MARIO DRAGHI

Draghi: “Tetto al prezzo del gas per togliere risorse economiche a Putin”

Un intervento lungo e toccante, quello del premier Mario Draghi, davanti al parlamento europeo a Strasburgo. Un intervento iniziato con un omaggio a David Sassoli, scomparso a gennaio di quest’anno, e proseguito con una fotografia dell’Unione dopo la pandemia e in piena guerra tra Russia e Ucraina, con tutti i cascami che questa situazione si porta appresso. Draghi ha parlato della necessità di un federalismo pragmatico “che abbracci tutti gli ambiti colpiti dalle trasformazioni in corso: dall’economia, all’energia, alla sicurezza. Se ciò richiede l’inizio di un percorso che porterà alla revisione dei Trattati, lo si abbracci con coraggio e con fiducia”; ha aggiunto che “se dagli eventi tragici di questi anni sapremo trarre la forza di fare un passo avanti; se sapremo immaginare un funzionamento più efficiente delle istituzioni europee che permetta di trovare soluzioni tempestive ai problemi dei cittadini, allora potremo consegnare loro un’Europa in cui potranno riconoscersi con orgoglio”.

CRISI ALIMENTARE

Il presidente del Consiglio si è soffermato a lungo sugli effetti del conflitto ucraino, sostenendo che “dal punto di vista economico, il conflitto ha causato instabilità nel funzionamento delle catene di approvvigionamento globali e volatilità nel prezzo delle materie prime e dell’energia. Le forniture alimentari ucraine sono crollate a causa delle devastazioni della guerra e dei blocchi alle esportazioni imposti dalla Russia nei porti del Mar Nero e del Mar d’Azov. L’Ucraina è il quarto maggiore fornitore estero di cibo nell’Unione Europea, ci invia circa metà delle nostre importazioni di granoturco, e un quarto dei nostri oli vegetali. Russia e Ucraina contano per oltre un quarto delle esportazioni globali di grano. Quasi 50 Paesi del mondo dipendono da loro per più del 30% delle proprie importazioni. C’è un forte rischio che l’aumento dei prezzi, insieme alla minore disponibilità di fertilizzanti, produca crisi alimentari”.

CRISI ENERGETICA

Draghi è stato chirurgico nell’affrontare il tema dell’energia. È partito dai prezzi e ha sviluppato ragionamenti concreti: “Il greggio, che tra dicembre e gennaio oscillava tra i 70 e i 90 dollari al barile, si aggira oggi intorno ai 105 dollari, dopo un picco di 130 dollari a marzo. Il prezzo del gas sul mercato europeo è intorno ai 100 euro per megawattora – circa cinque volte quello di un anno fa. Questi aumenti – che seguono i rincari che si osservavano già prima dell’inizio del conflitto – hanno spinto il tasso d’inflazione su livelli che non si vedevano da decenni”, la sottolineatura di Draghi.

MEDITERRANEO FONDAMENTALE

La politica energetica è un’area in cui i Paesi del Mediterraneo devono giocare un ruolo fondamentale per il futuro dell’Europa. L’Europa ha davanti un profondo riorientamento geopolitico destinato a spostare sempre di più il suo asse strategico verso Sud”, ha raccontato il premier davanti ai parlamentari dell’Unione. “La guerra in Ucraina ha mostrato la profonda vulnerabilità di molti dei nostri Paesi nei confronti di Mosca. L’Italia è uno degli Stati membri più esposti: circa il 40% del gas naturale che importiamo proviene infatti dalla Russia. Una simile dipendenza energetica è imprudente dal punto di vista economico, e pericolosa dal punto di vista geopolitico. L’Italia intende prendere tutte le decisioni necessarie a difendere la propria sicurezza e quella dell’Europa. Abbiamo appoggiato le sanzioni che l’Unione Europea ha deciso di imporre nei confronti della Russia, anche quelle nel settore energetico. Continueremo a farlo con la stessa convinzione in futuro”.

AFRICA E MEDIO ORIENTE

L’Italia si sta muovendo. Draghi ha ribadito a Strasburgo ciò che aveva detto ieri in conferenza stampa dopo il Cdm: “Abbiamo preso importanti provvedimenti di semplificazione per accelerare la produzione di energia rinnovabile, essenziale per rendere la nostra crescita più sostenibile. La riduzione delle importazioni di combustibili fossili dalla Russia rende inevitabile che l’Europa guardi verso il Mediterraneo per soddisfare le sue esigenze. Mi riferisco ai giacimenti di gas, come combustibile di transizione, ma soprattutto alle enormi opportunità offerte dalle rinnovabili in Africa e Medio Oriente. I Paesi del sud Europa, e l’Italia in particolare, sono collocati in modo strategico per raccogliere questa produzione energetica e fare da ponte verso i Paesi del nord. La nostra centralità di domani passa dagli investimenti che sapremo fare oggi”.

TETTO EUROPEO

Draghi ha insistito nulla necessità di mettere “un tetto europeo ai prezzi del gas importato dalla Russia”, precisando che “la nostra proposta consentirebbe di utilizzare il nostro potere negoziale per ridurre i costi esorbitanti che oggi gravano sulle nostre economie. Allo stesso tempo, questa misura consentirebbe di diminuire le somme che ogni giorno inviamo al Presidente Putin, e che inevitabilmente finanziano la sua campagna militare”.

COSTO ELETTRICITÀ

La riflessione di Draghi sull’escalation dei prezzi è stata chirurgica: “Vogliamo rivedere in modo strutturale il meccanismo di formazione del prezzo dell’elettricità, che dipende dal costo di produzione della fonte di energia più costosa, di solito il gas. Anche in tempi normali, la generazione di energia da fonti fossili ha infatti costi di produzione maggiori di quella da fonti rinnovabili. Si tratta di un problema destinato a peggiorare nel tempo. Con l’aumento progressivo della quota di energia rinnovabile nel nostro mix energetico, avremo prezzi sempre meno rappresentativi del costo di generazione dell’intero mercato. In questo periodo di fortissima volatilità sul mercato del gas, la differenza di prezzo è spropositata”.

Draghi

Eolico

Spertino (Politecnico di Torino): L’eolico? Da noi sarà galleggiante

Taranto ha da poco inaugurato il primo parco eolico offshore italiano. Un totale di 10 pale che saranno capaci di fornire il fabbisogno energetico di 60mila persone l’anno. Ci sono voluti 14 anni di stop e ripartenze per arrivare al risultato, e il nodo burocratico ha animato il dibattito sul ritardo di un potenziale eolico italiano che secondo l’associazione Anev può superare i 19 gigawatt entro il 2030, a fronte di un installato di poco superiore ai 10.

Ma tolta la variabile delle autorizzazioni e delle polemiche che accompagnano progetti di questa portata, come possiamo immaginarci la componente eolica nell’Italia del 2050? Quanta energia sarà prodotta da impianti installati nel Mediterraneo, quanti sulla terraferma, e quanti ancora saranno realizzati per intercettare il vento troposferico?

Difficilissimo fare previsioni. Filippo Spertino, professore al dipartimento di Energia al Politecnico di Torino, ci aiuta ad avere un’idea. “Credo che circa il 70% degli impianti eolici saranno onshore“, le tradizionali pale eoliche installate sulla terraferma, “soprattutto per una questione di costi” spiega Spertino. “Mi aspetto poi un 20-25% di eolico offshore, e la percentuale restante di eolico d’alta quota“.

L’eolico offshore – come nell’esempio di Taranto – ha un vantaggio tecnico importante: l’attrito delle correnti d’aria con la superficie del mare è infatti molto minore rispetto al suolo, e può portare anche a una produzione doppia di energia per singola unità. Ma sconta le criticità morfologiche delle coste italiane. “A differenza di quanto accade nei paesi del Nord Europa, dove i fondali marini sono molto più bassi” spiega il professore, “la profondità del Mediterraneo costringe a progettare gran parte dei sistemi eolici come piattaforme galleggianti, con costi di ancoraggio importanti“. Problema a cui si aggiunge il costo dei cavi per il trasferimento dell’energia, che deve coprire distanze importanti sui fondali marini.

E l’eolico d’alta quota? “I rendimenti potenziali possono essere anche superiori al 40%, con un vento in quota molto più intenso e stabile” spiega Spertino. In questo genere di installazione, l’energia meccanica trasmessa dal vento viene trasmessa da un kite (un aquilone, una vela) a un generatore posizionato a terra, oppure trasformata direttamente in quota in energia elettrica. “Ma al momento scontano limiti strutturali, con la gestione della fase di tiro e di richiamo, che non le rendono ancora competitive“.

Ma nell’Italia del 2050, a fare la differenza sarà la pianificazione congiunta fra le diverse tecnologie rinnovabili, come l’energia del vento e il fotovoltaico. “Ma anche cambiare il nostro profilo di consumo” conclude Spertino, “riprogettando alcune attività oggi realizzate a ciclo continuo, intensificandole nelle ore a maggiore disponibilità di sole o vento“.

Energia, la soluzione della crisi passa solo dalla transizione verde

Come ha detto il presidente del Consiglio, Mario Draghi, tutti i provvedimenti che sono stati adottati in un lunedì non proprio uguale agli altri “sono il senso stesso del Governo”. Vanno nella direzione dei cittadini e delle imprese, sono destinati ad affrettare la transizione ecologica e l’indipendenza dalla Russia, ci proiettano in un futuro molto prossimo.

Il dl energia vale 14 miliardi, soprattutto imprime una svolta netta e inequivocabile sul fronte delle rinnovabili. Di fronte ai ritardi che rischiavano di zavorrare l’Italia e metterla in una posizione di grave disagio rispetto agli altri Paesi dell’Unione, l’esecutivo ha scelto di pigiare sul pedale dell’acceleratore senza esitazioni e andando oltre le controversie interne. Il pacchetto di semplificazioni che Roberto Cingolani, ministro della Transizione Ecologica, ha snocciolato in conferenza stampa è asciutto e ma molto efficace. In sostanza, via libera ai rigassificatori che saranno galleggianti e non permanenti, la strada più veloce per rimpiazzare i 29 miliardi di metri cubi di gas che attualmente arrivano da Mosca: il tutto verrà consegnato nelle mani di un commissario ma ci vorrà ancora almeno un anno, tempo ‘tecnico’ non eludibile; per 18-24 mesi utilizzo massivo delle 4 centrali a carbone che sono attualmente ancora attive in Italia, sempre nel rispetto dei dettami stabiliti dalla Ue; accelerazione dei processi autorizzativi riguardo alle procedure di valutazione dell’impatto ambientale e paesaggistico, sfruttando le aree militari; semplificazione, infine, anche per i cosiddetti “allacci” che collegano gli impianti alla rete.

Ha ricordato, il ministro Cingolani, che nei primi quattro mesi del 2022 sono stati autorizzati 2,5 gigawatt su 9 impianti e si è provveduto a sveltire il pregresso per evitare, ad esempio, che un parco eolico ci metta sedici anni a prendere vita, come è accaduto a Taranto. Nelle chiacchiere del dopo Cdm si è insistito molto sulla diversificazione energetica per arrivare al ‘crossing’, si è parlato anche di risparmio con il contenimento delle temperature (termosifoni e condizionatori), si è accennato al biogas, si è evidenziato il valore prezioso delle rinnovabili elettriche, è stata pure offerta la garanzia che il percorso di decarbonizzazione non subirà interruzioni. Tutto chiaro, pare. Tutto fissato in diagrammi, in schemi, in brochure. Tutto già pronto per l’attuazione perché non si può più esitare. Non resta che capire se basterà questo ‘pacchetto’ di provvedimenti per fare fronte a una crisi che sta svuotando le tasche della gente e degli imprenditori.

Andries Gryffroy

Europa indietro su rinnovabili, Gryffroy: “Troppe direttive Ue frenano sviluppo”

Sullo sviluppo delle rinnovabili l’Europa è indietro. Sconta ritardi in termini di incentivi, ma paga la giungla di direttive europee che frenano sviluppo delle tecnologie e investimenti. Il Comitato europeo delle regioni prova a cambiare una situazione che, oltretutto, sembra non tenere conto delle diverse realtà territoriali, tutte europee ma tutte diverse. Le richieste sono contenute nel parere al progetto di modifica della direttiva sulle energie rinnovabili per soddisfare i nuovi obiettivi climatici per il 2030. Il relatore Andries Gryffroy (belga fiammingo, conservatore, esponente del gruppo EA), entra nel merito del testo nell’intervista concessa a GEA.

Nel vostro parere, che sarà oggetto di voto in Parlamento europeo, ponete l’accento sulla carenza di incentivi aggiuntivi per le rinnovabili. L’Europa è in ritardo?
“La questione è come intendiamo garantirci le forniture energetiche, e in tal senso le strade sono due: meno consumi, e più fonti sostenibili possibile. Questa seconda strada implica un maggior ricorso alle rinnovabili. Il punto è che non tutte le regioni sono uguali. Se prendiamo la mia regione, le Fiandre, parliamo di un territorio piatto, ad alta densità di popolazione. Se prendiamo l’Austria, abbiamo montagne ed aree meno popolose. Pensare di adottare le stesse politiche per tutti è sbagliato. Per questo chiediamo un processo diverso, una procedura decisionale che invece provenire dall’alto provenga dal basso, coinvolga territori”.

Quindi chiede che le città e le Regioni siano parte del processo legislativo?
“Esattamente. È quello che chiamiamo governance di multi-livello”.

Lei pone l’accento anche su una burocrazia eccessiva. Cosa serve a livello europeo per mettere i territori in condizione di investire dove serve?
“Un miglioramento del quadro normativo. Oggi ci sono troppe direttive sulla stessa materia, con quelle nuove in contraddizione con quelle vecchie”.

Sta dicendo che abbiamo direttive che non sostituiscono quelle esistenti?
“Esatto”.

Per esempio?
“Una è quella relativa alle batteria. La direttiva originaria permette l’installazione di pannelli solari sui tetti della case, la seconda direttiva in materia vieta la vendita dell’energia in eccesso. Questo non aiuta a ridurre il costo della bolletta, e crea incertezza. Poi ci sono le direttive sui progetti transfrontalieri. La prima direttiva riconosce l’esistenza di regolatori nazionali, stabilisce che ogni Stato membro ha il suo organismo, che poi segue le sue regole. La seconda direttiva intende favorire progetti che vadano oltre logiche e confini nazionali, ma non risolve il problema delle diverse Authorities e della diversità di norme”.

Avete un riscontro dalla Commissione europea su questo?
“No. Siamo in contatto con il Parlamento, visto che dovrà esprimersi sul nostro parere. I voti sono previsti maggio a livello di commissioni, poi il voto finale dovrebbe arrivare a giugno. Per la Commissione non è questo il momento di esprimersi. È chiaro che dopo il voto del Parlamento la Commissione dovrà fare qualcosa”.

Il Parlamento come si pone su questa vostra osservazione?
“Comprendono perfettamente. Devo dire che il feedback che abbiamo ricevuto è molto positivo.

Lei è belga. Come giudica la decisione del governo federale di prolungare il ciclo di vita delle centrali nucleari del Paese di altri dieci anni, fino al 2035?
“Positivamente. Parliamo di energia pulita, senza emissioni di CO2. Dal mio punto di vista è una soluzione buona e pulita. Poi, certo, serve maggiore ricerca per il nucleare di nuova generazione. Ma se chiederà ai belgi cosa ne pensano, credo che i tre quarti della popolazione sia favorevole al nucleare.

Teme che la guerra in corso, con tutto quello che ne consegue, possa mettere a rischio il Green Deal europeo?
Dipende da come lo si spiega. In tempi di crisi economica, come quella che stiamo vivendo, i cittadini pensano al portafogli, pensano a sé stessi, non pensano al clima o all’ambiente. Ma se diciamo loro che se si fanno carico dei costi della transizione adesso, pagheranno meno in futuro e diventeranno meno dipendenti dall’estero.

Mario Draghi

Energia, il governo al lavoro sul decreto contro il caro prezzi

Nuove risorse per contrastare il caro prezzi dell’energia, semplificazioni per accelerare sugli approvvigionamenti da fonti rinnovabili. Sono questi i due pilastri del nuovo decreto che sarebbe dovuto arrivare oggi in Consiglio dei ministri, ma più probabilmente slitterà a lunedì. Ci sarà anche il premier, Mario Draghi, guarito dal Covid-19 e già al lavoro con la sua squadra per limare le misure del nuovo provvedimento. Una piccola anticipazione del quale l’ha fornita ieri il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Roberto Garofoli, alla presentazione della firma del Protocollo tra Libera e il commissario unico per la bonifica delle discariche abusive, prima di tornare a Palazzo Chigi per la riunione – in presenza – con il capo del governo. “Dobbiamo prepararci in vista di un impegnativo Consiglio dei ministri” che tratterà “soprattutto ulteriori interventi per attenuare il costo dell’energia, del gas e delle materie prime sulle filiere produttive, ma anche sulle famiglie”.

Il pressing dei partiti di maggioranza è forte. La Lega continua a chiedere che l’esecutivo stanzi altri 5 miliardi per alleviare il peso dei rincari dalle spalle di imprese e cittadini. Una richiesta che non vede distante anche il segretario del Partito democratico, Enrico Letta, orientato a spingere per usare i 6 miliardi “che i miglioramenti dei conti pubblici hanno dato”, senza contare “gli extraprofitti che le imprese petrolifere e dell’energia hanno ottenuto”. Ma al Nazareno non escludono anche un altro tipo di intervento: “Se c’è bisogno, si farà uno scostamento di bilancio”. Punto di contatto con gli alleati del Movimento 5 Stelle, che pressano forte da settimane sul tema, chiedendo che l’Italia si faccia portavoce in Europa della proposta di istituire un Energy recovery fund sulla scia di quello varato per la pandemia.

Nel decreto che passerà al vaglio del Cdm ci sarà anche la misura che prevede la creazione di una sorta di ‘supercommissario’ che dovrà semplificare le norme per lo sviluppo delle energie rinnovabili. Ad oggi, infatti, la legislazione rende troppo lenta la fase di transizione, con tempi non compatibili con l’esigenza del Paese di attuare la nuova strategia di approvvigionamento energetico e di affrancamento da gas e petrolio provenienti dalla Russia. Ma c’è anche un altro punto su cui a Palazzo Chigi si ragiona e che riguarda il ciclo dei rifiuti: “Senza anticipare decisioni che il governo potrebbe prendere nelle prossime ore, è utile rilanciare la riflessione sull’utilizzo sostenibile ed efficace nel nostro Paese”. Il passo è ancora allo studio, mentre nel breve termine sarà confermata la decisione di non spegnere le centrali a carbone, per far fronte all’emergenza.

La prossima settimana, poi, sono previsti nuovi momenti di confronto tra governo e Parlamento. Martedì 3 maggio, alle ore 12.30, infatti, il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, terrà una informativa nell’aula della Camera sulle ulteriori iniziative per contrastare l’aumento dei costi dell’energia. Mentre il 24 maggio, alle 14, sempre a Montecitorio, il responsabile del Mite svolgerà un’altra informativa, ma in vista del G7 Energia. Il premier Draghi, invece, sarà il 10 maggio a Washington per incontrare alla Casa Bianca il Presidente degli Stati Uniti, Joe Biden. I due leader discuteranno del coordinamento con gli Alleati sulle misure a sostegno del popolo ucraino e di contrasto all’aggressione ingiustificata della Russia, ma affronteranno anche i temi legati alla cooperazione nella gestione delle sfide globali, alla sicurezza energetica e al contrasto ai cambiamenti climatici, dal rilancio dell’economia allo sviluppo della sicurezza transatlantica. Anche in preparazione dei vertici G7 e Nato di giugno.

Sul fronte europeo, Luigi Di Maio torna a chiedere il price cap sull’energia: “Il lavoro che continueremo a fare è rafforzare il nostro piano di sicurezza energetico e fare in modo che a livello europeo si costruisca un tetto massimo al prezzo del gas, perché con gli accordi che stiamo facendo negoziamo quantità – ha detto il ministro degli Esteri da Strasburgo -. Il punto è che dove si indicizza il prezzo del gas l’Ue deve scegliere tra speculazione e tutele della famiglia e delle imprese. Noi scegliamo di tutelare imprese e famiglie a fronte di una speculazione di prezzi che non ha senso”. Il responsabile della Farnesina conferma che “tutte le forniture di gas dalla Russia all’Italia continuano ad andare avanti regolarmente“, ma allo stesso ammonisce: “Quello che stiamo contrastando è la richiesta di Mosca di pagare in rubli, che è una violazione del contratto. Insieme alla Commissione e al Consiglio Ue prenderemo una decisione a livello europeo su questo tema, ma i nostri contratti prevedevano il pagamento in euro”, dunque “ci sono tutte le condizioni perché i cittadini non abbiano problemi di fornitura”.

Prosegue, infine, il lavoro del ministro dello Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti, che ha incontrato il ministro delle Innovazioni e della crescita della Bulgaria, Daniel Lorer, per parlare di cooperazione economica e delle conseguenze legate al conflitto in Ucraina nei rispettivi due Paesi, soffermandosi in particolare sui temi della sicurezza energetica e l’aumento dell’inflazione, condividendo la necessità che vengano adottate soluzioni comuni a livello Ue. Gli esponenti dei due governi hanno anche sottolineato l’opportunità di rafforzare la collaborazione tra imprese italiane e bulgare, al fine di cogliere le opportunità degli investimenti legati ai fondi europei del Recovery fund, in particolare quelli finalizzati a realizzare progetti sullo sviluppo delle fonti rinnovabili, dalle batterie all’idrogeno, attraverso gli Ipcei.

eolico

Cingolani: “Con la crisi più rinnovabili, ma occhio al risparmio”

La crisi energetica attuale accelererà la transizione verde”. Lo afferma il ministro per la Transizione ecologica, Roberto Cingolani, al Berlin energy transition dialogue 2022, sottolineando che “la situazione che stiamo affrontando ora sta costringendo i nostri Paesi ad accelerare verso le energie rinnovabili”. Nonostante le difficoltà a livello internazionale, “in Italia stiamo cercando di mantenere la tabella di marcia sulla decarbonizzazione esattamente come era prima della guerra”. Questo significa che “stiamo sostituendo il gas importato dalla Russia esattamente nella stessa quantità, o forse un po’ meno”, considerato che “nel frattempo stiamo accelerando le installazioni rinnovabili e il programma di risparmio energetico”. Tuttavia, secondo il ministro Cingolani, “in questo momento, non credo che Paesi ad alta intensità energetica come la Germania o l’Italia possano farcela solo con le energie rinnovabili, serve ancora un po’ di gas per la programmabilità”.

Come la Germania – infatti – anche l’Italia importa molto gas dalla Russia, circa il 40%, ovvero 29 miliardi di metri cubi ogni anno”. Il Ministro, tuttavia, ricorda che “ci stiamo affrettando a ottenere l’indipendenza dal gas russo, abbiamo cinque gasdotti che collegano il Paese”, di cui “tre sono lungo il percorso meridionale e orientale”. Se l’obiettivo è “essere molto veloci nel sostituire” questi 29 miliardi di metri cubi, precisa Cingolani, “ci sono altre strategie che in parallelo dovrebbero essere impiegate”, come un “approccio maturo al risparmio energetico” o la chimica di trasformazione: “Produciamo 30 milioni di tonnellate di rifiuti ogni anno e una gran parte di questi può essere trasformata in energia o compost”. In questo modo “possiamo ridurre la dipendenza dall’estero, ma anche mostrare la strada verso una transizione energetica sostenibile”.

Il ministro per la Transizione ecologica va oltre, insistendo sul fatto che nei prossimi “tre o quattro decenni”, l’Europa dovrà considerare “seriamente” nuove alternative. “Non ho detto fissione, ma fusione, con reattori più piccoli da utilizzare in specifici distretti ad alta intensità energetica”. “Per il futuro – aggiunge – dobbiamo pensare a qualcosa di stabile, duraturo, sicuro, programmabile, una fonte di energia globale” e “questo è il momento di investire e fare sforzi per trovare il modo migliore per produrre energia”. In caso contrario, “tra 20 anni saremo qui a discutere sempre più degli stessi problemi, e forse con una situazione ambientale peggiore”.

Il risparmio – secondo Cingolani – è una rivoluzione culturale, non può essere solo imposta con la legge, ma bisogna investire nelle nuove generazioni”. La riflessione sulla sostenibilità riguarda prima di tutto il risparmio energetico: “Ridurre e migliorare la gestione dell’energia nelle abitazioni è una questione di sistema nazione, di educazione e di consapevolezza pubblica”, che “non riguarda solo il controllo termostatico o il riscaldamento della casa” ma anche i settori produttivi, come quello alimentare e automobilistico.