Aumentano i rifiuti da imballaggio: nel 2021 l’Ue ne ha generati 84 milioni di tonnellate

Dai pacchi per gli acquisti online alle tazze da caffè da asporto, gli imballaggi sono “quasi ovunque”. Secondo i dati pubblicati da Eurostat, nel 2021 ogni cittadino europeo ha generato 188,7 chili di imballaggio, 10,8 chili in più per persona rispetto al 2020. È l’aumento maggiore in 10 anni. Dal 2011 il peso di rifiuti di imballaggi per abitante in Ue è aumentato di quasi 32 chili. In totale stiamo parlando di 84 milioni di tonnellate di rifiuti di imballaggio generate dall’Ue nel 2021, di cui il 40,3 per cento di carta e cartone. Poi, in ordine, la plastica ha rappresentato il 19,0 per cento, il vetro il 18,5, il legno il 17,1 e il metallo il 4,9 per cento. Rispetto all’anno precedente, sono aumentati sia la produzione di rifiuti di imballaggio in plastica che il loro riciclo: la produzione è aumentata di 1,4 kg pro capite (+4,0 per cento) e il riciclo di +1,2 kg pro capite (+9,5 per cento). Che significa che ogni persona che vive nell’Ue ha generato in media 35,9 kg di rifiuti di imballaggi in plastica, riciclandone 14,2 kg.

Preoccupante la tendenza nel lungo periodo: tra il 2011 e il 2021, la quantità pro capite di rifiuti di imballaggio in plastica generata è aumentata del 26,7 per cento (+7,6 kg/pro capite). Un tampone parziale a questo dato allarmante è l’aumento del 38,1 per cento (+3,9 kg/pro capite), nello stesso decennio, della quantità riciclata di rifiuti di imballaggio in plastica.
Il tasso di riciclaggio degli imballaggi in plastica in Ue si è attestato al 39,7 per cento. In crescita rispetto all’anno precedente (37,6 per cento), ma ancora sotto il 41 per cento del 2019. Una diminuzione, quella registrata dal 2020, dovuta all’implementazione di paletti più stringenti sul riciclaggio. Nel 2021, Slovenia (50,0 per cento), Belgio (49,2) e Paesi Bassi (48,9) hanno riciclato la metà, o quasi, dei rifiuti di imballaggio in plastica generati. Chiudono la classifica dei 27, con meno di un quarto dei rifiuti di imballaggio in plastica riciclati, Malta (20,5 per cento), Francia (23,1) e Svezia (23,8).

Al di là della plastica, il Belgio è il Paese campione per il riciclo e il riutilizzo degli imballaggi in Ue, con il 99,1 per cento di tasso di riuso e l’80,4 per cento di tasso di riciclo. Tra i virtuosi anche l’Italia, che nel 2021 ha raggiunto un tasso di riuso del 79,6 per cento e un tasso di riciclo del 72,9 per cento. In linea con la media Ue per quanto riguarda il riuso (79,9 per cento), ben al di sopra nel riciclo (64 per cento).

Quasi 10 milioni di dollari di materie prime ‘nascosti’ nei giocattoli inutilizzati

Ogni anno cavi inutilizzati, giocattoli elettronici, accessori con luci a led, utensili elettrici, dispositivi per il vaping e innumerevoli altri piccoli oggetti di consumo si trasformano in 9 miliardi di chilogrammi di rifiuti, un sesto di tutta la spazzatura elettronica nel mondo. Questa categoria ‘invisibile’ equivale al peso di quasi mezzo milione di camion da 40 tonnellate, sufficienti a formare una fila di mezzi pesanti di 5.640 km, la stessa distanza che separa Roma da Nairobi.

I rifiuti di questo genere sono al centro della sesta Giornata internazionale dei rifiuti elettronici che si celebra sabato 14 ottobre. Molti di questi dispositivi contengono litio, che rende la loro batteria ricaricabile ma causa anche seri rischi di incendio quando il dispositivo viene gettato. Inoltre, la Commissione europea considera il litio una “materia prima strategica” fondamentale per l’economia e la transizione energetica verde, ma le forniture sono a rischio. La maggior parte di questi materiali viene gettata nei cassonetti domestici e altrove. Il Forum sui Rifiuti di Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche (RAEE), che organizza la Giornata internazionale, ha commissionato all’Istituto delle Nazioni Unite per la Formazione e la Ricerca (Unitar) il calcolo delle quantità annuali di rifiuti elettronici ‘invisibili’ e i risultati sono sorprendenti.

Circa 3,2 miliardi di kg, il 35% dei 9 miliardi di kg di rifiuti elettronici invisibili, rientrano nella categoria degli e-toy: set di auto da corsa, trenini elettrici, giocattoli musicali, bambole parlanti e altri robot, droni. Si tratta di circa 7,3 miliardi di singoli oggetti scartati ogni anno, una media di un e-toy per ogni uomo, donna e bambino sulla Terra. Nel frattempo, gli 844 milioni di dispositivi per il vaping stimati ogni anno rappresentano una montagna di rifiuti elettronici pari a tre volte il peso del ponte di Brooklyn di New York o di sei torri Eiffel. Lo studio ha anche rilevato che l’anno scorso sono stati scartati 950 milioni di kg di cavi contenenti rame prezioso e facilmente riciclabile: una quantità sufficiente a fare il giro della Terra 107 volte. Molti sono conservati nelle case, magari messi da parte per un potenziale uso futuro. E tanti non sanno che possono essere riciclati: un’enorme risorsa inutilizzata in un momento in cui si prevede che la domanda di rame aumenterà di 6 volte entro il 2030 nella sola Europa per soddisfare le esigenze di settori strategici come le energie rinnovabili, la mobilità elettrica, l’industria, le comunicazioni, l’aerospazio e la difesa.

Il valore delle materie prime presenti nei rifiuti elettronici generati a livello globale nel 2019 è stato stimato in 57 miliardi di dollari, la maggior parte dei quali attribuiti a componenti in ferro, rame e oro. Del totale complessivo, 1/6, ovvero 9,5 miliardi di dollari di valore dei materiali ogni anno, rientra nella categoria dei rifiuti elettronici ‘invisibili’. Altri esempi di rifiuti elettronici invisibili comuni nelle famiglie sono spazzolini da denti, rasoi, unità esterne e accessori, cuffie e auricolari, telecomandi, altoparlanti, luci a Led, utensili elettrici, apparecchiature mediche domestiche, rilevatori di calore e di fumo e molti altri. In Europa, grazie a 20 anni di legislazione sulla responsabilità estesa del produttore (EPR), il 55% dei rifiuti elettronici generati viene ora ufficialmente raccolto e segnalato. Tuttavia, secondo il monitoraggio delle Nazioni Unite, in altre parti del mondo i tassi di crescita della raccolta sono molto più lenti e, a livello globale, la media è di poco superiore al 17%.

Educare divertendo: Le Coliche testimonial per la raccolta Raee

Educare i cittadini, in particolare le generazioni Z e Millennials, alla corretta raccolta dei rifiuti elettronici facendo leva su contenuti social leggeri e divertenti. È l’obiettivo della nuova comunicazione social 2023 ‘Le Eco-liche. La raccolta falla facile‘, promossa in maniera sinergica dal Centro di Coordinamento Raee e dal Centro di Coordinamento Pile e Accumulatori per volontà dei produttori di apparecchiature elettriche ed elettroniche (Aee) e dei produttori di batterie.

In continuità con quanto avviato già lo scorso anno, il CdC Raee e il Cdcnpa proseguono la loro comunicazione sinergica, con il medesimo obiettivo: realizzare una campagna pubblicitaria ancora più performante in termini di awareness per riuscire ad ingaggiare un numero sempre maggiore di persone per sensibilizzarle alla corretta gestione di entrambe le tipologie di rifiuti. La scelta di una comunicazione esclusivamente digitale risponde nello specifico alla volontà di cavalcare alcuni dei trend più attuali nei social media, quali la produzione e condivisione di video di valore, originali, non eccessivamente curati, ma dalla forte capacità ingaggiante, soprattutto tra le nuove generazioni.

Protagonisti della nuova digital advertising firmata dall’agenzia Tend sono Claudio e Fabrizio Colica, i due fratelli attori e autori, meglio conosciuti come ‘Le Coliche’. Il duo orgogliosamente made in Roma Nord, a cui da poco si è aggiunto il regista Giacomo Spaconi, è diventato virale in brevissimo tempo e oggi sono tra i comici più amati dalla rete per le loro parodie contraddistinte dalla naturale capacità di descrivere con umorismo, ironia e simpatia l’attualità che li circonda con il risultato di renderla più lieve agli occhi di chi la guarda.
La campagna digital prevede la pianificazione a partire da questo mese di luglio fino alla fine dell’anno di un totale di 16 video caratterizzati dallo stesso format e storytelling sulle pagine Facebook, Instagram e TikTok di RaccoltaRAEE.it e RaccogliamoPiuPile.it che affrontano le tematiche dell’identificazione dei rifiuti elettronici, delle corrette modalità di raccolta dei Raee e delle batterie e del contrasto all’abbandono di questi rifiuti nell’ambiente.

Ancora una volta i produttori di apparecchiature elettriche ed elettroniche hanno fortemente voluto una campagna di comunicazione sull’educazione ambientale”, dichiara Fabrizio Longoni, direttore generale del Centro di Coordinamento Raee. “Quest’anno la scelta si è orientata su dei testimonial molto noti soprattutto tra i giovani e i giovanissimi, particolarmente sensibili alle tematiche ambientali, ma spesso poco conoscitori del fatto che i vecchi device elettronici che smettono di utilizzare possono essere riciclati se gestiti correttamente. Più in generale, si è scelto di sensibilizzare i cittadini e i consumatori sulla conoscenza e corretta modalità di riciclo dei Raee tramite una comunicazione leggera, all’insegna dell’ironia e della simpatia che ha la capacità di ingaggiare più facilmente chi la guarda e la ascolta, in particolare le nuove generazioni, senza dimenticare i boomer”.

Anche quest’anno la comunicazione sostenuta dai produttori di pile e accumulatori è stata concepita in maniera sinergica da Cdcnpa e CdC Raee”, afferma Luca Tepsich, segretario generale del Centro di Coordinamento Nazionale Pile e Accumulatori. “Collaborare insieme e dare vita a una campagna condivisa ne amplia la portata comunicativa e potenzia la capacità di arrivare a un target più vasto di cittadini”.

Dopo la pandemia crescono i rifiuti speciali, oltre +12%

Dopo lo stop delle attività economiche dovuto alla pandemia, nel 2021 cresce significativamente la produzione dei rifiuti speciali, che raggiunge 165 milioni di tonnellate. L’aumento, del 12,2%, corrisponde a circa 18 milioni di tonnellate. A segnalarlo è l’Ispra, nel rapporto annuale sui rifiuti speciali. Il dossier, predisposto dal Centro Nazionale dei rifiuti e dell’economia circolare in collaborazione con le Agenzie regionali e provinciali per la protezione dell’ambiente, esamina oltre 60 indicatori elaborati a livello nazionale, di macroarea geografica e regionale, per attività economica e per tipologia di rifiuto.

Intanto, l’Italia è un importatore netto di rifiuti. Vengono importate circa 7,4 milioni di tonnellate a fronte di un’esportazione di poco superiore a 3,9 milioni di tonnellate. Il 98,7% dei rifiuti importati (circa 7,3 milioni di tonnellate) è costituito da rifiuti non pericolosi e il restante 1,3% (98 mila tonnellate) da rifiuti pericolosi. In particolare, importiamo rottami metallici provenienti dalla Germania (1,9 milioni di tonnellate) e dalla Francia (399 mila tonnellate di rifiuti) recuperati dalle industrie metallurgiche localizzate in Lombardia e in Friuli-Venezia Giulia. Dalla Svizzera provengono 432 mila tonnellate di terre e rocce destinate per la quasi totalità in Lombardia in attività di recupero ambientale.

Il 67% (2,6 milioni di tonnellate) dei rifiuti esportati è costituito da quelli non pericolosi ed il restante 33% (circa 1,3 milioni di tonnellate) da pericolosi. Esportiamo prevalentemente in Germania (831 mila tonnellate di cui 582 mila tonnellate pericolosi), rifiuti prodotti da impianti di trattamento (270 mila tonnellate) e dalle attività di costruzione e demolizione (266 mila tonnellate). Quasi la metà di rifiuti speciali (47,7%) proviene dalle attività di costruzione e demolizione (78,7 milioni di tonnellate), settore che si conferma come il principale nella produzione totale. Per questa tipologia è significativa la percentuale di riciclo (80,1%) superando ampiamente l’obiettivo del 70% fissato dalla normativa al 2020. Il recupero riguarda prevalentemente la produzione di rilevati e sottofondi stradali.

In generale la gestione dei rifiuti speciali è attuata da oltre 10 mila impianti presenti in Italia (5.928 sono situati al Nord, 1.899 al Centro e 2.936 al Sud). Si recupera materia dal 72,1% degli speciali e solo il 5,7% del totale gestito prevede lo smaltimento in discarica (10,2 milioni di tonnellate). Le regioni che producono più rifiuti speciali sono Lombardia (37,4 milioni di tonnellate), Veneto (18 milioni) ed Emilia Romagna (14,6 milioni). Al Centro la maggiore produzione è nel Lazio (10,2) e al Sud in Puglia (11,4).

Il rapporto fornisce anche i dati sui flussi di rifiuti che, per quantità o complessità, presentano le maggiori criticità gestionali. Per quanto riguarda l’amianto, i quantitativi di rifiuti che lo contengono prodotti in Italia sono pari a 339 mila tonnellate con una diminuzione, rispetto al 2020, del 12,2%. “Non si rileva, in generale, un’attività sistematica di decontaminazione delle infrastrutture presenti sul territorio, da cui dovrebbe derivare una progressiva crescita della produzione di questi rifiuti”, denuncia Ispra.
Sui veicoli fuori uso la filiera raggiunge una percentuale di reimpiego e riciclaggio pari all’84,3% del peso medio del veicolo, leggermente sotto il target dell’85% previsto per il 2015 dalla normativa. Il recupero totale, per il quale è fissato un obiettivo del 95%, non viene conseguito non essendo effettuato il recupero energetico di nessuna delle frazioni derivanti dal trattamento dei veicoli.

I quantitativi di fanghi dal trattamento delle acque reflue urbane prodotti sul territorio nazionale sono pari a poco più di 3,2 milioni di tonnellate con una contrazione del 4,5% rispetto al 2020. Il 52,3% del totale gestito è avviato a smaltimento e il 45,6% a recupero. Per i fanghi di depurazione il Programma nazionale di gestione dei rifiuti ha individuato la necessità di implementare tecnologie di recupero anche di tipo energetico.

Quanto ai rifiuti sanitari prodotti in Italia, sono pari a oltre 265 mila tonnellate, di cui circa 239 mila tonnellate di rifiuti pericolosi. Per questi ultimi si rileva una crescita del +14% rispetto al 2020. Le operazioni di gestione volte allo smaltimento dei rifiuti rappresentano circa il 75% del totale. La normativa di settore, che privilegia le operazioni di smaltimento, è comunque ormai datata e potrebbe essere aggiornata favorendo, ove possibile, forme sicure di recupero.

Tags:
,

Settore bioplastiche in crescita. Ma operatori chiedono più controlli

La filiera delle bioplastiche compostabili continua a crescere: salgono volumi, fatturato e occupati. Aumentano anche tasso di riciclo degli imballaggi in bioplastica compostabile, popolazione coperta e corrispettivi economici riconosciuti ai Comuni. Ma crescono anche illegalità e manufatti ‘riutilizzabili’. Preoccupano le direttive Ue contraddittorie, il dumping dei prodotti asiatici e l’assenza di leggi italiane capaci di sostenere un modello innovativo.

Assobioplastiche, Biorepack e Cic lanciano l’appello: urge riconoscere il valore della filiera e rafforzare il meccanismo dei controlli.

Se Paesi come Stati Uniti e Cina hanno compreso le opportunità di questo mercato iniziando ad agire su più fronti, occorre che la politica si adoperi per difendere e valorizzare un’industria che ha generato innovazione, occupazione e crescita per il Paese e difesa del capitale naturale. Di fronte a queste prospettive rilanciamo, ad esempio, la necessità di un riconoscimento del valore strategico del nostro comparto anche tramite apposita classificazione Ateco/Nace. Altrettanto doverosa sarebbe prevedere un’aliquota IVA agevolata riconoscendo le positive proprietà intrinseche della bioplastica compostabile e destinare agli organismi accertatori le risorse ottenute con le sanzioni comminate ai produttori di manufatti illegali”, rimarca Luca Bianconi, presidente di Assobioplastiche.

Il settore investe in ricerca e sviluppo, con impatti positivi sul sistema Paese, sia dal punto di vista industriale e delle sinergie con altri settori, sia sul fronte dei vantaggi ambientali.
Nonostante i numeri positivi che accomunano le diverse fasi della filiera, le nubi all’orizzonte non mancano e gli operatori sono preoccupati. Nel breve termine (2023), la diminuzione complessiva dei consumi finali e la riduzione della spesa delle famiglie, schiacciate da livelli inflattivi mai registrati negli ultimi decenni, unite al pesante aumento dei tassi di interesse, fanno presagire per l’anno in corso una contrazione della produzione industriale di manufatti compostabili. Anche il monouso compostabile, che ha sostenuto il comparto lo scorso anno, è in forte difficoltà a seguito della diffusione dei piatti cosiddetti riutilizzabili in plastica convenzionale. Il contesto esterno che favorisce “la ricerca del prezzo” stimola l’illegalità: la presenza di sacchi non a norma è nettamente in recrudescenza.

Sebbene la legge che ne vieta l’uso sia in vigore da più di 10 anni e nonostante gli impegni profusi dalla filiera e dalle Forze dell’Ordine, il tasso dei sacchetti illegali è infatti salito dal 22% del 2021 al 28% del 2022. Diverse le forme di illegalità: decisamente frequente la commercializzazione di borse per asporto merci o alimenti sfusi prive di qualsiasi requisito di legge (certificazioni di biodegradabilità e compostabilità, rinnovabilità e relative etichettature). Altre volte vengono riportati falsi e ingannevoli slogan ambientali. Oppure compaiono marchi di certificazione di compostabilità su sacchetti privi dei requisiti stabiliti dallo standard EN 13432, ad esempio contenenti percentuali di materia prima di origine rinnovabile inferiore al 60%. E c’è poi il caso dei sacchetti dichiarati compostabili ma che in realtà contengono quantità più o meno rilevanti di polietilene, materia prima non ammessa per i bioshopper ma che viene usata per ridurre il costo di produzione. Una frode per chi, in buona fede, li acquista.

Per quanto riguarda i manufatti cosiddetti riutilizzabili basta osservare con attenzione gli scaffali di negozi e supermercati per rendersi conto che stanno proliferando piatti, bicchieri e posate realizzati in plastica tradizionale ma venduti con la dicitura “riutilizzabile”. Un escamotage tecnico per aggirare la norma che vieta il monouso e offrire prodotti il cui costo di produzione è ovviamente molto più basso.

Tutti questi fenomeni creano danni da molti punti di vista”, spiega Marco Versari, presidente di Biorepack. “Erodono i margini di crescita delle aziende che operano nella legalità e, così facendo, riducono le loro possibilità di fare investimenti che hanno ricadute positive sia in termini occupazionali sia per l’individuazione di soluzioni innovative a ridotto impatto ambientale. Inoltre creano problemi anche economici ai Comuni impegnati nella raccolta differenziata della frazione organica dei rifiuti: una minore qualità della raccolta equivale infatti a minori corrispettivi economici che possiamo garantire loro come consorzio”.

C’è poi tutto l’aspetto delle esternalità negative sull’ambiente. Ben presenti a chi si occupa quotidianamente del riciclo organico delle bioplastiche compostabili: “I manufatti in plastica tradizionale rappresentano la maggiore quantità di frazione estranea che ci troviamo nei nostri impianti di compostaggio”, afferma Lella Miccolis, presidente del CIC. “Questi prodotti infatti ‘sporcano’ la raccolta dell’umido domestico e così facendo diminuiscono la quantità di compost che è possibile produrre nei nostri impianti. È bene ricordare che il compost è una valida alternativa figlia dell’economia circolare che aiuta a riportare fertilità ai terreni agricoli senza il bisogno di usare i concimi di origine chimica”.

I 60 anni di Philip Morris in Italia: focus su sostenibilità e contro inquinamento ambientale

Philip Morris celebra sessant’anni in Italia. Anni durante i quali l’impegno nel Paese è sempre cresciuto, arrivando a realizzare una filiera integrata che oggi coinvolge in tutta Italia oltre 38.000 persone impegnate verso un unico obiettivo: realizzare un futuro senza fumo. È proprio alle persone che hanno reso l’Italia protagonista di questa trasformazione che l’azienda dedica la campagna di comunicazione ’60 anni di Philip Morris in Italia. Una storia di innovazione’.

Pochi avrebbero immaginato che da una fabbrica di filtri per sigarette sarebbe nata una delle più grandi trasformazioni industriali volta a rendere le sigarette un ricordo del passato, anche attraverso la sostituzione delle sigarette con prodotti senza combustione per quei fumatori adulti che altrimenti continuerebbero a fumare. Una trasformazione attenta a generare valore condiviso per la società, con ricadute positive su tutta la filiera, dal tessuto sociale a quello economico e occupazionale. Tutto questo è stato possibile grazie alle persone, a partire dalle 35 con le quali abbiamo iniziato nel 1963 alle oltre 38 mila di oggi impegnate in tutta la filiera”, ha commentato Marco Hannappel, presidente e amministratore delegato di Philip Morris Italia e presidente Europa Sud-Occidentale di Philip Morris International.

Una storia, quella di Philip Morris in Italia, che ha visto costanti investimenti accompagnati da un’attenzione sempre crescente ai temi di sostenibilità ambientale e sociale, per dare un contributo concreto alla transizione verso il modello di sviluppo sostenibile delineato dall’Agenda 2030 e sviluppare una strategia ESG di lungo periodo.

LA STORIA. La storia dell’azienda nel Paese inizia nel 1963, negli anni del “miracolo economico italiano”, a Zola Predosa, in provincia di Bologna, con l’apertura del sito produttivo di Intertaba S.p.A., specializzato nella produzione di filtri ad alto contenuto tecnologico per il Monopolio italiano. Negli anni successivi l’azienda continua a crescere, ponendo le basi per la svolta che renderà l’Italia il centro della trasformazione dell’intero gruppo Philip Morris a livello mondiale. Dai primi anni duemila Philip Morris inizia un percorso volto a sostenere lo sviluppo di una filiera agricola che metta al centro i coltivatori. Un percorso che grazie agli accordi pluriennali con il ministero dell’Agricoltura e Coldiretti genera investimenti per oltre 2 miliardi di euro a favore di 1.000 imprese agricole e oltre 22.000 agricoltori in Campania, Umbria, Veneto e Toscana. Una filiera corta che negli anni è diventato un modello internazionale di sostenibilità, digitalizzazione e competitività. Nel 2014 l’annuncio della realizzazione, sempre in provincia di Bologna, del primo polo produttivo al mondo per la realizzazione di prodotti innovativi del tabacco senza combustione: Philip Morris Manufacturing & Technology Bologna diventa il centro internazionale per “costruire un futuro senza fumo”, anche mediante la sostituzione delle sigarette con prodotti innovativi senza combustione per quei fumatori adulti che altrimenti continuerebbero a fumare. Un investimento di oltre 1,2 miliardi di euro reso possibile grazie alle competenze sviluppate sui filtri ad alto contenuto tecnologico e alla collaborazione instaurata con i partner locali della filiera agricola, del packaging e della meccatronica.

SOSTENIBILITA’ INDUSTRIALE. L’Italia acquisisce così centralità nella strategia di Philip Morris International a livello globale, aprendo la strada a un flusso di investimenti che arricchiscono la filiera dell’azienda nel Paese: nel 2021 viene annunciata la realizzazione, presso il polo di Bologna, del Centro per l’Eccellenza Industriale, il più grande al mondo del gruppo per innovazione di prodotto, di processo e per le buone pratiche di sostenibilità industriale; nel 2022 l’azienda inaugura il suo centro per l’alta formazione e lo sviluppo delle competenze legate all’Industria 4.0: il Philip Morris Institute for Manufacturing Competences; l’inaugurazione di tre DISC (Digital Information Service Center) a Taranto, Caserta e Terni, centri avanzati di assistenza sui prodotti innovativi senza combustione, completa la filiera dal seme fino ai servizi al consumatore. Nell’ambito della dimensione sociale, nel corso di questi anni l’azienda si è concentrata sulla popolazione della propria filiera con progetti che garantissero salute, sicurezza, pari opportunità e benessere. Le certificazioni ‘Top Employer’ e ‘Equal Salary’, conseguite da anni, dimostrano la grande attenzione dell’azienda ed il suo continuo impegno per creare un contesto di lavoro giusto ed inclusivo.

I COMPORTAMENTI AMBIENTALI. Dal 2019 l’azienda si è impegnata per coinvolgere i propri consumatori verso comportamenti ambientali più consapevoli e responsabili: ‘CAMBIAGESTO’, la più grande campagna di sensibilizzazione per prevenire l’inquinamento da mozziconi mai realizzata in Italia, ne è un esempio di grande successo. Del 2021 la sottoscrizione del Codice di Autoregolamentazione promosso da Eurispes per la comunicazione e vendita attenta e responsabile dei prodotti senza combustione. L’azienda ha inoltre dimostrato in questi anni un impegno continuo e costante verso le tematiche di sostenibilità ambientale, affrontate sia in ambito agricolo che manifatturiero. La certificazione ‘Alliance for Water Stewardship (AWS)’, ottenuta per la prima volta nel 2019 e giunta ormai al suo livello GOLD per il sito produttivo di Bologna, ha testimoniato l’utilizzo responsabile delle risorse idriche del territorio, riconfermando l’impegno dell’azienda a favore di uno sviluppo sostenibile. Dal punto di vista energetico l’azienda ha messo in atto un piano congiunto di iniziative volte a minimizzare il proprio impatto ambientale, come la realizzazione di un parco fotovoltaico a copertura del 75% del sito di Crespellano e l’importante progetto ‘Zero Carbon Tech’, ancora in corso per garantire il raggiungimento della Carbon Neutrality del sito produttivo entro il 2025. In ambito agricolo in tutti questi anni l’azienda ha investito non solo in progetti di ricerca ed innovazione, come il Leaf Innovation Hub, per favorire la transizione green della filiera tabacchicola, ma anche direttamente in progetti per promuovere la biodiversità e la tutela delle risorse naturali (BeeLeaf).

Martinelli (Amazon): Obiettivo raggiunto con progetto pilota su Raee e batterie da e-commerce

Siamo molto orgogliosi di aver potuto realizzare con il ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica e i consorzi questo progetto pilota volto a garantire la raccolta e lo smaltimento dei prodotti Raee e batterie che vengono immessi sul mercato attraverso la vendita di questi prodotti da parte di coloro che utilizzano la nostra vetrina“. Lo dice la Policy and Strategy Director di Amazon Italia, Bianca Martinelli, a GEA, a margine della presentazione dei risultati dell’accordo di programma tra il Mase, Amazon Services Europe Sarl e i consorzi Erp Italia, Erion Weee, Erion Energy per la sperimentazione di un modello di Responsabilità estesa del produttore per gli online marketplace, con specifico riferimento ai alle pile, alle batterie e ai Raee. “L’obiettivo, raggiunto, di questo accordo è garantire che tutti i prodotti immessi sul mercato, venduti attraverso il nostro marketplace, abbiano un sistema di raccolta e di smaltimento corretto – spiega -. Per questo Amazon, con i consorzi e il ministero, attraverso il tavolo tecnico, ha messo a punto un sistema che possa consentire un modello semplificato per la quantificazione dell’immesso sul mercato, la definizione dei contributi per lo smaltimento che devono essere calcolati sulla base dei diversi prodotti immessi sul mercato e, poi, il pagamento ai consorzi per la gestione delle loro attività“.

Rifiuti, Italia tra i nove ‘virtuosi’ in linea con obiettivi riciclo al 2025

Obiettivi di riciclo per i rifiuti urbani, obiettivo globale di riciclaggio per i rifiuti da imballaggio per il 2025 e di collocamento in discarica per il 2035. La Commissione europea ha pubblicato una relazione in cui fa il punto sul lavoro dei 27 Paesi membri per centrare gli obiettivi di riciclaggio a livello comunitario. E l’Italia è uno dei nove Paesi ‘virtuosi’ (insieme ad Austria, Belgio, Repubblica ceca, Danimarca, Germania, Lussemburgo, Paesi Bassi e Slovenia) che secondo Bruxelles sono sulla buona strada per raggiungere gli obiettivi dell’Ue al 2025, ovvero il 55% (l’Italia – secondo la relazione – nel 2020 era a quota 51%, dunque molto vicina al target). Di contro, la Commissione europea osserva che 18 Stati membri rischiano di non raggiungere uno o entrambi gli obiettivi del 2025: Estonia, Finlandia, Francia, Irlanda, Lettonia, Portogallo, Spagna e Svezia rischiano di non raggiungere l’obiettivo sui rifiuti urbani; mentre Bulgaria, Croazia, Cipro, Grecia, Ungheria, Lituania, Malta, Polonia, Romania e Slovacchia rischiano di non raggiungere gli obiettivi per i rifiuti di imballaggio urbani e complessivi per il 2025. Alcuni paesi continuano inoltre a conferire in discarica la maggior parte dei loro rifiuti urbani e probabilmente non riescono a raggiungere l’ obiettivo di smaltimento in discarica del 2035.

Nella comunicazione, la Commissione europea presenta raccomandazioni specifiche ai 18 Stati membri che rischiano di mancare i principali obiettivi di riciclaggio per il 2025. Queste riguardano un’ampia gamma di azioni: ridurre i rifiuti non riciclabili, aumentare il riutilizzo, incrementare la raccolta differenziata, sviluppare le capacità di trattamento dei rifiuti a fini di cernita e riciclaggio, migliorare la governance, impiegare strumenti economici e avviare attività di sensibilizzazione.

La Commissione europea stima che ogni anno gli europei generano in media 530 kg di rifiuti urbani pro capite (rifiuti provenienti dalle famiglie e rifiuti simili provenienti dalle imprese). Sebbene siano sempre più riciclati e meno collocati in discarica, “i rifiuti urbani rimangono uno dei flussi di rifiuti più complessi da gestire”, si legge nel rapporto. Nell’Ue, circa il 50% dei rifiuti urbani viene riciclato o compostato e il 23% viene messo in discarica. Altro dato interessante è che la quantità di rifiuti di imballaggio generati è in costante aumento: tra il 2013 e il 2020 la quantità di rifiuti di imballaggio generati è cresciuta del 15% in tutta l’Ue, raggiungendo quasi 80 milioni di tonnellate. Circa il 64% dei rifiuti di imballaggio viene ora riciclato, anche se questo varia a seconda del materiale. Più del 75% degli imballaggi di carta, cartone e metallo viene riciclato, rispetto a meno del 40% della plastica – un problema nella maggior parte dei paesi dell’UE, molti dei quali rischiano di non raggiungere l’obiettivo specifico del materiale per il riciclaggio degli imballaggi in plastica.

“L’attuazione di misure di riduzione e riciclaggio dei rifiuti sul campo è fondamentale per la nostra transizione verso un’economia circolare”, ha dichiarato il commissario europeo all’ambiente, Virginijus Sinkevičius. “Trasformare i rifiuti in risorse ci aiuta a raggiungere la neutralità climatica, aumenta la sicurezza dell’approvvigionamento di energia e materie prime e crea posti di lavoro locali e opportunità di innovazione. La relazione di allerta precoce ci consente, in stretta collaborazione con gli Stati membri, di individuare le carenze, agire in anticipo rispetto alle scadenze per il raggiungimento degli obiettivi e condividere le migliori pratiche per una corretta gestione dei rifiuti”.

Vietnam, la bellezza della baia di Ha Long minacciata dai rifiuti

La celebre baia di Ha Long, in Vietnam, è vittima del suo stesso successo. Una bellezza deturpata dai detriti delle boe, delle bottiglie di plastica e delle lattine di soda che disseminano il mare tra i famosi faraglioni. Secondo l’amministrazione della Baia di Ha Long, negli ultimi tre mesi sono stati raccolti in acqua 10.000 metri cubi di rifiuti, sufficienti a riempire quattro piscine olimpioniche. La situazione è particolarmente critica da quando una recente disputa tra pescatori ha portato alcuni di loro a liberarsi delle vecchie boe di polistirolo gettandole in mare. Secondo i media statali, le autorità hanno inviato d’urgenza una ventina di chiatte, otto barche e una squadra di dieci persone per ripulire la zona.

A parte questo problema isolato, “la Baia di Ha Long è sotto pressione“, ammette Do Tien Thanh, responsabile della conservazione del sito. Nel 2022, più di sette milioni di visitatori hanno ammirato gli spettacolari faraglioni calcarei sormontati dalla vegetazione tropicale, sulla costa nord-orientale del Vietnam. Le autorità sperano di arrivare a otto milioni e mezzo quest’anno. Funivie, parchi di divertimento, hotel di lusso: la città di Ha Long ha puntato tutto il suo sviluppo economico sul turismo, ma le conseguenze per l’ecosistema marino sono già visibili.
Secondo gli ambientalisti, nella baia sono rimasti solo un centinaio di tipi di corallo, rispetto al doppio di quelli originari, anche se il divieto di pesca in alcune zone ha contribuito a correggere la situazione. Per la prima volta in 10 anni sono stati osservati branchi di delfini.

La plastica monouso è stata bandita dalle imbarcazioni turistiche, ma i rifiuti umani rimangono una delle principali preoccupazioni, poiché “ci sono molte aree residenziali vicino alla Baia di Ha Long“, spiega il curatore. E la municipalità non ha le risorse per trattare correttamente tutti questi rifiuti domestici. Molti finiscono sulle spiagge, sotto gli occhi dei turisti stupiti. Larissa Helfer, turista tedesca di 21 anni, ammette che la baia di Ha Long è magnifica, ma che il problema dei rifiuti è uno dei ricordi più vivi del suo viaggio in Vietnam. “I miei clienti leggono sui media che la Baia di Ha Long è bellissima, ma quando vedono tutti i rifiuti galleggianti, non vogliono più nuotare o andare in canoa lì, ed esitano a consigliare ad amici e parenti di venire“, ammette Pham Van Tu, una guida locale.

La rapida crescita economica, l’urbanizzazione e il cambiamento dello stile di vita nel Vietnam comunista hanno portato a una “crisi dell’inquinamento da plastica“, secondo la Banca Mondiale.
Un rapporto pubblicato nel 2022 ha rivelato che il Paese è tra i primi cinque inquinatori di oceani al mondo, con 3,1 milioni di tonnellate di rifiuti plastici prodotti ogni anno, di cui almeno il 10% finisce in acqua. Questa cifra potrebbe più che raddoppiare entro il 2030, avverte l’istituzione.

plastica

Dal Mase ok a 75 progetti faro per impianti di riciclo della plastica

Il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica finanzia con 115 milioni di euro 75 nuovi progetti per realizzare impianti di riciclo dei rifiuti plastici, compresi quelli recuperati in mare.

Il Dipartimento Sviluppo Sostenibile del Ministero approva il decreto di concessione dei contributi ai progetti ‘faro’ di Economia Circolare per il riciclo della plastica, specifica linea di intervento del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.

L’investimento del Pnrr ci dà la possibilità di far crescere nel Paese una filiera dell’innovazione sul dirimente problema della gestione dei rifiuti plastici“, spiega il ministro Gilberto Pichetto.

Solo il 16 aprile scorso, a Sapporo, in Giappone, i ministri dell’ambiente e del clima del G7 hanno annunciato di voler porre fine al nuovo inquinamento da plastica nei loro paesi entro il 2040. Un obiettivo che potrà essere raggiunto grazie all‘economia circolare e alla riduzione o all’abbandono delle plastiche usa e getta e non riciclabili.

L’impegno preso è stato molto chiaro – precisa il titolare del Mase – e l’Italia vuole essere ancora una volta, come in altri settori del riciclo, riferimento virtuoso per l’affermazione dell’economia circolare”.

Il provvedimento, trasmesso alla Corte dei Conti per la registrazione, estende la platea dei beneficiari già individuati dal precedente decreto grazie alla rimodulazione delle risorse non utilizzate per altre linee.

L’investimento per i progetti faro mira a realizzare progetti altamente innovativi per il trattamento e il riciclo dei rifiuti provenienti dalle filiere strategiche individuate nel Piano d’Azione per l’Economia Circolare varato dall’Ue: Raee (inclusi pannelli fotovoltaici e pale eoliche), carta e cartone, plastiche, tessili. Per i rifiuti plastici, il finanziamento ai beneficiari consentirà la realizzazione di nuovi impianti di riciclo meccanico, chimico e i ‘plastic hubs’, anche per recuperare il cosiddetto ‘marine litter’.