Naso (Motus-E): “Le auto elettriche non si fermano col gelo, ecco come evitare blocchi”

Proprietari di Tesla disperati, a Chicago e dintorni, sono stati visti mentre cercavano di ricaricare i loro veicoli senza fortuna tra le temperature gelide che hanno attanagliato il Midwest. Negli ultimi giorni le stazioni di ricarica si sono sostanzialmente trasformate in cimiteri di automobili poiché le temperature sono scese a due cifre negative, ha riferito Fox Chicago qualche giorno fa. Secondo un’analisi di Recurrent, start up americana di ricerca sulle batterie per veicoli elettrici “l’efficienza e l’autonomia di tutti i veicoli diminuiscono quando fa freddo e i veicoli elettrici non sono diversi. Uno studio dettagliato su oltre 10.000 veicoli in condizioni climatiche fredde ha rilevato che l’autonomia diminuisce in media del 29,7% tra i modelli di veicoli elettrici più diffusi”.

Cos’è successo a Chicago? “C’è da capire bene a cosa sono dovute le scene che abbiamo visto, non è ancora del tutto chiaro cosa sia successo. Probabilmente c’erano stazioni locali di ricarica fuori uso, con auto arrivate molto scariche e in presenza magari di un black out a causa di un -20… Però bisogna capire bene prima di giudicare”. Lo dice Francesco Naso, segretario generale di Motus-E, l’associazione italiana che porta avanti le potenzialità di un’adozione massiva di mezzi sostenibili, promuovendo la mobilità elettrica. Ma proprio le auto elettriche sono finite sul banco degli imputati perché ritenute meno sicure e più esposte al gelo delle endotermiche.

E’ così?
“Le auto elettriche non si bloccano col gelo. Cito un recente studio che viene dalla Norvegia, dove le temperature non sono certo miti d’inverno. Ebbene, la più grande compagnia di soccorso stradale ha effettuato 34mila interventi e fra questi meno del 15% riguardavano veicoli elettrici con un circolante di auto elettriche pari al 22%. Questo per dire che in condizioni estreme ogni auto merita attenzione”.

Quali sono le accortezze da avere con un veicolo elettrico in presenza di temperature sottozero?
“Se si lascia il veicolo parcheggiato per lungo tempo, bisogna considerare che mantenere accesi i servizi ausiliari scarica la batteria. La modalità sentinella, ad esempio, con telecamere accese, consuma energia. Alcuni modelli perdono il 10-15%, altro di più. Stare attenti poi a come si preriscaldano le batterie, altra attività che inevitabilmente fa scaricare la batteria. Bisogna sapere le peculiarità del mezzo, è un po’ come quando si accende il condizionatore d’estate nelle auto endotermiche: brucia più carburante… o come fare il pieno di gasolio normale prima di andare in luoghi dove si rischia di scendere sottozero, con il rischio di congelare tutto e fare grossi danni all’auto. L’importante è saperlo”.

Non ci sono rimedi al consumo batteria?
“Alcuni costruttori hanno iniziato a dare indicazioni in presenza di freddo estremo. Può essere che l’auto non si carichi a massima potenza se non si è preriscaldata la batteria…”

Come funziona il preriscaldamento? Se uno torna dopo un viaggio e torna l’auto ghiacciata, cosa può fare?
“Sempre più modelli fanno il preriscaldamento batteria in automatico, oppure si può azionare a distanza. Questo serve per facilitare la ricarica ad alta potenza in situazioni climatiche di freddo più o meno estremo. Preriscaldare consente di sfruttare al meglio le ricariche ad alta potenza anche con temperare molto rigide. Ecco, un altro accorgimento è quello di evitare di lasciare l’auto parcheggiata al 5% di batteria per una settimana al freddo o con i servizi ausiliari attivi…”

Freddo a parte, in Italia dove non c’è il gelo di Chicago il mercato delle elettriche non accelera. Questione di prezzo, di incentivi…
“Il 2024 può e deve essere l’anno del cambio di passo per il mercato auto italiano, ma in questo momento c’è grande apprensione tra gli attori della filiera e tanta confusione tra i cittadini. Purtroppo all’annuncio della rimodulazione degli incentivi auto non è seguita una tempestiva formalizzazione della disponibilità delle risorse, il che rischia da un lato di creare il caos tra gli operatori, che non hanno ancora informazioni sulla nuova piattaforma per l’ecobonus, e dall’altro di paralizzare il mercato, perché i potenziali acquirenti sono naturalmente portati ad attendere le nuove agevolazioni prima di decidere come muoversi”.

Quando si parla di auto elettriche si parla del pericolo di essere invasi dai veicoli cinesi, che vantano prezzi inferiori alla media. Come la vede?
“Sicuramente un mercato con più player fa bene al cliente finale, dopo di che i prezzi stanno scendendo anche per modelli non prodotti in Cina e sono in arrivo già quest’anno modelli prodotti in Europa con prezzi inferiori ai 25.000 euro ante-incentivi… Attenzione però, Pechino non è concorrenziale in Europa solo nell’elettrico, ma anche nelle endotermiche grazie alle economie di scala cinesi”.

Vincerà la Cina?
“Il tema è che l’industria europea deve fare grandi volumi sull’elettrico, la sfida non è solo con la Cina ma anche con gli Usa. Si è partiti dall’alto di gamma, come sempre è accaduto, adesso con un mercato auto europeo che vede l’elettrico oltre il 15,7% di quota di mercato è arrivato il momento di produrre grandi volumi di auto elettriche e prezzi più bassi”.

E l’Italia in questo panorama come si colloca?
“Preferirei avere fabbriche di auto elettriche in Italia. Giusto ragionare su misure protezionistiche anti-dumping ma bisogna attrarre la produzione qua. Dobbiamo diventare attrattivi. Dopo il Covid si era detto di accorciare le filiere, ora c’è la crisi del Mar Rosso che porta a importanti aumenti dei costi di logistica e trasporto. E’ il momento di ritornare a produrre in Italia”.

Trasporti, per mobilità sostenibile dall’Ue servono meno regole e più incentivi

Transizione e sostenibilità non sono in discussione, ma nei modi l’Unione europea sta spingendo troppo sull’acceleratore. Troppe ambizioni e regole troppo severe, che rischiano di lasciare l’Ue al palo e, soprattutto, soccombere ad una concorrenza decisa di Stati Uniti e Cina. Servono cambi di passo, un compito lasciato a questo punto alla prossima legislatura. A fare il punto della situazione Withub, nell’evento ‘I trasporti italiani ed europei e la sfida del 2035’ dedicato alla mobilità pulita.

Un tema, quest’ultimo, che già tanto ha fatto discutere e che ancora continua a far discutere. Perché, sostiene l’europarlamentare Carlo Fidanza, membro della commissione Trasporti, “la strada della transizione non è in discussione, ma il tema è capire come arrivare alla meta”, e qui l’Ue sembra aver sbagliato qualcosa. L’esponente dei conservatori europei (Ecr) contesta in particolare la scelta compiuta sui motori del futuro, e la decisione di inserire nella strategia ‘green’ a dodici stelle i soli combustibili sintetici. Da un punto di vista industriale, critica Fidanza, “oggi siamo all’avanguardia sui biocarburanti, e non tenere conto di questa filiera per un Paese come l’Italia è un colpo pesante, anche per l’indotto dell’automotive, che non potrà essere rimodulato”. Da un punto di vista di agenda sostenibile, invece, “se si conteggiano le emissioni solo allo scarico si crea un indirizzo tecnologico mono-direzionale”. Da un punto di vista di politiche, dunque, “è stato un errore non tenere aperte le porte a delle alternative”. Un errore che viene imputato ad un “approccio ideologico della Commissione e di Timmermans”, il commissario responsabile per il Green Deal nel frattempo dimessosi per correre alle elezioni olandesi di novembre.

C’è poi un secondo errore strategico, a detta di Marco Stella, vicepresidente di Anfia-Associazione nazionale filiera industria automobilistica. “L’ansia più grande che rimane è quella regolatoria”, e questo rischia di penalizzare l’Ue e la sua competitività economica. “Quello che ci differenzia dalle due grandi arre con cui ci confrontiamo a livello industriale, Stati Uniti e Cina e Asia, è che noi abbiamo avuto l’ansia di regolamentare l’industria mentre loro hanno stimolato l’industria”. Facendo un paragone, “noi (europei, ndr) ci siamo preoccupati di mettere la bandierina della sostenibilità, loro (Stati Uniti e Cina, ndr) hanno messo sul terreno aiuti”, come dimostra anche l’Inflation reduction act varato dall’amministrazione Biden, il piano da circa 369 miliardi di dollari per sostenere l’industria del green-tech. Ecco, nella corsa alla transizione “c’è stato da parte nostra un disarmo volontario”, lamenta ancora il vicepresidente di Anfia. “Abbiamo lasciato loro la leadership”. Per questo “l’auspicio è che nella prossima legislatura Ue si pensi profondamente all’industria del nostro continente”.

La questione del sostegno è centrale anche per Massimo Nordio, presidente di Motus-E. “Oggi c’è bisogno di un aiutino. Parlo degli incentivi”. Certo, l’Ue ha meno disponibilità, e regole comuni di spesa per tenere in ordine conti pubblici dissestati da crisi sanitaria prima e crisi energetica poi. Ma servono interventi, visto e considerato che, insiste Nordio, “il sistema degli incentivi nel passato ha funzionato”. Questo per l’impresa non può essere ignorato, poiché quando si parla di mobilità sostenibile “il mercato che non si sta sviluppando è quello della fiscalità dell’auto”. Che si scelgano sgravi, incentivi o bonus “l’auto elettrica deve essere trattata, dal punto di vista fiscale, in maniera diversa perché è una scelta virtuosa e coraggiosa”. In Italia “interloquiamo con il governo anche da questo punto di vista”, affinché la politica tricolore possa fare pressione a livello Ue per un cambio di rotta ritenuto imprescindibile.

Marco Castagna, presidente di Duferco energia, attira l’attenzione sulla necessità di sostegno all’auto elettrica e le sue potenzialità sfatando quello che considera un mito. “Quello dei tempi di ricarica nelle aree di sosta è un falso problema, perché alla fine decido io quando e dove ricaricare”. Certo, riconosce, “il tema rimane il prezzo” al concessionario, ma, “andrebbe considerato il prezzo dell’intero ciclo”, perché l’auto elettrica “costa molto meno in manutenzione” rispetto a un’auto tradizionale. Stando ai numeri diffusi da Withub nel corso dell’evento, c’è tanto in ballo, soprattutto per l’industria italiana. Ad agosto 2023 i numeri di immatricolazioni auto elettriche sono i seguenti: 165.165 in Regno Unito, 86.649 in Germania, 19.657 in Francia, 4.055 in Italia, 3.583 in Spagna. L’Italia fa fatica. E rischia di continuare a fare fatica per le scelte compiute.

La decarbonizzazione trasporti è già iniziata: è resa possibile dalle tecnologie già disponibili, come il biocarburante HVO, già disponibile in purezza, che può essere utilizzato con le infrastrutture esistenti e in molti veicoli già in circolazione”, scandisce Alessandro Sabbini, Responsabile Relazioni Istituzionali Centrali di Eni. “L’HVO – spiega – è un esempio di economia circolare applicata alla mobilità e contribuisce da subito alla riduzione delle emissioni del trasporto stradale, anche pesante, e dei traporti aereo, marittimo e ferroviario”.

Massimiliano Salini (Fi/Ppe), membro della commissione Trasporto del Parlamento europeo, insiste sulla necessità di un più ampio ventaglio di scelte. “Indicare un’unica formula produce in genere l’effetto contrario di quello che volgiamo ottenere”, dice riferendosi allo stop europeo ai biocarburanti. “Il principale alleato della transizione è l’innovazione e il principale alleato dell’innovazione è la libertà tecnologica, quello che noi definiamo neutralità”. L’auspicio implicito è un cambio di rotta, affidato alla prossima legislatura che verrà. “Nessuno chiede di ridurre le ambizioni, ma di farlo collocando queste sfide nel tempo e nella storia, in modo che tutti possano concorrere: industria, i cittadini con la tutela delle loro tasche, e la politica affezionata all’ambiente ma affezionata a quella sintesi che noi cerchiamo di realizzare tra ambiente, innovazione tecnologica e il mantenimento in vita di una brillante manifattura che fa il bene dell’economia europea”.

Un’impostazione condivisa da Alberto Moro, direttore generale Automotive di Bitron, azienda che guarda alla transizione a 360 gradi. “Sui biorcarburanti possiamo sviluppare i motori termici. Sull’idrogeno abbiamo iniziato a lavorare da qualche anno e abbiamo prodotto delle soluzioni innovative, da fornire ai clienti”. Perché nel mondo e nella mobilità che cambiano “la sperimentazione tecnologica gioca un ruolo strategico” e a Bitron “cerchiamo di anticipare i bisogni dei nostri clienti”.

auto elettrica

Auto, nel 2030 -42% occupati. Ma per Motus-E boom filiera elettrica porterà saldo positivo

Motus-E ha presentato alla fiera K.EY 2023 di Rimini il primo volume di ricerca dell’Osservatorio sulle trasformazioni dell’ecosistema automotive italiano (Osservatorio Tea), realizzato insieme al Cami (il Center for Automotive and Mobility Innovation del Dipartimento di Management dell’Università Ca’ Foscari Venezia). Lo studio analizza le possibili evoluzioni delle quattro ruote verso l’elettrificazione, spinta anche dalla direttiva europea che dal 2035 vorrebbe mettere fuori mercato i motori endotermici. Un obiettivo che già nel 2030 potrebbe avere effetti tangibili su produzione e occupazione in Italia.

Secondo il report Boston Consulting Group su dati Ihs Markit/Standard & Poor, fra 7 anni gli occupati legati ai motori endotermici diminuiranno di circa il 42%, mentre cresceranno quelli operanti nel mondo elettrico di circa il 10% “includendo il rischio di contrazione del mercato e di automazione tecnologica”, si legge nel volume presentato da Motus-E. La produzione europea si ridurrà poi del 4% e le vendite dell’8%. Infine la quota di Bev (cento per cento elettriche) prodotte in Europa sarà del 59%.

Nel dettaglio, “volendo analizzare in dettaglio la composizione dei circa 43.000 occupati in aziende che producono almeno un componente specifico per l’endotermico si nota una concentrazione, come prevedibile, per i 2/3 in Piemonte e Lombardia”, si legge nello studio. Poi, “analizzando le 199 imprese coinvolte, dal punto di vista dimensionale, risulta che quasi il 40% degli occupati afferisce a quelle con fatturato superiore ai 250 milioni”. Di quanto valore aggiunto parliamo? “Per quanto riguarda il fatturato, le 199 aziende che producono almeno un componente specifico per i veicoli endotermici hanno generato al 2020 un fatturato complessivo di quasi 11 miliardi”.

Scendendo ulteriormente nel dettaglio, e analizzando i 14mila occupati in aziende attualmente esposte unicamente, per via della loro attività, al powertrain endotermico – spiega lo studio – si nota una forte riduzione percentuale della concentrazione degli occupati impattati in Lombardia compensata da un incremento più omogeneo nelle restanti regioni e, soprattutto, da quello del Piemonte che raccoglie la metà degli occupati a rischio. Gli occupati a rischio in questo perimetro sono impiegati per oltre il 60% in imprese con fatturato superiore ai 100 milioni; questa distribuzione è molto simile a quella mostrata per il raggruppamento precedente mostrando solo una riduzione nella fascia 50-100 milioni”.

Considerando le due dimensioni aziendali, “le imprese considerate a rischio in Piemonte, pur essendo numericamente il 30% in meno rispetto a quelle della Lombardia”, generano un “fatturato 8 volte superiore con 3,5 volte il numero degli occupati di quest’ultima”. Nello specifico sono 19 le aziende piemontesi a rischio, imprese che danno lavoro a 7.070 impiegati per un giro d’affari di 2,9 miliardi.

Tuttavia, sottolinea Motus-E, “con i tre quarti degli occupati della filiera dedicati oggi a produzioni non esclusive per i powertrain endotermici, dall’analisi emerge che sarebbe sufficiente al 2030 un marginale incremento di queste attività trasversali per compensare anche un dimezzamento dei lavoratori destinati unicamente ai motori tradizionali”. Inoltre, “approfondendo il ragionamento con ipotesi di reattività” del sistema economico, l’impatto occupazionale complessivo al 2030 risulta addirittura positivo, con un incremento del 6% degli occupati totali della filiera. Numeri a cui si potrebbero peraltro sommare i circa 7mila nuovi posti di lavoro al 2030 stimati da Bcg per il comparto infrastrutture ed energia al servizio della mobilità elettrica, che per chiarezza si è deciso però di contabilizzare a parte”.

Auto elettriche

Auto, report Motus-E: Entro il 2030 il 50% sarà elettrico

Nel 2030 le auto elettriche rappresenteranno il 50% della domanda totale. È quanto emerge dal report ‘La mobilità elettrica: inevitabile o no? Analisi dal punto di vista dei consumatori’, realizzato da Motus-E e Quintegia che precisa come “la domanda di auto elettriche arriverà a superare quella di ogni altro tipo di alimentazione entro il 2025, nel 2030 rappresenterà il 50% della domanda totale e nel 2050 quasi l’80%”.

Nel 2021 in Italia su un totale immatricolato di 1.475.393, il 4,6% è rappresentato da veicoli BEV (67.542), contro una quota del 2,3% nel 2020 e dello 0,5% nel 20193 . Questo trend in costante aumento è un segnale importante, spinto soprattutto dagli incentivi e da un’offerta sempre più ricca che ad oggi consiste in Italia in circa 55 modelli di veicoli elettrici disponibili in commercio. Domanda auto da parte dei consumatori per alimentazione La domanda di auto elettriche arriverà a superare quella di ogni altro tipo di alimentazione entro il 2025, nel 2030 rappresenterà il 50% della domanda totale e nel 2050 quasi l’80% 10 2. Il mindset del consumatore – Prodotto 2020 2025 2030 2035 2040 2045 2050 Benzina Diesel Mild Hybrid Ibride plug-in Elettriche Uno dei principali risultati emersi da questo studio è che la domanda di auto elettriche da parte dei consumatori finali crescerà in modo significativamente repentino e rilevante. In particolare, si stima che la domanda di veicoli elettrici continuerà a crescere arrivando a superare quella per ogni altro tipo di alimentazione entro il 2025 e sfiorerà quota 80% nel 2050.

Il prezzo di acquisto dell’auto è il fattore che maggiormente influenza le scelte dei consumatori, più basso è il costo di un’auto elettrica e maggiore è la sua domanda, spiega il report, sottolineando che “a parità di prezzo e con l’evoluzione tecnologica prevista, i consumatori preferiranno acquistare vetture elettriche piuttosto che a combustione interna”. Ed è quello che secondo il rapporto accadrà entro il 2030, quando “0 si ridurrà il prezzo di acquisto dei veicoli elettrici e si raggiungerà la parità di costo con i veicoli tradizionali nei segmenti più bassi della carline”.

Secondo Francesco Naso, segretario generale di Motus-E, è importante “che gli Stati Europei accompagnino questo trend con strumenti di supporto all’acquisto almeno per un primo periodo, per raggiungere quella ‘parità di prezzo’ che i rispondenti al sondaggio richiedono. In tal senso è preoccupante osservare che l’Italia è l’unico mercato auto in Europa che non ha previsto incentivi all’acquisto dei veicoli elettrici per il prossimo triennio. Questo rischia di rendere l’Italia un mercato di sbocco unicamente di veicoli endotermici, rendendo ancor più arduo il raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione, così come lo sviluppo delle infrastrutture di ricarica pubbliche che possono crescere se cresce il numero di autoveicoli a batteria. È importante anche evidenziare che uno scenario nel quale l’Italia rimanesse un mercato automotive prevalentemente endotermico avrebbe un effetto negativo sullo sviluppo della filiera industriale della mobilità elettrica, con rilevanti impatti sul fronte occupazionale. Ci auspichiamo che il Governo intervenga nel 2022 e accolga le nostre proposte di incentivi a calare nel corso degli anni e di supporto alle infrastrutture di ricarica”.