Europee, Meloni capolista: “Possiamo cambiare l’Ue, su Green deal avevamo ragione noi”

Dopo settimane di slalom su una sua eventuale candidatura alle europee, l’annuncio arriva dal palco della conferenza programmatica di Fratelli d’Italia a Pescara: Giorgia Meloni sarà capolista del suo partito in tutte le liste per le elezioni dell’8 e 9 giugno. Durante la kermesse, Meloni conta sulla presenza dell’alleato di Forza Italia Antonio Tajani. Assente Matteo Salvini, che diserta con un videomessaggio: “E’ l’ultima domenica che posso dedicare ai miei figli“, si giustifica. “Grazie Matteo, anche se ci ha preferito il Ponte”, ironizza la premier.

Oltre un’ora di discorso in cui la leader fa il punto sui traguardi raggiunti dal partito e dal governo, su quelli da raggiungere, sui progetti per l’Italia e l’Europa. Alla fine, un richiamo alla responsabilità per tutti, anche per se stessa: “Intendo fare la mia parte“, annuncia. “Ho deciso di scendere in campo per guidare le liste di Fratelli d’Italia in tutte le circoscrizioni elettorali, se sopravvivo“. Durante il discorso, più volte la leader di FdI accusa malesseri senza precisare il motivo. Sembrano delle cefalee o delle vertigini: “Perdonatemi, sono su un otto volante, ma ce la faccio“, rassicura. Quando il discorso entra nel vivo, la voce si alza e la presidente del Consiglio è costretta a riabbassarla: “Non posso“, scandisce. Meloni rivendica le sue vittorie sui “gufi” che, sostiene, speravano fallisse: dalla revisione del Pnrr ad alcune politiche ambientali a Bruxelles dove, è convinta, l’Italia può fare la differenza.

Affonda sugli “errori” degli avversari. Il Superbonus? “La più grande patrimoniale al contrario mai fatta in Italia“, accusa e ricorda: “Finora sono state scoperte truffe per almeno 17 miliardi di euro. In pratica, quelli che dovevano portare ‘onestà’ nelle istituzioni ci hanno regalato una legge che si è rivelato il più grande regalo mai fatto dallo Stato italiano a ladri e truffatori”. Poi parla del “coraggio e della determinazione” avuti dall’esecutivo italiano nel mettere in discussione alcuni totem del Green Deal: “Ora fioriscono dichiarazioni, studi e documenti che dicono, più o meno, tutti la stessa cosa: bisogna puntare alla sostenibilità ambientale senza derive ideologiche che mettano in pericolo la sostenibilità economica e sociale“, afferma. Che dunque si deve recuperare la dimensione produttiva e competitiva dell’Europa. Parole di “buonsenso, che però confessano come la strada imboccata fin qui dall’Ue fosse sbagliata”. D’altra parte, mette in chiaro, sul Green deal europeo “chi oggi plaude alle parole di Mario Draghi o ai documenti di Enrico Letta, liquidava le nostre critiche come ‘negazionismo climatico’ e ‘oscurantismo scientifico’. La verità – esclama – è che qualcuno dovrebbe avere il coraggio di riconoscere è che abbiamo sempre avuto ragione noi, che non era oscurantismo o negazionismo, ma banale realismo”.

Nessuno, ribadisce la premier, “è più ecologista dei conservatori“, assicura, bollando gli attivisti dei movimenti giovanili come “eco-teppisti che imbrattano i monumenti, le opere d’arte, che bloccano le strade e impediscono alla gente di andare a lavorare”. Contro quelle che definisce “follie ideologiche” dell’Europa, FdI intende continuare a battersi anche sul comparto auto: “Nessuno nega che l’elettrico possa essere una parte della soluzione per la decarbonizzazione dei trasporti, però io nego che possa essere l’unica – afferma -. Sostenere il contrario è semplicemente un’idiozia, che diventa suicida quando lo si fa senza tenere conto che l’elettrico viene prodotto da nazioni che non rispettano neanche lontanamente i vincoli ambientali a cui sono sottoposte le nostre aziende“. Stesso discorso vale per le Case green, direttiva “pensata malissimo, senza tenere conto di alcuna specificità“, denuncia. E’ come se “efficientare una casa di legno nella tundra finlandese fosse la stessa cosa di efficientare una casa in pietra in un borgo della Sicilia“, lamenta. “Solamente dei burocrati chiusi in un palazzo di vetro possono immaginare una cosa del genere”.

Insomma, con lei al governo, osserva Meloni, “l’Italia è tornata protagonista in Europa, nel Mediterraneo allargato, ambito incredibilmente dimenticato per tanto tempo. E’ tornata in Africa ed è stata capace di fare da apripista per l’approccio non più predatorio o caritatevole, a cui oggi tutti guardano con interesse”. E se questi risultati sono stati ottenuti in un anno e mezzo, incita: “Pensate cosa potremmo fare se l’8 e il 9 giugno riusciremo a moltiplicare la nostra rappresentanza a Bruxelles e se dovessimo riuscire a costruire una maggioranza di centrodestra anche nel parlamento europeo“. Infine, l’invito al popolo, al quale si dice di appartenere con orgoglio, dopo anni in cui “sono stata derisa per le mie radici“, con gli appellativi di “pesciarola e borgatara“: “Votatemi scrivendo il mio nome, ma il mio nome di battesimo, Giorgia, come mi chiamano tutti quelli che mi avvicinano“.

Ue, Procaccini (Fdi): “Indipendenza politica strettamente legata a transizione ecologica”

Sul Green Deal “ci vuole il contrario di quello che è stato fatto. Non è semplice, mi rendo conto. Mi rendo altresì conto che l’obiettivo sia certamente quello. Credo che si debba prendere coscienza del fatto che c’è anche un tema di indipendenza politica che è strettamente collegato alla transizione ecologica. Attenzione, perché la transizione ecologica se la facciamo soltanto noi e non siamo in grado di condizionare gli altri, rischiamo di avere risultati velleitari in termini di protezione dell’ambiente e nello stesso tempo rischiamo di condizionare pesantemente non soltanto la produzione economica, ma anche le ricadute sociali e le ricadute sull’ambiente stesso”. Così Nicola Procaccini, presidente del gruppo dei Conservatori riformisti europei e responsabile del dipartimento Ambiente e energia di Fratelli d’Italia, durante #GeaTalk.

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Piano Mattei, Procaccini (Fdi): “E’ davvero inattaccabile in termini ideologici”

Ovviamente è un piano estremamente ambizioso che alla fine nessuno è in grado di attaccare in termini ideologici. Lo si attacca in termini di capacità di realizzazione. E’ chiaro che la capacità di realizzazione sarà la combinazione di più elementi: la capacità di investire risorse e quindi di trovare le risorse, la capacità delle Nazioni africane di essere particolarmente capaci di sviluppare le proprie economie in modo sano e collaborativo con l’Unione Europea e con l’Italia. Naturalmente sono piani a lungo termine, a me piace pensare che la politica estera e la politica energetica siano un po’ una zona franca rispetto al pingpong della politica quotidiana, a me piace pensare che il Piano Mattei sia qualcosa che, dovesse tornare al governo la sinistra, se ne farà carico così come ha fatto la destra. Perché se invece cambiamo ogni volta, ogni governo poi non siamo mai in grado di prendere o tenere la rendita dagli investimenti che facciamo. In questo caso non parliamo di investimenti economici ma politici con la P maiuscola”. Così Nicola Procaccini, presidente del gruppo dei Conservatori riformisti europei e responsabile del dipartimento Ambiente e energia di Fratelli d’Italia, durante #GeaTalk. “La presidente Meloni è appena tornata dalla Tunisia ottenendo non solo di poter avere un maggiore controllo delle partenze con le motovedette, ma anche la formazione di 12.000 tunisini in modo da poterli far entrare in Italia legalmente e non attraverso i trafficanti, 12.000 tunisini già formati professionalmente che vanno a riempire dei vuoti professionali. Mi sembra un approccio di buon senso, mi sembra un approccio non predatorio come purtroppo è accaduto in passato con le nazioni africane. Dopo di che naturalmente i risultati li verificheremo nel medio-lungo periodo, però penso che sia responsabilità di tutti e penso che questo rimuova spesso anche le ragioni per cui la gente vuole andar via dalla propria terra, dai propri affetti, dalle proprie tradizioni. Perché nel momento in cui hanno la possibilità di sviluppare un progetto di vita dignitoso nella propria nazione, non vedo perché dovrebbero cercare di attraversare il Mediterraneo su un gommone scassato messo a disposizione da criminali senza scrupoli. Non vedo come si possa non condividere almeno l’obiettivo”, aggiunge.

Governo, Procaccini (Fdi): “Meloni considerata fra persone più influenti, buona notizia”

Decisamente, Giorgia Meloni è probabilmente l’unica capace di parlare con tutti al Consiglio Europeo, perché non ha la puzza sotto il naso che hanno altri, non dà le patenti ai governi democraticamente eletti, ragiona con tutti in maniera serena, aperta e paritaria e questo le consente sicuramente di avere una influenza certificata anche oggi dal Time che la la definisce una delle persone più più influenti del pianeta Terra. Penso che questo ci faccia piacere, poi stare più o meno simpatica, la si può votare o meno, ma credo che se il capo del governo italiano viene considerato una delle persone più influenti del mondo, sia una buona notizia per tutti”. Così Nicola Procaccini, presidente del gruppo dei Conservatori riformisti europei e responsabile del dipartimento Ambiente e energia di Fratelli d’Italia, durante #GeaTalk.

Ue, Procaccini (Fdi): “Draghi? Lo vedo meglio nel Consiglio Europeo che nella Commissione”

Non ha detto che siamo contrari, ha detto che al momento è prematuro parlarne e che al netto dell’autorevolezza di Mario Draghi bisogna vedere qual è il ruolo, anche perché ci sono ruoli più o meno politici. Il presidente della Commissione è un ruolo molto politico, molto più politico del presidente del Consiglio Europeo. In quest’ottica bisognerebbe poi vedere che tipo di politica vuole attuare Mario Draghi. La mia sensazione è che la sua figura sia più collocabile nel Consiglio europeo che non nella Commissione europea, francamente non riesco a immaginarmelo in quel ruolo”. Così Nicola Procaccini, presidente del gruppo dei Conservatori riformisti europei e responsabile del dipartimento Ambiente e energia di Fratelli d’Italia, durante #GeaTalk a proposito della posizione della premier Giorgia Meloni e del suo partito Fdi sulla possibilità che Mario Draghi prenda il posto di Ursula von der Leyen nella prossima Commissione Europea.

Procaccini: “Serve una nuova Europa. Draghi? Meglio presidente del Consiglio”

Io ho la sensazione che saranno le elezioni europee più partecipate di sempre”. Nicola Procaccini, presidente dei Conservatori e Riformisti europei, responsabile del dipartimento Ambiente ed energia di Fratelli d’Italia, motiva la sua convinzione con una ragione di “politica domestica, perché si tratta di una sorta di tagliando per il governo” e una di natura “contenutistica, perché c’è sempre più una presa di coscienza di quanto possano contare le decisioni di Bruxelles sulle nostre vite”. Fatta questa premessa, Procaccini – ospite di GeaTalk, il format video di GEA, – smonta nella sua veste di eurodeputato quanto è stato fatto nell’ultimo quinquennio, pur riconoscendo l’impatto tremendo della pandemia e di due guerre: “Sicuramente non mancano le giustificazioni ma il giudizio resta critico proprio per la gestione di queste guerre e per il Green Deal, condizionato da un furore ideologico che si è rivelato dannoso”. L’esempio è quello delle materie prime per la transizione energetica, ma anche della gestione dei migranti: “Se ci fosse stato un po’ più di realismo, un po’ più di pragmatismo nei lavori della Commissione europea in questi cinque anni, diversi problemi che oggi abbiamo di fronte sarebbero meno paurosi e meno gravi di quanto lo siano”.

Bocciata quindi Ursula von der Leyen, che però è in sintonia con la premier Giorgia Meloni, il futuro potrebbe esse Mario Draghi. Il nome è molto in voga in queste settimane anche se pare raccolga consensi unanimi in Italia: “Non è stato detto che siamo contrari, è stato detto che al momento è prematuro parlarne e che al netto dell’autorevolezza di Draghi bisogna vedere quale sarà il ruolo. Perché ci sono ruoli più o meno politici”, il distinguo di Procaccini. Che si concretizza in una poltrona diversa da quella immaginata di successore di von der Leyen: “La mia sensazione è che la sua figura sia più collocabile nel Consiglio europeo che non nella Commissione europea, francamente non riesco a pensarlo in quel ruolo”.

Il 10 giugno l’Europa potrebbe avere connotazioni profondamente diverse da oggi. “Il mio pensiero desideroso è chiaramente che si sposti un po’ più a destra il punto di equilibrio, che si possa tornare all’Europa confederale che era stata immaginata quando è nata l’Unione Europea – confessa l’esponente di FdI -. Quindi tutto il contrario del super Stato federalista che invece altri sostengono legittimamente. Noi questo non lo condividiamo e quindi speriamo che possa emergere una una posizione politica che torni a essere quella di un’alleanza di nazioni. Che fanno poche cose insieme, ma serie e importanti”. Il traino è quello della presidente del Consiglio: “Giorgia Meloni è probabilmente l’unica capace di parlare con tutti al Consiglio Europeo, perché non ha la puzza sotto il naso che hanno altri, non dà le patenti ai governi democraticamente eletti, ragiona con tutti in maniera serena, aperta e paritaria e questo le consente sicuramente di avere una influenza certificata anche oggi dal Time, che la la definisce una delle persone più più influenti del pianeta”.

Sul tema ‘verde’ e sulla gestione economica di questo passaggio ormai ineludibile, Procaccini calca la mano, per il futuro ci vuole “il contrario di quanto è stato fatto” e sottolinea che “se la transizione ecologica la facciamo soltanto noi e non siamo in grado di condizionare gli altri, rischiamo di avere risultati velleitari in termini di protezione dell’ambiente e nello stesso tempo rischiamo di condizionare pesantemente non soltanto la produzione economica, ma anche le ricadute sociali e le ricadute sull’ambiente stesso”. Per le case green auspica “buon senso” e lo motiva, l’eurodeputato di Fratelli d’Italia: “Sono obiettivi così utopistici che lasciano un po’ il tempo che trovano. Noi portiamo – e chissà per quanti anni porteremo – sulla pelle i segni del Superbonus 110% che ci ha consentito di ristrutturare e quindi rendere più performanti in termini energetici meno del 10% del numero di abitazioni che si dovrebbe adeguare secondo la Direttiva Case Green. Questo l’abbiamo fatto ad un costo che graverà sui nostri figli e sui figli dei nostri figli”. Più o meno è lo stesso disagio creato dalla nuova Pac, che ha provocato la protesta dei trattori e ha messo a ferro e fuoco Bruxelles: “Da questo radicalismo ideologico di cui Timmermans è stato forse il massimo rappresentante ne sono derivate regolamenti e direttive che più o meno con cadenza trimestrale-quadrimestrale avevano come obiettivo quello di colpire i lavoratori della natura, quindi agricoltori, allevatori, pescatori. È un atroce paradosso”, denuncia Procaccini.

Paradossale, dice, è anche quanto successo alla National Conservative Conference, fermata a Bruxelles da un intervento della polizia. “E’ stata una scena surreale“, confessa Procaccini. “E’ arrivata la polizia ha cercato di sgomberare una sala dove c’erano peraltro cardinali, intellettuali. Questo racconta di un clima bruttarello che spero non non degeneri ulteriormente perché anche in Italia ci sono più o meno quelle stesse sensazioni. Mi riferisco agli scontri all’università, che ci sia un estremismo a sinistra che stia sempre più montando e secondo me dovrebbe preoccuparci“.

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Meloni lavora alla squadra di governo: tra i nodi il Mite

La parola d’ordine è ‘metodo’. Il tempo stringe, i dossier sono tanti e ogni giorno diventano sempre più pesanti: il nuovo governo ha al massimo un orizzonte temporale di circa 30 giorni per nascere, non perdendo un giorno in più di quelli necessari per l’espletamento dei passaggi istituzionali. Ragion per cui il centrodestra, che ha una maggioranza autonoma sia a Montecitorio che Palazzo Madama, dovrà arrivare alle consultazioni davanti al capo dello Stato con le idee chiare. Il vertice tra i leader, Giorgia Meloni (alla quale con molta probabilità andrà la premiership), Matteo Salvini e Silvio Berlusconi è nell’aria anche se una data non è stata ancora fissata. Non è escluso che possano essere invitati anche i rappresentati di Noi Moderati: Maurizio Lupi, Giovanni Toti, Lorenzo Cesa e Luigi Brugnaro. Da più voci viene ventilata l’ipotesi che possa tenersi già in queste ore, al massimo per il fine settimana. Non è escluso che il Cavaliere atterri a Roma, aprendo le porte di Villa Grande agli alleati.

Serve una squadra pronta, parafrasando lo slogan di FdI in campagna elettorale. Meloni, però, chiede ai partner di buttare giù una rosa di nomi con profili specifici per i dicasteri chiave. Una volta che la lista sarà stilata, saranno scelti almeno due profili per ruolo da sottoporre al presidente della Repubblica. Ma qui si apre il cosiddetto toto-ministri. E, di conseguenza, la partita più politica, che la leader di Fratelli d’Italia sta provando ad affrontare con prudenza e pazienza. Consapevole che il tonfo della Lega sta aprendo (inevitabilmente) una crepa attorno alla segreteria di Salvini. Difficile che il Capitano, come lo chiamavano un tempo i suoi, torni al Viminale come invece spera. Appare più realizzabile uno scenario nel quale all’Interno ci vada l’attuale prefetto di Roma, Matteo Piantedosi. All’Economia è plausibile che possa essere scelto un ministro più tecnico ma comunque di area: Fabio Panetta sarebbe la persona giusta al posto giusto, ma nei mesi scorsi il suo nome è stato ‘bruciato’ da alcune indiscrezioni sui media. I rumors rimettono in campo anche Domenico Siniscalco, già responsabile del Mef per un anno ai tempi del terzo governo Berlusconi, ma le chances non sono alte. Nelle ultime ore circola anche un nome nuovo, quello di Carlo Di Primio, attuale presidente dell’Aiee, associazione italiana economisti dell’energia, che ha alle spalle ormai oltre 40 anni di esperienza nel settore energia e rinnovabili in posizioni di vertice di grandi aziende e associazioni internazionali.

Quello dell’Economia è un nodo che si intreccia con il futuro di Mise e Mite. Con il governo di Mario Draghi l’ex ministero dell’Ambiente ha cambiato la denominazione in Transizione ecologica, acquisendo la delega di peso all’Energia. Spetta a Meloni decidere se proseguire su questa linea o riportare le competenze in capo allo Sviluppo economico. Nella prima ipotesi, una conferma di Roberto Cingolani è esclusa dal diretto interessato, ma non da chi potrebbe riproporlo al capo dello Stato. Gli altri nomi che potrebbero finire nella rosa sono quello di Fabio Rampelli, anche se le dinamiche interne a FdI rendono la sua candidatura più ‘debole’ rispetto a quella, ad esempio, del responsabile Ambiente del partito, Nicola Procaccini. La futura premier vorrebbe tenere per i suoi un ministero pesante, su cui ha giocato buona parte della campagna elettorale, promettendo il disaccoppiamento dei prezzi di gas e rinnovabili o lo sviluppo di un hub europeo con base italiana dell’energia, sfruttando le potenzialità dei gasdotti che arrivano sulla sponda sud del Paese. Se, invece, volesse riportare le deleghe al Mise allora la partita si sposterebbe su via Veneto, dove la figura di Francesco Lollobrigida (in corsa anche per le Infrastrutture) o Guido Crosetto (papabile per sia per la Difesa, come Ignazio La Russa, sia come sottosegretario alla Presidenza del Consiglio) sarebbero molto più rassicuranti rispetto a quella del leghista Giancarlo Giorgetti. Che ha ottime chance di restare nella squadra, ma non dove FdI ha puntato le fiches più pesanti.

In questo secondo scenario, dunque col ritorno al ministero dell’Ambiente, potrebbe scalare posizioni il nome di Vannia Gava, responsabile Transizione ecologica della Lega, ma soprattutto sottosegretaria al Mite con Sergio Costa, ai tempi dell’asse giallo-verde, e con lo stesso Cingolani. A lei spetterebbero, in quel caso, i compiti di traghettare l’Italia verso l’obiettivo di emissioni zero al 2030 previsto dai trattati internazionali.

Altro punto cruciale sarà quello delle Politiche agricole, alimentari e forestali. Per quel ruolo la Lega ha ottime possibilità di essere accontentata, con Gianmarco Centinaio in pole position, ma tenendo sempre aperto un canale per Massimo Garavaglia, che ha accumulato un bel po’ di esperienza (e punti) gestendo la delega al Turismo per Draghi. Non c’è solo il Carroccio da accontentare, perché Forza Italia si aspetta almeno 3, se non 4, ministeri. Almeno uno o due di quali con portafogli. Antonio Tajani è in lizza per la Presidenza della Camera (Roberto Calderoli al Senato), ma potrebbe tornare molto utile anche agli Esteri o ai rapporti con l’Unione europea. Soprattutto se Meloni deciderà di portare avanti il suo piano per fare il ‘tagliando’ al Pnrr, per la parte di progetti non ancora partiti.

Per ora si tratta di rumors, spifferi che passano nei corridoi dei palazzi romani della politica. Per verificare quante di queste voci si riveleranno attendibili, comunque, non passerà molto tempo. Perché è quello che manca all’Italia: l’orologio corre veloce e i problemi sono tutti lì, che aspettano di essere risolti.