Polonia schiera 40mila soldati a confine Russia-Bielorussia. Oggi Consiglio sicurezza Onu

In cerca di supporto diplomatico dopo l’intrusione di presunti droni russi nel suo territorio, la Polonia ha annunciato di aver deferito la questione al Consiglio di Sicurezza dell’Onu, che terrà una riunione d’urgenza oggi a New York. Ritenuta intenzionale da Varsavia e dai suoi alleati, ma smentita da Mosca, l’intrusione di una ventina di droni dai cieli di Ucraina e Bielorussia ha suscitato forti reazioni nel Paese, che chiede un rafforzamento delle capacità militari dell’Ue e della Nato sul suo territorio. Il deferimento al Consiglio di Sicurezza mira a “attirare l’attenzione del mondo su questo attacco senza precedenti condotto da droni russi contro un Paese che non è solo membro dell’ONU, ma anche dell’Unione Europea e della NATO“, ha spiegato il Ministro degli Esteri polacco Radoslaw Sikorski.

La presidenza sudcoreana del Consiglio di Sicurezza ha annunciato che si riunirà alle 15 locali (le 21 in Italia). Il Consiglio è composto da cinque membri permanenti con potere di veto, divisi in due gruppi geopoliticamente contrapposti: Stati Uniti, Francia e Regno Unito, alleati di Polonia e Ucraina, da una parte, e Russia e Cina dall’altra. L’intrusione di droni nella notte tra martedì e mercoledì si inserisce in un contesto già teso, alla vigilia di importanti esercitazioni militari congiunte russo-bielorusse, denominate Zapad-2025 (Ovest-2025), previste dal 12 al 16 settembre. Queste esercitazioni hanno portato la Polonia a chiudere il confine con la Bielorussia a partire da oggi e a limitare il traffico aereo ai suoi confini orientali. Anche Lituania e Lettonia hanno annunciato restrizioni al traffico aereo ai loro confini con Russia e Bielorussia.

Allo stesso tempo Varsavia sta schierando circa 40.000 soldati ai confini con Bielorussia e Russia. Secondo Varsavia, 19 droni sono entrati nello spazio aereo polacco, senza causare feriti. Almeno tre droni, “di fabbricazione russa”, ha dichiarato Sikorski, sono stati abbattuti dall’esercito polacco, supportato dagli alleati della Nato. Il Ministro della Difesa ha affermato che i droni sono decollati dalle regioni russe di Bryansk, Kursk, Orel, Krasnodar e Crimea. Senza commentare direttamente queste accuse, le autorità russe hanno negato qualsiasi coinvolgimento, accusando Varsavia di non aver fornito prove concrete. Da allora diversi alleati della Polonia hanno promesso o offerto di inviare rinforzi nell’ambito della “polizia aerea” della Nato. La Germania ha annunciato di voler estendere di tre mesi la sua missione di protezione dello spazio aereo polacco e di aumentare il numero dei suoi caccia da due a quattro. I Paesi Bassi, da parte loro, hanno deciso di accelerare la consegna di due batterie Patriot e di schierare sistemi di difesa aerea a corto raggio e sistemi di difesa anti-drone, con 300 soldati. La Repubblica Ceca schiererà tre elicotteri Mi-17, mentre, secondo Varsavia, Francia e Gran Bretagna vogliono impegnare Rafale ed Eurofighter. Anche la Svezia intende intensificare i propri sforzi.

Il presidente polacco Karol Nawrocki ha convocato una riunione del Consiglio di Sicurezza Nazionale per oggi pomeriggio, con la partecipazione del Primo Ministro Donald Tusk, dei ministri responsabili per la sicurezza, dei funzionari parlamentari e di tutti i partiti rappresentati in Parlamento. L’intrusione dei droni ha scatenato una valanga di proteste da parte degli alleati della Polonia, da Berlino a Parigi, da Washington a Bruxelles. Il Consiglio Nord Atlantico, il principale organo decisionale politico della NATO, ha modificato il formato della sua riunione settimanale lo stesso giorno per tenerla nel quadro dell’articolo 4 del trattato istitutivo dell’organizzazione, che Varsavia ha richiesto di attivare. Questo stabilisce che “le parti si consulteranno reciprocamente ogniqualvolta, a giudizio di una delle parti, l’integrità territoriale, l’indipendenza politica o la sicurezza di una delle parti siano minacciate”. Ieri, la Cina, membro permanente del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e sostenitore diplomatico di Mosca, ha chiesto il “dialogo”. “La Cina auspica che tutte le parti interessate risolvano adeguatamente le loro divergenze attraverso il dialogo e la consultazione”, ha affermato Lin Jian, portavoce del Ministero degli Affari Esteri cinese.

grano

L’Ue prepara il secondo pacchetto di aiuti per l’import del grano da Kiev

La Commissione europea lavora a un secondo pacchetto di aiuti per i Paesi confinanti con l’Ucraina, dopo che Polonia, Ungheria e ora anche Slovacchia hanno deciso di chiudere le frontiere all’import di grano e altri cereali in arrivo da Kiev.

Lo scorso 20 marzo la Commissione ha proposto un primo pacchetto di aiuti pari a 56,3 milioni di euro finanziati dalla riserva agricola per tre Paesi: 29,5 milioni di euro alla Polonia, 16,75 milioni di euro alla Bulgaria e 10,05 milioni di euro alla Romania, dandogli la possibilità di integrare questo sostegno fino al 100% con fondi nazionali che ammonterebbero a un aiuto finanziario totale di 112,6 milioni di euro per gli agricoltori interessati. “Ora stiamo valutando un secondo pacchetto, ma è ancora in discussione”, ha dichiarato la portavoce della Commissione Ue per l’agricoltura e il commercio, Miriam García Ferrer,, senza però fornire ulteriori dettagli sulle risorse che potrebbero essere mobilitate e per quali Paesi.

Questa volta potrebbe riguardare più Stati membri oltre a Polonia, Bulgaria e Romania. “Siamo consapevoli che ci sono anche altri Paesi che possono essere colpiti, è importante sottolineare che stiamo prendendo in considerazione l’impatto di questo aumento delle importazioni sui Paesi in prima linea”. Prima Polonia e Ungheria, ora anche Slovacchia. Salgono a quota tre i Paesi europei ad aver annunciato di aver chiuso le frontiere al grano e altri cereali in arrivo dall’Ucraina. E Bruxelles è “in contatto con le autorità competenti dei Paesi che hanno annunciato queste misure e con le autorità di Kiev per capirne lo scopo e la loro base legale, perché non abbiamo chiarezza di questo punto”, ha dichiarato la portavoce.

Da quando l’invasione della Russia ha bloccato alcuni porti del Mar Nero, grandi quantità di grano ucraino sono finite nei Paesi confinanti dell’Europa centrale, a volte rimanendo bloccate lì a causa di colli di bottiglia logistici. L’accumulo di grano e cereali nei silos ha avuto per mesi ripercussioni sulle vendite per gli agricoltori locali, con una svalutazione del prezzo dei beni agricoli. Non solo Polonia, ma anche altri Paesi dell’Europa centrale come Slovacchia, Ungheria, Romania e Bulgaria stanno lamentando la stessa pressione dell’aumento del grano in arrivo da Kiev per essere trasferito in altre parti del mondo.

Varsavia è stata la prima capitale ad annunciare sabato di aver varato un pacchetto – ribattezzato scudo agricolo contro la guerra – con una serie di azioni per sostenere gli agricoltori polacchi dagli effetti di questo eccesso di importazioni, che prevede tra le altre cose l’acquisto comune di grano immagazzinato in silos e di vietare l’importazione di alcuni prodotti agricoli in Polonia. Poco dopo è seguito lo stesso annuncio di Budapest, a cui si è aggiunta questa mattina anche la Slovacchia.

La nostra reazione a questa situazione potrebbe essere drastica, ma questa è una decisione per questi momenti, quando c’è una guerra, quando dobbiamo proteggere i polacchi, il mercato polacco, l’agricoltore polacco. Questo è il nostro dovere”, ha motivato il nuovo ministro polacco dell’Agricoltura, Robert Telus. Proprio le tensioni sociali e le proteste degli agricoltori hanno portato nelle scorse settimane alle dimissioni del precedente ministro Henryk Kowalczyk costrette dalla crescente pressione degli agricoltori che per settimane hanno protestato in tutto il Paese minacciando di bloccare anche i valichi di frontiera.

Contatti in corso tra Bruxelles e le Capitali che hanno agito in questi termini, dal momento che azioni unilaterali nel contesto della politica commerciale non sono ammesse. Durante il briefing con la stampa, la portavoce ha ricordato che l’area commerciale è competenza esclusiva dell’Unione europea e quindi viene gestita a livello comunitario. “Per questo azioni unilaterali da parte dei Paesi Ue nel quadro della politica commerciale non sono consentite”, ha spiegato, senza però entrare nel merito degli strumenti in capo alla Commissione europea per rispondere a queste azioni.

A Bali vertice G7-Nato. Poi leader in visita a foresta mangrovie

La guerra entra nei confini dell’Unione europea e salta la giornata dei leader al secondo giorno di lavori del G20 a Bali, in Indonesia. Nel diluvio di missili russi sui cieli ucraini, nel villaggio polacco di Przewodov, al confine, un’esplosione fa due morti e la Polonia allerta l’esercito.

Gli appuntamenti slittano, mentre tra Kiev e Mosca le accuse rimbalzano. Con i leader del mondo riuniti a Bali, gli Stati Unici convocano una riunione urgente del G7 con la Nato. Al tavolo il presidente Joe Biden, il premier spagnolo Pedro Sanchez, la premier Giorgia Meloni, il presidente francese Emmanuel Macron, la premier il canadese Justin Trudeau, il premier giapponese Fumio Kishida, il primo ministro dei Paesi Bassi, Mark Rutte, il premier inglese Rishi Sunak. Presenti anche la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, e il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel.

Meloni scende nella hall dell’albergo e procede spedita verso la riunione dei leader, senza rilasciare dichiarazioni. Palazzo Chigi fa sapere poi di una telefonata con il premier polacco Mateusz Morawiecki per esprimergli la sua solidarietà e parla di “fortissima apprensione e preoccupazione” per quanto accaduto in Polonia. “E’ conferma della gravità e delle conseguenze della ingiustificata aggressione russa nei confronti dell‘Ucraina“, spiega lei su Twitter.

Il mondo al G20 chiede una de-escalation, mentre la Russia continua a bombardare: “E’ totalmente inconcepibile“, tuona Biden al termine della riunione. A ogni modo, “è improbabile che il missile che ha fatto due vittime in Polonia sia stato sparato dalla Russia“, lasciando intendere che è stato abbattuto nei cieli ucraini. A far luce sulla vicenda sarà un’indagine polacca, alla quale G7 e Nato offrono supporto, ritenendo la Russia “responsabile dei suoi sfacciati attacchi alla comunità ucraina“. I Paesi resteranno in stretto contatto per, spiegano in una nota congiunta, “determinare i passi successivi appropriati man mano che le indagini procedono“.

A riunione finita, i leader raggiungono la foresta delle mangrovie di Hutan, coinvolta nel programma di ripristino degli esemplari su un’area di 600mila ettari. Giorgia Meloni è l’ultima ad arrivare, dopo un bilaterale con il canadese Trudeau, in cui sul tavolo c’è l’impegno reciproco sulla transizione climatica. Nella foresta, i leader in polo e camicie bianche piantano simbolicamente un albero.

Polonia e Slovacchia inaugurano primo interconnettore del gas

Un investimento geopolitico per l’intera Unione europea. Polonia e Slovacchia hanno inaugurato il primo interconnettore del gas per collegare le reti dei due Paesi e contribuire a diversificare le rotte di approvvigionamento. L’evento inaugurale che si è tenuto a Strachocina, in Polonia, pone fine a otto anni di lavori di costruzione per mettere in piedi l’infrastruttura che renderà possibile importare 5,7 miliardi di metri cubi di gas all’anno in Polonia e 4,7 miliardi di metri cubi di gas all’anno in Slovacchia. I lavori sono stati in parte sostenuti dal programma europeo ‘Connecting Europe Facility’, con un finanziamento totale da parte di Bruxelles di oltre 100 milioni di euro.

L’infrastruttura – lunga in tutto 165 km – è parte centrale del Corridoio del Gas Nord-Sud nell’Europa Centro Orientale e Sud Orientale e consente di dar vita a una nuova rotta di trasporto del gas. Mette in connessione il terminale di gas naturale liquefatto (Gnl) di Swinoujscie, in Polonia nordoccidentale, con la stazione di compressione di Veľké Kapušany in Slovacchia, ma consente l’accesso al gas dal terminale GNL di Klaipeda (in Lituania), dall’interconnessione del gas Polonia-Lituania (GIPL), dal gasdotto del Baltico e dall’interconnessione Slovacchia-Ungheria, riducendo la dipendenza dalle importazioni di gas dalla Russia e creando nuove rotte di approvvigionamento nella regione.

L’infrastruttura è diventata un progetto di interesse comune nel 2013 e da allora la Commissione Europea ha finanziato parte dei lavori. Il nuovo interconnettore del gas tra Polonia e Slovacchia inaugurato oggi “migliorerà notevolmente la sicurezza dell’approvvigionamento dell’Ue e la resilienza del nostro sistema energetico, in linea con i nostri obiettivi REPowerEU”, ha sottolineato la commissaria europea per l’energia Kadri Simson, congratulandosi “con i gestori dei sistemi di trasmissione, Gaz-System ed Eustream, nonché i governi di Polonia e Slovacchia, per la loro efficace collaborazione e per aver completato il progetto in circostanze difficili“, come la guerra di Russia in Ucraina. L’Unione europea si è impegnata attraverso il piano REPowerEu presentato lo scorso maggio ad azzerare le importazioni di gas russo al più tardi entro il 2027, da una parte perché la Russia si è dimostrata un partner inaffidabile, dall’altra per la necessità di smettere di finanziare se pure indirettamente la guerra del Cremlino in Ucraina.