Parlamento europeo e agli Stati membri che coprirà tutte e quattro le tipologie di etichette alimentari: le etichette nutrizionali, etichette d’origine, indicazione della data ed etichette per le bevande alcoliche.

La parte più discussa in Unione Europea su questa iniziativa di riforma è quella sull’etichetta nutrizionale da apporre sulla parte anteriore della confezione dei prodotti, che l’Esecutivo vuole armonizzare a livello comunitario scegliendo un modello che sia uguale per tutti.

Bruxelles aveva promesso di avanzare entro fine 2022 la proposta legislativa, ma per ora sembra rimandata a data da destinarsi. Un funzionario dell’Ue precisa che come per tutte le proposte legislative, è in corso al momento una valutazione d’impatto che si basa “sulle prove scientifiche fornite dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare e dal Centro comune di ricerca e sulle consultazioni con i cittadini, le parti interessate e le indagini mirate con gli Stati membri, le imprese, le PMI e le organizzazioni dei consumatori e della salute”. In questa fase, “sono in corso lavori tecnici per raccogliere ulteriori prove” e dunque non c’è data certa per la presentazione da parte dell’Ue, che potrebbe addirittura non arrivare durante l’attuale legislatura che si concluderà nel 2024.

Vino

Vino, Lollobrigida promette battaglia: “Etichettatura Irlanda inaccettabile”

Qualunque iniziativa che preveda uno “stigma” sugli effetti del vino per la salute umana è “inaccettabile“. Sulla decisione dell’Irlanda di etichettare le bottiglie di vino con fini legati alla difesa della salute Francesco Lollobrigida è tranchant.

Lunedì a Bruxelles, durante l’Agrifish, incontrerà l’omologo irlandese Charlie McConalogue: “Gli esporrò le nostre ragioni, fiducioso di trovare punti di condivisione e superare le divisioni sulle vedute“, fa sapere. Poi affonda: “Lo aiuterò regalandogli una bottiglia di vino in modo che possa constatare che non abbiamo alcuna intenzione di danneggiargli la salute“.

La battaglia in Europa è annunciata: “Non accetteremo mai sistemi di etichettatura degli alimenti che, come il Nutriscore, producono effetti discriminatori verso le eccellenze alimentari alterando il mercato e condizionando le persone“, assicura. Per il governo Meloni è in discussione la tutela della qualità dei prodotti italiani. L’impressione è che chi propone questo sistema di etichettatura, ribadisce Lollobrigida, “nasconda dietro l’alto richiamo alla tutela della salute umana un più pratico intento a impedire ai prodotti di eccellenza italiani, quale è il vino, di affermarsi sul proprio mercato”.

Il complesso di obblighi per la creazione di una etichettatura specifica per i prodotti destinati al mercato irlandese potrebbe per il ministro di Fratelli d’Italia portare le nostre aziende ad abbandonare quel mercato o a dissuadere gli operatori nel farvi ingresso. Ma le restrizioni che impediscono direttamente o indirettamente gli scambi presenti o potenziali all’interno dell’Unione europea sono, ricorda, “vietate dai trattati dell’Unione“. E’ per questo motivo che il 12 gennaio l’Italia ha inviato una lettera al commissario europeo del mercato interno Thierry Breton denunciando gli effetti distorsivi che l’iniziativa irlandese avrebbe per il mercato.

Ma l’intenzione del ministro dell’Agricoltura è “ristabilire la verità“, rivendica. Perché la misura irlandese, afferma, non è giustificata da nessuna evidenza scientifica. E’ vero, invece, che i rischi di salute per i consumatori dipendono dalle modalità di consumo, dal regime alimentare, dallo stile di vita. Da qui, l’intenzione di promuovere una serie di studi insieme al ministro della Salute Orazio Schillaci sugli effetti del consumo degli alimenti. Non solo: è stato aperto un canale diplomatico con i ministri dell’Agricoltura di Francia e Spagna, “danneggiati anche loro da questo tipo di indicazione“, per promuovere azioni condivise allo scopo di ribadire la necessità di lavorare sulla distinzione tra abuso e consumo responsabile di alcol.

Non può passare una norma del genere. Posso dirlo? Una norma del genere mette in discussione l’Europa, gli Stati uniti d’Europa. In America non succederebbe mai“, tuona il governatore Veneto Luca Zaia. La sua è tra le Regioni che esportano di più. “I Paesi che vogliono imporre questa norma sono quelli del Nord, che non hanno agricoltura e quindi devono inventarsi qualcosa. È uno scontro che va avanti da decenni“, lamenta. Da Bruxelles “ne arriva una al giorno“. Il riferimento è “ai grilli, agli insetti, alle larve… che poi: anche questi faranno male in dosi eccessive, no? Lo scriveranno sulle etichette? Di questo passo mi aspetto la stretta anche sui formaggi: anche di questi siamo tra i maggiori produttori mondiali“. Dal Friuli Venezia Giulia, Massimiliano Fedriga, governatore e presidente della Conferenza delle Regioni, assicura l’impegno dei territori: “Siamo i primi produttori al mondo di vino. E’ una nostra eccellenza e intendiamo difenderla per evitare danni alla produzione e all’immagine internazionale delle nostre aziende. Pensare di ridurre il consumo di alcolici attraverso etichette-allarmistiche è “superficiale e sbagliato“, spiega. Così, insiste, “si mette in discussione la stessa qualità dei nostri vini, che è fatta di ricerca, cultura e passione”.

Da ingredienti a valori nutrizionali: le regole sull’etichettatura degli alimenti

Da quasi otto anni, precisamente dal 13 dicembre del 2014, tutti gli operatori del settore agroalimentare sono obbligati a esporre l’etichettatura degli alimenti. Questo in base alle disposizioni generali del Regolamento europeo 1169 del 2011 sulla fornitura di informazioni relative al cibo che i consumatori acquistano. L’obiettivo è assicurare chiarezza sui prodotti, in modo da non indurre il consumatore in errore su caratteristiche, proprietà o possibili effetti.

Le indicazioni sono presenti sul portale del ministero della Salute e vedono la distinzione tra alimenti preimballati, sui quali le informazioni obbligatoriedevono comparire sul preimballaggio o su un’etichetta a esso apposta”, e alimenti non preimballati, in questo caso le informazioni “devono essere trasmesse all’operatore che li riceve, affinché possa fornirle al consumatore finale”. Devono essere obbligatoriamente indicate caratteristiche come la denominazione dell’alimento, l’elenco degli ingredienti, gli ingredienti o coadiuvanti tecnologici elencato nell’allegato II o derivati da una sostanza o un prodotto elencato che provochi allergie o intolleranze usato nella fabbricazione o nella preparazione di un alimento e ancora presente nel prodotto finito, anche se in forma alterata, la quantità degli ingredienti o categorie di ingredienti, la quantità netta dell’alimento e il termine minimo di conservazione o la data di scadenza.

Non solo, perché tra le informazioni che inderogabilmente vanno fornite al consumatore ci sono anche le condizioni particolari di conservazione e/o le condizioni d’impiego, il nome o la ragione sociale e l’indirizzo dell’operatore del settore alimentare, il Paese d’origine o il luogo di provenienza, le istruzioni per l’uso (per i casi in cui la loro omissione renderebbe difficile un uso adeguato dell’alimento) e una dichiarazione nutrizionale (valore energetico, grassi, acidi grassi saturi, carboidrati, zuccheri, proteine, sale). Per le bevande che contengono più dell’1,2 % di alcol in volume, poi, va indicato il titolo alcolometrico volumico effettivo.

Ovviamente, la prescrizione è che tutte le indicazioni siano stampate in modo chiaro e leggibile, il carattere deve avere una dimensione non inferiore a 1,2 millimetri, mentre nelle confezioni più piccole non deve essere inferiore a 0,9 millimetri. Sull’etichetta possono essere inserite anche altre informazioni, che vengono però considerate facoltative o, quantomeno, su base volontaria. E devono soddisfare alcuni requisiti: non devono indurre in errore il consumatore, non devono essere ambigue né confuse, devono basarsi nel caso su dati scientifici pertinenti e non possono occupare lo spazio disponibile in etichetta per le informazioni obbligatorie.