Legambiente, mappa i 112 cantieri della transizione: “Il Paese si muove, il governo faccia la sua parte”

La transizione ecologica passa anche dai cantieri. Lo sa bene Legambiente, che dedica al tema il suo congresso nazionale (da oggi 1 dicembre a domenica 3 dicembre a Roma) e mappa i 112 cantieri della transizione made in Italy.

Centododici storie e progetti, in 10 aree tematiche – rivoluzione energetica, adattamento alla crisi climatica, agroecologia, rigenerazione urbana, mobilità sostenibile, riconversione industriale, economia circolare, lotta alle illegalità, aree protette e biodiversità, giovani e università -, che puntano sempre di più su innovazione e sostenibilità ambientale, che creano nuovi posti di lavoro e che per Legambiente meritano di essere replicati, a partire dai quei primi venti cantieri che l’associazione ambientalista ha raggruppato sotto la voce “cantieri nazionali”.

Si va, ad esempio, dalla 3Sun gigafactory di Catania, che diventerà il più grande impianto di pannelli fotovoltaici d’Europa, all’impianto di biometano di Schiavon (VI), in Veneto, il più importante e grande d’Europa nel suo genere che, grazie ad un consorzio di 117 allevatori locali, trasforma i reflui zootecnici in energia rinnovabile e fertilizzante; da Cartiere di Guarcino Spa, in provincia di Frosinone, una delle aziende associate ad Assocarta, e che autoproduce energia elettrica, gestisce in maniera sostenibile l’acqua e il riciclo della carta, al parco tessile chierese – PACTH – di Torino, esempio di contrasto al consumo al consumo di suolo. Qui al posto di una scuola abbandonata da 15 anni, dove si dovevano realizzare nuovi edifici, è stata creata una nuova area verde di circa 6mila mq, che si collega con un altro parco, per un totale di 11mila mq di verde. Tra gli altri cantieri nazionali, c’è poi il repowering degli impianti eolici esistenti in provincia di Benevento in Campania, l’ex discarica di Matera “La Martella” dove sono stati ultimati da poco i lavori di bonifica che hanno consentito la chiusura della procedura di infrazione europea. E ancora dal lavoro avviato dal Consorzio Nazionale degli Oli minerali Usati (CONOU), con la raccolta e il riciclo di un rifiuto pericoloso come l’olio minerale usato, al percorso di sostenibilità e innovazione della filiera bieticolo-saccarifera italiana avviato da COPRO-B, al nuovo sistema di collettamento fognario e depurazione di Gavardo, Villanuova sul Clisi e Vallio Terme, in provincia di Brescia, con A2A.

La grande sfida è accelerare il passo: “La transizione ecologica non rappresenta un bagno di sangue per il nostro Paese come alcuni vogliono far credere. È invece innovazione e futuro, ed esiste già in centinaia di luoghi della nostra Penisola anche con importanti leadership internazionali“, osserva il presidente nazionale, Stefano Ciafani. Quello che chiede è “più concretezza e azioni tangibili per accelerare la decarbonizzazione”.

Un percorso che secondo il ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica, Gilberto Pichetto, è segnato: “Siamo nel mezzo di una tempesta mondiale che scuote il Pianeta, assistiamo a fatti drammatici che impattano pesantemente in reparti chiave. Il timore è che si rallenti sulla transizione ma sarebbe sbagliato, continuiamo sulla strada indicata dal Pniec“, garantisce in un videomessaggio inviato al Congresso, mentre è impegnato a Dubai con la Cop28. Proprio la conferenza delle parti, denuncia Ciafani, “sarà il primo banco di prova per il nostro Paese, che deve ancora eliminare i sussidi alle fonti fossili e si trova sempre impreparato di fronte alla crisi climatica“.

La crisi climatica, l’emergenza pandemica, le speculazioni dei produttori delle fossili, tra la ripresa dell’economia dopo le prime ondate del Covid-19, l’aggressione militare russa in Ucraina e la rapida e violenta ripartenza del conflitto israelo-palestinese che sta coinvolgendo anche altri Paesi del Medio-Oriente, hanno fatto entrare il tema della transizione energetica in modo prepotente anche nel dibattito politico degli ultimi anni ma “non nel modo che speravamo”, fa eco Giorgio Zampetti, direttore generale di Legambiente. Da qui, spiega, “l’idea di raccontare con la campagna sui cantieri della transizione ecologica le esperienze di chi ha deciso con concretezza di affrontare la crisi climatica e la transizione ecologica”.

Agricoltura, Murano (CIB): Farming for Future modello per ridurre emissioni

“Come Consorzio Italiano Biogas, negli ultimi anni abbiamo lavorato molto su un modello in cui l’agricoltura desse un contributo significativo alla transizione ecologica e abbiamo chiamato questo nostro modello Farming for Future. Abbiamo cercato di mettere insieme dieci azioni concrete che possono contribuire in maniera determinante alla riduzione delle emissioni in agricoltura. Abbiamo stimato una riduzione delle emissioni che arrivi fino anche al 30%. Queste azioni ruotano intorno alla digestione anaerobica, produce anche il digestato come residuo di questo processo, che può essere utilizzato per i terreni, ma le azioni vanno anche in altre direzioni, le elettrificazioni dei consumi di energia in agricoltura, sfruttando ad esempio il fotovoltaico sulle coperture degli edifici agricoli, la forestazione delle aree non coltivate, la valorizzazione dei residui dell’agricoltura per la bioeconomia. Sono azioni concrete che sono un modello che può rispondere al dilemma fare agricoltura per produrre energia o cibo. Il nostro progetto si può riassumere con questo slogan: fare di più utilizzando meno”. Lo dice a GEA Roberto Murano, Affari regolatori Consorzio Italiano Biogas, a margine del Congresso nazionale di Legambiente a Roma.

Ciafani: “Il governo rallenta la transizione, decida in che direzione andare”

Legambiente dedica il suo congresso all”Italia in cantiere‘. E non è un controsenso. “Negli anni del Covid e della crisi economica, dei disastri causati dalle guerre, ci siamo più volte interrogati su come potevamo aiutare il Paese a diventare più indipendente dal punto di vista energetico e delle materie prime e dall’altra parte su come fare in modo che l’Italia possa contribuire a ridurre le tensioni a livello internazionale, spesso causate dall’accaparramento delle risorse naturali“, spiega il presidente nazionale di Legambiente, Stefano Ciafani.

‘Cantiere’ non è una parola che spaventa gli ambientalisti?

A volte. Ma abbiamo voluto esorcizzarla, perché per fare tutte le opere, gli impianti e le infrastrutture della transizione ecologica bisogna aprire tanti cantieri, bisogna farli realizzare e chiuderli in tempi brevi. Bisogna evitare cantieri che vanno in direzione opposta, penso alle fossili, o al Ponte sullo stretto di Messina, perché l’Italia deve andare velocemente nella direzione della decarbonizzazione. Ce lo chiede il Pianeta, ce lo chiedono le famiglie e le imprese che pagano bollette sempre più pesanti, e credo sia la risposta migliore rispetto agli eventi estremi che continuano a flagellare il nostro Paese con frequenze sempre più importanti e potenza sempre più distruttiva“.

Pensa che il governo stia dedicando la giusta attenzione alla transizione?

Sulle politiche energetiche questo governo sta andando in continuità con quello precedente, ma più in generale, sulla transizione ecologica, sta rallentando il processo. Perché non si può da una parte agire per liberarci dalla dipendenza delle fossili, sviluppando le rinnovabili, e dall’altra autorizzare nuovi impianti di rigassificazione, come quelli fissi che si vorrebbero realizzare a Gioia Tauro in Calabria o a Porto Empedocle in Sicilia. Si deve decidere in quale direzione si vuole andare. Noi vogliamo la direzione della liberazione dell’Italia dalla dittatura delle fossili. C’è purtroppo chi nel Paese crede che queste due visioni, della transizione e del vecchio modello produttivo, possano continuare a coesistere“.

Il congresso coincide con l’inizio della COP28 di Dubai. Spaventa l’assenza di Biden e Xi?

Non è benaugurante l’assenza dei presidenti degli Stati Uniti e della Cina, anche se l’accordo firmato qualche settimana fa è importante e può dare una mano al Pianeta. L’assenza di Papa Francesco invece è solo fisica, perché la sua voce ricorrerà nelle stanze della COP28 ed è un elemento che speriamo possa far ricredere i Paesi che ad oggi non vogliono un nuovo accordo per andare oltre quello di Parigi del 2015 e speriamo che si possano mettere tutte quelle tessere per fare in modo che l’accordo per la lotta alla crisi climatica si concretizzi“.

Le azioni più urgenti per una buona riuscita della conferenza delle parti?

Serve spingere sulle innovazioni e sulle rinnovabili nei paesi industrializzati, nei Paesi emergenti e bisogna aiutare i Paesi in via di sviluppo non solo a partire dall’era delle rinnovabili senza passare da gas e carbone, ma anche aiutarli per gestire quelle perdite importanti che, all’interno dei Paesi in via di sviluppo, creano disastri umani e sono la conseguenza dei disastri ecologici che vediamo in tutto il Pianeta“.

Governo, Ciafani: Su transizione sta rallentando, stop dittatura delle fossili

“Sulle politiche energetiche questo governo sta andando in continuità con quello precedente, ma più in generale, sulla transizione ecologica, questo governo sta rallentando il processo”. Lo dice, intervistato da GEA, il presidente nazionale di Legambiente, Stefano Ciafani, in occasione dell’apertura del congresso Cigno verde, a Roma. “Perché non si può fare sia l’azione per liberarci dalla dipendenza delle fossili, sviluppando le rinnovabili, sia autorizzare nuovi impianti di rigassificazione, come quelli fissi che si vorrebbero realizzare a Gioia Tauro in Calabria o a Porto Empedocle in Sicilia – osserva -. Si deve decidere in quale direzione si vuole andare. Noi vogliamo la direzione della liberazione dell’Italia dalla dittatura delle fossili. C’è purtroppo chi nel Paese che queste due visioni, della transizione e del vecchio modello produttivo, possano continuare a coesistere”.

Ambiente, Ciafani: Sì a cantieri della transizione, no a Ponte sullo Stretto

“Abbiamo deciso di dedicare il nostro congresso all’Italia in cantiere. Abbiamo voluto esorcizzare questa parola, che a volte spaventa gli ambientalisti, perché per fare tutte le opere, gli impianti e le infrastrutture della transizione ecologica bisogna aprire tanti cantieri, bisogna farli realizzare e chiudere in tempi brevi”. Lo dice, intervistato da GEA, il presidente nazionale di Legambiente, Stefano Ciafani, in occasione dell’apertura del congresso Cigno verde, a Roma. “Bisogna evitare cantieri che vanno in direzione opposta – precisa -, penso alle fossili, o al Ponte sullo stretto di Messina, perché l’Italia deve andare velocemente nella direzione della decarbonizzazione. Ce lo chiede il Pianeta, ce lo chiedono le famiglie e le imprese che pagano bollette sempre più pesanti e credo sia la risposta migliore rispetto agli eventi estremi che continuano a flagellare il nostro Paese con frequenze sempre più importanti e potenza sempre più distruttiva”.

Cop28, Ciafani: Aiutare Paesi poveri a partire da rinnovabili senza gas e carbone Roma

“Non è benaugurante l’assenza alla COP28 dei presidenti degli Stati Uniti e della Cina, anche se l’accordo firmato qualche settimana fa è importante e può dare una mano al Pianeta”. Lo dice, intervistato da GEA, il presidente nazionale di Legambiente, Stefano Ciafani, in occasione dell’apertura del congresso Cigno verde, a Roma. “L’assenza di Papa Francesco invece è solo fisica – ricorda -, perché la sua voce ricorrerà nelle stanze della COP28 ed è un elemento che speriamo possa far ricredere i Paesi che ad oggi non vogliono un nuovo accordo per andare oltre quello di Parigi del 2015 e speriamo che si possano mettere tutte quelle tessere necessarie a fare in modo che l’accordo per la lotta alla crisi climatica si concretizzi. Serve spingere sulle innovazioni e sulle rinnovabili nei Paesi industrializzati, nei Paesi emergenti e bisogna aiutare i Paesi in via di sviluppo non solo a partire dall’era delle rinnovabili senza passare da gas e carbone, ma anche aiutarli a gestire quelle perdite importanti che subiscono, conseguenza dei disastri ecologici che vediamo in tutto il Pianeta”

INFOGRAFICA INTERATTIVA Clima, Legambiente: nel 2023 108 allagamenti e 27 esondazioni

Nell’infografica interattiva di Gea si possono visualizzare alcuni dati del Rapporto Città Clima 2023 – Speciale alluvioni realizzato da Legambiente, con il contributo del Gruppo Unipol. Negli ultimi 14 anni, dal 2010 al 31 ottobre 2023, sono stati registrati 684 allagamenti da piogge intense e 166 esondazioni fluviali. Nei primi 10 mesi del 2023 questi valori hanno abbondantemente superato la media degli anni precedenti: 108 allagamenti e 27 esondazioni.

agricoltura

Eventi estremi, aumento prezzi e ritardo politiche: 2023 anno nero per l’agricoltura

Strada in salita per l’agricoltura italiana, segnata sempre più dagli impatti della crisi climatica, dall’aumento dei prezzi e dai ritardi sul fronte delle politiche agricole. Nei primi dieci mesi del 2023 sono stati ben 41 gli eventi meteorologici estremi, una media di 4 al mese, che hanno causato danni all’agricoltura con pesanti ripercussioni economiche. Emilia-Romagna con 10 casi, Veneto (6), Toscana (4) e Piemonte (4) le regioni più colpite. Inoltre, ad aggravare il quadro si inserisce il ritardo italiano rispetto agli obiettivi europei fissati al 2030 dalle direttive From farm to fork e Biodiversity – che prevedono la riduzione del 50% dei pesticidi, del 20% dei fertilizzanti, del 50% degli antibiotici utilizzati negli allevamenti, il raggiungimento del 10% di aree dedicate a biodiversità e corridoi ecologici nei terreni agricoli e del 25 % di biologico a livello europeo. E’ la fotografia che emerge dal V Forum nazionale Agroecologia Circolare di Legambiente. Secondo i dati sugli eventi meteorologici estremi elaborati dal suo Osservatorio Città Clima, il 2023 può essere considerato un anno nero per l’agricoltura: se si guarda indietro negli anni, su un totale di 114 eventi estremi che hanno avuto impatti sull’agricoltura dal 2010 ad oggi, ben 80 (il 70%) sono avvenuti negli ultimi 4 anni (2020/2023). Nord e Sud Italia le zone più colpite in questi quattro anni con Emilia-Romagna 15 casi, Piemonte 14, Puglia 11, Veneto 10, Lombardia e Sicilia 7, in sofferenza.

Di fronte a questo quadro, a preoccupare è anche l’aumento dei prezzi dei prodotti agricoli e il fatto che l’Italia sia in ritardo anche sull’attuazione del Piano di Azione Nazionale per l’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari, il PAN, la cui ultima stesura risale al 2014 e la cui scadenza era fissata per il 2019. Oltre all’emanazione dei decreti attuativi della legge sull’agricoltura biologica approvata nel marzo 2022. “Preoccupante anche sul fronte europeo il ritardo e le incertezze sull’approvazione del SUR, il regolamento europeo sull’uso dei pesticidi, e la posizione favorevole dell’Italia sulla proroga all’utilizzo per altri dieci anni del glifosato in Europa, su cui è necessario un deciso cambio di rotta”, segnala Legambiente rilanciando la necessità di seguire la via maestra tracciata dall’agroecologia, dall’innalzamento dell’asticella dell’agricoltura integrata, dall’agricoltura bio e dalle tante esperienze virtuose, i cosiddetti ‘Ambasciatori dell’Agroecologia’. Sono questi per l’associazione ambientalista i tre pilastri su cui l’Italia deve accelerare il passo, recuperando anche i tanti ritardi accumulati fino ad ora e dicendo no all’utilizzo del glifosato in Europa.

Sei le proposte, di cui tre tecniche, che Legambiente indirizza oggi al Governo Meloni e in primis al ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida e che mettono al centro l’agroecologia, “capace di unire innovazione e sostenibilità rispondendo in maniera resiliente alla crisi climatica in atto, e l’agricoltura biologica che può fare da apripista all’intero settore agroalimentare. Per raggiungere questo obiettivo occorre prima di tutto superare il gap tra domanda e offerta, riducendo i costi per i produttori e per i consumatori”. Per questo Legambiente propone l’IVA al 2%per tutti i prodotti biologici certificati, bonus fiscali (dedicati alle donne in gravidanza, ai bambini e alle categorie più fragili) e credito d’imposta per le aziende agricole che decidono di convertirsi al biologico per ridurre i costi della certificazione oggi totalmente a carico degli agricoltori. Non va dimenticato che l’Italia è leader sul biologico con 90.000 operatori, più di 2 milioni di ettari coltivati a biologico e ha raggiunto il 18,7% della SAU (Nomisma 2023).

“Il nostro Paese – dichiara Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambienteè pronto alla transizione ecologica delle filiere agroalimentari, chiede un cibo sempre più sano e giusto e vuole poter contare su un prodotto sostenibile dal campo alla tavola. Per andare in questa direzione serve rimettere al centro i tre pilastri della sostenibilità – ambientale, sociale ed economica – garantendo reddito e maggiore sicurezza agli operatori del settore. Favorire il made in Italy, sostenere le nostre filiere, fornendo supporto tecnico di fronte alle incertezze legate alla crisi climatica e all’aumento dei prezzi, è l’unica via dicendo allo stesso tempo no alla proroga per l’utilizzo del glifosato in Europa. L’agricoltura è in transizione, lavoriamo insieme affinché lo sia anche il Paese”.

“Il modello agroalimentare che vogliamo promuovere – spiega Angelo Gentili, responsabile nazionale agricoltura Legambientedeve essere capace di ridurre gli input negativi della chimica di sintesi, ma anche quelli idrici ed energetici, e diminuire fortemente le emissioni climalteranti, innalzando l’asticella dell’agricoltura integrata, promuovendo senza indugi il biologico, cambiando l’intero sistema a 360° e favorendo l’innovazione tecnologica. Deve poi scommettere sull’economia circolare, come già stanno facendo numerose aziende virtuose, sull’efficienza energetica; sul rinnovo del parco macchine; sul biogas e biometano fatto bene; sul fotovoltaico sui tetti dei capannoni, andando oltre l’autoconsumo e favorendo le comunità energetiche; sull’agrivoltaico, che unisce all’innovazione tecnologica dei pannelli fotovoltaici, le pratiche agricole realizzate in modo complementare, evitando consumo di suolo con una sinergia positiva fra produzione agricola ed energetica. È questa la ricetta vincente”.

foresta

Dai nuovi boschi un ‘capitale naturale’ da 23,5 milioni l’anno

I nuovi progetti di rimboschimento sono un vero e proprio ‘capitale naturale‘ per l’Italia, con benefici ambientali ed economici. Ma non sono poche le criticità che rischiano di non far raggiungere gli obiettivi del Pnrr. Sono quasi 2,9 milioni gli alberi piantati in Italia tra il 2022 e i primi mesi del 2023 su una superficie di 4.504 ettari, pari a circa 6.500 campi di calcio. L’istantanea la scatta la terza edizione dell’Atlante delle Foreste, indagine condotta da Legambiente. Sono più di 730 le nuove forestazioni urbane ed extraurbane censite sul territorio nazionale ed effettuate con fondi pubblici (Decreto Clima, PNRR, fondi regionali o provinciali) e risorse private. Le nuove aree verdi sono in grado di generare un beneficio complessivo da oltre 23,5 milioni di euro per ciascuno degli anni di vita di alberi e arbusti messi a dimora.

Le nuove piantumazioni sono fondamentali “per raggiungere gli obiettivi di neutralità climatica che anche il nostro Paese deve raggiungere“, ricorda Giorgio Zampetti, direttore generale di Legambiente. “Gli ecosistemi ed i suoli forestali sono i principali serbatoi naturali terrestri di carbonio e giocano un ruolo chiave per mitigare gli effetti della crisi climatica in atto, ma sono anche la base del nostro capitale naturale e di ricchezza di biodiversità forestale“, spiega. In Italia sono presenti 39 habitat riconosciuti di interesse comunitario dalla Ue e, con il 36,7 % del territorio coperto da foreste pari a oltre 11milioni di ettari, siamo il secondo Paese europeo per copertura forestale. Ma i dati che emergono dalle indagini, denuncia Zampetti, “segnalano l’esigenza di un maggior impegno per il raggiungimento degli obiettivi posti, bisogna spendere di più e meglio nella cura e nella gestione del nostro patrimonio forestale, a partire dalle città che devono accelerare nella messa a dimora di alberi per conseguire gli obiettivi della dell’UE che propone di piantare 3 miliardi di alberi entro il 2030”.

Tante le note positive, ma anche le criticità ancora da superare. Tra i principali benefici generati per i territori dalle nuove opere di forestazione la mitigazione di eventi climatici estremi e la regolazione della qualità dell’aria e del suolo, di cui è stata stimata un’incidenza economica positiva di 2.202,9 euro per ettaro all’anno. Ma non solo. Significativo anche l’impatto generato in termini di turismo sostenibile e attività culturali, con una valutazione di 639,2 euro per ettaro anno. Grazie alle attività di forestazione, si garantiscono poi la disponibilità della biodiversità e del funzionamento degli ecosistemi forestali per le generazioni future. In questo caso la stima individua un apporto di 2.342,5 euro per ettaro ogni anno.
Lombardia, Trentino-Alto Adige e Veneto sono le Regioni con il più alto numero di alberi messi a dimora. Sul podio delle Città metropolitane ci sono Torino, Venezia e Bologna che hanno beneficiato dei fondi provenienti dal Decreto Clima e Pnrr. Quanto alle 14 Città metropolitane italiane, il Pnrr ha previsto la messa a dimora di 6,6 milioni di alberi entro il 2024 con l’obiettivo di piantare 1.650.000 alberi entro il 31 dicembre 2022 e i restanti 5 milioni entro la scadenza fissata. Fatto salvo Venezia e Torino, la quasi totalità dei progetti ammessi al finanziamento si trova ancora nella fase di scouting o di planting, ovvero si è provveduto ad individuare le aree idonee e a produrre nei vivai le piante che si prevede saranno messe a dimora entro la fine del 2023. Per l’assegnazione di fondi del Pnrr non si è considerata la problematica legata alla mancanza di suolo pubblico per la realizzazione degli interventi di forestazione, inserendo vincoli sugli ettari minimi delle aree. Alcune Città metropolitane, per via di progetti di rimboschimento già avviati e a causa del crescente consumo di suolo, non avendo aree sufficientemente grandi per creare nuovi boschi urbani, non hanno potuto trarre vantaggio da questi fondi: tra queste, ad esempio, Milano e Firenze. Nel 2022, su 105 capoluoghi la media è di soli 24 alberi ogni 100 abitanti che allontana per il Paese il raggiungimento, non solo degli obiettivi previsti dal PNRR, ma anche da quelli della Strategia dell’UE sulla biodiversità di piantare 3 miliardi di alberi entro il 2030 e dall’obiettivo 11 dell’Agenda Onu di città più sostenibili e inclusive. Il trend per i progetti di rimboschimento è comunque in lieve crescita: +15,7% rispetto all’anno precedente, e 169.799 alberi piantati solo dal settore privato, con un aumento del 30% rispetto al 2021.

Altro problema è che non ci sono sufficienti alberi da piantare. Gli ultimi anni sono stati infatti caratterizzati dalla chiusura di molti vivai forestali pubblici, organi fondamentali e di garanzia per la forestazione. La carenza di personale, lo stato di abbandono di alcuni vivai e la mancanza di programmazione e investimenti hanno indebolito notevolmente il settore, rallentando di conseguenza i piani di messa a dimora. A questo si aggiungono anche le conseguenze del riscaldamento globale. Aumento delle temperature, siccità e incremento dei fenomeni meteorologici estremi condizionano la tenuta degli alberi, per cui è necessario ridefinire il controllo delle aree verdi programmando in maniera più mirata le varie fasi d’intervento. La problematica degli incendi, in particolare, “occorre – , sottolinea il Cigno verdeaffrontarla con un cambio di prospettiva, che porti a spostare gli investimenti dalla gestione delle conseguenze alla loro prevenzione“.

foreste

Allarme di Legambiente: “Città italiane (quasi) senza alberi”. Modena e Cremona le più green

Crescono le foreste, ma le nostre città sono sempre meno green. In Italia il patrimonio forestale e boschivo è cresciuto negli ultimi decenni coprendo il 36,7% del territorio nazionale e oltre 11 milioni di ettari di superficie. Ma non decolla il verde urbano: nel 2022 su 105 capoluoghi la media è di appena 24 alberi ogni 100 abitanti. Numeri insufficienti per il raggiungimento degli obiettivi della Strategia dell’Ue sulla biodiversità di piantare 3 miliardi di alberi entro il 2030 e dell’obiettivo 11 dell’Agenda Onu di città più sostenibili e inclusive. A lanciare l’allarme è Legambiente che in occasione del VI Forum nazionale ‘La Bioeconomia delle Foreste. Conservare, ricostruire, rigenerare’ organizzato oggi a Roma, in concomitanza alla Giornata mondiale della città, ha presentato il report ‘Foreste 2023’.

In particolare, il rapporto evidenzia che 43 città hanno una dotazione superiore o uguale a 20 alberi/100 abitanti, 18 città hanno meno di 10 alberi/100 abitanti e 10 città 5 o meno di 5 alberi/100 abitanti. Modena (117 alberi/100ab), Cremona (99 alberi/100 ab) e Trieste (96 alberi/100 ab) le città più attente e virtuose. Rispetto al verde pro-capite Legambiente ha calcolato, su base dati Istat 2021, che su 105 capoluoghi esaminati, la media di verde pro capite in Italia si attesta intorno ai 53,7 metri quadrati.

Troppo poco, insomma, per dare seguito alla strategia europea sulla biodiversità. “Ripensare e rigenerare le aree urbane rendendole più verdi, sostenibili e accessibili significa prendersi cura della salute di cittadine e cittadini e rendere le città più resilienti alla crisi climatica”, dice Stefano Ciafani, presidente nazionale Legambiente. Oltre che tutelare gli ecosistemi forestali, spiega, è necessario “promuovere una bioeconomia circolare che valorizzi il ruolo multifunzionale delle foreste” perché “è l’unico modo per raggiungere gli obiettivi Ue su clima e biodiversità”. Poi l’appello al governo e alle istituzioni affinché “agiscano in primis completando i progetti del Pnrr dedicati al verde urbano, applicando la Legge 10/2013 sugli spazi verdi urbani, promuovendo un piano nazionale di messa a dimora di alberi per orientare le strategie sul tema, per migliorare la vivibilità e il benessere dei cittadini”.

Anche perché, spiega Antonio Nicoletti, responsabile aree protette di Legambiente “molte regioni sono in ritardo nella gestione forestale sostenibile, nella pianificazione e certificazione delle foreste”. Ritardi, osserva “nel contrasto all’illegalità nella filiera legno-energia e la dipendenza dall’estero per l’approvvigionamento” che mettono a rischio gli obiettivi al 2030. L’invito dell’associazione è, quindi, quello di “incrementare i boschi con popolamenti maturi e senescenti con l’obiettivo di tutelare il 30% del territorio e destinare a riserva integrale il 10% delle foreste e realizzare hot-spot di biodiversità forestale”.