Eventi estremi, aumento prezzi e ritardo politiche: 2023 anno nero per l’agricoltura
Strada in salita per l’agricoltura italiana, segnata sempre più dagli impatti della crisi climatica, dall’aumento dei prezzi e dai ritardi sul fronte delle politiche agricole. Nei primi dieci mesi del 2023 sono stati ben 41 gli eventi meteorologici estremi, una media di 4 al mese, che hanno causato danni all’agricoltura con pesanti ripercussioni economiche. Emilia-Romagna con 10 casi, Veneto (6), Toscana (4) e Piemonte (4) le regioni più colpite. Inoltre, ad aggravare il quadro si inserisce il ritardo italiano rispetto agli obiettivi europei fissati al 2030 dalle direttive From farm to fork e Biodiversity – che prevedono la riduzione del 50% dei pesticidi, del 20% dei fertilizzanti, del 50% degli antibiotici utilizzati negli allevamenti, il raggiungimento del 10% di aree dedicate a biodiversità e corridoi ecologici nei terreni agricoli e del 25 % di biologico a livello europeo. E’ la fotografia che emerge dal V Forum nazionale Agroecologia Circolare di Legambiente. Secondo i dati sugli eventi meteorologici estremi elaborati dal suo Osservatorio Città Clima, il 2023 può essere considerato un anno nero per l’agricoltura: se si guarda indietro negli anni, su un totale di 114 eventi estremi che hanno avuto impatti sull’agricoltura dal 2010 ad oggi, ben 80 (il 70%) sono avvenuti negli ultimi 4 anni (2020/2023). Nord e Sud Italia le zone più colpite in questi quattro anni con Emilia-Romagna 15 casi, Piemonte 14, Puglia 11, Veneto 10, Lombardia e Sicilia 7, in sofferenza.
Di fronte a questo quadro, a preoccupare è anche l’aumento dei prezzi dei prodotti agricoli e il fatto che l’Italia sia in ritardo anche sull’attuazione del Piano di Azione Nazionale per l’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari, il PAN, la cui ultima stesura risale al 2014 e la cui scadenza era fissata per il 2019. Oltre all’emanazione dei decreti attuativi della legge sull’agricoltura biologica approvata nel marzo 2022. “Preoccupante anche sul fronte europeo il ritardo e le incertezze sull’approvazione del SUR, il regolamento europeo sull’uso dei pesticidi, e la posizione favorevole dell’Italia sulla proroga all’utilizzo per altri dieci anni del glifosato in Europa, su cui è necessario un deciso cambio di rotta”, segnala Legambiente rilanciando la necessità di seguire la via maestra tracciata dall’agroecologia, dall’innalzamento dell’asticella dell’agricoltura integrata, dall’agricoltura bio e dalle tante esperienze virtuose, i cosiddetti ‘Ambasciatori dell’Agroecologia’. Sono questi per l’associazione ambientalista i tre pilastri su cui l’Italia deve accelerare il passo, recuperando anche i tanti ritardi accumulati fino ad ora e dicendo no all’utilizzo del glifosato in Europa.
Sei le proposte, di cui tre tecniche, che Legambiente indirizza oggi al Governo Meloni e in primis al ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida e che mettono al centro l’agroecologia, “capace di unire innovazione e sostenibilità rispondendo in maniera resiliente alla crisi climatica in atto, e l’agricoltura biologica che può fare da apripista all’intero settore agroalimentare. Per raggiungere questo obiettivo occorre prima di tutto superare il gap tra domanda e offerta, riducendo i costi per i produttori e per i consumatori”. Per questo Legambiente propone l’IVA al 2%per tutti i prodotti biologici certificati, bonus fiscali (dedicati alle donne in gravidanza, ai bambini e alle categorie più fragili) e credito d’imposta per le aziende agricole che decidono di convertirsi al biologico per ridurre i costi della certificazione oggi totalmente a carico degli agricoltori. Non va dimenticato che l’Italia è leader sul biologico con 90.000 operatori, più di 2 milioni di ettari coltivati a biologico e ha raggiunto il 18,7% della SAU (Nomisma 2023).
“Il nostro Paese – dichiara Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente – è pronto alla transizione ecologica delle filiere agroalimentari, chiede un cibo sempre più sano e giusto e vuole poter contare su un prodotto sostenibile dal campo alla tavola. Per andare in questa direzione serve rimettere al centro i tre pilastri della sostenibilità – ambientale, sociale ed economica – garantendo reddito e maggiore sicurezza agli operatori del settore. Favorire il made in Italy, sostenere le nostre filiere, fornendo supporto tecnico di fronte alle incertezze legate alla crisi climatica e all’aumento dei prezzi, è l’unica via dicendo allo stesso tempo no alla proroga per l’utilizzo del glifosato in Europa. L’agricoltura è in transizione, lavoriamo insieme affinché lo sia anche il Paese”.
“Il modello agroalimentare che vogliamo promuovere – spiega Angelo Gentili, responsabile nazionale agricoltura Legambiente – deve essere capace di ridurre gli input negativi della chimica di sintesi, ma anche quelli idrici ed energetici, e diminuire fortemente le emissioni climalteranti, innalzando l’asticella dell’agricoltura integrata, promuovendo senza indugi il biologico, cambiando l’intero sistema a 360° e favorendo l’innovazione tecnologica. Deve poi scommettere sull’economia circolare, come già stanno facendo numerose aziende virtuose, sull’efficienza energetica; sul rinnovo del parco macchine; sul biogas e biometano fatto bene; sul fotovoltaico sui tetti dei capannoni, andando oltre l’autoconsumo e favorendo le comunità energetiche; sull’agrivoltaico, che unisce all’innovazione tecnologica dei pannelli fotovoltaici, le pratiche agricole realizzate in modo complementare, evitando consumo di suolo con una sinergia positiva fra produzione agricola ed energetica. È questa la ricetta vincente”.