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L’allarme dell’Agenzia europea dell’ambiente: “Ogni anno 1.200 bimbi morti per l’inquinamento”

L’inquinamento atmosferico causa la morte prematura di almeno 1.200 bambini e adolescenti in Europa ogni anno, secondo un rapporto dell’Agenzia europea dell’ambiente (AEA) pubblicato lunedì. Come per gli adulti, l’inquinamento atmosferico è il principale rischio ambientale per la salute dei bambini e riduce la loro aspettativa di vita, secondo lo studio, che copre circa 30 Paesi in tutto il continente, compresi i 27 Stati membri dell’Ue.

L’inquinamento atmosferico causa più di 1.200 decessi prematuri all’anno tra i minori di 18 anni in Europa e aumenta significativamente il rischio di malattie in età avanzata“, scrive l’AEA nel suo rapporto. “Nonostante i progressi compiuti negli ultimi anni, il livello di molti dei principali inquinanti atmosferici continua a rimanere al di sopra delle linee guida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, in particolare nell’Europa centrale e orientale e in Italia“, ha dichiarato l’agenzia dell’Unione Europea.

Diversi Paesi europei – tra cui il Regno Unito e l’Ucraina – non sono stati inclusi nello studio, suggerendo così che il quadro continentale sia ancora più cupo.

Secondo un altro rapporto pubblicato dall’AEA a novembre, almeno 238.000 persone – di tutte le età – sono morte prematuramente nel 2020 in Europa a causa dell’inquinamento atmosferico nei Paesi membri dell’agenzia (Unione Europea, Turchia, Norvegia, Svizzera, Islanda e Liechtenstein).

Lo studio pubblicato lunedì è il primo dell’AEA a concentrarsi specificamente sui minori di 18 anni. Sebbene la percentuale di bambini e adolescenti colpiti dall’inquinamento atmosferico sia “relativamente piccola” rispetto alla popolazione generale, morire così presto “rappresenta una potenziale perdita di futuro e un onere significativo di malattie croniche sia durante l’infanzia che nelle fasi successive della vita“, ha dichiarato l’AEA.

L’agenzia raccomanda di concentrarsi sulla qualità dell’aria nei pressi di scuole e asili, nonché di impianti sportivi e trasporti pubblici.

I suoi effetti iniziano prima della nascita, con l’esposizione materna all’inquinamento atmosferico “collegata a un basso peso alla nascita e a parti prematuri“, ha dichiarato l’agenzia ambientale.
Dopo la nascita, l’inquinamento ambientale aumenta il rischio di diversi problemi di salute, tra cui l’asma – che colpisce il 9% dei bambini e degli adolescenti in Europa – o l’insufficienza respiratoria e le infezioni, sottolinea l’agenzia.

Clima, Ue verso nuovo obiettivo di riduzione emissioni al 2040

Dopo il 2030, prima del 2050. La Commissione europea si prepara a stabilire un nuovo obiettivo per la riduzione delle emissioni al 2040, come tappa intermedia per la neutralità climatica (con zero nuove emissioni nette) entro la metà del secolo.

L’esecutivo europeo ha aperto una consultazione pubblica fino al 23 giugno per raccogliere i commenti e presentare una comunicazione, orientativamente nel primo trimestre del 2024, per stabilire un obiettivo climatico per il 2040 a livello comunitario. Bruxelles precisa che la comunicazione in questione sarà supportata da “un’approfondita valutazione d’impatto”, che sarà alla base di un progetto di legge che fisserà l’obiettivo intermedio per il 2040.

Dopo aver presentato il Green Deal nel 2019, l’Unione europea ha poi adottato nel 2021 la Legge europea sul clima rendendo giuridicamente vincolante l’obiettivo di raggiungere emissioni nette pari a zero entro il 2050 e di tagliare le emissioni del 55% (rispetto ai livelli registrati nel 1990) entro il 2030, come tappa intermedia per la neutralità climatica. L’accordo in Ue sulla prima Legge climatica impegna tra le altre cose Bruxelles a stabilire un nuovo obiettivo climatico intermedio per il 2040 (da fissare nei prossimi anni) e un bilancio indicativo previsto per i gas a effetto serra dell’Unione per il periodo 2030-2050, ovvero quante emissioni nette di gas serra possono essere emesse in quell’arco temporale senza mettere a rischio gli impegni dell’Unione.

Dopo il 2050, si parla di emissioni negative: ovvero non potranno più esserci nuove emissioni, ma rimarranno quelle già presenti. Senza un traguardo climatico per il 2040, “l’Ue rischierebbe di mancare il proprio obiettivo climatico europeo per il 2050 e potrebbe compromettere la propria capacità di stimolare le azioni per il clima a livello internazionale”, si legge nel documento che accompagna la consultazione pubblica lanciata da Bruxelles.

La tempistica delle discussioni per l’obiettivo climatico dell’Ue per il 2040 è strettamente legata al ciclo di ambizione quinquennale dell’accordo sul clima di Parigi del 2015, che ha fissato l’impegno a limitare aumenti di temperatura entro i 1,5°C. Si prevede che tutte le parti dell’accordo inizino quest’anno a riflettere sul prossimo obiettivo nel contesto del processo delle Nazioni Unite, per poi comunicarlo prima della COP29 (29° Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici) che si terrà nel 2025. La Commissione europea spiega che i risultati della consultazione pubblica saranno analizzati e riassunti in una “dettagliata relazione di valutazione d’impatto”, che sarà verificata da un organismo indipendente, il comitato per il controllo normativo. La valutazione finale terrà conto anche del parere del comitato consultivo scientifico europeo e costituirà la base per una comunicazione sulla valutazione dell’obiettivo per il 2040 che dovrà essere approvata dal collegio dei commissari. Saranno poi gli Stati membri dell’Ue e il Parlamento europeo a decidere sul nuovo obiettivo climatico dell’Ue per il 2040.

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La Nasa lancia in orbita ‘Tempo’: misurerà inquinamento in Nord America

La nasa ha lanciato in orbita, dalla Florida, un satellite che trasporta un nuovo strumento che permetterà di misurare l’inquinamento atmosferico in Nord America ora per ora, quartiere per quartiere. Si chiama ‘Tempo‘ e dovrebbe consentire di monitorare la diffusione degli inquinanti in modo molto più accurato di quanto fatto finora, a partire dalla loro fonte e durante la loro propagazione tramite il vento.

I dati raccolti saranno utilizzati dall’Agenzia statunitense per la protezione dell’ambiente (EPA) e dall’Agenzia nazionale oceanica e atmosferica (NOAA), responsabile delle previsioni sulla qualità dell’aria negli Stati Uniti. Le applicazioni sono numerose: migliorare gli avvisi ai residenti in caso di cattiva qualità dell’aria, determinare meglio dove installare nuovi rilevatori a terra e aiutare la ricerca sull’impatto degli inquinanti atmosferici sulla salute. Ma anche per monitorare l’inquinamento causato dagli incendi, sempre più frequenti a causa del riscaldamento globale.

Secondo l’American Lung Association, circa il 40% degli americani (137 milioni di persone) vive in aree con scarsa qualità dell’aria. I quartieri più poveri sono colpiti in modo sproporzionato.
L’inquinamento atmosferico causa circa 60.000 morti premature all’anno negli Stati Uniti. È inoltre dannoso per l’economia, in quanto influisce sulla produttività dei lavoratori e sui raccolti.
I satelliti utilizzati finora per effettuare questo tipo di rilevazione negli Stati Uniti si trovano a un’altitudine di circa 700 km e girano intorno alla Terra circa 15 volte al giorno. “Così ogni giorno possiamo avere misurazioni sopra New York alle 13.30, per esempio“, spiega Caroline Nowlan, fisica dell’atmosfera presso il Center for Astrophysics, durante una conferenza stampa. Ma “a New York succedono molte cose in un giorno. Ci sono due ore di punta che non possiamo misurare“.

TEMPO, che pesa poco meno di 140 kg, sarà collegato a un satellite in orbita geostazionaria, a un’altitudine di oltre 35 000 km. Ruoterà quindi intorno alla Terra nello stesso momento in cui questa ruota su se stessa, permettendole di rimanere sopra il continente nordamericano. “Per la prima volta, saremo in grado di effettuare misurazioni orarie sopra il Nord America”, dichiara Caroline Nowlan. L’orbita geostazionaria è molto comune per i satelliti di comunicazione e TEMPO si basa su uno di essi: il satellite IS-40e di Intelsat.

Il satellite è decollato alle 12.30 (04.30 GMT) di venerdì a bordo di un razzo SpaceX Falcon 9 dal Kennedy Space Center in Florida. Il satellite effettuerà ulteriori spinte per posizionarsi nell’orbita corretta, il che dovrebbe richiedere circa due settimane, secondo Jean-Luc Froeliger, vicepresidente di Intelsat. A quel punto potranno iniziare le operazioni.
TEMPO opererà analizzando la luce riflessa dalla superficie delle nuvole, utilizzando uno spettrometro. Ogni gas assorbe la luce in modo diverso, quindi “possiamo vedere cosa c’è nell’atmosfera attraverso i colori, o le lunghezze d’onda, della luce che viene assorbita“, ha spiegato Caroline Nowlan.

Verranno effettuate tre misurazioni principali. In primo luogo, il biossido di azoto prodotto dalla combustione, in particolare dalle automobili a benzina o diesel, ma anche dalle centrali elettriche a carbone o a gas. Poi l’ozono, che quando è alto nell’atmosfera ci protegge dai raggi solari, ma diventa dannoso per la nostra salute quando si trova al suolo. Infine, la formaldeide, che può essere utilizzata per dedurre la presenza di composti organici volatili. Questi ultimi sono “ciò che rende certe cose odorose, come la vernice, la benzina o i pennarelli“, spiega la signora Nowlan. TEMPO, che opererà per almeno due anni ma quasi certamente per molto più tempo, si aggiunge alla flotta di circa 25 missioni di osservazione della Terra della NASA. Uno strumento simile a TEMPO, chiamato GEMS, è già in orbita geostazionaria e svolge la stessa missione sull’Asia dal suo decollo nel 2020. Un altro, Sentinel-4, è previsto a partire dal 2024 per coprire l’Europa.

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Laghi (Isde): “Intervenire su cause smog, a rischio esistenza umana”

La visione olistica del ‘One Health’, un modello sanitario basato sull’integrazione di discipline diverse, è antica e attuale. Si basa sul riconoscimento che la salute umana, la salute animale e la salute del Pianeta siano legate indissolubilmente. Negli ultimi anni, però, le morti per fattori ambientali restituiscono dati impietosi. Ferdinando Laghi, vicepresidente dell’Isde, riflette con GEA di quanto sia importante spostare l’attenzione sulla salute dell’uomo, quando si parla di clima: “Bisognerebbe segnalare come in realtà il Pianeta sta campando benissimo da 4 miliardi e mezzo di anni e noi siamo arrivati solo recentemente. La terrà vivrà si stima altri 5 miliardi di anni. Il problema è la persistenza della razza umana sul pianeta Terra. L’obiettivo di questi interventi non è il Pianeta, ma siamo noi“.

Qualità dell’aria, dell’acqua, l’uso di pesticidi e fertilizzanti sono correlati allo stato di salute dell’uomo?

“Sono assolutamente un elemento centrale per le malattie. Il sistema sanitario influisce sulla nostra salute intorno al 15%, tutto il resto dipende da geni, abitudini alimentari, dal livello sociale ed economico. Per l’Oms un quarto delle malattie degli adulti dipende da esposizioni ambientali, un terzo dei bambini sotto i 5 anni che si ammala, si ammala per esposizioni ambientali prevenibili. Dobbiamo aprire gli occhi, anche le malattie neuro-degenerative possono dipendere da un inquinamento ambientale”.

Come affrontare il problema?

“Noi abbiamo una medicina che insegue diagnosi e terapie, non fa prevenzione. Parliamo di screening oncologici come fosse prevenzione, non è prevenzione, ma diagnosi precoce. La prevenzione primaria è evitare che un uomo o una donna si ammalino. Dato che la qualità di aria, dell’acqua e del suolo sono determinanti importantissimi, ecco che tutela della salute significa tutela del Pianeta. Bisogna intervenire sulle cause dell’inquinamento. Ridurre l’utilizzo di fossili o biomasse per l’energia, bisogna spostarsi verso un’energia da fonti rinnovabili. Ripensare complessivamente la produzione di cibo. Bisogna bonificare, i limiti di legge riguardano ogni singolo agente, ma la vita che facciamo ci espone all’effetto cocktail. La risposta non è agganciarci ai limiti di legge, ma tenere il più basso possibile il limite di legge”.

Il Sistema sanitario sta andando in direzione giusta?

Bisogna fare attenzione al regionalismo differenziato: per l’aspetto sanitario creerà una via di non ritorno per una diseguaglianza di cure per i cittadini. Il Covid ha dimostrato che il regionalismo non è efficace nel combattere grandi epidemie. Ha dimostrato come bisognerebbe tornare al Sistema Sanitario Nazionale”.

A proposito di Covid, per i dati esponenzialmente più alti in Lombardia, quanto ha influito l’inquinamento dell’aria in Pianura Padana?

“Tanto. La Pianura Padana è uno dei posti più inquinati al mondo per ragioni orografiche e antropiche. Lo stesso si è verificato in Cina e negli Stati Uniti. Non sono voci, studi lo hanno dimostrato. Il dibattito si è attestato sui motivi: qualcuno ha ipotizzato che il particolato fine potesse fungere da carrier e aumentare la permanenza in aria del virus. Altri hanno sostenuto l’ipotesi che la situazione respiratoria degli abitanti di quelle zone fosse peggiore in partenza, perché vivevano in zone molto inquinate”.

Il Kenya cimitero del fast fashion occidentale

Dei quasi 900 milioni di vestiti usati spediti in Kenya nel 2021, un terzo contiene plastica e la sua qualità è così scadente che “viene immediatamente buttata via o bruciata“, generando inquinamento ambientale e rischi per la salute, avverte un rapporto della Changing Foundation. E questo, nonostante la Convenzione di Basilea vieti l’esportazione di rifiuti verso Paesi che non hanno adeguate capacità di ritrattamento, ricorda l’ong spiegando che di questi 900 milioni, 150 provengono dall’Unione Europea e dal Regno Unito, per lo più sotto forma di donazioni.

L’indagine dell’ong si basa in particolare sui dati doganali e di import-export, nonché sul lavoro sul campo svolto dall’organizzazione no-profit Wildlight e dall’associazione Clean Up Kenya, che hanno raccolto più di 80 interviste a commercianti kenioti e viaggiato nei siti chiave. “Questo diluvio di indumenti usati rappresenta una media di 17capi all’anno per keniano, di cui 8 inutilizzabili” perché danneggiati, sporchi o non adattati al clima o alla cultura locale, illustra l’indagine denominata ‘Trashion’, neologismo formato da ‘spazzatura’ e ‘moda’. “Gli impatti dell’inquinamento del suolo, dell’acqua e dell’aria sono notevoli“, secondo l’ong.

Le foto e i video allegati al rapporto mostrano la discarica a cielo aperto di Dandora, alla periferia di Nairobi, dove ogni giorno vengono scaricate “4.000 tonnellate” di rifiuti, tra cui “una percentuale significativa” di tessili da esportazione, secondo la Changing Markets Foundation. Ma anche le sponde del fiume Nairobi inquinate da rifiuti tessili, e le testimonianze di keniani che lavorano nel commercio dell’usato, raccontando i loro salari miseri e il rischio per la loro salute, in particolare l’inalazione dei fumi dei vestiti sintetici che bruciano. “I paesi occidentali stanno usando il commercio dell’usato come una valvola di sicurezza per far fronte all’enorme problema dei rifiuti del fast fashion“, ipotizza l’ong.

Quest’ultimo raccomanda in particolare l’uso di materiali non tossici e sostenibili e la creazione di settori con responsabilità estesa del produttore – che già esistono in Francia. Circa il 30% dei vestiti donati dai Paesi occidentali finisce nelle discariche o negli inceneritori dei Paesi del sud, secondo l’Hot or Cool Institute.

Photo credit AFP

Il flashmob di Legambiente: “Respiriamo grazie alle piante, non soffochiamole”

Bari, Bergamo, Firenze, Genova, Milano, Padova, Perugia e Torino. Da queste città arrivano gli scatti dei volontari di Legambiente che sono scesi in strada muniti di maschera antigas collegata ad una piccola teca contenente una piantina. “Respiriamo grazie a loro. Non soffochiamole”, è il messaggio che gli attivisti hanno voluto lanciare in occasione dei flash mob realizzati nell’ambito del progetto LIFE MODERn (NEC).

L’inquinamento atmosferico prodotto in città dalle attività antropiche genera un impatto negativo anche negli ecosistemi remoti come le foreste e le acque dolci. Per monitorare al meglio gli effetti degli inquinanti sugli ecosistemi fondamentali per la vita sul Pianeta, questo progetto europeo guidato dall’Arma dei Carabinieri – Comando Unità Forestali, Ambientali e Agroalimentari CUFAA, e supportato da CNR, CREA, ENEA, Legambiente, TerraData srl environmetrics e le Università di Camerino e di Firenze, ha l’obiettivo di raddoppiare i siti attualmente monitorati attraverso la Rete Nec e incrementare il numero degli indicatori considerati.

Secondo l’ultimo rapporto Mal’aria di Legambiente, che ha monitorato la qualità dell’aria nell’anno 2022, i livelli di inquinamento atmosferico in molte città sono ancora troppo alti e lontani dai limiti normativi, più stringenti, previsti per il 2030. Rispetto a questi nuovi target europei, infatti, ad oggi sarebbero fuorilegge il 76% delle città per il PM10, l’84% per il PM2.5 e il 61% per l’NO2. Tra queste, dati preoccupanti sono stati registrati in alcune località in cui i volontari dell’associazione hanno realizzato un piccolo flashmob in strada con le maschere antigas collegate alle piantine: a Milano e Torino (media annuale di 35 microgrammi/metro cubo) e Padova (32 microgrammi/metro cubo) le situazioni più difficili per il PM10; per l’NO2 valori più alti riscontrati a Firenze (30 microgrammi/metro cubo) e Bergamo (28 microgrammi/metro cubo).

L’inquinamento atmosferico che danneggia pesantemente la nostra salute e compromette la qualità della nostra vita, influisce anche sulla biodiversità, ma, mentre un quadro delle emissioni di inquinanti atmosferici a livello nazionale è ormai sufficientemente strutturato e basato su una solida rete di siti di monitoraggio, lo studio degli impatti dell’inquinamento atmosferico sugli ecosistemi necessita di maggiori studi e strumenti come un’adeguata rappresentatività dei diversi ecosistemi e una sinergica integrazione tra i metodi e i risultati ottenuti da diversi istituti di ricerca.

Ad oggi la Rete NEC conta 10 siti, 6 forestali e 4 di acqua dolce. Tra i parametri attualmente considerati negli ecosistemi forestali ci sono lo stato di salute e la vitalità degli alberi, le deposizioni atmosferiche, la chimica delle soluzioni circolanti nei suoli, la chimica fogliare e la biodiversità di piante e licheni. Nei siti di acqua dolce sono invece considerati i parametri chimici dell’acqua come i livelli di acidità, il solfato, i nitrati, oltre alle comunità a macroinvertebrati e diatomee. Grazie al progetto, saranno considerati ulteriori 18 indicatori, attualmente al vaglio dei partner del progetto, tra cui la diversità della fauna del suolo, di pipistrelli e uccelli e il DNA ambientale, la trasparenza e la qualità dell’aria e una serie di indicatori legati alla diversità funzionale delle comunità.

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Smog, 29 città sforano i limiti di polveri sottili nel 2022. Torino e Milano sul podio

L‘emergenza smog nelle città italiane è un problema sempre più pressante. Servono interventi decisi, perché soprattutto nelle città del Settentrione, l’aria è irrespirabile a causa dell’inquinamento: quando si considerano i limiti per le polveri sottili, Pm10, il 76% dei nostri centri urbani è fuorilegge rispetto ai target europei. Sono infatti 29 su 95 le città che hanno superato i limiti normativi per lo sforamento di Pm10, (35 giorni all’anno con una media giornaliera superiore ai 50 microgrammi/metro cubo): in testa si trova Torino con 98 giorni di sforamento, seguita da Milano con 84, Asti 79, Modena 75, Padova e Venezia con 70. Sono questi i punti principali del nuovo report di Legambiente ‘Mal Aria di città. Cambio di passo cercasi’, redatto e pubblicato nell’ambito della Clean Cities Campaign.

La situazione è però preoccupante ovunque, perché il nostro Paese è decisamente in ritardo per adeguarsi ai nuovi target europei entro il 2030, visto che risulta fuorilegge il 76% delle città per il PM10, l’84% per il PM2.5 e il 61% per l’NO2. “Le città italiane dovranno lavorare duramente per adeguarsi ai nuovi limiti entro i prossimi sette anni,osserva Andrea Minutolo, responsabile scientifico di Legambiente soprattutto considerando che i trend di riduzione dell’inquinamento finora registrati non sono incoraggianti e che i valori indicati dalle linee guida dell’OMS, che sono il vero obiettivo da raggiungere per tutelare la salute delle persone, sono ancora più stringenti dei futuri limiti europei”.

Va detto che per il PM10, l’analisi delle medie annuali ha mostrato che nessuna città ha superato il limite previsto dalla normativa vigente, ma secondo Legambiente “ciò non è sufficiente per garantire la salute dei cittadini, in considerazione delle raccomandazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e dei limiti previsti dalla nuova Direttiva europea sulla qualità dell’aria, che entreranno in vigore dal 1° gennaio 2030. Per il PM10, sarebbero infatti solo 23 su 95 (il 24% del totale) le città che non hanno superato la soglia di 20 µg/mc. 72 città sarebbero dunque fuorilegge“.

L’appello al governo perché intervenga arriva anche dalla Società Italiana di Medicina Ambientale (Sima) secondo cui l’Italia è il primo paese in Europa per morti attribuibili all’inquinamento atmosferico con circa 80mila decessi prematuri all’anno.Gli effetti diretti dell’inquinamento sulla salute umana interessano diversi apparati ed organispiega il presidente Sima, Alessandro MianiLe patologie dell’apparato cardiovascolare rappresentano la prima causa di morte in Italia (Eventi coronarici e Infarto Miocardico Acuto, 9.000 casi/anno – Ictus cerebrali, 12.000 casi/anno), seguiti dalle patologie dell’apparato respiratorio (7.000 decessi prematuri/anno). Gli effetti indiretti dell’inquinamento portano fino al +14% di aumento di incidenza per tutti i tumori nei siti inquinati (Mesoteliomi, 1.900 casi/anno da esposizione ad amianto – Tumori testicolari, +36% d’incidenza nei siti inquinati – Leucemie, +66% d’incidenza nei siti inquinati – Linfomi, +50% d’incidenza nei siti inquinati – Sarcomi dei tessuti molli, +62% d’incidenza nei siti inquinati – Tumori polmonari, +29% d’incidenza nei siti inquinati – Tumori vescicali o renali, +32% nei siti inquinati – Tumori della mammella, +50% d’incidenza nei siti inquinati)”. “E’ imprescindibile e non più rimandabile agire in fretta per ridurre drasticamente le principali sorgenti emissive dell’inquinamento atmosferico: in tale direzione Sima ha proposto al Governo di mitigare gli effetti nocivi dello smog partendo dagli edifici urbani, attraverso incentivi volti a facilitare interventi di rivestimento di superfici murarie e vetrate con un ‘coating’ fotocatalitico al biossido di titanio a base etanolo, che ha dimostrato in studi scientifici di essere attivato da luce naturale a svolgere un’azione di scomposizione e riduzione degli inquinanti atmosferici. Una Mitigation Action che l’Europa apprezza e valorizza”, conclude Miani.

 

La Corte di giustizia europea nega il risarcimento per danni causati da inquinamento atmosferico

Secondo la Corte di giustizia europea, non esiste un diritto al risarcimento per i singoli per quanto riguarda i danni da inquinamento atmosferico. “Le direttive europee che stabiliscono gli standard di qualità dell’aria ambiente non sono, in quanto tali, destinate a conferire diritti ai singoli, la cui violazione potrebbe dare diritto a un risarcimento”, ha dichiarato la Cgue in una sentenza emessa oggi.

D’altra parte, “ciò non esclude che lo Stato possa essere ritenuto responsabile” e i singoli “devono comunque poter ottenere dalle autorità nazionali, ricorrendo se necessario ai tribunali competenti, che esse adottino le misure richieste da tali direttive”, ha proseguito la Corte. Infine, la Corte osserva che i tribunali di uno Stato membro possono emettere ingiunzioni accompagnate da penalità di mora per garantire il rispetto da parte di tale Stato degli obblighi imposti dal diritto dell’Unione.

La Cgue ha emesso questa sentenza dopo essere stata investita dalla corte d’appello amministrativa di Versailles incaricata del caso JP che chiedeva allo Stato francese un risarcimento di 21 milioni di euro per il deterioramento della sua salute a causa del peggioramento della qualità dell’aria ambiente nella regione di Parigi. La Francia è già stata condannata nel 2019 e nuovamente nell’aprile 2022 dalla Cgue per inquinamento atmosferico, così come diversi altri Stati membri.

Lo Stato francese è già stato condannato due volte dal Consiglio di Stato per non aver fatto abbastanza per combattere l’inquinamento atmosferico, con un totale di 30 milioni di euro di multe pagate alle organizzazioni ambientali pubbliche e ad alcune Ong. L’inquinamento, in particolare quello provocato dal traffico automobilistico, è un importante problema di salute pubblica.
La mortalità legata all’inquinamento atmosferico rimane un rischio significativo in Francia, con 40.000 decessi prematuri attribuibili alle polveri sottili ogni anno, secondo quanto riportato da Santé publique France lo scorso anno. Nell’Unione Europea, l’inquinamento da polveri sottili ha causato 238.000 morti premature nel 2020, secondo un rapporto dell’Agenzia Europea dell’Ambiente (AEA) pubblicato il 24 novembre. L’Europa si è posta l’obiettivo di ridurre le morti premature di oltre il 50% entro il 2030 rispetto al 2005.

Italia maglia nera in Ue per inquinamento: 70mila morti nel 2020

Nel 2020 in Italia sono stati circa 70mila i decessi causati da Pm 2.5, ossidi d’azoto e ozono, facendo salire il nostro paese in testa alla classifica dei paesi europei in cui si muore di più a causa dell’inquinamento. Seguono la Germania con 43.500 decessi evitabili e la Polonia con 41.600. In pratica l’Italia rappresenta il 29% del totale di morti premature da Pm 2.5 in Europa (scese a 238mila rispetto all’anno precedente), il 22% dei decessi evitabili da ossidi di azoto e il 21% di quelli dovuti ad eccessi di concentrazioni di ozono. L’Italia è prima anche per numero di anni di vita persi: ben 606mila quantificabili in circa 61 miliardi di euro di costi sociali e sanitari nel solo 2020. “Questo significa che da diversi decenni, ogni anno nel nostro Paese l’inquinamento dell’aria genera numeri da pandemia”, sottolinea Alessandro Miani, presidente della Società italiana di medicina ambientale (Sima). I dati sono contenuti nell’Air Quality Report dell’Agenzia Europea per l’Ambiente (EEA).

“Il rapporto EEA appena pubblicato esplicita chiaramente che le maggiori concentrazioni di PM10 si osservano nella Pianura Padana, attribuendo il fenomeno alla densità di popolazione e di attività industriali in un contesto orografico e meteorologico che favorisce l’accumulo di polveri sottili”, aggiunge Prisco Piscitelli, epidemiologo e vicepresidente Sima. “Questi dati certificano che l’Italia è tra i Paesi europei che deve compiere i più netti progressi per l’attuazione della Zero Pollution Strategy Europea, che sottende la revisione delle Linee Guida per la Qualità dell’Aria presentate dalla Commissione Europea lo scorso 26 Ottobre (che ha visto Sima partecipare alla Stakeholders’ Consultation) per allinearsi alle più stringenti direttive OMS entro il 2050. Ancora una volta, il nostro appello al nuovo Governo è un invito a non perdere l’occasione del PNRR per invertire rapidamente la rotta con un’attenta strategia di allocazione delle risorse e verifica in corso dei risultati prodotti, a cominciare dal Programma Salute, Ambiente e Clima per proseguire con la mobilità sostenibile, l’efficientamento energetico degli edifici con annessi riscaldamenti domestici”, conclude il presidente Sima, Alessandro Miani.

Il Mar Egeo vittima dell’inquinamento: sul fondale pneumatici, sedie e telefoni

Sull’isola greca di Naxos la pesca è abbondante. Eppure, nelle reti, non ci sono calamari o orate destinate alle taverne che costeggiano il mare. Sulle banchine assolate di quest’isola dell’arcipelago delle Cicladi si svolge il dramma ambientale dell’Egeo: pneumatici, sedie, vecchi telefoni cellulari, forchette e cucchiai, CD, suole, tappetini da bagno e una scopa. Accanto, decine di lattine di metallo, pezzi di plastica sparsi, bottiglie a bizzeffe, macchiate di limo. Improvvisamente, tra le barche dei pescatori che si agitano nel porto, emergono due sommozzatori che si affannano a tirare su una matassa di cavi, corde, sezioni di rete da pesca e persino vecchi vestiti.

In due giorni, “abbiamo tirato fuori dal porto più di una tonnellata di rifiuti marini”, spiega George Sarelakos, cofondatore e responsabile dell’Ong greca Aegean Rebreath. “E nell’altra parte del porto c’è una vera e propria discarica”, continua il 44enne subacqueo. Negli ultimi cinque anni, l’organizzazione ha setacciato le coste greche per estrarre i rifiuti che sporcano i fondali di questo mare cristallino che attrae milioni di turisti ogni estate.

PNEUMATICI, RETI E PLASTICA. Dopo Zante e Creta, la squadra si è fermata a Naxos per il fine settimana. Tra quindici giorni, effettuerà un’ultima missione a Corfù, un’altra isola turistica greca nel Mar Ionio, prima di riporre le bombole di ossigeno e le pinne per l’inverno. In 75 operazioni di ‘pulizia’, i circa 300 subacquei volontari di Aegean Rebreath hanno recuperato più di 1.700 pneumatici, 21 tonnellate di reti abbandonate o perse, 90.000 bottiglie di plastica, per non parlare delle centinaia di migliaia di sacchetti di plastica, uno dei principali flagelli del mare. “I pescatori gettano i rifiuti in mare. Non sono consapevoli dei problemi ambientali”, dice Theodora Francis, 29 anni, una delle sub di Aegean Rebreath. Anche il sindaco di Naxos, Dimitrios Lianos, deplora l’atteggiamento di alcuni isolani. I pescatori “vivono del mare e quindi devono proteggere l’ambiente marino, è la loro ricchezza!”.

LE RESPONSABILITA’ DEI TURISTI. Da diversi anni l’Ong ambientalista Wwf lancia l’allarme, visto che il settore turistico rappresenta un quarto del Pil greco. “Circa il 25% della produzione di rifiuti di plastica in Grecia è dovuta all’afflusso di turisti durante l’estate”, afferma Achilleas Plitharas, responsabile del programma di riduzione dei rifiuti di plastica del Wwf Grecia. La Grecia, che ha una popolazione pari a circa un sesto di quella della Francia o dell’Italia, produce circa 700.000 tonnellate di rifiuti di plastica all’anno, pari al 2,5% dei rifiuti di plastica prodotti dai Paesi del Mediterraneo, contro il 21,1% dell’Italia e il 15,1% della Francia, secondo uno studio della Ong. “Molte delle misure adottate nelle direttive europee purtroppo non sono applicate in Grecia”, spiega l’esperto ambientale. I sacchetti di plastica vengono ancora distribuiti nei mercati e nelle panetterie. E le cannucce di plastica non sono rare, nonostante l’Ue ne abbia vietato la commercializzazione da oltre un anno. Eppure la Grecia ha imposto una tassa di 9 centesimi sui sacchetti di plastica dal 2018.