Bandiere Blu salgono a 246. In Italia l’11% delle spiagge top del mondo

L’attenzione al territorio cresce, sia tra i cittadini che tra le amministrazioni. Sono 246 le località di riviera e 84 gli approdi turistici che ricevono il riconoscimento Bandiera Blu 2025. Complessivamente le spiagge sono 487, cioè l’11% di quelle premiate a livello mondiale.

Un traguardo che ha una “altissima valenza ambientale, ma anche turistica“, osserva il ministro dell’Ambiente, Gilberto Pichetto. “E’ la direzione giusta, bisogna crescere, accentuare le azioni di sensibilizzazione ambientale“, insiste, chiedendo di lavorare a tutto campo, ma con un “equilibrio“, tra ambiente e fruizione delle spiagge: “un equilibrio che credo tutte le amministrazione avvedute debbano perseguire, sapendo che l’obiettivo dovrebbe essere quello di avere tutte le Bandiere blu. La strada è quella giusta, ma è ancora lunga“, scandisce. Si premiano quei Comuni che “hanno predisposto ogni misura atta a salvaguardare la biodiversità del proprio mare“, spiega il ministro per la protezione civile e le politiche del mare, Nello Musumeci. “Bandiere blu significa per l’Italia, per tutte le regioni bagnate dal mare, una conquista e una grande attestazione di rispetto verso il mare“, afferma.

Nel corso della premiazione da parte della Foundation for Environmental Education (FEE) sono state premiate quelle località le cui acque di balneazione sono risultate eccellenti negli ultimi quattro anni, come stabilito dai risultati delle analisi che, nel corso degli ultimi quattro anni, le Arpa hanno effettuato nell’ambito del Programma Nazionale di monitoraggio, condotto dal ministero della Salute. Il trend è in crescita: rispetto allo scorso anno, vengono premiati dieci Comuni in più, 15 sono i nuovi ingressi, cinque i Comuni non confermati.

La Liguria perde una Bandiera e ottiene 33 località, la Puglia sale a 27 riconoscimenti con tre nuovi ingressi. Segue con 23 Bandiere Blu la Calabria con tre nuovi ingressi. Sono sempre 20 le Bandiere Blu per la Campania, che perde una località ma segna un nuovo ingresso. Con un nuovo riconoscimento, anche le Marche ricevono 20 Bandiere Blu, sale a 19 la Toscana che conquista un Comune. La Sardegna ottiene 16 località con un nuovo riconoscimento, così come l’Abruzzo che con una new entry sale a 16 Bandiere Blu. La Sicilia conferma 14 Bandiere con due uscite e due nuovi ingressi. Il Trentino Alto Adige conferma i suoi 12 Comuni, il Lazio sale a 11 con una nuova località. L’Emilia Romagna vede premiate dieci località grazie a un nuovo ingresso, mentre sono riconfermate le nove Bandiere del Veneto. La Basilicata conferma le sue cinque località, il Piemonte scende a quattro con un’uscita. La Lombardia conferma tre Comuni, il Friuli Venezia Giulia mantiene le due Bandiere dell’anno precedente, come il Molise che resta a due. Complessivamente, quest’anno le Bandiere Blu sui laghi scendono a 22, con un comune lacustre che non riconferma il riconoscimento.

Campi Flegrei, torna la paura: firmato stato mobilitazione. Mattarella sente Manfredi

Torna la paura nei Campi Flegrei. Una scossa di magnitudo 4.4 getta in strada e nel panico la comunità, estenuata da due anni di sciame sismico praticamente ininterrotto. Si tratta della più forte scossa registrata in epoca strumentale nella zona, insieme a quella del 20 maggio 2024.

Undici le persone rimaste ferite, un uomo è stato sepolto dal crollo del controsoffitto a Pozzuoli, contuso ed escoriato ma salvato dai vigili del fuoco. Altre tre persone sono state ferite da schegge di vetro e per sette i ricoveri sono stati dovuti a crisi di panico. In tutto il territorio ci sono crolli non strutturali, tra cui parte del campanile della chiesa di Sant’Anna a Bagnoli. Anche una scuola, la Viviani di Pozzuoli, è interessata da ‘distaccamenti’ non strutturali, in forma precauzionale e per consentire le verifiche, tutte gli istituti della zona vengono chiusi. “Abbiamo seguito le vicende attentamente, la situazione complessiva ci lascia moderatamente tranquilli”, spiega il prefetto di Napoli, Michele Di Bari.

E’ stato uno stress test importante per il patrimonio edilizio e non ci sono stati danni strutturali. La convivenza col grande sisma è l’unica risposta“, ammette il sindaco di Napoli, Gaetano Manfredi, che nel primo pomeriggio viene contattato dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Il capo dello Stato si informa sulla situazione che vive il territorio ed esprime vicinanza ai cittadini.

La premier, Giorgia Meloni, fa sapere dal mattino di monitorare costantemente l’evolversi della situazione. Si tiene in contatto con il sottosegretario Alfredo Mantovano, con il ministro per la Protezione Civile, Nello Musumeci, e con il capo del dipartimento della Protezione Civile, Fabio Ciciliano.

Il ministro per la protezione Civile ha firmato lo stato di mobilitazione nazionale chiesto dal presidente della Regione, Vincenzo De Luca. “E’ una delle zone più complesse al mondo, ve lo dico senza ipocrisia, chiedetela agli altri l’ipocrisia”, tuona Musumeci, denunciando una mancanza di attenzione delle istituzioni precedenti per una zona su cui insiste sia il rischio vulcanico che quello bradisismico. Una delle soluzioni, per il ministro, passa dalla prevenzione non strutturale, che prevede anche di istruire i ragazzi del territorio dei rischi e su come comportarsi in caso di evento. La mobilitazione nazionale permette al Dipartimento di Protezione Civile di coordinare gli interventi e le strutture operative, a supporto delle autorità regionali, garantendo assistenza alle popolazioni e interagendo direttamente con forze dell’ordine, vigili del fuoco, ambulanze.

Al momento, l’ipotesi di evacuazione dei “non è da scartare”, spiega il ministro, ma avverrà solo ascoltati i vulcanologi e sarà oggetto di esame tra i tecnici “solo qualora dovessero dirci di essere in prossimità di evoluzione accentuata”. Il piano che prevede l’evacuazione e il gemellaggio con le altre Regioni, però, è solo sulla pianificazione del rischio vulcanico. Il piano di emergenza per rischio bradisismico prevede lo spostamento persone che voglio lasciare la propria casa in aree di accoglienza.

Sappiamo che siamo nel mezzo di un complesso sciame sismiche che dura da un paio di anni, con migliaia di scosse. Per questo, lo dico alle amministrazioni, le tendopoli devono essere allestite costantemente, non dopo la scossa“, avverte Musumeci. Le aree di accoglienza sono comunque state allestite “in modo molto tempestivo”, assicura Ciciliano.
Il ministro rivendica di aver “aperto una breccia” nel “muro della rassegnazione” con le esercitazioni previste dal piano. Andrebbero fatte ogni 3-4 mesi e lo scorso anno con questo governo se ne sono organizzate tre: “Alla prima hanno partecipato 140 persone, alla seconda 200, la terza ha visto la partecipazione di 1.500 persone”, chiosa il ministro. E alle opposizioni che chiedono di riferire in Parlamento risponde di “non avere nessuna nessuna difficoltà”, ma “non abbiamo novità”: “Lo sciame sismico c’è e lo sappiamo tutti, lo riferirò con piacere”, scandisce.

Per poter convivere con il bradisismo, è indispensabile mettere in sicurezza gli edifici.Abbiamo un patrimonio edilizio discreto che può essere migliorato. Dobbiamo agire sull’edilizia pubblica, ma sono importanti anche gli interventi sull’edilizia privata”, fa appello Manfredi, ricordando che chi ha un edificio ha l’occasione di migliorarne la sicurezza sismica. “Certo che oggi il patrimonio edilizio non è quello degli anni 80, ma si può sempre migliorare”, osserva e a chi gli fa notare che ci sono ancora edifici fatiscenti risponde: “La responsabilità dell’edilizia privata è del proprietario, il proprietario se ha una catapecchia si dia da fare, ovviamente anche con l’aiuto pubblico”.

Piano sicurezza Campi Flegrei. Musumeci: “Prima prevenzione strutturale in Italia”

Nello Musumeci presenta a Pozzuoli la “prima massiccia operazione di prevenzione strutturale mai compiuta in Italia”. Si tratta del Piano di messa in sicurezza dei Campi Flegrei elaborato dal commissario straordinario Fulvio Soccodato, che, spiega il ministro della Protezione Civile, il governo ha scelto per “la sua nota competenza e il suo noto pragmatismo”.

Il programma è articolato, impegna quasi mezzo miliardo di euro messo a disposizione del governo e punta a mettere in sicurezza le infrastrutture pubbliche, non solo quelle viarie, ma anche le caserme, gli edifici scolastici, le infrastrutture portuali. Tra le scelte strategiche, c’è anche un capitolo sulla sostenibilità, per programmare interventi socialmente, ambientalmente ed economicamente sostenibili, di miglioramento dell’esistente, curando la cantierizzazione e contenendo il disturbo alla popolazione.

Il piano è stato illustrato nel Centro operativo comunale della Protezione civile di Pozzuoli da Soccodato, Musumeci, alla presenza del capo dipartimento della Protezione civile, Fabio Ciciliano, del presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca, e dei sindaci dei Comuni della zona interessata dal fenomeno del bradisismo.

Per la prima fase sono stati stanziati 260 milioni sui 630 complessivi, per la realizzazione di 56 interventi da concludere entro 36 mesi. “Mi auguro che questo possa costituire un primo esempio, un laboratorio, per guardare anche ad altri territori, altrettanto fragili”, scandisce il ministro. Il clima tra istituzioni e territori, assicura, è di “assoluta collaborazione e reciproco rispetto”.

Si tratta di continuare a lavorare sugli obiettivi strutturati con la Regione e con i Comuni di Napoli, Pozzuoli e Bacoli. “Abbiamo coinvolto anche l’aeronautica militare, la giustizia, per le infrastrutture di loro pertinenza”, riferisce Musumeci, che si dice “ottimista”, e propone di riproporre l’incontro ogni sei mesi perché “il territorio possa essere costantemente informato dei progressi che si realizzano giorno per giorno con l’apertura dei cantieri, dove la gente deve recuperare il diritto a una convivenza vigile“.

Nel frattempo, le istituzioni presenti continueranno a lavorare per la prevenzione non strutturale che, chiede il ministro, “deve coinvolgere anche le scuole e deve andare avanti“. Per il prossimo anno sono in programma altre esercitazioni soprattutto nelle scuole, a partire dai bambini delle prime classi, perché, chiosa Musumeci, “serve una nuova consapevolezza della fragilità del territorio e quindi un approccio più consapevole, più responsabile alla cultura del rischio. Andiamo avanti animati da grande buona volontà“.

acqua

Nasce Agenzia per dimensione subacquea. Musumeci: Con spazio, vera sfida del futuro

Dopo il dominio dello spazio, sarà regolamentato anche quello subacqueo. Due dimensioni che sono la “vera sfida del futuro” davanti alla quale l’Italia non si farà trovare impreparata, assicura Nello Musumeci. “La nostra nazione – rivendica – si presenta puntuale all’appuntamento e con tutte le credibilità necessarie“.

Il Consiglio dei ministri approva il disegno di legge per definire un quadro giuridico che disciplini le attività, sempre più crescenti, che pubblico e privato svolgono dalla superficie del mare ai fondali.

Il testo prevede l’istituzione dell’Agenzia per la sicurezza delle attività subacquee (Asas), alle dipendenze funzionali della presidenza del Consiglio, con un direttore generale che “deve possedere requisiti di professionalità specifici in relazione all’ambiente subacqueo“, nominato dal premier, su proposta del ministro della Difesa, sentito il ministro per il Mare. Restano a carico di ogni ministero le competenze attribuite dalla disciplina sulla dimensione subacquea vigente.

Siamo fra i primi Stati membri dell’Unione europea a fissare le regole sulla attività nell’ambiente sottomarino“, osserva Musumeci, che aveva già previsto questa esigenza nel ‘Piano del Mare’, soprattutto avvertita dalla “crescente antropizzazione della dimensione subacquea“.
Non parla soltanto della ricerca e dell’impiego di risorse energetiche e minerarie, ma anche delle infrastrutture di comunicazione, a scopi scientifici o militari. “Si rendeva indispensabile stabilire procedure e regole per coordinare le varie attività e assicurarne lo svolgimento in un contesto di sicurezza“, sostiene.

Il mondo subacqueo è sconosciuto all’uomo per l’80%. Uno spazio che, insiste il ministro, sarà “un nuovo luogo di incontro e competizione internazionale tra ambizioni e interessi di ogni Stato“.

Maltempo, Cdm per stato emergenza E-R e Marche: 20 mln per prime necessità

Lo stato d’emergenza sarà deliberato in Consiglio dei ministri sabato e non sarà solo per l’Emilia Romagna, ma anche per le Marche, piegate dai nubifragi del 18, 19 e 20 settembre. In programma, almeno per l’Emilia Romagna, ci saranno 20 milioni di euro da stanziare subito per far fronte alle prime necessità e per il ripristino dei servizi essenziali. Poi arriveranno nuovi fondi, dopo le ricognizioni successive all’emergenza. Così Giorgia Meloni mette un punto alle polemiche che negli ultimi due giorni hanno avuto più spazio dei danni subiti dalla popolazione.

La premier presiede una riunione in videocollegamento con la Regione Emilia Romagna. Con lei, il ministro per la protezione civile, Nello Musumeci, il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano, la governatrice facente funzioni Irene Priolo, il capo dipartimento della Protezione civile Fabio Ciciliano e il commissario straordinario di Governo alla ricostruzione post alluvione del 2023, Francesco Paolo Figliuolo.

Meloni ribadisce la solidarietà del governo ai cittadini e si informa sulla situazione degli sfollati e sull’andamento dei soccorsi. I due dispersi della frazione di Bagnacavallo, sembra non ci siano. “La popolazione è stata allertata e ha risposto al completo“, riferisce il sindaco del Comune, Matteo Giacomoni. Gli sfollati al momento sono circa 2.500, la gran parte in via precauzionale, nei territori colpiti, dove tecnici e imprese stanno già lavorando per ripristinare gli argini. Infatti, non si registrano più fuoriuscite d’acqua su Senio e Lamone, mentre le previsioni meteo virano verso un deciso miglioramento, con i prossimi tre giorni di tempo sereno.

Intanto, Musumeci si sgancia dalle accuse di aver soffiato sul fuoco delle polemiche (“non credo di averle alimentate”, dice), ma continua a precisare che la ricostruzione e la prevenzione sono due momenti diversi e spettano a enti diversi. Il generale Figliuolo ha competenze sulla ricostruzione post alluvione del 2023, ricorda, assicurando che “verrà completata“. Quanto ai grandi lavori che servono perché gli allagamenti non si ripetano, come le casse di contenimento, quelli spetterebbero alla Regione, che ha ricevuto, secondo il ministro mezzo miliardo in circa dieci anni. Inoltre, la pianificazione richiede una “intensa collaborazione tra Regione e Stato“: “Molto spesso la prevenzione infrastrutturale non si può fare per mancanza di risorse, nel caso dell’Emilia Romagna il tema non si pone. Chiediamo alla Regione di sederci non per indagare, ma per capire perché si continua a essere in emergenza – scandisce – e se un fiume esonda per 3-4 volte, vuol dire che l’intervento non basta“.

Di cantieri, dopo l’alluvione del 2023, ne abbiamo realizzati, programmati e avviati a centinaia – risponde Priolo -. Ci hanno permesso di contenere i danni“. Ora, però, chiede opere straordinarie, quelle indicate nei Piani speciali, per “uscire dalla logica dell’emergenza ed entrare in quella della prevenzione, una priorità per tutto il Paese“. E queste, insiste, “spetta al Governo finanziarle”.

Scintille governo-E-R. Musumeci: Come hanno speso mezzo miliardo? Priolo: Ministro specula

La polemica politica s’infila nelle crepe della disperazione e della paura. Si fa spazio, fino a prenderselo tutto, anche quello della cronaca nera. Succede così che con i campi, le case, le aziende dell’Emilia Romagna allagate ancora una volta, anche con due dispersi, aleggia lo spettro della campagna elettorale.

Non mi faccio trascinare dalle polemiche“, chiarisce il ministro della protezione civile, Nello Musumeci. Ma la butta lì: “Qualcuno vorrebbe alimentarle, magari sotto la spinta emotiva delle Regionali“. Organizza a Palazzo Chigi una conferenza stampa con il viceministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Galeazzo Bignami, per assicurare la collaborazione del governo, dirsi pronto a portare in consiglio dei ministri la richiesta di stato d’emergenza (quando e se verrà presentata dalla Regione) e puntualizzare che la prevenzione è di competenza regionale. L’Emilia Romagna, in 10 anni, ha ricevuto dai governi che si sono avvicendati oltre mezzo miliardo di euro: “Quello che accade è frutto di ciò che abbiamo o non abbiamo fatto e se non attrezzi il territorio, poi l’alluvione arriva. Con oltre mezzo miliardo, penso abbiano messo in sicurezza una parte del territorio, ci si dica quale, per poter programmare i nuovi interventi“, aggiunge.

Musumeci ricorda che secondo i dati dell’Ispra l’Emilia Romagna è tra le regioni che maggiormente hanno consumato suolo negli ultimi decenni e che cementificare significa “facilitare l’effetto ruscellamento quando piove abbondantemente, perché l’acqua non viene assorbita“. Il ministro non intende incolpare il commissario Francesco Paolo Figliuolo, che va avanti “con grande senso di responsabilità“. Non tutto il denaro a sua disposizione è stato speso e questo non perché non ci sia stata programmazione, ma perché “dall’altra parte non sono state definite le richieste di chi e come si deve intervenire, i piani speciali li redige il commissario, ma li realizza l’ente Regione“, insiste.

Parole agghiaccianti per la presidente ad interim, Irene Priolo, che chiede a Figliuolo di dissociarsi dalle dichiarazioni di Musumeci. Trova insolito che si faccia una conferenza stampa per evidenziare i problemi di una gestione quando l’emergenza è in corso e per individuare in modo “poco istituzionale” le responsabilità attribuendole a enti locali e Regioni, dimenticandosi che “noi stessi stiamo continuando a gestire cantieri e interventi e che il Governo ha fatto la scelta gestire per il tramite del commissario Figliuolo l’emergenza del 2023″, denuncia. Mentre si tenta di salvare vite umane, quella conferenza stampa “l’ho ritenuta speculazione politica“, tuona, dicendosi “molto stupita“.

Di “sciacallaggio politico” parla la segretaria del Pd Elly Schlein, mentre gli amministratori dell’Emilia-Romagna, sottolinea, “hanno passato la notte a gestire l’emergenza, organizzare soccorsi e sostenere la popolazione“. Ricorda la visita di Giorgia Meloni un anno fa nei territori alluvionati della Romagna come “una inutile passerella, con gli stivali nel fango a promettere 100% di ristori a famiglie e imprese che non sono mai arrivati”. Mancano le risorse, insiste la segretaria, i poteri sono stati concentrati su un commissario che ha la struttura a Roma, e “adesso scaricano responsabilità e problemi sugli amministratori locali. Prima ancora che ridicolo è indecente“, chiosa.

Per il deputato di Avs Angelo Bonelli la conferenza di Musumeci sancisce il fallimento del governo, perché chiarisce che il piano sul dissesto idrogeologico è “fermo da cinque mesi al Ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica in attesa di via libera“. Affermazione che se confermata “sarebbe gravissima“: “Il rimpallo di responsabilità con Pichetto Fratin, mentre l’Emilia Romagna è sott’acqua, è inaccettabile e imbarazzante“, scandisce, affermando che oggi Musumeci “si è posto all’opposizione del suo stesso governo“.

Siccità, Musumeci: “Governo è su strada giusta ma Regioni non spendono i fondi”

Il contrasto alla siccitàè un processo lungo, nessuno si faccia illusioni“. Nello Musumeci presenta alla stampa il nuovo capo dipartimento della Protezione civile, Fabio Ciciliano, che prende il posto di Fabrizio Curcio.

Inevitabilmente, viene interpellato sulla crisi che sta piegando il Sud Italia e la Sicilia in particolare. Il governo, assicura il ministro, ha imboccato la strada giusta: “Stiamo lavorando per dotare il territorio delle necessarie infrastrutture“, afferma. Ma ingaggia una polemica con le Regioni, che hanno a disposizione 1,2 miliardi, 400 milioni per progetti già in essere e 800 milioni per nuove iniziative da spendere entro il 2026. “Il ministro Fitto mi dice che solo circa il 30% risulta essere stato finora utilizzato“, evidenzia, augurandosi che il dato “non sia aggiornato o che ci sia un arretrato sul quale sapranno lavorare con grande impegno per recuperare il tempo perduto“.

La chiave è anche quella di iniziare a pensare di desalinizzare l’acqua di mare e purificare le acque reflue: “In alcune parti d’Italia si stanno adottando soluzioni in questo senso, anche se alcuni sono ancora diffidenti“, ricorda.

Nella cabina di regia del governo sono rappresentati cinque ministeri, per competenze dirette e indirette. “Abbiamo chiesto alle Regioni le priorità infrastrutturali per far fronte alle calamità“, spiega il ministro. Il programma di infrastrutture utili prevede circa 500 interventi in Italia da mettere a terra in 10 anni. Dalla Regione Sicilia sono arrivate 52 proposte: “Dovremo fare i conti con le risorse finanziarie, ma il primo passo bisogna compierlo“, ammette.

Intanto, come accade sempre più spesso, il Paese è spaccato. In soli due giorni, tra il 21 e il 22 luglio, l’Italia ha registrato 54 eventi meteorologici estremi, tra grandinate anomale, nubifragi, trombe d’aria e raffiche di vento, ma l’intero Sud è in ginocchio per l’assenza di piogge.

L’Osservatorio dell’Anbi sulle Risorse Idriche evidenzia che in Sicilia, a fine giugno, le precipitazioni cumulate in 12 mesi sono state di un solo millimetro in più rispetto a quanto registrato durante la grande siccità del 2002.
Sei bacini su 29 non hanno più acqua utilizzabile, altri sei hanno disponibile meno di un milione di metri cubi e quattro meno di due milioni. Gela non potrà ricevere alcun genere d’irrigazione, considerata la totale indisponibilità di volumi negli invasi Cimia, Disueri e Comunelli; questo comprometterà la campagna di semina e di produzione nella Piana. Tutti i comuni della provincia di Caltanissetta stanno subendo riduzioni nella distribuzione idrica, mentre a Enna l’acqua potabile viene erogata un giorno sì e due no. Nell’Agrigentino, per i terreni irrigui di Ribera, si sta cercando di salvare gli agrumeti, operando trasferimenti di risorsa irrigua dal sistema Prizzi-Gammauta all’invaso Castello.
Nel Ragusano le sorgenti sono tutte quasi prosciugate e il gestore sta attivando turnazioni per l’erogazione idrica. Il comprensorio del Calatino è quello che sta subendo i disagi maggiori: rispetto al 2023 si registra un abbassamento della falda di circa 15 metri ed una riduzione della portata emunta da 1.200 litri al secondo. La soluzione adottata è l’abbassamento del livello di prelievo ed è stato richiesto ai Comuni di emettere ordinanze che vietino l’utilizzo d’acqua potabile per irrigazione e piscine, la riduzione delle portate durante le ore notturne. La sorgente Fiumefreddo fornisce acqua al 70% del territorio comunale di Messina attraverso due distinte captazioni: in una, il livello si è talmente abbassato da far ipotizzare che tra poco la sorgente non erogherà più acqua. L’acqua è razionata anche a Palermo. Le piogge dei giorni scorsi hanno solo lambito l’estremo lembo nord-orientale dell’isola, lasciando però a secco il resto dei territori siciliani.

La siccità sta causando un disastro economico, sociale e ambientale senza precedenti e la premier Giorgia Meloni continua nel suo silenzio“, denuncia il portavoce di Europa Verde, Angelo Bonelli. La richiesta è di adottare “politiche climatiche efficaci“. Il deputato di Avs parla però di “sabotaggio delle politiche di difesa del clima“: “La mancata esecuzione dei collaudi per le dighe porta alla dispersione di preziosa acqua dolce in mare, una vergogna“, tuona, domandando al governo di proclamare lo stato di emergenza per la siccità e di destinare i fondi necessari per affrontare la catastrofe. “Musumeci ha detto di voler realizzare 500 progetti in 10 anni, ma da presidente di Regione si è fatto bocciare 31 progetti su 31 per il contrasto alla siccità” ricorda, annunciando di aver segnalato l’”inazione del governo” in una lettera inviata alla Ue e all’Ipcc dell’Onu.

Musumeci a Stromboli: “Pronti a intervenire, ma per ora l’ipotesi non esiste”

A Stromboli l’allerta è alta, la mobilitazione siglata e il governo pronto a intervenire. Anche se, al momento, l’ipotesi “non esiste“, assicura Nello Musumeci.

Il ministro per la Protezione civile raggiunge l’isola con il capo dipartimento Fabrizio Curcio, per un vertice convocato al Centro Operativo Avanzato. Al tavolo ci sono anche il prefetto di Messina, Cosima Di Stani, il sindaco, Riccardo Gullo, e i rappresentanti delle forze dell’ordine.

Bisogna stare molto cauti, attenti ed essere pronti ad ogni sviluppo, ad ogni evoluzione del fenomeno“, spiega l’ex governatore della Sicilia, dopo aver sorvolato la scena del fuoco in elicottero. “Abbiamo notato come questa attività che si sviluppa dal 23 giugno, seppure in fase di attenuazione, ancora persista. Abbiamo l’obbligo di stare sempre in guardia, di immaginare lo scenario peggiore e augurarci quello migliore“, afferma.

Di ieri è la firma dello stato di mobilitazione chiesto dalla Regione per fronteggiare le criticità. L’attività del vulcano ha comportato l’innalzamento dello stato di allerta dal giallo all’arancione, fino all’attuale rosso. La mobilitazione nazionale è prevista dal codice di protezione civile per consentire al Dipartimento di supportare l’azione della Regione e del Comune in una fase di emergenza. “Mettiamo a disposizione tutte le risorse umane e strumentali in una fase delicata, perché da sole le istituzioni locali non potrebbero affrontare il contesto“, scandisce Musumeci.

In alta stagione, i problemi per il turismo non mancano, ma i divieti legati allo stato d’allerta “non sono frutto di un capriccio“, ricorda il ministro. “Stiamo mantenendo un profilo basso per non danneggiare i villeggianti – precisa -, questa è un’isola meravigliosa che va vissuta, ma tutto quello che stiamo facendo è assolutamente doveroso, necessario e irrinunciabile“.  Se il fenomeno nei prossimi giorni dovesse attenuarsi, alcune misure potrebbero essere revocate, però, in questo momento, restano irrevocabili.

Musumeci: “Urgente liberare fiumi tombati. Censimento e più poteri autorità bacino”

I cambiamenti climatici sono in atto da anni e gli eventi estremi che piegano un territorio fragile come l’Italia si decuplicano. Il Paese ha dimostrato in diverse occasione di essere più che pronto in fase di emergenza, meno in fase post-emergenza, del tutto impreparato in fase di prevenzione.

E’ su questa “terza gamba troppo corta” che il ministro della Protezione Civile, Nello Musumeci, vuole intervenire. Anche con provvedimenti che definisce “impopolari“. Tra questi, la liberazione dei fiumi tombati, “tra le cause di morte in area urbana più frequenti“, osserva il capo dipartimento Fabrizio Curcio.

Il piano, per il momento, è quello (mastodontico) di censire tutti i corsi tombati d’Italia, mettendo i dati a sistema con i Comuni. Le risorse serviranno e non potranno essere poche, bisognerà “lavorare sull’intero bacino, capire l’antropizzazione dei singoli territori, riscoprire l’identità dei centri urbani, intervenire per ridurre il consumo di suolo”, fa sapere Curcio.

La denuncia che Musumeci lancia è “a noi stessi“, scandisce, perché, da sempre, l’Italia non è un Paeseculturalmente fatto per la prevenzione“. Sui fiumi c’è poco da disquisire: “L’acqua lo spazio lo vuole e quando non lo trova se lo crea da sola, con le conseguenze che sono sotto gli occhi di tutti”, tuona il ministro, annunciando che valuterà la possibilità di un intervento normativo per evitare che il fenomeno possa continuare a provocare danni. Dove è possibile, i corsi d’acqua saranno liberati e verrà dato più potere alle autorità di bacino.

Dobbiamo cogliere gli anelli deboli della normativa vigente e capire se siamo di fronte ad un quadro normativo sufficiente per porre rimedio, per salvare il salvabile rispetto all’esistente o se invece serve introdurre una nuova norma che definisca competenze, chi deve fare cosa e dentro quale tempo bisogna farlo”, commenta con Gea, a proposito dell’arrivo di un possibile decreto Legge.

Il presupposto essenziale, in sostanza, è avere un quadro dettagliato del fenomeno: quanto è presente, dove è maggiormente diffuso, dove è possibile intervenire senza creare ulteriori criticità.
Nessuno intende più discutere sul cambiamento climatico“, afferma il ministro dell’Ambiente, Gilberto Pichetto. “Piove in modo diverso, c’è un rischio di perdita di biodiversità. Una volta, tombare i torrenti era considerato del tutto normale, solo con il tempo ci siamo resi conto di quello che è significato”, ricorda. Di sicuro, la nuova situazione “impone una riflessione” sul reticolo idrografico e la valutazione di “una serie di azioni”, chiarisce.

Affrontare oggi questo tema in modo efficace, in ottica di prevenzione e di gestione delle emergenze, è un problema “essenzialmente di conoscenza e di risorse“, per Marco Casini, segretario generale dell’Autorità di bacino distrettuale dell’Appennino Centrale. L’Autorità, a partire dal 2023, fa sapere, ha avviato una “significativa attività” di aggiornamento delle mappe di pericolosità e di rischio dei principali corsi d’acqua del distretto che porterà entro un anno alla rimappatura di oltre 20 fiumi. Nello stesso tempo ha individuato la necessità di un primo pacchetto di interventi da realizzarsi nei prossimi tre anni per “oltre 2,5 miliardi di euro”. Sul tema, l’Autorità ha già avviato, in collaborazione con le Regioni, i Consorzi di bonifica e i Comuni del distretto, una ricognizione per acquisire un censimento aggiornato: solo su Roma, un’area molto sensibile sotto il punto di vista idrogeologico, il censimento ha per ora evidenziato la presenza di oltre 30 tratti fluviali tombati per una lunghezza di più di 40 chilometri.

Musumeci: “In arrivo codice nazionale Ricostruzioni ma fondamentale fare prevenzione”

Con i cambiamenti climatici, le calamità naturali sono sempre più frequenti e le ricostruzioni ancora troppo lente e costose. Per questo Nello Musumeci è al lavoro su un codice delle ricostruzioni omogeneo e più efficace, valido per l’intero territorio nazionale e per ogni tipo di calamità.

Al Commissario straordinario spetterà la competenza della ricostruzione, insieme alla Regione interessata e agli Enti locali, ma “fissando tempi precisi“, spiega il ministro.
Accanto alla regolazione della fase di ricostruzione, mette in chiaro Musumeci, serve fare prevenzione: “Solo negli ultimi 40 anni abbiamo speso più di 200 miliardi di euro per ricostruire, quando ne sarebbero bastati la metà per poter mettere in sicurezza quei territori“, osserva.

Il provvedimento è alla fase finale. “Penso che due, tre mesi potrebbero bastare. Rispetto agli 80 anni trascorsi – rivendica Musumeci – è un tempo assolutamente breve e ragionevole“. Il limite temporale massimo per ricostruire è fissato in dieci anni.

Ciò che i privati cittadini saranno chiamati a fare a breve è assicurare obbligatoriamente i propri beni contro le calamità naturali, cosa al momento obbligatoria solo per le imprese. “Il cittadino è convinto che lo Stato sia un erogatore di beni e servizi. Ma lo Stato non è più in grado di sostenere un costo così rilevante, costante e destinato a crescere“, ribadisce il ministro. “La disciplina che proponiamo è omogenea e definisce la fine e l’inizio dei diversi stadi delle crisi”, afferma, ricordando che dopo ogni evento calamitoso “si sono susseguite discipline poco organiche e frammentarie, differenziate per territori“.

Una delle prossime mosse sarà, anticipa, aprire un tavolo fiumi tombati. “Nessuno ne parla, ma sono una delle cause principali dei disastri nei centri urbani. Iniziamo a fare un’analisi, un censimento serio, e cerchiamo di capire quanti di questi corsi d’acqua possano essere liberati per evitare nuovi disastri“, afferma, dicendosi pronto a pagarne le conseguenze in termini di consenso, perché “il diritto alla vita non è negoziabile, è fisiologico e abbiamo il dovere di garantirlo, costi quel che costi“.

L’iniziativa incassa l’appoggio delle Regioni: “La vicinanza al territorio è fondamentale”, sottolinea il presidente della conferenza Massimiliano Fedriga, ricordando il terremoto del 1976 in Friuli Venezia Giulia, che “rappresentò un modello di collaborazione istituzionale e di fattivo riscatto”. Funzionò perché la gestione dell’emergenza coinvolse, anche in fase di ricostruzione, tutti i livelli istituzionali, chi conosceva il territorio e le sue risorse. Rappresentò, sostiene il governatore del Friuli Venezia Giulia, “un modello per l’attuale sistema di protezione civile su base regionale, dal decentramento degli interventi alla collaborazione tra tutti livelli di Governo“.

Oggi abbiamo un’opportunità formidabile“, rileva il capo della protezione civile, Fabrizio Curcio: un disegno di legge sulla ricostruzione che è in lavorazione e un ddl, nella semplificazione normativa, che dà la delega al governo per modificare alcuni temi in materia di codice di protezione civile. “Quindi siamo veramente nel momento migliore: c’è una modifica in atto sulla ricostruzione, una modifica in atto sulla protezione civile, stanno per metterle insieme“. E’ indispensabile, ripete, perché i cambiamenti climatici “è evidente che ci proiettino verso una gestione emergenziale molto diversa da quella fatta finora e automaticamente anche per una gestione di ricostruzione“.