Mattarella: “Transizione energetica concreta per mettere al sicuro il Pianeta”

Un anno addietro, rivolgendomi a voi in questa occasione, definivo i sette anni precedenti come impegnativi e complessi.
Lo è stato anche l’anno trascorso, così denso di eventi politici e istituzionali di rilievo.

L’elezione del Presidente della Repubblica, con la scelta del Parlamento e dei delegati delle Regioni che, in modo per me inatteso, mi impegna per un secondo mandato.

Lo scioglimento anticipato delle Camere e le elezioni politiche, tenutesi, per la prima volta, in autunno.

Il chiaro risultato elettorale ha consentito la veloce nascita del nuovo governo, guidato, per la prima volta, da una donna.

E’ questa una novità di grande significato sociale e culturale, che era da tempo matura nel nostro Paese, oggi divenuta realtà.

Nell’arco di pochi anni si sono alternate al governo pressoché tutte le forze politiche presenti in Parlamento, in diverse coalizioni parlamentari.

Quanto avvenuto le ha poste, tutte, in tempi diversi, di fronte alla necessità di misurarsi con le difficoltà del governare.

Riconoscere la complessità, esercitare la responsabilità delle scelte, confrontarsi con i limiti imposti da una realtà sempre più caratterizzata da fenomeni globali: dalla pandemia alla guerra, dalla crisi energetica a quella alimentare, dai cambiamenti climatici ai fenomeni migratori.

La concretezza della realtà ha così convocato ciascuno alla responsabilità.

Sollecita tutti ad applicarsi all’urgenza di problemi che attendono risposte.

La nostra democrazia si è dimostrata dunque, ancora una volta, una democrazia matura, compiuta, anche per questa esperienza, da tutti acquisita, di rappresentare e governare un grande Paese.

E’ questa consapevolezza, nel rispetto della dialettica tra maggioranza e opposizione, che induce a una comune visione del nostro sistema democratico, al rispetto di regole che non possono essere disattese, del ruolo di ciascuno nella vita politica della Repubblica.

Questo corrisponde allo spirito della Costituzione.

Domani, primo gennaio, sarà il settantacinquesimo anniversario della sua entrata in vigore.

La Costituzione resta la nostra bussola, il suo rispetto il nostro primario dovere; anche il mio.

Siamo in attesa di accogliere il nuovo anno ma anche in queste ore il pensiero non riesce a distogliersi dalla guerra che sta insanguinando il nostro Continente.

Il 2022 è stato l’anno della folle guerra scatenata dalla Federazione russa. La risposta dell’Italia, dell’Europa e dell’Occidente è stata un pieno sostegno al Paese aggredito e al popolo ucraino, il quale con coraggio sta difendendo la propria libertà e i propri diritti.

Se questo è stato l’anno della guerra, dobbiamo concentrare gli sforzi affinché il 2023 sia l’anno della fine delle ostilità, del silenzio delle armi, del fermarsi di questa disumana scia di sangue, di morti, di sofferenze.

La pace è parte fondativa dell’identità europea e, fin dall’inizio del conflitto, l’Europa cerca spiragli per raggiungerla nella giustizia e nella libertà.

Alla pace esorta costantemente Papa Francesco, cui rivolgo, con grande affetto, un saluto riconoscente, esprimendogli il sentito cordoglio dell’Italia per la morte del Papa emerito Benedetto XVI.

Si prova profonda tristezza per le tante vite umane perdute e perché, ogni giorno, vengono distrutte case, ospedali, scuole, teatri, trasformando città e paesi in un cumulo di rovine. Vengono bruciate, per armamenti, immani quantità di risorse finanziarie che, se destinate alla fame nel mondo, alla lotta alle malattie o alla povertà, sarebbero di sollievo per l’umanità.

Di questi ulteriori gravi danni, la responsabilità ricade interamente su chi ha aggredito e non su chi si difende o su chi lo aiuta a difendersi.

Pensiamoci: se l’aggressione avesse successo, altre la seguirebbero, con altre guerre, dai confini imprevedibili.

Non ci rassegniamo a questo presente.

Il futuro non può essere questo.

La speranza di pace è fondata anche sul rifiuto di una visione che fa tornare indietro la storia, di un oscurantismo fuori dal tempo e dalla ragione. Si basa soprattutto sulla forza della libertà. Sulla volontà di affermare la civiltà dei diritti.

Qualcosa che è radicato nel cuore delle donne e degli uomini. Ancor più forte nelle nuove generazioni.

Lo testimoniano le giovani dell’Iran, con il loro coraggio. Le donne afghane che lottano per la loro libertà. Quei ragazzi russi, che sfidano la repressione per dire il loro no alla guerra.

Gli ultimi anni sono stati duri. Ciò che abbiamo vissuto ha provocato o ha aggravato tensioni sociali, fratture, povertà.

Dal Covid – purtroppo non ancora sconfitto definitivamente – abbiamo tratto insegnamenti da non dimenticare.

Abbiamo compreso che la scienza, le istituzioni civili, la solidarietà concreta sono risorse preziose di una comunità, e tanto più sono efficaci quanto più sono capaci di integrarsi, di sostenersi a vicenda. Quanto più producono fiducia e responsabilità nelle persone.

Occorre operare affinché quel presidio insostituibile di unità del Paese rappresentato dal Servizio sanitario nazionale si rafforzi, ponendo sempre più al centro la persona e i suoi bisogni concreti, nel territorio in cui vive.

So bene quanti italiani affrontano questi mesi con grandi preoccupazioni. L’inflazione, i costi dell’energia, le difficoltà di tante famiglie e imprese, l’aumento della povertà e del bisogno.

La carenza di lavoro sottrae diritti e dignità: ancora troppo alto è il prezzo che paghiamo alla disoccupazione e alla precarietà.

Allarma soprattutto la condizione di tanti ragazzi in difficoltà. La povertà minorile, dall’inizio della crisi globale del 2008 a oggi, è quadruplicata.

Le differenze legate a fattori sociali, economici, organizzativi, sanitari tra i diversi territori del nostro Paese – tra Nord e Meridione, per le isole minori, per le zone interne – creano ingiustizie, feriscono il diritto all’uguaglianza.

Ci guida ancora la Costituzione, laddove prescrive che la Repubblica deve rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che ledono i diritti delle persone, la loro piena realizzazione. Senza distinzioni.

La Repubblica siamo tutti noi. Insieme.

Lo Stato nelle sue articolazioni, le Regioni, i Comuni, le Province. Le istituzioni, il Governo, il Parlamento. Le donne e gli uomini che lavorano nella pubblica amministrazione. I corpi intermedi, le associazioni. La vitalità del terzo settore, la generosità del volontariato.

La Repubblica – la nostra Patria – è costituita dalle donne e dagli uomini che si impegnano per le loro famiglie.

La Repubblica è nel senso civico di chi paga le imposte perché questo serve a far funzionare l’Italia e quindi al bene comune.

La Repubblica è nel sacrificio di chi, indossando una divisa, rischia per garantire la sicurezza di tutti. In Italia come in tante missioni internazionali.

La Repubblica è nella fatica di chi lavora e nell’ansia di chi cerca il lavoro. Nell’impegno di chi studia. Nello spirito di solidarietà di chi si cura del prossimo. Nell’iniziativa di chi fa impresa e crea occupazione.

Rimuovere gli ostacoli è un impegno da condividere, che richiede unità di intenti, coesione, forza morale.

E’ grazie a tutto questo che l’Italia ha resistito e ha ottenuto risultati che inducono alla fiducia.

La nostra capacità di reagire alla crisi generata dalla pandemia è dimostrata dall’importante crescita economica che si è avuta nel 2021 e nel 2022.

Le nostre imprese, a ogni livello, sono state in grado, appena possibile, di ripartire con slancio: hanno avuto la forza di reagire e, spesso, di rinnovarsi.

Le esportazioni dei nostri prodotti hanno tenuto e sono anzi aumentate.

L’Italia è tornata in brevissimo tempo a essere meta di migliaia di turisti da ogni parte del mondo. La bellezza dei nostri luoghi e della nostra natura ha ripreso a esercitare una formidabile capacità attrattiva.

Dunque ci sono ragioni concrete che nutrono la nostra speranza ma è necessario uno sguardo d’orizzonte, una visione del futuro.

Pensiamo alle nuove tecnologie, ai risultati straordinari della ricerca scientifica, della medicina, alle nuove frontiere dello spazio, alle esplorazioni sottomarine. Scenari impensabili fino a pochi anni fa e ora davanti a noi.

Sfide globali, sempre.

Perché è la modernità, con il suo continuo cambiamento, a essere globale.

Ed è in questo scenario, per larghi verso inedito, che misuriamo il valore e l’attualità delle nostre scelte strategiche: l’Europa, la scelta occidentale, le nostre alleanze. La nostra primaria responsabilità nell’area che definiamo Mediterraneo allargato. Il nostro rapporto privilegiato con l’Africa.

Dobbiamo stare dentro il nostro tempo, non in quello passato, con intelligenza e passione.

Per farlo dobbiamo cambiare lo sguardo con cui interpretiamo la realtà. Dobbiamo imparare a leggere il presente con gli occhi di domani.

Pensare di rigettare il cambiamento, di rinunciare alla modernità non è soltanto un errore: è anche un’illusione. Il cambiamento va guidato, l’innovazione va interpretata per migliorare la nostra condizione di vita, ma non può essere rimossa.

La sfida, piuttosto, è progettare il domani con coraggio.

Mettere al sicuro il pianeta, e quindi il nostro futuro, il futuro dell’umanità, significa affrontare anzitutto con concretezza la questione della transizione energetica.

L’energia è ciò che permette alle nostre società di vivere e progredire. Il complesso lavoro che occorre per passare dalle fonti tradizionali, inquinanti e dannose per salute e ambiente, alle energie rinnovabili, rappresenta la nuova frontiera dei nostri sistemi economici.

Non è un caso se su questi temi, e in particolare per l’affermazione di una nuova cultura ecologista, registriamo la mobilitazione e la partecipazione da parte di tanti giovani.

L’altro cambiamento che stiamo vivendo, e di cui probabilmente fatichiamo tuttora a comprendere la portata, riguarda la trasformazione digitale.

L’uso delle tecnologie digitali ha già modificato le nostre vite, le nostre abitudini e probabilmente i modi di pensare e vivere le relazioni interpersonali. Le nuove generazioni vivono già pienamente questa nuova dimensione.

La quantità e la qualità dei dati, la loro velocità possono essere elementi posti al servizio della crescita delle persone e delle comunità. Possono consentire di superare arretratezze e divari, semplificare la vita dei cittadini e modernizzare la nostra società.

Occorre compiere scelte adeguate, promuovendo una cultura digitale che garantisca le libertà dei cittadini.

Il terzo grande investimento sul futuro è quello sulla scuola, l’università, la ricerca scientifica. E’ lì che prepariamo i protagonisti del mondo di domani. Lì che formiamo le ragazze e i ragazzi che dovranno misurarsi con la complessità di quei fenomeni globali che richiederanno competenze adeguate, che oggi non sempre riusciamo a garantire.

Il Piano nazionale di ripresa e resilienza spinge l’Italia verso questi traguardi. Non possiamo permetterci di perdere questa occasione.

Lo dobbiamo ai nostri giovani e al loro futuro.

Parlando dei giovani vorrei – per un momento – rivolgermi direttamente a loro: siamo tutti colpiti dalla tragedia dei tanti morti sulle strade.

Troppi ragazzi perdono la vita di notte per incidenti d’auto, a causa della velocità, della leggerezza, del consumo di alcol o di stupefacenti. Quando guidate avete nelle vostre mani la vostra vita e quella degli altri. Non distruggetela per un momento di imprudenza. Non cancellate il vostro futuro.

Care concittadine e cari concittadini, guardiamo al domani con uno sguardo nuovo. Guardiamo al domani con gli occhi dei giovani.

Guardiamo i loro volti, raccogliamo le loro speranza. Facciamole nostre.

Facciamo sì che il futuro delle giovani generazioni non sia soltanto quel che resta del presente ma sia il frutto di un esercizio di coscienza da parte nostra. Sfuggendo la pretesa di scegliere per loro, di condizionarne il percorso.

La Repubblica vive della partecipazione di tutti.

E’ questo il senso della libertà garantita dalla nostra democrazia.

E’ anzitutto questa la ragione per cui abbiamo fiducia.

Auguri, buon anno!

Sergio Mattarella

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Mattarella: “La morte di Ratzinger è un lutto per l’Italia”

E’ unanime il cordoglio del mondo istituzionale per la scomparsa di Papa Benedetto XVI. Tra i primi a commentare la notizia della morte di Joseph Ratzinger è il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. “La morte del Papa emerito Benedetto XVI è un lutto per l’Italia”, scrive in una nota. “La sua dolcezza e la sua sapienza hanno beneficato la nostra comunità e l’intera comunità internazionale – prosegue -. Con dedizione ha continuato a servire la causa della sua Chiesa nella veste inedita di Papa emerito con umiltà e serenità. La sua figura rimane indimenticabile per il popolo italiano. Intellettuale e teologo ha interpretato con finezza le ragioni del dialogo, della pace, della dignità della persona, come interessi supremi delle religioni. Con gratitudine guardiamo alla sua testimonianza e al suo esempio”.

Anche la premier, Giorgia Meloni, tributa il suo personale saluto al Pontefice bavarese. “Benedetto XVI è stato un gigante della fede e della ragione – dichiara -. Un uomo innamorato del Signore che ha messo la sua vita al servizio della Chiesa universale e ha parlato, e continuerà a parlare, al cuore e alla mente degli uomini con la profondità spirituale, culturale e intellettuale del suo Magistero. Un cristiano, un pastore, un teologo: un grande della storia che la storia non dimenticherà. Ho espresso al Santo Padre Francesco la partecipazione del Governo e mia personale al dolore suo e dell’intera comunità ecclesiale”.

Papa Ratzinger è stato sempre molto attento alla natura, con la sua grande passione per la montagna. “Mi unisco al cordoglio della Chiesa Cattolica e di tutti i suoi fedeli, in Italia e nel mondo, per la morte del Papa Emerito, Benedetto XVI”, scrive in una nota il ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin.

Nuovo blitz attivisti per il clima: vernice contro facciata della Scala. “I politici devono agire”

Dopo il blitz dello scorso 18 novembre, durante il quale un’opera di Andy Warhol è stata imbrattata con otto chili di farina, nuova protesta di Ultima Generazione: questa mattina alle 7.45, cinque attivisti hanno lanciato vernice contro la facciata esterna del Teatro alla Scala di Milano in attesa della prima. L’azione è durata circa mezz’ora prima che i cinque venissero fermati e denunciati per imbrattamento di beni culturali e per inosservanza del divieto di ritorno.

“Abbiamo deciso di imbrattare con della vernice il Teatro alla Scala per chiedere ai politici che questa sera assisteranno allo spettacolo di tirare fuori la testa dalla sabbia e intervenire per salvare la popolazione. La situazione economica e ambientale del Paese peggiora di giorno in giorno e, invece di prendere le misure necessarie a salvaguardare il futuro dell’Italia da siccità e disastri climatici, la politica si rinchiude a godersi uno spettacolo per poche persone, così come riserva a poche persone la possibilità di salvarsi dal disastro alimentato dai continui stanziamenti all’industria del fossile. Speriamo che le macchie sulla facciata della Scala ricordino a Giorgia Meloni e Sergio Mattarella le proprie responsabilità e li spingano ad agire, prima che si ripeta un’altra Ischia: un popolo ferito dal cataclisma e tradito dall’indifferenza del Governo”, dichiarano gli attivisti in una nota.

Le richieste del movimento in generale sono di interrompere immediatamente la riapertura delle centrali a carbone dismesse e cancellare il progetto di nuove trivellazioni per la ricerca ed estrazione di gas naturale, oltre a chiedere di procedere a un incremento di energia solare ed eolica di almeno 20GW immediatamente, creando migliaia di nuovi posti di lavoro nell’energia rinnovabile e aiutando gli operai dell’industria fossile a trovare impiego in mansioni più sostenibili.
Rispetto al blitz di questa mattina, la scelta della data e del luogo non sono per nulla casuali: il 7 dicembre, come da tradizione , si svolge la prima della stagione teatrale, alla presenza delle più alte cariche istituzionali e artistiche: per questa sera, infatti, sono previste le partecipazioni del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e della premier Giorgia Meloni.

Gli attivisti fermati sono già noti alla Digos: si tratta 4 ragazzi e una ragazza tra i 20 e 23 anni di Milano, Pavia e Lucca.

Pnrr, Mattarella avverte: “Ci sono difficoltà, ma l’impegno va onorato”

Prima la pandemia, poi la guerra in Ucraina: tutte contingenze che hanno avuto e hanno un impatto sull’attuazione del Pnrr. E il Quirinale ne è ben conscio, tanto che il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, intervenendo alla prima edizione di ‘L’Italia delle Regioni-Festival delle Regioni e delle Province autonome‘, invita i presenti a non nascondersi “le difficoltà sottese a questo impegno che coinvolge tutti i livelli di Governo”. Ma, chiosa, “dinanzi a sfide di questa portata è richiesto l’impegno convergente delle istituzioni e di tutte le forze politiche e sociali, un impegno che abbiamo assunto in sede europea e che va, ovviamente, onorato”. Ammettere che ci sono dei problemi, ma non arrendersi, in sintesi.

“Quando erano in via di superamento le conseguenze della pandemia e risultava avviata la ripresa dell’economia, l’irrompere della guerra in Ucraina ha determinato un grave turbamento delle relazioni internazionali, innescando una nuova crisi economica e sociale”, spiega il capo dello Stato. Una crisi economica e sociale che, aggiunge il presidente, “ha reso ancora più evidente come siano in corso trasformazioni epocali e come si prospetti, oltre a nuove dinamiche delle relazioni internazionali, un nuovo assetto economico costituito da Next Generation Eu e dal Pnrr e incentrato su tre assi strategici: digitalizzazione e innovazione, transizione ecologica e coesione sociale.

Secondo Mattarella, il Pnrr consente di affrontare le diseguaglianze tra le persone e i territori, che “costituiscono le più gravi fonti di inefficienza economica”, in modo “nuovo, integrando politiche per la crescita e politiche di coesione. Nell’attuazione del Piano, le Regioni sono chiamate a fornire un importante contributo. Il prossimo anno il Piano è destinato a entrare nel vivo degli investimenti infrastrutturali che ne costituiscono una componente fondamentale. Non dobbiamo nasconderci le difficoltà sottese a questo impegno che coinvolge tutti i livelli di Governo. La spesa per investimenti nell’ultimo decennio – prosegue il Presidente della Repubblica – a motivo delle note ristrettezze di bilancio, è stata ridimensionata in misura considerevole così come sono state fortemente ridotte le assunzioni da parte delle pubbliche amministrazioni. Queste circostanze hanno concorso a ridurre la capacità di spesa delle amministrazioni nel settore degli investimenti. Questi temi sono oggetto di attenzione da parte del Pnrr”, sottolinea.

Rispetto ai finanziamenti erogati dalla Commissione europea, Sergio Mattarella ricorda che sono destinati “ad accelerare l’infrastrutturazione del Paese colmando i divari che ho prima ricordato, partendo da quello tra il Nord e il Meridione. Gli obiettivi individuati dal Piano per far crescere l’economia all’insegna della sostenibilità e dell’uguaglianza sono considerati un’assoluta priorità. Dinanzi a sfide di questa portata è richiesto l’impegno convergente delle istituzioni e di tutte le forze politiche e sociali, un impegno che abbiamo assunto in sede europea e che va, ovviamente, onorato”, conclude il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

Assemblea Confartigianato 2022

Confartigianato chiede al Governo un nuovo “patto di fiducia” per affrontare il caro energia

Bene la legge di bilancio. Ma pressione fiscale e caro energia mordono e per le piccole imprese la manovra potrebbe non bastare. Dal palco dell’assemblea annuale, Confartigianato chiede al Governo un nuovo “patto di fiducia con lo Stato”, più attenzione per le piccole realtà, meno ostacoli “al nostro talento e alle nostre ambizioni”.

“Noi piccoli imprenditori siamo campioni del Made in Italy”, rivendicano, numeri alla mano. L’export delle Pmi tra agosto 2021 e luglio 2022 è stato di 141 miliardi, “un record!”, scandisce il presidente di Confartigianato, Marco Granelli. “Il Made in Italy è tra i nostri asset strategici”, tranquillizza la premier Giorgia Meloni. Arriva trafelata e in ritardo dopo la conferenza stampa sulla legge di bilancio varata nella notte dal Consiglio dei ministri, ma non manca l’appuntamento con la piccola imprenditoria. “Non potevo mancare, mi perdonerete”. Negli anni, denuncia, “abbiamo lasciato che l’Italia svendesse i marchi italiani, non deve accadere mai più”. E annuncia che la manovra sarà accompagnata da un allegato ad hoc di tutela delle produzioni italiane.
“Oggi abbiamo a che fare con un’emergenza energetica senza precedenti”, spiega Granelli. Le previsioni parlano di una spesa a carico delle piccole imprese da 24 miliardi in più nel 2022, rispetto al 2021, a causa dei rincari dell’elettricità e del gas. “Un impatto enorme”, tuona.

Questo non impedisce alla micro-piccola impresa di essere “motore dello sviluppo del Paese, nonostante sia addirittura considerata da alcuni la principale causa dei mali dell’economia italiana”, lamenta. E invece, afferma, è stata “la chiave della resistenza” del Paese nelle gravi crisi di questi lunghi anni, rappresentando circa il 94 per cento delle imprese italiane, con “importanti e decisivi apporti in termini di Pil”. E lo sarà, ne è convinto, anche per il futuro, con la sua “innovazione continua, l’attenzione alle nuove tecnologie, l’elasticità e soprattutto la ‘naturale’ sostenibilità ambientale e socio-economica”.

Sono tanti, troppi i comparti del tessuto produttivo impegnati ad affrontare l’instabilità economica, causata dalla pandemia e aggravata dall’aggressione della Russia all’Ucraina, dà atto il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in un messaggio inviato all’assemblea. Sono “significative” le ricadute sull’artigianato: “Si tratta di segmenti strategici dell’economia italiana ed è necessario sostenere l’efficienza dei loro processi produttivi attraverso gli strumenti di potenziamento e innovazione forniti dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, nel pieno rispetto e in coerenza con gli obiettivi di sostenibilità ambientale”, afferma il capo dello Stato.

La ‘spina dorsale’ del Paese non sarà trascurata, assicura la premier. D’altra parte, ricorda, in un mese di governo ha già incontrato le categorie produttive e i corpi intermedi. “Credo nel valore centrale dei corpi intermedi e mi piacerebbe che questo confronto non fosse solo di carattere sindacale, ma che fosse stabile sulla strategia. Credo invece che oggi ci sia disperato bisogno di scegliere dove voglia andare e cosa voglia essere e di coinvolgere tutti gli attori”. Gli aiuti ci sono, la manovra pesa 35 miliardi, si può fare qualcosa in più con gli aggiustamenti al Pnrr e chiedendo aiuto all’Europa, ma la premier si rivolge anche alle banche: “Oggi ci ritroviamo con i cassetti fiscali delle banche pieni e le cessioni di nuovi crediti vuote. Lo Stato ce la mette tutta, ma le banche possono fare qualcosa di più”.

Photo credit: Confartigianato

mattarella

Inflazione, Mattarella: “Difesa dei redditi e risparmio compito primario Repubblica”

Difendere il valore dei redditi e del risparmio. E’ il messaggio lanciato dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in occasione della 98esima Giornata mondiale del Risparmio organizzata dall’Acri. “Contro la crescita dell’inflazione, dovuta all’impennata del costo dell’energia e degli altri beni di prima necessità, appare più che mai un compito primario al quale la Repubblica è tenuta per Costituzione“, avverte il capo dello Stato. Che ricorda il “clima di incertezza” che caratterizza l’edizione 2022 della Gmr, con le “sfide molto impegnative che si presentano davanti a noi”, prima fra tutte “la condizione di guerra intrapresa dalla Federazione Russa contro l’Ucraina con le sue conseguenze”. Per Mattarella “la pace va pazientemente costruita e garantita ogni giorno in ogni società civile“, rendendo “evidente, in questo senso, il ruolo del risparmio e dei suoi impieghi come motore di stabilità, sviluppo e strumento di coesione sociale”. Il monito tocca anche gli istituti di credito, ma non solo: “Una responsabilità accresciuta deve essere percepita dalle banche e dagli altri operatori finanziari in questa direzione: non si farà mai abbastanza per rafforzare la resilienza di individui e imprese, specie del tessuto medio-piccolo”, sottolinea. Perché “nell’era dell’incertezza la fiducia è merce preziosa, indispensabile per la ripartenza: offrire un clima positivo e una rete di sicurezza è responsabilità che non può essere evasa”.

Così come, scrive ancora il presidente della Repubblica nel suo messaggio, “il coraggio dell’innovazione deve sapersi accompagnare alla grande attenzione alle povertà vecchie e nuove, non ultima la povertà educativa che determina intollerabili esclusioni“. Mentre “l’inclusione, anche quella finanziaria, appare un obiettivo da non trascurare, per accrescere nei risparmiatori la consapevolezza delle opportunità e dei rischi offerti dal mercato, per consentire la crescita del Paese“. Inoltre, “le Fondazioni bancarie sono state un veicolo molto prezioso e la loro funzione è accentuata in questa stagione per attenuare gli impatti sociali negativi, senza che debba venir meno il primario compito delle istituzioni pubbliche in questa direzione“. La situazione economica di famiglie, cittadini e imprese merita, dunque, attenzione particolare da chi ha il compito di gestire non solo il risparmio, ma anche il credito utile allo sviluppo e alla crescita. L’invito di Mattarella serve proprio a non dimenticare le priorità nella difficile condizione in cui versa l’economia globale. Un tema che tocca tutto e riguarda tutti, nessuno escluso.

La Russa presidente del Senato, ‘disagio’ FI sul governo. Cattaneo ipotesi Mite

La diciannovesima legislatura inizia con il turbo inserito. La macchina non si è nemmeno messa in moto che già finiscono per ingarbugliarsi le partite delle presidenze di Camera e Senato con quella per la composizione del nuovo governo. Si parte dall’unico dato certo: Ignazio La Russa è il nuovo presidente dell’assemblea di Palazzo Madama. Tutto come da copione? Assolutamente no. Perché l’esponente di FdI, che era sì il candidato praticamente ufficiale della coalizione di maggioranza, alla fine la spunta al primo turno solo grazie all’aiuto che arriva dalle opposizioni. Forza Italia, infatti, sceglie di non partecipare alla prima seduta per lanciare un segnale di “disagio” verso gli alleati e la premier in pectore, Giorgia Meloni, dai quali sono arrivati i veti per l’ingresso di Licia Ronzulli (una delle collaboratrici più strette del leader azzurro) nella squadra del nuovo esecutivo. Solo Silvio Berlusconi e Maria Elisabetta Alberti Casellati (presidente uscente del Senato) sono presenti e votanti. Ovviamente per La Russa, come “segnale di apertura“. Ma i voti a favore sono 116, ergo 17 non appartengono all’area di maggioranza, che poteva disporne solo di 99 effettivi in aula.

Da dove arriva il cadeaux? Gli occhi sono puntati sul Terzo polo, ma sia Matteo Renzi che Carlo Calenda rispondono in modo piccato di guardare altrove. Del resto, numericamente la truppa di Azione-Italia viva conta solo 9 membri, dunque ne resterebbero fuori altri 8 che potrebbero essere attribuibili tanto al Pd quanto al Movimento 5 Stelle. Tant’è che si scatena quasi subito la girandola di accuse reciproche tra esponenti dell’opposizione, con tanto di rivendicazione di aver lasciato in bianco la scheda nel segreto del catafalco. Comunque siano andate le cose, l’unico che sembra non farsi alcun problema delle dinamiche è proprio La Russa, che si presenta in aula con un mazzo di fiori per Liliana Segre, che ha diretto la prima seduta fino all’elezione del nuovo presidente. Che prende la parola subito, ringraziando tutti: chi lo ha votato, chi non lo ha votato, chi si è astenuto e anche chi non ha partecipato allo scrutinio. “Davanti a noi ci sono paure e preoccupazione dei cittadini che chiedono alla politica non solo di raccogliere le loro necessità, ma soprattutto di risolverle – dice la seconda carica dello Stato nel discorso di insediamento -. Penso all’inflazione, al caro energia, che sono un dramma per le famiglie e hanno innescato per molte imprese il conto alla rovescia, con il rischio più che concreto della chiusura. L’Italia non può, l’Italia non deve fermarsi“. C’è spazio anche per l’ambiente nelle sue parole: “Il rispetto per la natura e il pianeta sono imprescindibili per l’eredità che dobbiamo lasciare ai nostri figli“.

Ieri in serata, poi, La Russa sale al Quirinale per il rituale colloquio informale con il capo dello Stato, Sergio Mattarella. In un formato diverso dal solito, perché al suo fianco non c’era il nuovo (o la nuova) presidente della Camera, ruolo per il quale si dovrà aspettare il terzo scrutinio, in programma oggi a partire dalle ore 10.30. Perché mentre al Senato – sempre ieri – si apriva il ‘giallo’, a Montecitorio si riapriva la partita della Presidenza: inizialmente sembrava cosa fatta per il leghista Riccardo Molinari, poi nel corso della giornata l’orientamento si è spostato su Giancarlo Giorgetti e alla fine si è planati su Lorenzo Fontana. Tre nomi della scuderia del Carroccio, ma ognuno con una ‘geopolitica’ interna alla coalizione molto diversa. Giorgetti, infatti, sembra destinato a guidare il Mef, mentre Molinari sarà capogruppo alla Camera.

Da qui in poi l’intreccio raggiunge il prossimo governo Meloni. Perché Berlusconi non ha mandato giù i no a Ronzulli, dicendolo apertamente pur senza fare nomi: “Sinceri auguri a La Russa, Forza Italia ha voluto dare un segnale di apertura e collaborazione, ma in una riunione del gruppo è emerso un forte disagio per i veti espressi in questi giorni – verga il Cav in una nota -. Auspichiamo che vengano superati, dando il via ad una collaborazione leale ed efficace con le altre forze della maggioranza, per ridare rapidamente un governo al Paese“. Il messaggio è chiaro, la risposta invece non arriva. Almeno pubblicamente. Così come davanti alle telecamere questo “disagio” viene espresso proprio dal leader di FI, colto in aula, al Senato, pochi minuti prima dell’inizio delle votazioni, a parlare proprio con quello che ne sarebbe diventato il presidente. Berlusconi nelle immagini appare contrariato, tanto da battere anche la penna che aveva tra le mani sul foglio contenuto nella cartellina aperta sul suo banco. Gli scappa anche un ‘vaffa’: il labiale è chiarissimo quando viene passato al rallenty dalle televisioni.

Segno che qualcosa proprio non gli è andata giù di questi negoziati. Durante i quali l’ex premier ha presentato diverse richieste a Meloni. Alcune delle quali scritte di suo pugno sul foglio dove si è schiantata la malcapitata penna. Il Tg di La7 ha provato a ingrandire l’immagine, al punto che il direttore, Enrico Mentana, ha potuto scorgere, tra le varie caselle dei ministeri, che FI ha proposto Ronzulli per le Politiche Ue, il Turismo o i rapporti con il Parlamento. Gli azzurri vorrebbero anche il ministero della Transizione ecologica per affidarlo ad Alessandro Cattaneo, in grande spolvero in questa fase politica. Quale sarà il ‘raccolto’ di questa semina lo si capirà entro pochi giorni, perché le consultazioni al Colle potrebbero iniziare il 22 ottobre, al termine del Consiglio europeo sull’energia, al quale dovrebbe partecipare ancora Mario Draghi, che ieri sera ha avuto un incontro di oltre due ore e mezza, a Parigi, con il presidente della Repubblica francese, Emmanuel Macron. Una visita “personale, molto cordiale e calorosa, espressione dell’amicizia tra i due leader” fanno sapere da Palazzo Chigi. Durante la quale “hanno avuto modo di discutere di vari temi, in particolare quelli in agenda al prossimo Consiglio Ue, tra cui l’Ucraina, l’energia e l’andamento del quadro economico“.

Una buona eredità per chi verrà dopo di lui. Transizione che, se tutte le caselle saranno al loro posto entro la prossima settimana, potrebbe essere anche molto rapida. Tutto dipenderà da questi ultimi, febbrili giornate di trattative: i giochi restano aperti, ma non troppo.

Draghi

Non basta l’emergenza energia, il governo Draghi è al capolinea

Sperava in un esito diverso, ma Mario Draghi era consapevole da giorni che era “venuta meno la maggioranza di unità nazionale. In una calda giornata di luglio si è chiusa, di fatto, l’esperienza del suo governo, che incassa sì la fiducia del Senato, ma senza i voti di Movimento 5 Stelle, Lega e Forza Italia. Uno strano e inaspettato asse giallo-verde-azzurro, che imposta un ‘campo largo’ imprevedibile e, forse, irripetibile.

I numeri contano poco, il premier oggi salirà al Colle per riconsegnare le dimissioni nelle mani del capo dello Stato, Sergio Mattarella. Al Colle va comunque dato atto di averle provate tutte per ricomporre la crisi, ma con tutta probabilità adesso dovrà soltanto prendere atto che la legislatura è al capolinea e non resta che sciogliere le Camere e indire nuove elezioni per non rischiare di finire in esercizio provvisorio e perdere tappe fondamentali del cronoprogramma per il Pnrr. Per capire come sia arrivata la politica a questo risultato, è utile riavvolgere il nastro della giornata di ieri. Con una premessa: gli equilibri sono deflagrati giovedì scorso, quando il M5S scelse di non partecipare al voto di fiducia sul decreto Energia 2.

Draghi ne prese atto e in Cdm, poche ore dopo lo strappo di Giuseppe Conte e i suoi a Palazzo Madama, comunicò l’intenzione di rimettere il mandato (“una scelta tanto sofferta, quanto dovuta”). Mattarella respinse le dimissioni, invitando il presidente del Consiglio a rendere le comunicazioni alle Camere, visto che non era stato sfiduciato. Si arriva così al 20 luglio 2022: la data in cui, di fatto, finisce l’esperienza di Mario Draghi a Palazzo Chigi. Che inizia comunque con un tentativo estremo di ricucire, spinto “dagli italiani“, perché “la mobilitazione di questi giorni da parte di cittadini, associazioni, territori a favore della prosecuzione del governo è senza precedenti e impossibile da ignorare“. Così lancia l’ultimo appello a partiti e parlamentari: “L’unica strada, se vogliamo ancora restare insieme, è ricostruire daccapo il patto, con coraggio, altruismo, credibilità“. Chiedendo, in maniera diretta: “Siete pronti a ricostruirlo? Siete pronti a confermare quello sforzo che avete compiuto nei primi mesi, e che poi si è affievolito?“. Nel suo discorso cita il lavoro fatto per smarcarsi dalla dipendenza russa sull’energia, invita a superare le ritrosie sui rigassificatori di Ravenna e Piombino, spiegando che di quest’ultimo bisogna “ultimare l’istallazione entro la prossima primavera“, perché “è una questione di sicurezza nazionale“. Punta anche al 2030 per l’attivazione di 70 gigawatt di impianti per le rinnovabili, definisce urgente, nel periodo più difficile per l’agricoltura a causa della siccità, predisporre un ‘Piano acqua’ che affianchi i 4 miliardi investiti dal Pnrr per ridurre il gap delle infrastrutture idriche. Ma soprattutto delinea il perimetro geopolitico dell’Italia: “La nostra posizione è chiara e forte nel cuore dell’Ue, del G7, della Nato“. E proprio in Europa indica le sfide più immediate: “Continuare a batterci per ottenere un tetto al prezzo del gas russo e per la riforma del mercato elettrico“. Sul piano strategico-militare, poi, il fianco a cui prestare aiuto è Kiev: “Come mi ha ripetuto ieri al telefono il presidente Zelensky, armare l’Ucraina è il solo modo per permettere agli ucraini di difendersi“. Discorsi che fanno breccia, però, solo in una parte della sua (ormai ex) maggioranza. Il Pd applaude, Iv e Matteo Renzi confermano e raddoppiano l’appoggio, Insieme per il futuro garantisce il sostegno. E qui la storia si ferma: perché dopo giorni di riflessioni, ore e ore di dibattito interno, a fare un passo indietro è il cosiddetto centrodestra di governo. Lega e Forza Italia offrono a Draghi la soluzione di un bis ma senza i Cinquestelle, puntando sui temi sociali del loro programma. Prendere o lasciare. E lo scrivono nero su bianco in una delle due proposte di risoluzione presentate al Senato dopo le comunicazioni. L’altra è a firma di Casini, di una sola riga: “Il Senato, udite le comunicazioni del presidente del Consiglio dei ministri, le approva“. Su questa è Draghi in persona a porre la questione di fiducia. Il resto è storia: Carroccio, FI e Cinquestelle – rimasti stranamente silenti per tutto il giorno – annunciano di non voler prendere parte al voto. La fiducia comunque passa, con 95 voti favorevoli contro i 38 di Fratelli d’Italia e delle opposizioni. Formalmente il premier potrebbe andare avanti, ma non ci sono più quelle condizioni per le quali Mattarella scelse l’ex Bce. Oggi sarà alla Camera, come da calendario, ma non c’è più quell’unità nazionale che spinse quasi tutti ad appoggiarlo. La campagna elettorale è già iniziata, mentre l’inverno si avvicina e le incertezze restano senza risposta.

Crisi, Draghi alle Camere: siccità e gas le incognite. Taglio accise fino al 21/8

Una vigilia diversa dalle altre per Mario Draghi. Il premier, rientrato lunedì sera, in anticipo, dall’Algeria, passa al lavoro nel suo ufficio il giorno prima di quello che potrebbe essere il ‘redde rationem’ con un pezzo della sua maggioranza. Sente al telefono il presidente ucraino, Volodimir Zelensky, al quale ribadisce “pieno sostegno e solidarietà” del governo per Kiev, ma già di buon mattino ha il primo, importante, impegno della sua agenda di martedì 19 luglio, con una visita al Quirinale per un incontro con il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Vis a vis che, viene poi chiarito, rientra nelle consuete interlocuzioni tra le due alte cariche dello Stato, in particolar modo nell’attuale, delicata fase politica. Senza contare che il premier deve riferire al capo dello Stato della sua missione ad Algeri, dove il governo e le principali aziende di Stato hanno firmato 15 intese con il governo algerino. Mentre il dialogo è in corso arriva anche la notizia della firma all’intesa tra Eni, Sonatrach, Oxy e TotalEnergies che consentirà di potenziare gli investimenti, aumentando le riserve di idrocarburi dei giacimenti presenti nei blocchi 404 e 208, nel prolifico bacino del Berkine, nell’Algeria orientale, prolungandone la vita produttiva per ulteriori 25 anni.

Musica per le orecchie di chi, in queste ore concitate, sta provando a tenere insieme l’esigenza di decidere se proseguire o meno l’esperienza di governo (a condizioni ben precise) con la necessità del Paese di non aggravare la crisi energetica, con gli stoccaggi ancora in corso e la totale incertezza sulle mosse della Russia, che resta ancora il principale fornitore di gas per l’Italia, anche se ora pure l’Unione europea riconosce che il fabbisogno del nostro Paese è sceso dal 40 al 25% in pochi mesi.

Gazprom continua a ribadire che difficilmente riprenderanno i flussi dal 21 luglio, nonostante l’annuncio dello stop di 10 giorni solo per una manutenzione degli impianti del gasdotto Nord Stream 1. Lo stesso colosso russo continua a chiudere accordi con altri Paesi, come l’Iran: l’ultimo con National Iranian Oil Company, per “lo sviluppo dei giacimenti petroliferi e di gas dell’Iran, operazioni di swap di gas naturale e di prodotti petroliferi, realizzazione di progetti di Gnl su larga e piccola scala, costruzione di gasdotti, cooperazione scientifica, tecnica e tecnologica“.

Tutti segnali che, di fatto, rientrano nella riflessione dell’ex Bce, che incassa nuovi appelli a restare in sella e, intanto, ‘sdoppierà’ le sue comunicazioni alle Camere. Draghi, infatti, oggi alle ore 9.30 sarà al Senato per pronunciare il suo discorso, poi – secondo quanto stabilito dalla Conferenza dei capigruppo di Palazzo Madama – ci sarà un’interruzione fino alle 11, quando la seduta riprenderà fino alle repliche, previste per le 16.30 con votazioni sulla fiducia dalle 18.40 alle 19.30. Slitta, di conseguenza, l’appuntamento alla Camera, che alle 10.30 riceverà il discorso pronunciato in Senato, ma accoglierà il premier domani, giovedì 21 luglio, per la discussione generale dalle 9 alle 11.30, quando la capigruppo di Montecitorio prevede le repliche del capo del governo. A seguire si svolgeranno le dichiarazioni di voto dei gruppi parlamentari, poi dalle 13.45 alle 15.15 ci sarà il voto per appello nominale dei deputati.

Il problema politico resta la confusione che regna nella maggioranza. Il centrodestra chiede di andare avanti, ma senza Giuseppe Conte, i Cinquestelle e due ministri in particolare, Roberto Speranza (Salute) e Luciana Lamorgese (Interno), ritenuti ‘unfit’ al ruolo. A parte il capitolo M5S, che ancora non scoglie la riserva ma è dilaniato al suo interno tra chi vorrebbe confermare la fiducia all’ex Bce – come il capogruppo a Montecitorio, Davide Crippa, ma anche esponenti di primo piano come Angelo Tofalo, Alfonso Bonafede e Riccardo Fraccaro – e chi, invece, vorrebbe andare all’opposizione di Draghi. Sebbene questo potrebbe significare l’impossibilità di ricreare una coalizione di unità nazionale, dunque un nuovo esecutivo, provocando lo scioglimento delle Camere e le elezioni anticipate.

Questo manderebbe in fumo il lavoro sul prossimo decreto Aiuti, nel quale dovrebbero trovare spazio anche risorse e misure contro il fenomeno devastante della siccità, oltre a nuovo ossigeno per famiglie e filiere produttive contro il rincaro dell’energia. La fine anticipata della legislatura rallenterebbe di molto anche la battaglia europea per il tetto massimo al prezzo del gas, problema con cui qualsiasi governo dovrà confrontarsi.

Prima di qualsiasi decisione, comunque, il governo mette almeno al sicuro la proroga fino al prossimo 21 agosto del taglio di 30 centesimi alle accise su benzina, diesel, gpl e metano per autotrazione. Il decreto interministeriale è stato firmato dai ministri dell’Economia, Daniele Franco, e della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, e potrebbe avere effetti benefici a breve, magari sull’onda della riduzione dei prezzi registrata dall’osservatorio del Mite: benzina e gasolio, infatti, scendono sotto i 2 euro. Da oggi inizia una nuova partita, molto probabilmente quella decisiva.

Questa volta nel nuovo clima italiano ci avevano creduto anche a Bruxelles

Pochi giorni fa ero in un palazzo storico a Roma, in una splendida sala decorata con arazzi. Tutto splendido ma… faceva, per me, un gran caldo. “Mi spiace, ma sai, qui seguiamo le indicazioni del governo sull’uso dell’aria condizionata, anche per l’ambiente è meglio“, mi ha spiegato un amico che lì lavora. La sala era al palazzo del Quirinale, dove l’Ad della nostra società editoriale stava per essere ricevuto dal presidente Sergio Mattarella, ed io ero stato inserito nella lista degli ospiti dell’incontro. Io ho sudato, ma Mattarella no. Sono partito da qui perché una frase detta giovedì scorso dal commissario europeo per l’Economia, Paolo Gentiloni, mi ha confermato in un’idea che ho in testa. Parlando della crisi di governo in Italia, Gentiloni ha detto, tra l’altro che “è il momento di fare fronte comune […] se lavoriamo insieme possiamo evitare la tempesta“.

Ecco, Gentiloni sarà pure italiano, ma la posizione che ha espresso è quella grazie alla quale l’Unione europea, superando storiche ed enormi divisioni, ha deciso uno slancio comune per superare la crisi creata dalla pandemia e, sulla scia dei principi del Green Deal, ha lanciato quello che in Italia chiamiamo ‘Pnrr’, il piano di ristrutturazione e rilancio delle economie dei Ventisette, che è partito, guarda caso, proprio per uno slancio fornito dall’allora “pensionato” Mario Draghi, che chiese con determinazione un intervento di questo tipo, prima con un intervento sul Financial Times e poi in un evento pubblico.

L’idea passò, come è noto, e passò anche per l’impegno che si prese Mattarella a far sì che il piano avesse successo anche in Italia, Paese al quale è stata destinata quasi la metà delle risorse complessive, perché il più in difficoltà, il più indietro su molti fronti del Green Deal, perché troppo grande per poter andare a gambe all’aria senza portarsi dietro buona parte del resto d’Europa.
La “Transizione verde” italiana poi è partita, ed è partita proprio con Draghi alla guida del governo. Mattarella e Draghi, un binomio che per i nostri partner è una garanzia di affidabilità, ed una buona ragione per sperare in un successo.

Restando alle parole di Gentiloni dunque a Bruxelles si segue “con preoccupato stupore” quel che sta accadendo in Italia. La preoccupazione è che una crisi “al buio” possa fermare il grande progetto del Next Generation EU (nel quale nasce il Pnrr), che la Transizione italiana possa subire una battuta d’arresto pericolosa, proprio quando si è vicini al rilascio della seconda tranche di finanziamenti, proprio quando i progetti devono essere “messi a terra“, devono iniziare ad essere realizzati.

La Transizione italiana non riguarda solo noi italiani, riguarda tutta l’Unione. Questa volta non si stratta di una crisi “normale” di quelle che a Bruxelles sono abituati a vedere in Italia, tanto che per la crisi in sé “non abbiano neanche tanta sorpresa“, ci dice un alto funzionario della Commissione. L’esito di questa fase è decisivo per il Green deal italiano, e un blocco, un rinvio sine die, una rimessa in discussione dei piani faticosamente discussi con la Commissione ed accettati dai partner, questa volta potrebbe costarci molto caro, potrebbe essere la fine per la crescita, sostenibile (o meno) del Paese che già ora si presenta come maglia nera in troppe classifiche.

(Photo credits: John MACDOUGALL / AFP)