San Valentino

Caro San Valentino: il caro energia trascina i rincari dei regali, cioccolatini +45%

Caro San Valentino, questa volta è proprio il caso di dirlo. La festa degli innamorati quest’anno porta con sé anche tutti i rincari e l’O.N.F. – Osservatorio Nazionale Federconsumatori ha effettuato il monitoraggio sui costi dei regali più gettonati e sulle tendenze per il 2023. L’aumento medio del costo dei regali ammonta al 13,7%, trainato dal rincaro dei cioccolatini. Il caro energia, infatti, ha fatto schizzare alle stelle i costi di molti prodotti. Dalle pasticcerie, alle serre, ai ristoranti: gli aumenti per le materie prime non risparmiano nessuno e incidono sui costi di produzione e su quelli al consumo. Proprio per questo il prezzo medio di una scatola di cioccolatini è aumentato del 45% rispetto allo scorso anno. Rincari più moderati riguardano anche gli altri prodotti che tradizionalmente vengono regalati in questa giornata: dai fiori (+6,4%) ai gioielli (+7,1%).

Una tendenza sempre più diffusa è il progressivo abbandono dei classici regali, per scegliere piuttosto delle attività da svolgere insieme, all’insegna del buon cibo o del relax, come il trattamento di coppia presso una SPA, il corso di cucina o di degustazione, un breve weekend fuori casa. In voga anche la ricerca di regali originali: tra i più gettonati una coppia di alberi da piantare, il quadro della mappa del luogo del primo incontro e targhe luminose con QR code della canzone di coppia. Meno popolare dello scorso anno regalare una stella con il nome della persona amata. Sempre più coppie, scelgono di dedicare questa giornata alla solidarietà, aiutando enti e associazioni a portare avanti i propri programmi educativi, sanitari, di ricerca, nonché sostenendo associazioni animaliste.

San Valentino è sinonimo anche di cena romantica: i prezzi variano da città a città, ma pure su questo fronte si registrano rincari dal +7% al +30% circa. Nonostante l’aumento dei costi e la fase critica per i bilanci familiari saranno molte le coppie che decideranno di cenare comunque fuori casa (1 su 3), magari rinunciando al regalo per condividere un momento insieme. Chi cenerà fuori, in molti casi, approfitterà di app e promozioni per ottenere sconti sulla cena. I più estrosi prepareranno manicaretti fatti in casa per il proprio partner degustati a lume di candela.

benzina diesel

Sciopero benzinai 25-26 gennaio: “Basta ondata di fango”. Pichetto: “Diritto legittimo”

Sciopero dei benzinai il 25 e 26 gennaio. A comunicarlo sono Faib-Confesercenti, Fegica-Cisl e Figisc-Confcommercio dopo le polemiche legate all’aumento dei prezzi del carburante, in seguito all’eliminazione degli sconti sulle accise scattati a inizio anno. “Per porre fine – si legge nella nota congiunta – all’ondata di fango contro una categoria di onesti lavoratori e cercare di ristabilire la verità, le associazioni dei gestori, unitariamente, hanno assunto la decisione di proclamare lo stato di agitazione della categoria, su tutta la rete; di avviare una campagna di controinformazione sugli impianti e proclamare, per le giornate del 25 e 26 gennaio 2023, una prima azione di sciopero, con presidio sotto Montecitorio”.

Immediate le reazioni del mondo politico. Il ministro Gilberto Pichetto Fratin, durante l’incontro Valore Natura organizzato dal Wwf, dichiara: “Nessun aumento stellare, la media dei prezzi non è salita neanche del valore delle accise. I dati diffusi martedì dal ministero dell’Ambiente indicavano una media nazionale di 1,81 per la benzina e 1,86 per il diesel”. Difende la scelta “precisa” fatta dal Governo di destinare 21 miliardi contro il caro bollette e “allo stesso tempo, considerati i prezzi molto bassi di gas e petrolio, ha valutato che poteva essere sospesa la misura, temporaneamente assunta dal passato governo, di taglio delle accise”. Pichetto plaude all’operazione trasparenza per il controllo dei prezzi, che reputa “efficace. Ogni distributore dovrà esporre il prezzo medio nazionale, calcolato giornalmente, della benzina e del gasolio. In questo modo i cittadini potranno verificare e valutare se e quanta differenza ci sarà col prezzo realmente praticato”. Rispetto allo sciopero indetto per il 25 e 26 gennaio, il ministro sentenzia: “Le proteste dei benzinai sono un legittimo diritto”.

Anche la ministra Daniela Santanchè, intervenendo a 24 Mattino su Radio24, reputa che l’operazione trasparenza sia opportuna, per fare in modo che “nessuno se ne approfitti”. Di diverso avviso Luca Squeri, deputato e responsabile Energia di Forza Italia, in un’intervista alla Stampa: “Esporre cartelli con la media dei prezzi è uno strumento inefficace e soprattutto di dubbia fattibilità. Non si può risolvere la questione dei prezzi con un cartello nel piazzale delle stazioni di servizio”. Perché “l’Antitrust potrebbe fare delle obiezioni, perché indicare i prezzi medi, comunicati dal ministero, potrebbe essere in contraddizione con il mercato libero. La diversificazione dei prezzi però non è speculazione”, dichiara il deputato in un’intervista rilasciata alla Stampa. Appoggia le scelte del governo – “la Meloni è stata realista, per fare uno sconto così importante servono risorse, che sono state giustamente destinate ad altre misure. Reintrodurlo ora, poco dopo l’approvazione della manovra, mi sembrerebbe un errore” – e sottolinea con vigore il proprio punto di vista rispetto alle speculazioni delle quali sono stati accusati i gestori delle pompe. Il deputato afferma infatti che “la speculazione non esiste! E lo dimostrano i dati del ministero dell’Ambiente. Chi lo ha detto ha disinformato l’opinione pubblica, una cosa gravissima. Finché si è trattato di una frase, di una dichiarazione buttata lì, amen. Ma questa falsa narrazione è servita da base per l’azione di governo”.

Anche Luca Ciriani, intervenendo a Radio anch’io, difende la categoria: “Quando si parla di speculazioni sul prezzo della benzina – dichiara il ministro dei Rapporti con il Parlamento – naturalmente non si parla del povero gestore delle pompe, che ha un introito minimo perché si parla di pochi centesimi al litro. La speculazione è legata al prezzo generale della benzina e del gas. Noi cerchiamo di aiutare il consumatore con scelta di trasparenza. Non ce l’abbiamo sicuramente con chi fa un lavoro duro guadagnando pochi denaro. Fortunatamente il prezzo alla pompa è in linea con quelli dell’anno scorso’‘.

Le reazioni alla comunicazione dello sciopero per il 25 e 26 gennaio non arrivano solo dal mondo politico. È il caso di Codacons, che dichiara: “La decisione dei benzinai di proclamare due giorni di sciopero equivale a un atto di guerra contro i consumatori, una protesta assurda e immotivata che ci porta oggi a presentare un’istanza urgente al Garante per gli scioperi affinché blocchi la mobilitazione dei gestori. Con tale sciopero i benzinai sembrano dimostrare di non gradire la trasparenza sui prezzi dei carburanti decisa dal Governo attraverso il decreto approvato dal Consiglio dei ministri, e di voler difendere ombre e ambiguità che investono il settore – afferma il Codacons –. Uno sciopero che danneggia solo i consumatori, già vittime di listini alla pompa eccessivi e del rialzo delle accise scattato lo scorso primo gennaio”. Attraverso l’istanza, il coordinamento chiede inoltre di di sanzionare qualsiasi mobilitazione lesiva dei diritti degli utenti

 

 

 

 

 

Prezzi energia trainano calo inflazione a dicembre. Ma è record nel 2022: mai così alta dal 1985

Rallenta l’inflazione a dicembre ma è record nel 2002: mai così alta dal 1985. Secondo le stime preliminari dell’Istat, nel mese di dicembre 2022 infatti l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività, al lordo dei tabacchi, aumenta dello 0,3% su base mensile e dell’11,6% su base annua (da +11,8% del mese precedente). Il rallentamento su base tendenziale dell’inflazione è dovuto prevalentemente ai prezzi dei beni energetici, (che passano da +67,6% di novembre a +64,7%), in particolare della componente non regolamentata (da +69,9% a +63,3%) e ai prezzi dei beni alimentari non lavorati (da +11,4% a +9,5%) e dei servizi relativi ai trasporti (da +6,8% a +6,0%); per contro, un sostegno alla dinamica dell’inflazione deriva dall’accelerazione dei prezzi degli energetici regolamentati (da +57,9% a +70,3%), di quelli dei beni alimentari lavorati (da +14,3% a +14,9%), di quelli dei servizi ricreativi, culturali e per la cura della persona (da +5,5% a +6,2%) e dei servizi relativi alle comunicazioni (da +0,2% a +0,7%).

Sempre secondo le stime preliminari Istat, l’indice armonizzato dei prezzi al consumo (Ipca) – il cosiddetto ‘carrello della spesa’ – aumenta dello 0,2% su base mensile e del 12,3% su base annua (da +12,6% di novembre). La variazione media annua del 2022 è pari a +8,7% (+1,9% nel 2021). In media, nel 2022 i prezzi al consumo registrano una crescita pari a +8,1% (+1,9% nel 2021). Al netto degli energetici e degli alimentari freschi, i prezzi al consumo crescono del 3,8% (+0,8% nell’anno precedente) e al netto dei soli energetici del 4,1% (+0,8% nel 2021).
“In base alle stime preliminari – commenta l’Istat –  l’inflazione acquisita, o trascinamento, per il 2023 (ossia la crescita media che si avrebbe nell’anno se i prezzi rimanessero stabili fino al prossimo dicembre) è pari a +5,1%, ben più ampia di quella osservata per il 2022, quando fu pari a +1,8%”.

Sulla scorta dei dati diffusi dall’Istituto nazionale di statistica, arrivano le reazioni e le analisi delle associazione a tutela dei consumatori e dei produttori, come nel caso di Coldiretti. “L’impennata dell’inflazione pesa sul carrello degli italiani che hanno speso quasi 13 miliardi in più per acquistare cibi e bevande nel 2022 a causa dell’effetto valanga dei rincari energetici e della dipendenza dall’estero, in un contesto di aumento dei costi dovuto alla guerra in Ucraina che fa soffrire l’intera filiera, dai campi alle tavole”. Secondo la Coldiretti, tra le categorie di prodotti che hanno pesato di più sull’aumento di spesa degli italiani ci sono la verdura che precede sul podio “pane, pasta e riso” e poi “carne e salumi” mentre al quarto posto la frutta precede il pesce, poi “latte, formaggi e uova” e quindi “olio, burro e grassi”. Per cercare di risparmiare, 8 italiani su 10 (81%) hanno preso l’abitudine di fare una lista ponderata degli acquisti da effettuare per mettere sotto controllo le spese d’impulso, cambiando anche i luoghi scelti per fare la spesa: il 72% degli italiani si reca nei discount, mentre l’83% punta su prodotti in offerta e in promozione, “andando a caccia dei prezzi più bassi anche facendo lo slalom nel punto vendita, cambiando negozio, supermercato o discount alla ricerca di promozioni per i diversi prodotti”, spiega la Coldiretti. La quale evidenzia come gli aumenti dei prezzi non incidano solamente sulle tasche delle famiglie, bensì sull’intera filiera agroalimentare “a partire dalle campagne, dove più di un’azienda agricola su 10 (13%) è in una situazione così critica da portare alla cessazione dell’attività, ma ben oltre 1/3 del totale nazionale (34%) si trova comunque costretta in questo momento a lavorare in una condizione di reddito negativo per effetto dei rincari, secondo il Crea. Ettore Prandini chiede “rimedi immediati e un rilancio degli strumenti europei e nazionali che assicurino la sovranità alimentare, riducano la dipendenza dall’estero e garantiscono un giusto prezzo degli alimenti per produttori e consumatori”, sottolineando l’esigenza di “raddoppiare da 5 a 10 miliardi le risorse destinate all’agroalimentare nel Piano nazionale di ripresa e resilienza spostando fondi da altri comparti per evitare di perdere i finanziamenti dell’Europa”.

Carlo Alberto Buttarelli, direttore Ufficio Studi e Relazioni con la Filiera di Federdistribuzione, racconta lo stato dell’arte delle imprese italiane, “impegnate da oltre un anno a gradualizzare il trasferimento sui prezzi al consumo degli aumenti subiti in fase di acquisto, investendo risorse economiche e riducendo i propri margini per salvaguardare il potere d’acquisto degli italiani. Uno sforzo che non è più sostenibile dal nostro settore che in questi mesi ha dovuto anche fronteggiare i rincari energetici. Per scongiurare una possibile crisi dei consumi nei prossimi mesi è necessario che tutti gli attori della filiera agiscano con senso di responsabilità per limitare il più possibile la spirale della crescita dei prezzi, considerando anche che si registrano i primi segnali di rallentamento delle quotazioni delle materie prime e dei prodotti energetici”.

Nel 2022, gli aumenti di prezzi e tariffe si sono tradotti in una spesa di 61,3 miliardi di euro in più rispetto all’anno precedente, come afferma il Codacons. Che, dati Istat alla mano, traduce – a parità di consumi – la percentuale del tasso annuo dell’8,1% in un maggiore esborso pari in media a +2.369 euro per la famiglia ‘tipo’, cifra che sale a 3.069 euro annui per un nucleo con due figli. “Sono numeri da capogiro – commenta – che avranno ripercussioni pesanti nel 2023. L’andamento al rialzo delle bollette del gas, i carburanti che hanno ripreso a correre e i listini degli alimentari ancora a livelli elevatissimi, faranno sentire i loro effetti nel breve termine, erodendo il potere d’acquisto dei cittadini e riducendo la spesa. Il governo Meloni deve correre ai ripari, adottando misure in grado di calmierare i prezzi al dettaglio e accelerare la riduzione dei listini, allo scopo di salvaguardare i bilanci delle famiglie, che sempre più numerose intaccano i risparmi per riuscire a sostenere bollette e prezzi alle stelle”, conclude Carlo Rienzi, presidente del coordinamento.

Gli fa eco l’Unione Italiana Consumatori: “Sono dati catastrofici. Le famiglie sono sempre più inguaiate. Una coppia con 2 figli ha pagato 700 euro in più rispetto al 2021 per poter mangiare e bere. Una famiglia media ha avuto una stangata per i prodotti alimentari e le bevande analcoliche pari a 513 euro, cifra che sale a 632 per una coppia con 1 figlio e che arriva a 836 euro per le coppie con 3 figli”, fa presente Massimiliano Dona, presidente dell’associazione. “In media per una famiglia – evidenzia – il rincaro dello scorso anno è di 2219 euro, 1200 per l’abitazione, 532 per il solo carrello della spesa”.

Sul tema si sofferma anche la Confederazione Selp. Il suo presidente Giovanni Centrella rimarca il fatto che i dati diffusi stamani dall’Istat sull’inflazione “fanno emergere con chiarezza le difficoltà delle famiglie italiane nell’acquisto dei beni di prima necessità. Al Governo chiediamo di intervenire attivando controlli sui prezzi per evitare speculazioni che potrebbero incidere ancora pesantemente sulle famiglie e le categorie dei lavoratori dipendenti”. Sulla stessa lunghezza d’onda Furio Truzzi, presidente di Assoutenti che, di fronte ai dati diffusi dall’Istat, chiede al governo Meloni “di inserire l’emergenza prezzi tra le priorità dell’esecutivo, varando il taglio dell’Iva sui beni primari come alimentari e generi di prima necessità, e intervenendo sulla tassazione relativa ai carburanti, seguendo l’esempio del suo predecessore Draghi e tagliando le accise che pesano sui costi di una moltitudine di prodotti, considerato che in Italia l’85% della merce viaggia su gomma”.

Per Confesercenti, non bisogna dimenticare “che le famiglie hanno quasi terminato i risparmi con i quali hanno finora sostenuto la spesa, la cui dinamica d’ora in poi sarà guidata sempre più dal potere d’acquisto. Per questo il governo, terminata la fase di emergenza, dovrà garantire interventi decisivi per ridurre innanzitutto la pressione fiscale ed il costo del lavoro, per ridare fiato a famiglie ed imprese e sostenere la ripresa della domanda interna”.

Qual è infine la situazione a livello europeo? Secondo Eurostat, a novembre 2022 i prezzi alla produzione industriale sono diminuiti dello 0,9% sia nell’area dell’euro che nell’Ue, rispetto a ottobre.
I prezzi alla produzione industriale nell’area dell’euro a novembre 2022, rispetto a ottobre, sono diminuiti del 2,2% nel settore energetico e dello 0,4% per i beni intermedi, mentre i prezzi sono aumentati dello 0,2% per i beni di consumo durevoli, dello 0,3% per i beni strumentali e dello 0,6% per i beni di consumo non durevoli. Esclusa l’energia, i prezzi sono cresciuti dello 0,1%.
Nell’intera Ue, i prezzi alla produzione industriale sono aumentati del 56% nel settore energetico, del 17,1% per i beni di consumo non durevoli, del 15,5% per i beni intermedi, del 9,7% per i beni di consumo durevoli e del 7,7% per i beni strumentali. I prezzi nell’industria, esclusa l’energia, sono cresciuti del 13,6%.

 

 

 

 

 

Natale all’insegna di caro-prezzi e caro bollette. Un regalo su quattro sarà riciclato

Il Natale 2022 è stato all’insegna, anche, del caro-prezzi e del rincaro delle bollette. Due fattori che hanno inciso sul comparto alimentare, facendo registrare una contrazione del 6% dei consumi rispetto al 2021 ma un aumento di 320 milioni in più rispetto allo scorso anno spesi per cibi e bevande. Tradotto: gli italiani hanno speso di più per avere un carrello più vuoto rispetto allo scorso anno. 

Una festività che alle famiglie italiane è costata complessivamente 19,8 miliardi di euro, così spesi: 6,7 miliardi per i regali (si stima che uno su 4 sarà ‘riciclato’ e che i doni ricevuti saranno rimessi in vendita sul web), 350 milioni per mangiare al ristorante e 10,1 miliardi spesi dagli oltre 12 milioni di italiani che si sono messi in viaggio. La voce alimentare ha inciso per 2,7 miliardi di euro: in base alle stime dell’associazione, i consumi del settore hanno registrato una contrazione del 6% rispetto al 2021, a causa dell’emergenza bollette e del caro-prezzi che portano le famiglie a ridurre gli acquisti.“Tra i prodotti più utilizzati per le preparazioni di cibi e pietanze natalizie – spiega il Codacons – e che hanno subito aumenti consistenti troviamo il burro, che rispetto allo scorso anno rincara del +41,2%. L’olio di semi segna +51,4%, la farina +23,6%, le uova +21,7%, il riso +35,4%, la pasta +23,6%, il pane +16%. Mettere la carne in tavola a Natale costa in media il 10,5% in più, con punte del +18% per il pollo, mentre per un pranzo a base di pesce la spesa sale in media del 10%, con aumenti dell’8,3% per il pesce fresco, +14,8% il pesce surgelato, +9,2% i molluschi freschi. Il latte conservato sale del 32,5%, quello fresco del 20,1%, i formaggi freschi del 26,2%. La verdura aumenta del 15,2%, con punte di oltre il 19% per insalata e cavoli; le arance costano il 13,3% in più, frutta secca e noci +6%”, conclude il Codacons. Per i dolci occorre mettere in conto una maggiore spesa del 49,6% per lo zucchero, e anche brindare costerà di più: il vino rincara del 6%, i liquori salgono del 5,5% e lo spumante segna +7,3%.