Ue, oltre 5mila morti per annegamenti nel 2021: mille solo in Romania


Secondo un rapporto Eurostat diffuso oggi, nel 2021, tra i Paesi dell’Ue, il numero più alto di morti per annegamento e sommersione è stato registrato in Romania (1.033), il 21% di tutti i decessi per annegamento nell’Ue. Seguono a distanza Francia (653), Polonia (466) e Germania (457). I numeri più bassi sono stati registrati in Lussemburgo (1), Malta (3) e Cipro (9). Nel 2021, i decessi per annegamento tra i maschi sono stati più del doppio di quelli tra le femmine in quasi tutti i Paesi dell’Ue. Nell’infografica INTERATTIVA di GEA le vittime per Paese e per sesso.
Alluvione

E’ la Giornata per le vittime della crisi climatica globale: in 40 anni fino a 145mila morti in Europa

Si celebra oggi la Giornata europea per le vittime della crisi climatica globale, iniziativa nata dalla dichiarazione congiunta firmata nel 2023. L’obiettivo è quello di ricordare le vittime dei disastri climatici, sensibilizzare l’opinione pubblica sull’importanza delle azioni individuali e collettive per ridurre il rischio di impatti climatici e migliorare la preparazione e la risposta agli eventi estremi.

“La giornata serve come appello all’azione. L’Europa deve agire ora per ridurre al minimo gli impatti dei cambiamenti climatici”, ha scritto su X l’Agenzia europea dell’Ambiente (Aea), secondo la quale negli ultimi decenni, l’Europa è stata colpita da rischi naturali frequenti e gravi legati alle condizioni meteorologiche e al clima, come siccità, incendi boschivi, ondate di caldo, tempeste e forti piogge. Per dare qualche cifra, negli ultimi quattro decenni, le condizioni meteorologiche estreme sono state responsabili di mezzo trilione di euro di perdite economiche e di vittime umane comprese tra le 85 mila e le 145 mila. In più, “le sole ondate di caldo hanno causato decine di migliaia di morti premature in Europa dal 2000” e “si prevede che la loro durata, frequenza e intensità aumenteranno, portando a un aumento sostanziale della mortalità, soprattutto tra le popolazioni vulnerabili, a meno che non vengano adottate misure di adattamento”.

ONDATE DI CALORE. Dal 1999 al 2019 – secondo una ricerca pubblicata a maggio su PLOS Medicine – oltre 150.000 persone sono morte per le ondate di calore. E la metà di queste è stata registrata in Asia. Lo studio – condotto dall Monash University in collaborazione con l’Università di Shandong in Cina, la London School of Hygiene & Tropical Medicine nel Regno Unito e università/istituti di ricerca di altri Paesi – ha rilevato che, nel periodo 1990-2019, le ondate di calore hanno portato a un aumento di 236 decessi per dieci milioni di residenti per ogni stagione calda di un anno. Le regioni con il maggior numero di decessi legati alle ondate di calore sono state l’Europa meridionale e orientale, le aree con climi polari e alpini e quelle in cui i residenti hanno un reddito elevato. Nelle località con clima tropicale o con basso reddito è stato osservato il maggior calo del carico di mortalità legato alle ondate di calore dal 1990 al 2019. Per il rapporto 2023 del Lancet Countdown on Health and Climate Change – pubblicato alla vigilia della Cop28 che si è svolta a Dubai – i decessi legati al caldo tra le persone di età superiore ai 65 anni sono aumentati dell’85% nel periodo 2013-2022 rispetto al periodo 1991-2000. Secondo l’Emergency Situations Database (EM-DAT), i pericoli meteorologici, idrologici e climatici in Europa nel 2022 hanno colpito direttamente 156mila persone e causato 16.365 morti, quasi esclusivamente a causa delle ondate di calore.

EVENTI ESTREMI. In Italia, secondo un recente studio ENEA, dal 2003 al 2020 gli eventi climatici estremi hanno causato complessivamente 378 decessi, di cui 321 per frane e valanghe, 28 per tempeste e 29 per inondazioni. Le regioni con il maggior numero di decessi e di comuni coinvolti sono risultate Trentino-Alto Adige (73 decessi e 44 comuni), Lombardia (55 decessi e 44 comuni), Sicilia (35 decessi e 10 comuni), Piemonte (34 decessi e 28 comuni), Veneto (29 decessi e 23 comuni) e Abruzzo (24 decessi e 12 comuni). Dallo studio emerge inoltre che circa il 50% dei 247 comuni italiani con almeno un decesso è costituito da centri montani o poco abitati, dove il rischio di mortalità associata a eventi meteo-idrogeologici estremi potrebbe essere connesso alla loro fragilità intrinseca e alle difficoltà degli interventi di soccorso. DANNI

ECONOMICI. Il cambiamento climatico sta avendo un forte impatto anche dal punto di vista economico. Nel 2023 le perdite globali, secondo un’analisi di Munich Re, sono stimabili intorno ai 250 miliardi di dollari, di cui solo 95 miliardi erano assicurati. In Europa a causare perdite record sono stati soprattutto i temporali nella regione alpina e nell’area mediterranea. Complessivamente i danni derivanti da questi eventi ammontano a 17 miliardi di dollari, di cui 2 miliardi assicurati. Nel nostro Paese – come si legge nel Pnacc – i fenomeni di dissesto geologico, idrologico e idraulico (inondazioni, frane, erosioni e sprofondamenti) costano più di due miliardi di euro all’anno.

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La Corte di giustizia europea nega il risarcimento per danni causati da inquinamento atmosferico

Secondo la Corte di giustizia europea, non esiste un diritto al risarcimento per i singoli per quanto riguarda i danni da inquinamento atmosferico. “Le direttive europee che stabiliscono gli standard di qualità dell’aria ambiente non sono, in quanto tali, destinate a conferire diritti ai singoli, la cui violazione potrebbe dare diritto a un risarcimento”, ha dichiarato la Cgue in una sentenza emessa oggi.

D’altra parte, “ciò non esclude che lo Stato possa essere ritenuto responsabile” e i singoli “devono comunque poter ottenere dalle autorità nazionali, ricorrendo se necessario ai tribunali competenti, che esse adottino le misure richieste da tali direttive”, ha proseguito la Corte. Infine, la Corte osserva che i tribunali di uno Stato membro possono emettere ingiunzioni accompagnate da penalità di mora per garantire il rispetto da parte di tale Stato degli obblighi imposti dal diritto dell’Unione.

La Cgue ha emesso questa sentenza dopo essere stata investita dalla corte d’appello amministrativa di Versailles incaricata del caso JP che chiedeva allo Stato francese un risarcimento di 21 milioni di euro per il deterioramento della sua salute a causa del peggioramento della qualità dell’aria ambiente nella regione di Parigi. La Francia è già stata condannata nel 2019 e nuovamente nell’aprile 2022 dalla Cgue per inquinamento atmosferico, così come diversi altri Stati membri.

Lo Stato francese è già stato condannato due volte dal Consiglio di Stato per non aver fatto abbastanza per combattere l’inquinamento atmosferico, con un totale di 30 milioni di euro di multe pagate alle organizzazioni ambientali pubbliche e ad alcune Ong. L’inquinamento, in particolare quello provocato dal traffico automobilistico, è un importante problema di salute pubblica.
La mortalità legata all’inquinamento atmosferico rimane un rischio significativo in Francia, con 40.000 decessi prematuri attribuibili alle polveri sottili ogni anno, secondo quanto riportato da Santé publique France lo scorso anno. Nell’Unione Europea, l’inquinamento da polveri sottili ha causato 238.000 morti premature nel 2020, secondo un rapporto dell’Agenzia Europea dell’Ambiente (AEA) pubblicato il 24 novembre. L’Europa si è posta l’obiettivo di ridurre le morti premature di oltre il 50% entro il 2030 rispetto al 2005.