Rifiuti, oltre 36 kg pro capite da imballaggi in Ue nel 2022

Nell’infografica INTERATTIVA di GEA, l’andamento dei rifiuti da imballaggi in Ue. Secondo Eurostat, nel 2022 sono state prodotte complessivamente 83,4 milioni di tonnellate, ovvero 186,5 kg per abitante. Rispetto al 2021, ciò rappresenta una diminuzione di 3,6 kg per abitante, ma un aumento di 31,7 kg rispetto al 2012. Di tutti i rifiuti di imballaggio generati nell’Unione europea, il 41% era costituito da carta e cartone, il 19% da plastica, il 19% da vetro, il 16% da legno e il 5% da metallo. Nel 2022, sono stati generati in media 36,1 kg di rifiuti di imballaggi in plastica per ogni persona residente nell’Ue e di questi, 14,7 kg sono stati riciclati. Tra il 2012 e il 2022, la quantità di rifiuti di imballaggi in plastica generati è aumentata di 7,6 kg pro capite, mentre la quantità riciclata è aumentata di 4,0 kg.

Dagli scarti di avocado nascono imballaggi alimentari ecologici e sostenibili

Sebbene la plastica consenta di confezionare gli alimenti in modo sicuro e igienico, il suo uso estensivo costituisce una sfida ambientale significativa a causa della sua limitata riciclabilità e della breve durata di conservazione. Per questo motivo, da decenni l’industria e la comunità scientifica sono alla ricerca di alternative più sostenibili. Un recente studio pubblicato dall’Università di Cordoba, a cui ha partecipato anche l’Università di Girona, ha trovato il modo di produrre un prototipo di materiale per imballaggi alimentari più ecologico, sfruttando rifiuti finora privi di valore aggiunto: i residui della potatura dell’albero di avocado. La Spagna è il principale produttore di avocado a livello europeo, in modo particolare nella regione Axarquia di Malaga.

Attraverso un processo semichimico e meccanico in cui le foglie e i rami vengono mescolati con soda, raffinati e sfibrati, gli esperti sono riusciti a isolare le fibre dal residuo legnoso della potatura e a utilizzarle come materiale di rinforzo, sostituendo una parte della bioplastica utilizzata negli imballaggi alimentari. Oltre alla sostenibilità, questo nuovo composto ha dimostrato di essere più resistente, in parte grazie alle forti proprietà meccaniche delle fibre naturali ricavate dai residui di potatura dell’avocado. Il lavoro ha analizzato le prestazioni del materiale a diversi rapporti di fibre, ottenendo un aumento della resistenza alla trazione fino al 49%.

Il prossimo passo nella linea di ricerca del gruppo, ha spiegato l’autore dello studio, Ramón Morcillo, sarà quello di valutare altre proprietà di interesse per l’industria; ad esempio, le capacità antimicrobiche o antiossidanti che il nuovo composto potrebbe avere, aprendo così la porta a nuove forme di conservazione più sostenibili, specializzate e adatte a diversi tipi di prodotti.

Proprio nei giorni scorsi il Parlamento europeo ha approvato una serie di misure per la riduzione e il riciclo degli imballaggi. Alcuni tipi in plastica monouso saranno vietati a partire dal 2030, il che rappresenta una vera e propria sfida per l’industria: realizzare studi di mercato per valutare la redditività di quelle forme di imballaggio sostenibile che si sono dimostrate valide da un punto di vista scientifico. Secondo Morcillo “si tratta di un processo dettagliato che richiede molti sforzi e informazioni, ma che è essenziale affinché questi nuovi materiali vengano scalati e immessi sul mercato”.

parlamento ue

L’Eurocamera dà il via libera al nuovo regolamento sugli imballaggi

Si chiude il discorso su uno dei dossier divenuto simbolo della progressiva erosione del sostegno al Green Deal europeo, almeno in Italia. Nell’ultima sessione plenaria della legislatura, l’Eurocamera dà la propria benedizione con 476 voti a favore, 129 contrari e 24 astenuti, al regolamento Ue sugli imballaggi e sui rifiuti da imballaggi. Un provvedimento che “difende l’eccellenza italiana“, rivendica la relatrice del testo, la democratica Patrizia Toia. Di tutt’altro avviso la Confederazione Italiana Agricoltori (Cia), che auspica “una soluzione più equa” con il prossimo Parlamento. Contraria anche la Lega con il segretario, e vicepremier, Matteo Salvini che parla di un “danno alle imprese italiane“.

Le norme, frutto del sudatissimo accordo provvisorio raggiunto lo scorso 4 marzo con il Consiglio dell’Ue, introducono obiettivi di riduzione degli imballaggi del 5 per cento entro il 2030, del 10 per cento entro il 2035 e del 15 per cento entro il 2040. E impongono ai Paesi europei di ridurre in particolare i rifiuti di imballaggio in plastica. A partire dal 2030, saranno vietati diversi tipi di imballaggi di plastica monouso, tra cui gli imballaggi per frutta e verdura fresche non trasformate, per i cibi e le bevande consumati in bar e ristoranti e per le monoporzioni (ad esempio condimenti, salse, panna da caffè e zucchero). Il divieto si applicherà anche ai piccoli imballaggi monouso utilizzati negli alberghi e le borse di plastica in materiale ultraleggero al di sotto dei 15 micron. Per evitare effetti nocivi sulla salute, il testo vieta l’utilizzo dei cosiddetti “inquinanti eterni“, ovvero le sostanze perfluoroalchiliche (PFAS), al di sopra di determinate soglie negli imballaggi a contatto con prodotti alimentari.

Quello sugli imballaggi è stato finora uno degli atti legislativi europei più sensibili per il governo e per diversi gruppi d’interesse italiani, con una forte pressione delle delegazioni italiane sia all’Eurocamera sia al Consiglio per ridiscutere in particolare gli obiettivi di riciclo e riuso. Una contrapposizione superata nel testo finale, con la facoltà per gli Stati membri di concedere deroghe agli operatori dei settori coinvolti se i singoli materiali di imballaggio abbiano superato di almeno il 5 per cento gli obiettivi di riciclo definiti da Bruxelles. Non solo: l’Italia ha ottenuto l’esclusione dagli obblighi di riuso del take away, del cartone, di bevande come latte e altre altamente deperibili, vini e altre bevande alcoliche, oltre ad una deroga orizzontale per i materiali di imballaggio. A patto ancora che ci siano alti tassi di riciclo.

L’approvazione definitiva del regolamento imballaggi è una buona notizia per l’Europa e per l’Italia”, che “concilia gli obiettivi ambientali con gli interessi dell’economia“, ha esultato la dem Patrizia Toia, rivendicando il ruolo svolto per “difendere e valorizzare l’eccellenza dell’industria italiana del riciclo e le filiere di materiali sostenibili“. Una vittoria immediatamente ridimensionata dal presidente nazionale di Cia, Cristiano Fini: pur ammettendo che sul regolamento “c’è stato un grande lavoro di tutto il sistema Italia“, Fini denuncia la criticità del divieto di utilizzo degli imballaggi monouso in plastica per frutta e verdura sotto 1,5 kg, che “non supporta il settore né sul fronte delle spese né sulla garanzia di una migliore conservazione del prodotto, oltre che rispetto all’obiettivo del contrasto allo spreco alimentare”.

Sul piede di guerra la Lega, l’unico partito italiano che anche oggi si è opposto in blocco – così come il gruppo politico europeo a cui appartiene, Identità e Democrazia – all’approvazione del regolamento. Secondo l’eurodeputata del Carroccio Silvia Sardone le nuove norme sugli imballaggi rimangono “fortemente penalizzanti per le imprese italiane” e fanno parte di quei “provvedimenti ideologici green con cui l’Ue ha caratterizzato questo mandato, tra ecofollie e danni gravi a interi settori“. Si accoda il segretario, e vicepremier, Matteo Salvini, secondo cui il regolamento “danneggia le imprese italiane, aumentando burocrazia e costi“.

Prima di essere pubblicato sulla Gazzetta ufficiale Ue ed entrare in vigore, l’accordo dovrà essere approvato formalmente a maggioranza qualificata dagli Stati membri nel Consiglio dell’Ue.

Ue al lavoro per la rivoluzione del caffè: le cialde saranno considerate imballaggi

Gustoso, cremoso, con odori e sapori diversi. Sempre lui, ma comunque diverso. In altre parole, c’è caffè e caffè. Quello che l’Ue preferisce è quello sostenibile, e la Commissione europea lavora alla rivoluzione del ‘coffe break’ in capsula. Con la proposta di modifica della direttiva sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio e il suo passaggio in regolamento, i contenitori di caffè per macchinette diverse dalla classica moka diventeranno oggetto delle nuove normative che intende disciplinare l’utilizzo dell’esausto.

Ad oggi le capsule non sono considerate imballaggi, cosa che invece fa la proposta di regolamento. Questo cambio di paradigma, spiega il commissario per l’Ambiente, Virginius Sinkevicius, “consentirà ai produttori di prendere decisioni di investimento che consentano una migliore selezione e successivo riciclo”. Perché, spiega il commissario nella risposta offerta all’interrogazione parlamentare in materia, il contenitore del caffè è in realtà una piccola miniera di sostanze utili all’ambiente e non solo.

La Commissione europea si è resa conto che i fondi di caffè contengono “preziosi nutrienti vegetali come potassio, fosforo e azoto che possono essere utilizzati per arricchire il terreno invece di essere inceneriti”. Sono dunque una risorsa per il suolo, anche in chiave agricola . Ancora, ci sono nei piccoli imballaggi a forma tonda “altre preziose materie prime secondarie di cui sono costituite le capsule, come l’alluminio”, che può tornare utile per il processo industriale e produttivo. Ecco perché “compostare sia la capsula che il materiale in essa contenuto rappresenterebbe l’opzione più vantaggiosa per l’ambiente”. Ed ecco perché, sottolinea ancora Sinkevicius, la proposta di regolamento sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio, prevede “il requisito” che le capsule di caffè siano compostabili. Fermo restando il principio per cui “gli imballaggi dovrebbero essere compostabili quando ciò possa facilitare la raccolta differenziata dei rifiuti organici”, come recita la proposta di regolamento presentata alle parti interessate, a cui si fa notare che cialde o capsule con alluminio non è più sostenibile. Perché, riconosce il commissario all’Ambiente, l’allumino “non è facilmente” recuperabile. Nel caso delle capsule perché trattasi di oggetti densi e piccoli che non vengono ben catturati dalle raccolte ottiche di rifiuti, e comunque la plastica rigida non è accettata in molti impianti europei di compostaggio. Ecco perché “per il caffè è necessario più materiale di imballaggio diverso dall’alluminio”.

Niente paura. La rivoluzione del caffè a casa o in ufficio non avrà ripercussioni economiche. Non si tratta di obbligare nessuno a cambiare apparecchio, tiene a precisare il commissario Ue. “Le capsule di caffè compostabili sono già disponibili in commercio, pertanto, una volta entrato in vigore il requisito non sarà necessaria alcuna sostituzione delle macchine esistenti”.

Imballaggi, al Parlamento europeo passa la linea morbida. Deroga a riuso, Italia festeggia

Tutti gli imballaggi immessi sul mercato europeo saranno riciclabili dal 2030 e riciclati dal 2035. O almeno, questo è quello che chiede l’Europarlamento che, in sessione plenaria a Strasburgo, ha adottato con ampia maggioranza – 426 sì, 125 no e 74 astenuti (su 625 votanti) – il mandato negoziale sul regolamento sugli imballaggi e sui rifiuti da imballaggio, ridimensionando di molto l’ambizione della proposta originaria della Commissione europea e anche la stessa relazione passata in commissione ambiente (Envi) competente sul file.

Sul testo della relatrice di Renew Europe, Frederique Ries, erano stati depositati oltre 525 emendamenti, dunque non stupisce che il testo finale licenziato da Strasburgo sia profondamente diverso da quello originale.

L’Emiciclo ha sostenuto, compatto, gli obiettivi generali di riduzione dei rifiuti prodotti dagli imballaggi proposti dalla Commissione: il 5% entro il 2030, il 10% per il 2035 e il 15% entro il 2040. A questi, l’Aula aggiunge obiettivi specifici di riduzione dei rifiuti per gli imballaggi in plastica (10% entro il 2030, 15% entro il 2035 e 20% entro il 2040). Gli eurodeputati chiedono il divieto alla vendita di sacchetti di plastica ultra leggeri (inferiori a 15 micron), a meno che non siano necessari per motivi igienici o forniti come imballaggio primario per alimenti sfusi, per aiutare a prevenire lo spreco di cibo.

La proposta della Commissione – che risale al 30 novembre 2022 – insisteva principalmente su quattro linee di intervento per ridurre i rifiuti: riuso dei contenitori con obiettivi minimi per le aziende; divieto per gli imballaggi considerati ‘non essenziali’ (come le bustine monouso per shampoo degli hotel o quelle in ristoranti e caffè); progettare entro il 2030 tutti gli imballaggi in modo che siano riciclabili al 100% e tassi obbligatori di contenuto riciclato che i produttori dovranno includere nei nuovi imballaggi di plastica.

Se i target generali di riduzione dei rifiuti sono stati ‘salvati’ dall’Eurocamera, salta invece per ora il divieto di uso per alcuni formati di imballaggio ‘non essenziali’ proposto da Bruxelles, come le confezioni monouso degli hotel per i prodotti da bagno e le pellicole termoretraibili per le valigie negli aeroporti. Come è saltato anche – con soddisfazione dell’Italia – il divieto di immissione in commercio di imballaggi di plastica monouso usati per i prodotti ortofrutticoli, come le buste di plastica per l’insalata (la Commissione europea proponeva di usare solo buste con contenuto superiore a 1,5 kg di frutta e verdura, mentre la commissione Envi aveva ridotto il peso a 1,5 Kg. Il voto in plenaria ha fatto saltare in toto il divieto).

Il nodo politico e la parte più criticata della normativa per l’Italia era quella del riuso, con obiettivi obbligatori per le aziende. Sul riuso sono stati approvati una serie di emendamenti all’articolo 26 del regolamento con una deroga se lo Stato membro raggiunge l’85% di raccolta separata per il riciclo negli anni 2026 e 2027. Un target che secondo gli eurodeputati italiani l’Italia ha già centrato. “Se il tasso di raccolta differenziata del rispettivo materiale di imballaggio è inferiore all’85 per cento, lo Stato membro presenta un piano di attuazione che illustra una strategia con azioni concrete”, si legge in uno degli emendamenti adottati e firmati dal presidente della commissione Itre, Cristian-Silviu Buşoi, e dell’eurodeputata del Partito democratico, Patrizia Toia.

L’Emiciclo ha concordato inoltre una esenzione anche sugli obblighi di riuso di una serie di imballaggi, come quelli per la vendita di bevande di vino, vino spumante, prodotti vitivinicoli aromatizzati. Sono previste alcune eccezioni temporanee, ad esempio per gli imballaggi alimentari in legno e cera, come richiesto in un emendamento presentato da Renew Europe per ‘salvare’ le tipiche confezioni in legno dei formaggi francesi. I deputati vogliono infine che i Paesi dell’Ue garantiscano la raccolta differenziata del 90 per cento dei materiali contenuti negli imballaggi (plastica, legno, metalli ferrosi, alluminio, vetro, carta e cartone) entro il 2029. L’Italia fa gioco di squadra e per una volta vota (quasi tutta) compatta, dal Partito democratico a Forza Italia passando per il Movimento 5 Stelle.

A votare contro il testo finale solo la destra estrema di Identità e Democrazia (di cui fa parte la Lega all’Eurocamera) e i Conservatori e Riformisti di Ecr (di cui fa parte la delegazione di Fratelli d’Italia). Nel voto di oggi “è andata molto bene perché il nostro obiettivo, che da sempre è quello di ridurre i rifiuti non riducendo gli imballaggi e quindi tenendo la filiera del riciclo attiva, è stato raggiunto negli articoli principali”, ha dichiarato a GEA l’eurodeputato di Forza Italia, Massimiliano Salini, relatore per il Partito popolare europeo sul nuovo regolamento imballaggi, in un punto stampa a Strasburgo dopo il voto. Dal fronte Socialdemocratico “abbiamo corretto l’impostazione voluta dalla commissione Ambiente (Envi), una serie di emendamenti sono stati approvati anche da una larga maggioranza voluta da un gioco di squadra italiano. Oggi possiamo dire che questo testo tiene conto di tutte le preoccupazioni che avevamo”, afferma l’eurodeputato, Paolo De Castro, sottolineando che ora “l’Italia può continuare con gli ambiziosi piani di riciclo e non volevamo che questa priorità del riuso” della proposta della Commissione europea “mettesse in discussione gli straordinari successi che ha portato a casa il nostro Paese. La proposta mette a riparo il settore agroalimentare, l’ortofrutta, tutte le indicazioni geografiche”.

Il M5S si dice non pienamente soddisfatto del testo finale ma infine ha deciso di votare a favore. “Il regolamento sugli imballaggi, così come emerso dalla plenaria di Strasburgo, è deludente. Sono stati fortemente ridimensionati, se non addirittura cancellati, molti provvedimenti chiave e proposte ambiziose che avrebbero rafforzato il riuso e quindi ridotto notevolmente la quantità di rifiuti che la nostra società produce”, sottolinea in una nota l’eurodeputata Maria Angela Danzì, spiegando però che come “Movimento 5 Stelle abbiamo sostenuto il testo nel voto finale perché comunque rappresenta un timidissimo passo avanti rispetto alle norme attuali”.

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Imballaggi, a Eurocamera primo ok alla stretta. Italia protesta, a novembre in plenaria

Un voto teso ma chiaro che conferma una linea dell’Europarlamento sugli imballaggi molto più stringente rispetto alle richieste dell’Italia. La commissione per l’Ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare (Envi) del Parlamento europeo ha adottato con 56 voti a favore, 23 contrari e 5 astensioni la sua posizione negoziale sulla proposta di regolamento della Commissione europea sugli imballaggi e sui rifiuti da imballaggio, che ora finirà al voto dell’intera sessione plenaria a novembre.

Nulla ancora è detto, ma gli eurodeputati della commissione competente per il dossier vogliono vietare la vendita di sacchetti di plastica ultra leggere (sotto i 15 micron), a meno che non siano necessarie per motivi igienici o fornite come imballaggio primario per alimenti sfusi per aiutare a prevenire gli sprechi alimentari. Oltre agli obiettivi generali di riduzione degli imballaggi proposti anche dalla Commissione europea, i deputati hanno sostenuto la proposta della relatrice, l’eurodeputata di Renew Europe, Frederique Ries, di introdurre specifici obiettivi di riduzione dei rifiuti per gli imballaggi in plastica (10% entro il 2030, 15% entro il 2035 e 20% entro il 2040).

Gli eurodeputati sostengono anche limiti minimi di contenuto riciclato a seconda del tipo di imballaggio, con obiettivi specifici fissati per il 2030 e il 2040. Secondo il mandato adottato, entro la fine del 2025, la Commissione dovrebbe valutare la possibilità di proporre obiettivi e criteri di sostenibilità per la plastica di origine biologica, una risorsa chiave per “defossilizzare” l’economia della plastica. Fin dalla presentazione da parte della Commissione europea il 30 novembre 2022, la proposta ha attirato le critiche di industria e politica italiana che hanno contestato principalmente la parte della proposta che riguarda i limiti o divieti di imballaggi considerati ‘non essenziali’ e gli obiettivi di riutilizzo degli imballaggi, con obiettivi minimi per le aziende.

Gli eurodeputati di Envi puntano a distinguere e chiarire i requisiti degli imballaggi da riutilizzare o da riempire. Gli imballaggi riutilizzabili dovrebbero soddisfare una serie di criteri, tra cui un numero minimo di volte in cui possono essere riutilizzati (da definire in una fase successiva nel negoziato con gli Stati membri), mentre distributori finali di bevande e cibi da asporto nel settore di ristorazione e hotel dovrebbero offrire ai consumatori la possibilità di portare il proprio contenitore. Rispetto alla proposta della Commissione, inoltre, i deputati vogliono vietare l’uso delle cosiddette “sostanze chimiche permanenti” aggiunte intenzionalmente (sostanze alchiliche per- e polifluorurate o Pfas) e del bisfenolo A negli imballaggi destinati al contatto con gli alimenti.

Se la delegazione italiana al Parlamento europeo era riuscita a ottenere un ammorbidimento delle regole nelle due commissioni non competenti che hanno espresso un parere (Itre e Imco), altrettanto non si è riuscito a fare in commissione Envi che è competente sul file legislativo. E l’Italia si dice pronta a dare battaglia. “Forte preoccupazione per l’incertezza dello scenario aperto dal voto di oggi in commissione Ambiente (Envi)” è stata espressa in una nota dall’europarlamentare di Forza Italia-Ppe Massimiliano Salini, relatore ombra sul dossier. Come Ppe “presenteremo una serie di emendamenti sulla base del compromesso alternativo che abbiamo sostenuto oggi: è necessario coniugare competitività e sostenibilità, un equilibrio di cui l’Italia è un esempio eccezionale da diffondere in quanto utile all’intera Ue“, ha anticipato. “La nostra battaglia continua: il fatto che sugli emendamenti chiave l’Aula si sia spaccata a metà, ci fa ben sperare in vista del voto finale in plenaria a novembre”, ha dichiarato. Il voto dovrebbe tenersi nella seconda sessione plenaria in programma dal 20 al 23 novembre.

Il voto conferma le nostre preoccupazioni: si continua ad andare verso un sistema che non valorizza il modello vincente italiano, ma che lo mette a rischio”, mette in guardia il ministro per l’Ambiente e la sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, promettendo che continueremo “la nostra battaglia in tutte le sedi comunitarie per difendere le ragioni di una filiera innovativa, che supera i target Ue con diversi anni di anticipo, che dà lavoro tutelando l’ambiente e affermando i più avanzati principi dell’economia circolare“.

Il nostro settore dell’ortofrutta è sicuramente preoccupato dal voto di oggi sugli imballaggi e sui rifiuti da imballaggi e speriamo di riuscire a modificarlo nel voto in plenaria” a novembre, ha spiegato a GEA Cristina Tinelli, responsabile relazioni Ue e internazionali di Confagricoltura, parlando di “un voto risicato ma questo c’è sul tavolo”. Tinelli ha riconosciuto che il regolamento sugli imballaggi “è sicuramente uno dei dossier che più ci ha tenuti impegnati nell’ultimo periodo. Ci sono parecchi aspetti dirimenti”, ha detto, citando l’obbligo proposto dalla Commissione europea “di utilizzare sacchetti monouso superiori a 1,5 kg per gli imballaggi dell’ortofrutta, che per noi voleva dire perdere tutto il settore della quarta gamma”, ha puntualizzato. Nella posizione adottata in commissione per l’Ambiente, la proposta “passa da 1,5 a 1 kg, però sappiamo bene che anche 1 kg è un risultato che non ci soddisfa per niente, soprattutto perché le altre due commissioni” che hanno adottato pareri sul dossier (Itre e Imco) “avevano completamente tolto questo vincolo”. Per Confagricoltura “è un grosso problema, come l’emendamento passato sulle etichette compostabili su frutta e verdura”. Tinelli ha riconosciuto l’aiuto “da parte degli eurodeputati italiani sul dossier però è necessario abbassare questo limite o addirittura toglierlo”.

vetro

Il vetro cresce nel 2022: produzione bottiglie a +1,5%. Ma prezzo rottame vola

E’ il materiale da imballaggio più ecosostenibile e sicuro di tutti: per questo il vetro resiste alle crisi. Ma per riportare il settore sulla strada della normalità ci sono ancora alcuni nodi da sciogliere. A partire dalla volatilità dei prezzi energetici e dall’aumento del prezzo del rottame a livelli mai raggiunti in precedenza. Un incremento che, oltre a incidere sul costo dei contenitori, pone un rischio in termini di mantenimento degli obiettivi di riciclo e di circolarità del settore: il costo di utilizzo del rottame ha ormai superato, infatti, quello della materia prima.

L’aggiornamento dei dati di produzione del packaging in vetro e il check up sullo stato di salute del settore è stato fornito da Assovetro. Nel 2022, nonostante i problemi energetici e l’onda lunga del Covid, la produzione di bottiglie e vasi è aumentata per rispondere ai bisogni di sicurezza e di sostenibilità ambientale richieste dai consumatori, ma anche per accompagnare il successo dei prodotti a marchio Italia che ha visto sempre più bottiglie di vino, e soprattutto spumante, prendere la via dell’estero. La produzione di bottiglie è aumentata dell’1,5% immettendo sul mercato oltre 2 miliardi di “pezzi”, e quella di vasetti del 2,5%. Il prezzo del rottame, però, è passato da circa 25 Euro/ton a 200 Euro/ton.

Nonostante il perdurare di fattori critici, l’industria del packaging in vetro – conferma Roberto Cardini, Presidente della sezione Contenitori di Assovetro – ha continuato a crescere. Il 2023 dovrebbe essere un anno di assestamento per permetterci di affrontare le sfide del futuro dell’industria del packaging in vetro, come quella della decarbonizzazione con la ricerca di nuovi vettori energetici”.

Riciclo e riuso possono convivere per perseguire fino in fondo la circolarità nel settore del packaging alimentare in vetro. La bozza di Regolamento Ue sugli imballaggi si focalizza sul riuso, una sfida, questa, che deve rimodulare le abitudini dei consumatori, la logistica e la creazione di nuovi modelli di business. Nel 2021 il riuso ha interessato 186.000 tonnellate di contenitori in vetro. Proprio le caratteristiche del vetro – sicuro, lavabile e chimicamente resistente – lo rendono un ottimo packaging per il riuso, soprattutto in filiere come quelle dell’ acqua e del latte. Bisogna tener presente che il riutilizzo comunque genera un vantaggio ambientale solo per le distanze limitate (100 chilometri) e si adatta poco alla personalizzazione commerciale.

In fatto di riciclo il vetro resta un’eccellenza italiana, quello dei rifiuti di imballaggi provenienti dalle raccolte differenziate ha raggiunto 2,2 Mt ed ha un tasso di riciclo pari al 76,6%, al di sopra del target europeo del 75% al 2030. L’industria del settore si è impegnata ad arrivare al 90% nel 2030.

Per le sue caratteristiche di sicurezza alimentare, sostenibilità e riciclabilità, il vetro oggi è un materiale che guarda al futuro per 8 consumatori europei su 10 (Fonte: Indagine InSites 2022). Per questi motivi è stato l’unico materiale da imballaggio ad aver registrato in Europa negli ultimi tre anni una crescita media dell’8% rispetto agli altri materiali da imballaggio, che hanno invece risentito di un calo tra il 24 e il 41%. Tre quarti dei consumatori europei raccomandano di acquistare prodotti confezionati in vetro, addirittura l’85% gli italiani, che sono anche, nel panorama europeo, i più “ricicloni”, con 9 su 10 che dichiarano di fare la raccolta differenziata. Un prodotto confezionato in vetro riscuote più fiducia per il 70% degli italiani.

Il risparmio energetico è stato da sempre un obiettivo primario per l’industria del vetro che nel suo complesso consuma ogni anno circa 1,1 miliardi di metri cubi di gas (circa l’1,5 per cento del consumo nazionale). Per questo, anno dopo anno, è diminuito il peso delle bottiglie. Le bottiglie di vino hanno ridotto il loro peso del 12% e quelle di spumante del 18%, così da richiedere minor consumo di materie prime, di energia e, di conseguenza, producendo minori emissioni di Co2 . Anche un sempre maggiore utilizzo del rottame di vetro per la produzione di bottiglie, che in molti casi oggi raggiunge il 90%, fa la differenza: ogni 10% di rottame utilizzato in sostituzione delle materie prime permette un risparmio del 2,5% di energia e una riduzione delle emissioni di Co2 del 5%. L’industria dei contenitori in vetro, prima manifattura europea, con 16 aziende e 39 stabilimenti è presente in quasi tutte le regioni d’Italia, da Nord a Sud, con una maggiore concentrazione al Nord. Conta 7.800 addetti, la quasi totalità con contratto a tempo indeterminato. Il fatturato è valutato in 2,5 miliardi di euro l’anno. Nel 2022 l’import di bottiglie e vasi è aumentato dell’11,3% e l’export è diminuito del 4,4%. Per far fronte alla domanda di contenitori è stato previsto un investimento di 400 milioni per 5 nuovi forni di fusione da realizzare entro il 2024 che garantiranno un incremento della capacità produttiva del 12%; tre di questi entreranno in funzione già nelle prossime settimane.

Salini (Ppe): “Su imballaggi Ue non considera best practices italiane”

Stretta in arrivo da parte del Ppe sulle restrizioni all’uso di alcuni formati di imballaggi e sugli obiettivi al 2030 per il riutilizzo e la ricarica dei contenitori della proposta di regolamento sugli imballaggi. “Abbiamo lavorato per proporre emendamenti molto stringenti, ora si è chiusa questa fase e entreremo nel vivo dell’iter con l’avvio dei negoziati”, racconta in un’intervista a GEA l’eurodeputato di Forza Italia, Massimiliano Salini, relatore per il Partito Popolare Europeo sul nuovo regolamento imballaggi proposto dalla Commissione europea. Si è chiuso oggi il periodo di tempo per presentare gli emendamenti in commissione per l’ambiente (Envi), dove lo scorso 4 maggio la relatrice della posizione per il Parlamento, Frederique Ries (Renew), ha presentato la sua proposta di relazione. Salini ricorda che sulla base delle precedenti direttive “che avevano costruito delle condizioni per cui i Paesi Ue raggiungessero livelli estremamente avanzati nel settore del riciclo, tutta la materia del packaging è stata affrontata da Paesi come l’Italia con grande propensione innovativa”.

La nuova proposta di regolamento è stata presentata a novembre dalla Commissione europea per modificare la direttiva attualmente in vigore sugli imballaggi e i rifiuti da imballaggi (risalente al 1994, ma già modificata nel 2018), con l’obiettivo per gli Stati membri di ridurre i rifiuti di imballaggio pro capite del 5% entro il 2030 e del 15% entro il 2040 rispetto ai livelli del 2018. Nella relazione presentata da Ries, si propongono obiettivi specifici per la riduzione dei rifiuti degli imballaggi di plastica (10% entro il 2030, 15% entro il 2035 e 20% entro il 2040), restrizioni all’immissione sul mercato di buste di plastica ultraleggere e poi ancora un obiettivo di raccolta differenziata del 90% per il 2029 per tutti i tipi di imballaggi coperti dalla proposta legislativa e non più solo per le bottiglie di plastica per bevande.
Per l’europarlamentare la scelta della Commissione di passare dalla forma giuridica di direttiva a regolamento è già negativa. Significa “introdurre uno strumento immediatamente esecutivo che non lascia spazio a nessun tipo di adattamento da parte dei Paesi membri”. Dal momento che l’Ue si è resa conto “che non tutti i Paesi hanno accettato la sfida del riciclo, alcuni l’hanno vissuta con lentezza, altri come l’Italia arriveranno con 6-7 anni di anticipo al raggiungimento dell’obiettivo”. Ma nei fatti, non essendoci armonizzazione, “la Commissione ha proposto di introdurre un livello intermedio tra i migliori e i peggiori” in termini di riciclo “e di attestarsi su quel livello, introducendo la novità della sostituzione dello schema del riciclo con quella di riuso in alcuni settori per evitare di avere rifiuti aggiuntivi”. Per l’eurodeputato è “tutto un gran miscuglio di tentativi che sono accomunati dal difetto di non aver guardato le buone pratiche dei migliori Paesi, per far sì che tutti quanti sul riciclo raggiungessero risultati migliori. Ci opponiamo alla formula perché sul riciclo l’Italia ha costruito un modello estremamente riproducibile”.

Il Ppe è al centro di polemiche a Bruxelles dopo aver attaccato alcune iniziative legislative chiave sul fronte agricolo del Green Deal, ovvero la proposta di dimezzare l’uso di pesticidi previsto dalla strategia ‘Farm to Fork’ e di ripristinare un quinto degli habitat danneggiati in tutta l’Europa entro il 2030 attraverso la Legge per la conservazione della natura. Salini spiega che “come Partito popolare europeo (Ppe) sappiamo bene quello che facciamo e le nostre proposte sono supportate da elementi scientificamente molto rilevanti. E’ la Commissione europea che deve dimostrare di fare più verifiche sui dati” delle iniziative legislative “che propone, ad esempio sul regolamento sugli imballaggi il tema del ‘riuso’ è totalmente sprovvisto di valutazione d’impatto o come buona parte del pacchetto sul clima ‘Fit for 55’ nella parte che riguarda l’agricoltura”.

Il gruppo chiede “di fare in modo che la strategia della Commissione europea sia modulata non sulle esigenze della Commissione europea ma sulle esigenze degli europei”, dice l’eurodeputato. “Se i target tolgono cibo, quei target vanno modificati. Se si confonde l’idea della sostenibilità con l’immagine di un ambiente che non consente ai cittadini di avere ciò di cui hanno bisogno, vanno modificati. Lavoriamo per migliorare la consapevolezza che non ci sarebbe agricoltura senza agricoltori, per avere un’agricoltura all’altezza dei cittadini la prima preoccupazione che devono avere le istituzioni è quella di consentire agli agricoltori di fare il loro mestiere e ultimamente la Commissione non ha mostrato di essere particolarmente consapevole di sapere quali sono queste esigenze”, conclude.

L’idea della start-up: imballaggi in alghe commestibili invece della plastica

Come possiamo evitare di confezionare cibi e bevande in plastica e ridurre così l’inquinamento del suolo e degli oceani? A Londra, una start-up ha trovato una soluzione: imballaggi commestibili o naturalmente biodegradabili ricavati dalle alghe. L’idea è valsa a Notpla, questo il nome della start-up, un posto tra i quindici finalisti del premio Earthshot, creato dal Principe William per celebrare le innovazioni che fanno bene all’ambiente e alla lotta contro il cambiamento climatico.

L’avventura di Notpla è iniziata in una piccola cucina londinese. Il francese Pierre Paslier e lo spagnolo Rodrigo Garcia Gonzalez, entrambi studenti del Royal College of Art di Londra con una formazione in design di prodotti innovativi, volevano creare un imballaggio ecologico. “Come ingegnere del packaging presso L’Oréal, stavo sviluppando soluzioni di imballaggio in plastica, flaconi di shampoo, vasetti di crema, e mi sono subito reso conto che volevo lavorare su soluzioni piuttosto che creare più plastica che finisce nell’ambiente“, ha dichiarato il 35enne francese all’Afp. I due studenti stavano cercando di progettare imballaggi con materiali naturali e biodegradabili, in contrapposizione alle plastiche dell’industria petrolchimica. Dopo aver testato diverse piante, “abbiamo trovato estratti di alghe e ci siamo resi conto che potevamo creare soluzioni molto simili a quelle che si trovano in natura, e anche eventualmente commestibili“, ricorda Pierre Paslier.

Il video in cui presentano il loro concetto di imballaggio a bolle commestibili, chiamato Ooho, diventa virale su Internet, attirando l’interesse degli investitori. Nel 2014, i due studenti hanno fondato Notpla, che ora si sta espandendo rapidamente con oltre 60 dipendenti ed è in procinto di produrre i suoi prodotti su scala industriale. La loro ‘bolla’, grande come un grosso pomodoro ciliegino, creata con estratti di alghe marine grazie a un processo tenuto segreto, può incapsulare tutti i tipi di liquidi: acqua, cocktail da usare durante i festival o bevande energetiche. In bocca, la sua consistenza è simile a quella di una caramella gommosa.

E mentre producono le loro bolle, i ricercatori continuano a cercare di sviluppare nuovi prodotti, sempre a base di alghe. Ad esempio, il team ha progettato un rivestimento naturalmente biodegradabile per le scatole da asporto, utilizzato per proteggere le confezioni dal grasso o dai liquidi alimentari. Notpla fornisce il gigante del settore Just Eat nel Regno Unito e in altri cinque paesi europei. Il cibo venduto durante la finale della Coppa Europa di calcio femminile allo stadio di Wembley a Londra in luglio è stato confezionato da Notpla.

Una delle ultime innovazioni è l’imballaggio trasparente per prodotti secchi, come la pasta. Le alghe marine “presentano vantaggi incredibili“, spiega Pierre Paslier. “Crescono molto velocemente, alcune delle alghe che usiamo nei nostri laboratori crescono quasi un metro al giorno. (…) Inoltre, non è necessaria alcuna attività umana per farle crescere, non c’è bisogno di aggiungere acqua potabile o fertilizzanti“, aggiunge. E “le alghe esistono da miliardi di anni, quindi ovunque finiscano i nostri imballaggi, la natura sa bene come decostruire e riutilizzare questi materiali senza creare inquinamento“, spiega l’ingegnere.

Per il momento, i prodotti Notpla sono ancora più costosi di quelli in plastica, ma iniziando a produrre le scatole da asporto su larga scala, il costo aggiuntivo si è ridotto al 5-10%. L’azienda vuole essere un’alternativa tra le tante per ridurre il consumo di plastica in un momento in cui molti Paesi stanno inasprendo le loro normative.

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La lotta per il risparmio energetico passa anche dagli imballaggi di carta

Mi piace molto il caffè fatto con le macchine a capsule che uno si mette dentro casa. Ho la mia personale, sono l’unico in famiglia ad usarla, e me la sono messa in camera da letto, così quando mi sveglio la mattina ho subito il mio caffè, a letto.

Però questo vizio, questa coccola che mi faccio, potrebbe essere giunta alla fine, perché mi sta montando un grande disagio verso i produttori di queste capsule, che, per lo più, le presentano in vendita come piccoli gioielli, separate le une dalle altre, usando imballaggi di carta pesante, con i quali si potrebbe fare quasi un manifestino di un film. E che invece viene immediatamente buttato nel sacco giallo, quello del riciclo. Cosa che è giusto fare, ma produrre la carta costa, trasportare i rifiuti costa, riciclare costa, e tutto questo consuma energia ed inquina. Alti produttori, devo dire per onestà, usano solo dei tubi essenziali, con le capsule infilate dentro e via. Ma sono anche le più costose, e quindi io personalmente ne limito l’acquisto.

In Europa, già prima della guerra scatenata dalla Russia in Ucraina, era partito il Green Deal, il programma di sviluppo sostenibile della nostra economia, e tra le tante cose è previsto un provvedimento legislativo proprio sugli imballaggi. La proposta della Commissione europea è calendarizzata per il 30 novembre prossimo, dopo un periodo di preparazione di oltre due anni, che ha compreso anche una consultazione pubblica.

Questa proposta sugli imballaggi fa parte del più ampio quadro della lotta contro la plastica monouso, e a quanto pare dovrebbe riguardare anche quelli di carta. In fondo, le mie capsule potrebbero benissimo essere vendute anche sciolte, ad esempio, ed ognuno si potrebbe portare un suo sacchetto riutilizzabile e prenderne quante ne vuole. E questo vale per tanti prodotti, come le bustine per il tè, tanti prodotti ortofrutticoli, il parmigiano e molti prodotti di altro tipo, come un sellino per la bici, una camicia di lusso, i profumi…

Ecco speriamo che questa direttiva imponga fra qualche anno (spero pochi) una sostanziosa riduzione degli imballaggi, anche di carta. Anche questo è risparmio energetico, anche questo riduce la nostra necessità di importare fonti di energia.

Spero anche che questa volta la politica, e le imprese del settore, non facciano finta di cadere dal pero quando la normativa entrerà in vigore, come fu per gli imballaggi di plastica, e la plastica monouso, il cui bando era stato introdotto circa tre anni prima della sua entrata in vigore. Ma per racimolare qualche consenso qualche politico urlò al ‘colpo di mano’ dell’Ue, fingendo di non sapere che tutti i partiti avevano votato le nuove regole.